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ESPERIENZE DI GESTIONE DEI CORSI D’ACQUA IN AMBITO URBANO ATTRAVERSO I CONTRATTI DI FIUME E LA RIQUALIFICAZIONE

Nel documento Focus su AcQuE E AmbIEntE uRbAno (pagine 61-66)

I CONTRATTI DI FIUME COME STRUMENTO DI GOVERNANCE DELLE ACQUE IN AMBITO URBANO

2. ESPERIENZE DI GESTIONE DEI CORSI D’ACQUA IN AMBITO URBANO ATTRAVERSO I CONTRATTI DI FIUME E LA RIQUALIFICAZIONE

collegate. Devono impegnare direttamente gli stakeholders nella protezione del capitale naturale, dando il giusto valore ai servizi eco sistemici in particolare in ambito urbano. Si tratta di dare attuazione alla direttiva quadro acque 2000/60/CE e alla direttiva alluvioni 2007/60/CE con il valore aggiunto di una visione sistemica. Come di contribuire alla diffusione di specifici programmi per favorire un cambiamento dei modelli di pianificazione, è il caso delle infrastrutture verdi (Commissione Europea, 2013) la cui diffusione in ambito urbano può contribuire a proteggere e migliorare l’ambiente ed i processi naturali, oltre che a creare nuove economie locali.

2. ESPERIENZE DI GESTIONE DEI CORSI D’ACQUA IN AMBITO URBANO

ATTRAVERSO I CONTRATTI DI FIUME E LA RIQUALIFICAZIONE

FLUVIALE PARTECIPATA

Circa il 67% della popolazione italiana vive nelle città o nelle aree periferiche delle grandi città, di conseguenza affrontare le questioni relative alla gestione delle acque ed al rischio idrogeologico, rende necessario concentrarsi sulle dinamiche interne alle aree urbane. Non è un processo né semplice, né scontato, poiché i fiumi nelle città si presentano spesso in contesti frammentati, dei “retro” degli ambienti urbani, lungo i fiumi sono spesso allocate aree in abbandono e funzioni marginali. In prossimità della frange urbane vi è una massiccia presenza di aree produttive e residenziali, in Umbria ad esempio, sono 96 le aree produttive e 55 i centri urbani che distano meno di 1 km dal Tevere.

La gestione di questi contesti richiede la ricerca di nuovi strumenti di governance ed il ricorso a processi di riqualificazione fluviale partecipata. A Lodz in Polonia attraverso la riqualificazione partecipata delle aree fluviali urbane, si è potuto attivare un sostanziale aumento delle aree verdi al fine di ridurre il rischio alluvione e migliorare la qualità della vita degli abitanti. Politiche di innalzamento della consapevolezza e di coinvolgimento diretto degli abitanti a Zaragoza in Spagna, hanno portato in circa un decennio a ridurre i consumi idrici del 30% malgrado un aumento della popolazione del 12%. In Italia i contratti di fiume, hanno consentito di accedere al patrimonio delle conoscenze locali integrandole con le altre conoscenze esperte. Nel CdF del Panaro il processo di ricerca-azione paesistica, ha portato a scoprire il valore dell’ambiente fluviale e

Figura 1 - I processi di pianificazione devono invertire la rotta, spostando l’attenzione dalle aggregazioni urbane alle “ trame verdi e blu” trasformandole in elementi portanti dello sviluppo territoriale

le sue problematiche tramite un’attività di survey condotta lungo il fiume, i terrazzi fluviali e le strutture urbane. Attraverso questo processo si è costruita l’idea di un master plan che definisse l’ambito complessivo del contesto oggetto del contratto. Con gli abitanti sono stati condivisi i “motori di contratto” ovvero i fattori attivi dai quali scaturiscono azioni multiple, sperimentazioni e realizzazioni progressive, sia in area vasta, come la depurazione, il recupero delle acque, le coltivazioni; sia alla micro-scala locale dei piccoli spazi urbani gestiti socialmente: orti, percorsi, giardini, spazi attrezzati di riferimento per ritrovo, sport, eventi culturali. L’utilizzo del master plan all’interno di un CdF appare particolarmente funzionale quando si tratta d’intervenire in contesti urbani. Si tratta di uno strumento tornato di attualità con la nuova generazione dei progetti urbani complessi che viene adattato alla riqualificazione territoriale e sempre più spesso utilizzato per la costruzione di scenari locali di un contratto di fiume. Il master plan interviene

ridefinendo i margini dell’abitato, creando nuovi viali, nuovi accessi alle sponde e collegamenti

con i quartieri residenziali, le aree per il tempo libero, le aree produttive ed agricole. Un altro

interessante esempio di utilizzo del master plan si è realizzato a Ponte Felcino a sud di Perugia in Umbria, nell’ambito di un intervento progettuale pilota previsto dalla Regione nei territori contermini al Tevere. L’obiettivo del master plan attraverso circa 40 azioni è stato di fermare lo sprawl urbano ridefinendo l’interfaccia aree urbane/spazi aperti, riconnettendole al fiume e ad un territorio agricolo reinterpretato e riportato a reddito. Intervenendo sul fiume si è permesso di assecondare le dinamiche naturali riducendo il rischio idrogeologico, dando un ruolo centrale alle aree agricole perifluviali e periurbane, non più “terra di nessuno” ma elementi di connettività sui quali centrare un sistema di infrastrutture verdi tra fiume e città. A questo fine il progetto prevede la realizzazione di 16 ha di rimboschimenti, un 36% in più rispetto all’attuale dedicato al potenziamento del sistema forestale periurbano. Tali elementi vanno anche intesi come presidi naturalistici a funzione idrogeologica, poiché in grado di rallentare la velocità dell’acqua in caso di esondazione.

Figura 2 - Un esempio di ricostruzione del neo ecosistema fluviale in una periferia urbana in prossimità del Tevere in Umbria: rinaturalizzazione del corso d’acqua, valorizzazione dell’agricoltura perifluviale, contenimento

aree urbane e riappropriazione di spazi golenali

Fonte: Master Plan Ponte Felcino (Perugia). Regione Umbria Servizio valorizzazione del territorio e tutela del paesaggio. Progetto Arch.tti M. Bastiani, F. Nigro, V. Venerucci, 2011

Nasce invece da gruppi spontanei e dai quartieri popolari più disagiati posti lungo il corso dell’Arno, la costruzione del contratto di fiume per realizzare il parco fluviale del Valdarno empolese. La definizione di un sistema di obiettivi contenuti nel Manifesto per l’Arno diventa il punto di partenza

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per il progetto del master plan del Parco fluviale. Il progetto interpreta uno scenario che a partire dalle conoscenze e dinamiche in atto sia in grado di orientare le politiche settoriali, dalla gestione del rischio idraulico all’agricoltura, riconoscendo uno spazio importante alle iniziative condivise e alla creatività sociale. Il processo per l’avvio di un CdF per il fiume Savio in Emilia Romagna, ha invece messo in luce la diversa percezione del fiume in agglomerati urbani distinti: centri montani e di pianura. Nel primo caso attraverso la partecipazione è emersa una maggior consapevolezza della presenza del fiume e dei suoi cicli naturali da parte degli abitanti; nel secondo caso invece, ad esempio quando il Savio attraversa la città di Cesena, viene vissuto come un elemento più “distante”, essenzialmente legato agli spazi definiti dal parco naturale. Armonizzando tra di loro queste diverse esperienze, il piano d’azione che è derivato dal processo concertativo, prevede una molteplicità di azioni atte a garantire la sicurezza, la continuità fisico-territoriale ed ecologico-funzionale monte-valle, tentando un riordino complessivo del rapporto fiume città. Ad una scala prettamente urbana interviene invece la progettazione strategica partecipata per la riqualificazione dell’area di Valco San Paolo a Roma. L’ambito territoriale è ricompreso tra il tratto urbano del Tevere che va da Ponte Marconi a Ponte della Magliana in un territorio fortemente caratterizzato dalla compresenza di funzioni antropiche, residenziali, produttive, ricreative ed ecosistemi naturali. La sperimentazione metodologica attivata in questo contesto ha riguardato la costruzione di uno scenario futuro dinamico (SFD) che prefigura i cambiamenti che gli attori territoriali interessati desiderano per i loro spazi di vita. L’input principale è costituito dall’elenco dei problemi rilevati (aree di decisione) e da alcune soluzioni progettuali alternative atte a risolverli (opzioni). Il progetto partecipato che ne è derivato, in contrapposizione alle scelte del P.R.G. che destinano l’area quasi interamente a polo universitario, mira a bilanciare il costruito ed a qualificare le aree perifluviali integrando una varietà di utilizzi, ricompattando l’offerta residenziale e valorizzando gli usi pubblici.

3. CONCLUSIONI

Nella gestione delle acque in ambito urbano, i contratti di fiume possono acquisire fin da un futuro prossimo un ruolo rilevante. Questo strumento di governance, si basa su un progressivo approfondimento progettuale, sulla costruzione di master plan, attraverso i quali i comitati di fiume, possano selezionare scenari dinamici di sviluppo. Tali scenari sembrano privilegiare anche nella fase di attuazione un coinvolgimento diretto degli abitanti, favorendo usi della risorsa idrica e del suolo più compatibili, la manutenzione anche ordinaria delle aree perifluviali ed un ritorno all’agricoltura come presidio economico-ambientale. I processi in atto, si muovono nella direzione di ribaltare l’attuale modello di pianificazione che pone al centro la crescita urbana, anche considerando che in Italia vi sono oltre 25 milioni di stanze vuote. L’attenzione si sposta alle trame verdi e blu del territorio, fiumi e spazi aperti, che costituiscono la struttura sulla quale riorganizzare le città ed i loro servizi. Le politiche urbane per la qualità delle acque, la prevenzione dal rischio idrogeologico, il contenimento del consumo di suolo necessitano di strategie e soluzioni integrate, il superamento di visioni settoriali e di interessi particolari appare fondamentale. Le comunità locali sono chiamate alla tutela del bene comune, a fermare il degrado e la sparizione di paesaggi ed ambienti naturali, ad individuare nuove economie, a mantenere la connettività e la biodiversità, a minimizzare l’uso delle risorse attraverso una gestione più efficiente.

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Nel documento Focus su AcQuE E AmbIEntE uRbAno (pagine 61-66)

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