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LE POLITICHE COMUNITARIE SULLE ACQUE RILEVANTI PER L’AMBITO URBANO

Nel documento Focus su AcQuE E AmbIEntE uRbAno (pagine 33-37)

L’AMBIENTE URBANO NELLA POLITICA E NELLA RICERCA EUROPEA SULL’ACQUA

G. MONACELLI 1 , E. GIUSTA 1

2. LE POLITICHE COMUNITARIE SULLE ACQUE RILEVANTI PER L’AMBITO URBANO

riguarda le politiche di protezione ambientale, ma anche come sfida sociale ed economica da affrontare efficacemente grazie all’apporto della ricerca e dell’innovazione europee. L’obiettivo è di pervenire a soluzioni tecniche e metodologiche che oltre a consentire un buono stato di qualità delle acque a livello europeo soddisfino le esigenze di crescita economica, creando opportunità di trasferimento a livello internazionale dei risultati delle ricerche e dei prodotti sviluppati dalle tante iniziative di ricerca, sviluppo e innovazione tecnologica.

2. LE POLITICHE COMUNITARIE SULLE ACQUE RILEVANTI PER L’AMBITO

URBANO

La Direttiva Quadro Acque 2000/60/CE è, a livello comunitario, il principale riferimento nor-mativo in materia di protezione e tutela delle acque e per un uso sostenibile della risorsa idrica. Per l’ambito urbano sono però rilevanti anche la direttiva sulle acque potabili e la direttiva sul trattamento dei reflui urbani, la cui attuazione ha nel tempo registrato notevoli progressi, anche se il processo di recepimento negli Stati membri non è sempre puntuale e conforme alle racco-mandazioni comunitarie. L’attuazione della Direttiva sul trattamento dei reflui urbani, varata nel 1991, ha sicuramente portato all’abbattimento dell’immissione di inquinanti nei corpi idrici ricet-tori ma ancora il 22% dei corpi idrici europei è inquinato da fonti puntuali e nuove problematiche sono emerse di recente a causa del ritrovamento nei corpi idrici di sostanze non considerate in precedenza, quali i residui di prodotti farmaceutici, compresi i medicinali per uso umano. Rispetto alla normativa comunitaria precedente, la Direttiva Quadro Acque ha contribuito al supe-ramento del concetto di gestione delle acque limitato alla loro distribuzione e trattamento. Il piano di gestione di bacino previsto dalla Direttiva Quadro Acque è visto come “il piano dei piani”, ovvero come strumento di riferimento dei piani settoriali fra cui quelli urbanistici, che si devono quindi necessariamente confrontare con l’assetto del territorio e la disponibilità delle risorse idriche nel bacino o distretto idrografico, cui la pianificazione si riferisce.

Lo sviluppo dei piani di gestione e quindi la redazione e realizzazione dei programmi di misure devono tenere conto dei cambiamenti climatici, che devono essere presi in considerazione anche nell’attuazione della Direttiva “Alluvioni”. Un documento di indirizzo della Commissione Europea, pubblicato nel 2009 (CIS Guidance N° 24 - River Basin Management in a changing climate), ha inteso fornire utili indicazioni per l’individuazione di misure di adattamento ai cambiamenti cli-matici da inserire nel piano di gestione previsto dalla Direttiva Quadro Acque, in quello di gestione

delle siccità e scarsità idriche, che si riferisce alla strategia su detti temi oggetto della specifica comu-nicazione emanata nel 2007, ed ancora nei piani di gestione del rischio di inondazione previsti dalla Direttiva “Alluvioni”. La ciclicità dei piani sopracitati consentirà la messa in opera graduale di misure e strumenti innovativi, provando nel tempo l’efficacia di risposta ai mutamenti in atto. L’Agenzia Europea dell’ambiente ha più specificatamente trattato degli impatti dei cambiamenti climatici in ambito urbano in un rapporto del 2009 (Urban adaptation to

cli-mate change in Europe) in cui è stato dedicato

ampio spazio all’analisi delle sfide poste dai nuovi

trend climatici e particolare attenzione è stata

de-dicata alle inondazioni e ai ricorrenti fenomeni di siccità e scarsità idrica, che risultano sempre più impattanti.

Le possibili soluzioni devono essere supportate dal miglioramento complessivo della capacità di

adatta-mento delle aree urbane. Per essere efficaci, tali misure di adattaadatta-mento devono essere adottate seguendo un processo sistematico di pianificazione in cui le priorità di messa in opera delle azioni siano chiaramente identificate.

La migliorata capacità di adattamento porta certamente ad una diminuzione della vulnerabilità delle città ai rischi correlati ai cambiamenti climatici ma questo obiettivo è raggiungibile attraver-so una pluralità di fattori che comprendono la conoscenza, il diritto all’acqua come pubblico bene, l’accesso alle tecnologie e alle infrastrutture, le risorse economiche e l’efficienza delle istituzioni. Fondamentale per il successo della strategia di adattamento a livello di città è il collegamento delle istituzionali locali con i livelli regionale, nazionale ed europeo, anche e soprattutto in tempi di “spending review” per l’attivazione degli strumenti economici costituiti principalmente dai fondi strutturali e da quelli di ricerca, sia nazionali che comunitari.

Per superare le barriere fra istituzioni con livelli di responsabilità di governo diverse fra loro e fa-vorire una struttura decisionale in grado di rispondere alla complessità e interazione dei fenomeni coinvolti, è stata realizzata la piattaforma europea CLIMATE-ADAPT.

I piani operativi dei programmi di cooperazione territoriale e la programmazione delle attività europee di ricerca fino al 2020 prendono in considerazione la necessità di coordinamento delle politiche nazionali attraverso un confronto fra i vari programmi nazionali, e anche regionali se rilevanti, al fine di condividerne i risultati ed ottimizzare le risorse destinate ad affrontare le que-stioni trattate. Pur tenendo conto della variabilità degli impatti e dei diversi gradi di vulnerabilità fra i 27 Stati Membri e paesi associati, questa più forte azione di collaborazione e coordinamento punta a creare un rafforzamento del comune spazio europeo e a creare un’unica area di ricerca e innovazione tecnologica condivisa da tutti i paesi aderenti all’Unione Europea.

Un’attenzione più spinta che nel passato viene anche rivolta all’interazione fra tutti i settori coin-volti e quindi fra politiche e strategie che devono essere adottate dai cosiddetti “decisori politici”,

in primis da quelli che siedono ai tavoli comunitari. E’ ormai ampiamente assodato che il ruolo

prioritario della gestione dell’acqua nelle politiche di tutela ambientale deve trovare il dovuto ri-scontro nelle politiche energetiche, industriali, in quelle agricole, così come in quelle turistiche e naturalmente in quelle urbanistiche e demografiche. L’analisi dei risultati dei piani di gestione ha fatto emergere una serie di criticità che hanno costretto a riconsiderare l’obiettivo di raggiungere un buono stato delle acque entro il 2015, in quanto i dati finora accertati fanno ritenere che soltanto poco più della metà dei corpi idrici avranno tali caratteristiche di qualità ambientale. Per fornire maggiore chiarezza sulle strategie comunitarie sulle acque e per venire incontro alla necessità di integrare in maniera più efficace gli aspetti qualitativi con quelli quantitativi, è stata pubblicata nell’autunno del 2012 la Comunicazione della Commissione europea “Blueprint to

safeguard Europe’s water resources” che guiderà gli Stati membri nel processo di revisione

del primo piano di gestione delle acque .

2.1 Servizi idrici urbani – condizioni di siccità e scarsità idrica

La riduzione del rischio di siccità è un obiettivo specifico del Piano di salvaguardia delle risorse idriche. Il suo raggiungimento dipenderà dalla capacità di attuazione delle indicazioni già conte-nute nella Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio emanata nel 2007 dal titolo “Affrontare il problema della carenza idrica e della siccità nell’Unione Europea”. Nella comunicazione, finalizzata a promuovere il risparmio delle risorse idriche e un loro utilizzo più efficiente, veniva fornita una prima serie di opzioni strategiche a livello europeo, nazionale e regionale:

- fissare il giusto prezzo dell’acqua;

- ripartire in modo più efficace l’acqua e i fondi destinati al settore idrico, migliorare la pianifi-cazione dell’uso del suolo e finanziare l’efficienza idrica;

- migliorare la gestione del rischio siccità attraverso: 1/ la messa a punto di piani di gestione del rischio siccità, 2/ l’istituzione di un osservatorio ed un sistema di allerta rapida sulla

sic-34

cità, 3/ una migliore utilizzazione del fondo di solidarietà dell’UE e del meccanismo europeo di protezione civile;

- considerare la creazione di ulteriori infrastrutture per l’approvvigionamento idrico; - promuovere le tecnologie e le pratiche che consentono un uso efficiente dell’acqua; - favorire lo sviluppo di una cultura del risparmio idrico in Europa;

- migliorare le conoscenze e la raccolta di dati attraverso un sistema di informazione europeo sulla carenza idrica e la siccità e la promozione in materia di ricerca e sviluppo tecnologico. Molte di queste opzioni investono direttamente il livello urbano fino a quello di singolo edificio. Un uso efficiente delle risorse idriche dovrebbe mettere fine agli sprechi e alle perdite inutili, anche prevedendo una tariffazione equa applicata a tutte le utenze e non solo ai servizi di fornitura di acqua potabile e del trattamento delle acque reflue cui attualmente è per lo più applicata. Anzi, le famiglie dovrebbero avere accesso a forniture idriche adeguate, a prescindere dalle loro risorse finanziarie, in modo da garantire condizioni igienico-sanitarie tali da evitare ripercussioni sulla sa-lute dei cittadini. Nelle aree soggette a scarsità idrica il risparmio e l’efficienza idrici dovrebbero essere regolamentati prevedendo contributi volontari o incentivati, da rendere vincolanti nei casi più critici. Il riuso di acque non più potabili o la raccolta delle acque piovane per l’irrigazione dei giardini o per gli scarichi dei gabinetti abbatte in modo rilevante il consumo pro capite di acqua. Soltanto quando le misure di efficienza e di risparmio si rivelassero non risolutive, occorre pren-dere in considerazione interventi infrastrutturali legati alla gestione dell’acqua quali lo stoccaggio di acque di superficie o sotterranee, i trasferimenti d’acqua o l’uso di opzioni alternative quali la desalinizzazione e il riutilizzo di acque reflue, utilizzando tecnologie pulite ed efficienti dal punto di vista idrico ed energetico nonché effettuando debite valutazioni d’impatto e tenendo in debito conto le incertezze dovute ai cambiamenti climatici. La promozione di tecnologie e pratiche che consentono un uso efficiente dell’acqua è fondata sui confortanti risultati di casi pilota che han-no evidenziato la possibilità di risparmi fihan-no al 30% dei consumi per usi civili. Un abbattimento notevole degli sprechi si otterrebbe con più efficienti reti di distribuzione le cui perdite spesso superano il 50%. E’ stata presa in considerazione anche l’elaborazione di una direttiva sul rendi-mento idrico nell’edilizia per favorire l’uso di dispositivi che limitano i quantitativi di acqua utilizzata (rubinetti, docce, gabinetti), la raccolta dell’acqua piovana, il riutilizzo delle “acque grigie” e per-venire alla certificazione degli edifici ad alta efficienza per l’uso dell’acqua. Nei casi di successo, i programmi di risparmio idrico in ambito urbano hanno riguardato sia l’adozione di nuovi e più efficienti dispositivi e impianti idrici che l’attivazione di campagne di sensibilizzazione della cittadi-nanza e di tutti i soggetti interessati.

L’Agenzia Europea dell’Ambiente ha raccolto possibili soluzioni ed esempi di buone pratiche in un recente rapporto dal titolo “Towards efficient use of water resources in Europe” nell’ottica di promuovere la sostenibilità della gestione idrica in un contesto di economia “verde”, il che significa usare l’acqua in maniera più efficiente in tutti i settori e assicurare che gli ecosistemi ricevano la quantità e qualità di acqua necessaria al loro effettivo funzionamento. L’auspicio è quello di uscire dai casi pilota e dagli esempi isolati per applicazioni più massive delle innovazioni di comprovata efficacia

2.2 Inondazioni in ambito urbano

La normativa comunitaria di riferimento in tema di inondazioni è la Direttiva 2007/60/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2007 relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvione. L’intento è quello di ottenere un quadro di riferimento omogeneo a scala europea per la gestione dei fenomeni alluvionali e la riduzione dei rischi soprattutto per la vita e la salute umana, l’ambiente, il patrimonio culturale, l’attività economica e le infrastrutture. La direttiva tiene conto delle diverse tipologie di inondazioni che colpiscono il territorio della Co-munità e quindi, oltre a quelle causate dallo straripamento dei fiumi, si applica alle inondazioni localizzate come le flash floods e le alluvioni urbane. I piani di gestione previsti dalla Direttiva “Alluvioni” dovranno pertanto tenere conto delle specifiche caratteristiche del bacino idrografico a cui si riferiscono e delle condizioni locali e regionali.

Le inondazioni hanno all’origine una combinazione di fenomeni meteorologici e idrologici estremi che spesso sono influenzati da fattori antropici a partire dall’uso del suolo. Come sottolineato nella direttiva, la crescente urbanizzazione e concentrata presenza di attività economiche nelle aree di esondazione, la riduzione della capacità di ritenzione idrica dei suoli, causata dalla impermeabilizza-zione di superfici sempre più ampie, e i cambiamenti climatici sono tutti fattori che contribuiscono ad aumentare la probabilità di inondazioni e ad aggravarne gli impatti negativi su persone e cose.

Figura 2 – Città europee a rischio inondazione (EEA “Urban adaptation to climate change in Europe”)

Questa mappa elaborata dall’istituto per la sostenibilità ambientale del JRC della Commissione europea mostra che un quinto delle città europee con più di 100.000 abitanti è considerata vulnerabile a possibili eventi alluvionali. Le aree urbane sensibili non sono concentrate in un’unica regione ma il rischio più alto rappresentato dal pallino rosso è uniformemente rappresentato, come si vede anche sul territorio italiano.

Nel documento Focus su AcQuE E AmbIEntE uRbAno (pagine 33-37)

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