• Non ci sono risultati.

L’ACQUA COME FONTE DI VITA E POTERE

Nel documento Focus su AcQuE E AmbIEntE uRbAno (pagine 54-60)

ASPETTI CULTURALI E ANTICA CIVILTÁ DELL’ACQUA NEL MAR MEDITERRANEO

M. AVERSA 1 , A. SCARFONE 2

2. L’ACQUA COME FONTE DI VITA E POTERE

Non v’è Civiltà Mediterranea che non debba la sua potenza, la sua diffusione, il suo sviluppo culturale proprio all’uso razionale ed intelligente delle acque disponibili nelle terre di competenza idraulica. Nel merito si pensi, ad esempio, a tutte quelle popolazioni abitanti i vasti territori ap-partenenti all’antichissima “Terra tra i due fiumi”, la Mesopotamia, con i suoi Tigri ed Eufrate o al ruolo svolto dal possente Fiume Nilo con le sue cicliche fertili inondazioni nel condizionare la Civiltà egizia e la sua “cultura idraulica” nella gestione dei territori fluviali.

54

Lo sviluppo delle tecnologie di trasferimento idrico, sintetizzabili nella raffinata ed arguta politica in materia di gestione, prima delle acque reflue urbane comprensiva della loro sistemazione e, successivamente, di avveduta ingegneria di adduzione attraverso gli acquedotti realizzati dai Ro-mani, opere per il trasporto di buone acque sorgive soprattutto in età imperiale, farà sviluppare una nuova “cultura politica dell’uso dell’acqua potabile”, come elemento questo di benessere fisico collettivo, di qualità della vita e di salute pubblica e quindi di confermato “consenso politico popo-lare” alla stessa figura di potere istituzionale ed alla sua riconosciuta, conclamata affermazione per via proprio della realizzazione dell’opera idraulica, spesso colossale, del suo inequivocabile e certo tangibile “beneficio pubblico”.

è questo infatti l’elemento culturale vincente per la diffusione di un “modus vivendi“, un sistema dell’abitare e dell’essere “cittadini romani” che fa efficacemente imporre, radicandola, oltre che con la forza delle armi e del diritto, su territori sempre più vasti del bacino mediterraneo e non solo (più in generale nel continente europeo), quella che va sotto il nome, da tutti storicamente riconosciuta, di potenza della Civiltà Romana, ampia organizzazione ecumenica la quale coincide dunque con una equivalente, ben radicata ed attestata, trionfante “Civiltà dell’Acqua”.

Al taglio barbarico degli acquedotti nella Roma post imperiale corrisponde il crollo stesso dell’Im-pero Romano e con esso dell’uso abbondante delle acque nel territorio cittadino, comprensivo di quello quotidiano delle terme, non solo inteso come stato sociale, ma soprattutto come stato di appartenenza alla stessa romanità ed ai suoi raffinati costumi.

Una pagina a parte andrebbe aperta sull’aspetto sacrale delle sorgenti termali, legate queste al vulcanismo secondario attivo esistente all’interno e nei dintorni anche della Roma delle origini, aspetto che ha reso il concetto di inviolabilità delle sorgenti legato a miti ancestrali. Si pensi alle divinità venerate come le numerosissime ninfae delle sorgenti o come la stessa dea Diana, celata tra la vegetazione dei misteriosi lucus, aree boschive cultuali obbligatoriamente, pubblicamente e collettivamente rispettate.

Ricordiamo a tal proposito, per singolari modificazioni geoambientali intervenute, l’antico com-plesso termale sul ramo occidentale della Via consolare Flaminia, Carsulae, le cui acque, mira-colosamente curative, erano sosta obbligata per le truppe di ritorno dalle campagne belliche dei Romani. Probabilmente l’uso delle “fonti sacre” nel complesso termale rappresentavano una conclamata devozione ed una particolare venerazione ai due potenti “gemelli divini”, i Dioscuri. Non è un caso che le preziose sorgenti della attigua cittadina medievale umbra di San Gemini (TR) siano ancor oggi molto conosciute peraltro per le loro famose proprietà oligominerali.

Non occorre soffermarci sulle archeologie italiche della captazione e del trasferimento perché ba-sta ricordare che trattasi di cultura mediterranea antichissima la quale passa peraltro attraverso i Persiani e le loro tecniche di canalizzazione all’interno degli stessi rilievi montuosi attraversati. In particolare, il trasporto idrico asiatico, utilizzante la tecnica dei kanat, geniali cunicoli scavati a mano e dotati addirittura di sfiatatoio (la parola occidentale canale deriva etimologicamente dall’arcaico termine mesopotamico), è di fatto l’espressione di una lontana cultura idrica ed idraulica che passerà successivamente per le emuli maestranze tecniche etrusche le quali, in questo, facevano nondimeno invidia per la loro sapienza sulla gestione delle acque agli emergenti popoli latini. Ricordiamo, per dovere, gli antichissimi sacri cunicoli artificiali costruiti con tecnica similare, cavità perforate ancora esistenti e coincidenti con il corso attuale degli emissari dei laghi craterici di Albano e di Nemi alle porte della capitale.

Ma è nell’ingegneria degli sbarramenti e soprattutto delle dighe che i Romani diventano un punto di riferimento scientifico e tecnologico insuperato nell’antichità, degno senza dubbio di nota, capace di segnare un nuovo percorso ed un nuovo destino nella cultura della “gestione delle acque”, del loro immagazzinamento e successivo trasporto nelle città nonché nella loro capillare distribuzione nel tessuto urbano.

In età imperiale, assiduamente sempre alla ricerca di nuove fonti di approvvigionamento di acque potabili di alta qualità nel Latium, il Lazio, essi individuarono nelle pulite e fresche acque dell’alta valle dell’Anio, l’Aniene, un sacro affluente del Deus Tiber, il Tevere dell’Urbs, una risorsa co-stante e ben utilizzabile per le crescenti necessità della Roma già allora in continua, vertiginosa espansione demografica ed urbanistica.

Infatti, dall’Aniene dunque aveva origine nell’antichità, uno dei tanti acquedotti imperiali cittadini, il famoso Anio Novus, possente e rivoluzionario per un suo sbarramento a monte, opera di capta-zione e di trasporto la quale giungeva direttamente dentro il cuore di Roma, ramificandosi nella distribuzione pubblica. Si pensi all’articolato sistema usato nell’antichità per la conduttura in tubi delle acque; le fistolae, le quali, di vario diametro, erano in pratico modellabile piombo presso i Romani per il trasporto diretto e soddisfazione delle esigenze patrizie nelle domus.

La decadenza della città, come ricordato, coincide con l’impossibilità di utilizzazione e ripristino delle opere interrotte di adduzione urbana, venendo conseguentemente così meno la stessa cultura ingegneristica idraulica romana che tanto aveva luminosamente brillato.

In Italia, durante il periodo medioevale, la scarsità in disponibilità cittadina di acqua potabile e la mancanza quindi di un’adeguata rete distributiva faranno alquanto diminuire la sensibilità idrica necessaria e la sua concretezza operativa nella realizzazione delle opere idrauliche necessarie. Tutto questo dolorosamente accade poiché il passato tecnico romano e la sua eredità culturale era, di fatto, praticamente collassata.

Si dovrà dunque attendere che una ”nuova cultura” ed un accenno di “consapevolezza ambientale” si affacci all’orizzonte. A proposito di acque, non possiamo non citare le soavi parole francescane di quei tempi che ancor oggi risuonano vibranti e dense di profondi significati estraendole dal loro originario mistico Cantico delle Creature.

Laudato si’ mi’ Signore per sor’aqua, la quale è multo utile et umile et pretiosa et casta.

Invero, il sistema di canalizzazione delle acque e di urbanizzazione di città e territori evolve ed è questo legato storicamente alle forme di governo italico di allora.

Infatti, “Città dell’Acqua”, come Siena, con la sua ammirevole rete di circa 25 km di cisterne, gallerie e canali urbani tre-quattrocenteschi, denominati “bottini”, emergono urbanisticamente radiose, facendo spiccare nell’innovativo elemento culturale di governo idrico della cittadina to-scana, l’uso eco - efficiente e razionale della risorsa fluida.

“(…) L’acqua è infra li quattro elementi il secondo men greve, e di seconda volubilità; questa non ha mai quiete, insinoché si congiungnie al suo marittimo elemento dove, non essendo molestata dai venti, si stabilisce e riposa con la sua superfizie uquidistante dal centro del mondo. Questa è l’aumento e omore di tutti li vitali corpi. Nessuna cosa sublunare senza lei ritiene in sé la propria forma. Lei collega e aumenta i corpi ad accrescimento. Nessuna cosa più lieve di lei la può senza violenza penetrare, volentieri si leva per lo caldo in sottile vapore per l’aria, il freddo la congela, stabilità la corrompe; piglia ogni odore, colore e sapore, e da sé non ha niente. Penetra tutti li porosi corpi. Al suo furore non vale alcun umano riparo, e se vale non fia permanente. Nel suo veloce corso si fa sostenitrice delle cose più di lei grevi. Possi con moto e balzo elevarsi in alto. Quando essa cala, sommerge con seco nelle sue ruine le cose di lei più lievi (...)”

A partire dal rafforzarsi della possente spinta culturale del Rinascimento, basta ricordare pa-role e figura di Leonardo da Vinci, ci si rende immediatamente conto come geniali intuizioni scientifiche ed ingegneristiche si siano misurate, oltre che con le macchine idrauliche, anche con il governo dei fiumi e delle loro impetuosità per garantire il minore loro devastante impatto possibile. Non solo, ma il governo cittadino delle acque diventa nondimeno anche opera di difesa nella realizzazione di fossati difensivi a scudo dei manieri della nobiltà e dei centri urbani aggregati intorno sviluppatisi (Fig. 1).

A partire da ora in poi, un immenso patrimonio culturale dunque, espresso in forma architettoni-ca ed associato all’acqua, come fontane e “mostre dell’acqua”, inizia nuovamente a sacralizzare l’uso ed il “trionfo” ad uso cittadino di reti di trasporto di nuovo riattivate ma non ancora appronta-te per la distribuzione diretta nelle abitazioni. Le raffinaappronta-te opere realizzaappronta-te, sempre con una forappronta-te funzione sociale collettiva legata al loro audace ed ardimentoso trasporto, sancisce la moderna tendenza ad utilizzare come “acque pubbliche” sempre meno quelle indubbiamente poco sicure dei fiumi che transitano nel centro abitato. Non è un caso che le politiche idriche per la Roma pa-palina si commisurino in ridondanza, di nuovo come ai tempi della antica romanità, con le grandi distanze dello spostamento, ed è per questo che le “mostre d’acqua” nella capitale, opere d’arte in magnificenza, ancor oggi destino stupore ai turisti incantati. Ricordiamo tra queste la rinomata Fontana di Trevi e la congiunta realizzazione dell’Acquedotto Vergine.

56

Del resto, una delle prime opere tecniche in acquedotto, patriottico vanto del successivo Regno d’Italia, è il ripristino dell’antico Acquedotto Marcio con le acque del riutilizzato Anio. La sua provo-catoria “mostra”, riproposta nuovamente come consenso al potere politico appena instauratosi, viene presentata e realizzata attraverso le provocanti sensuali Najadi, in visibile fluido gioco laico ottocentesco, forse appositamente così ideato dell’architetto Rutelli per definitivamente annullare potere in questo ai Papi, precedentemente governanti la sacra Capitale d’Italia, uno spettacolo di vittorioso trionfo dell’acqua, oggi ben ammirabile dai visitatori in arrivo nella famosa circolare grande fontana di Piazza della Repubblica in Roma. Del resto, il godimento collettivo sociale della risorsa “acqua potabile”, grazie a politiche più attente alle esigenze della popolazione e della massa proletaria, si manifesta nella stessa città, nelle sue distribuite dissetanti “fontanelle pubbliche” in ghisa, chiamate simpaticamente dagli abitanti “er nasone de’ Roma” per via del loro tubo ricurvo da cui si può far uscire uno zampillo fluido. Diversa è oggi la situazione, sempre nella stessa Capitale, come attenta condizione di loro rispetto e considerazione, essendo i pratici ed utili manufatti idrici, anche se davvero di poco, disperdenti ulteriori quantità di fronte a quelle delle perdite delle condutture della rete distributiva della sempre più preziosa “risorsa potabile dispo-nibile cittadina”. Sta infatti diffondendosi e rafforzandosi una attenta, nuova e moderna cultura ambientale sullo “sfruttamento sostenibile dell’acqua”.

Essa vede in modo contraddittorio anche, ad esempio, nelle aree di captazione fuori provincia, come quelle reatine dell’acquedotto del Peschiera, realizzato negli anno ’60 per la Roma delle Olimpiadi, una difesa territoriale della stessa risorsa vitale però come patrimonio locale “depor-tato in modo illegittimo”.

Parimenti, un altro aspetto culturale di massa evidenzia in atto una cattiva tendenza che vede, so-stenuta da arcane e subdole pubblicità, un uso attuale “non potabile” delle acque della stessa rete cittadina, in generale valido per tutte le aree urbane in quanto tali, assolutamente non veritiero e non dimostrato dai fatti e dalle analisi chimiche obbligatorie di controllo sanitario. Fatto è, che quel che accade da tempo in Italia è un consumo spropositato e non giustificato né giustificabile di bottigliette d’acqua in plastica PET (polietilene tereftalato), oggetto di allarmi in quantità di rifiuto disperso, comode per il consumo lontano da fonti dirette di approvvigionamento idropotabile ma di dubbia qualificante vera utilità per il loro contenuto naturale, né tantomeno per il loro costo economico. E’ comunque sempre meglio il vetro per la conservazione e la distribuzione di questa

Risorsa per la vita sulla terra?

Figura 1 - Una antica stampa panoramica, veduta generale della città di Mantova dove inequivocabilmente si osserva che le acque svolgono, congiuntamente alle robuste mura, una funzione fortemente difensiva

(Frie-drich Bernhard Werner, 1690-1778)

5. CONCLUSIONI

La “Cultura dell’Acqua” è elemento radioso caratterizzante ogni Civiltà. Essa si esprime in poli-tiche gestionali di lungimiranza nella utilizzazione, soprattutto pubblica, della risorsa idrica, del suo razionale approvvigionamento e conservazione nei momenti di scarsità, della sua attenta salvaguardia nelle aree di propria delicata naturale produzione.

Non solo, tale patrimonio di articolata conoscenza si esprime anche nella sapiente gestione delle sue strade privilegiate nel loro veloce o lento fluire verso mare, i fiumi.

A volte, un non avveduto suo governo a monte, provoca violenti e dannosi suoi attraversamenti a valle, nei centri abitati e nelle città spesso malamente realizzate dall’uomo, soprattutto nella parte finale del loro stesso corso verso la naturale concentrazione all’interno della massa liquida marina.

La stessa preziosa risorsa ha dunque bisogno di un duplice rispetto, sia per la parte fluente su-perficiale che per i suoi celati flussi sotterranei idrogeologici. Dunque, essa va rispettata non solo per la parte utilizzabile finalizzata ad assicurare e garantire comunque la vita nel relativo aspetto di sua sicura potabilità, ma soprattutto per gli aspetti gestionali relativi al suo futuro in certezza di risorsa, e questo prima di tutto nei confronti delle prossime generazioni.

Ora che la Scienza umana sa darci risposte sempre più esaurienti in merito alla conoscenza del fluido, sia fisica, chimica che biologica, è d’obbligo una maggiore attenzione pluridisciplinare e multidisciplinare nei confronti delle stesse leggi naturali che governano il complesso ed articolato Ciclo dell’Acqua.

Su questo aspetto, invero, tuttavia poco sappiamo, soprattutto in termini degli stretti complessi rapporti esistenti tra Clima ed Oceano, tra Atmosfera, Criosfera e Litosfera, poiché, ricordiamo, comunque sia, che: “Sorella Acqua” tutto permea e pervade.

58

BIBLIOGRAFIA

AA. VV., 1908. Carta idrografica d’Italia. Tevere. Ministero di Agricoltura e Commercio, Roma. Barberi F., Carapezza M. L., De Rita D., Funiciello R., Giordano G., 2002. L’attività recente del cratere del Lago di Albano di Castelgandolfo, Rendiconti Lincei, Springer, Milano.

Carosi G. P., 1987. I monasteri di Subiaco, Ed. Monastero S. Scolastica, Subiaco (RM). Bencivenga M., 1999. Superficie dei Bacini idrografici del Dipartimento di Roma, Istituto Poligrafico della Zecca dello Stato, Roma.

Catenacci V., 1992. Il dissesto geologico e geoambientale in Italia dal dopoguerra al 1990, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma.

Coarelli F., 2003. Roma, Editori Laterza, Roma.

Cosentino D., Parotto M., Praturlon A., 1993. Guide Geologiche Regionali - Lazio, BE-MA Editrice, Roma.

Genovese L., 2012. La strategia dell’acqua tra tardo-antico e medioevo - Il caso Campania, Editrice Dedalo, Roma.

Morghen R., a cura di, 1991. Chronicon Sublacense (593 - 1369) Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma.

Sabbatucci D., 1979. Roma antica, religione, filosofia e scienza, Jouvence, Roma. Sabbatucci D., 1988. La Religione di Roma Antica, Il Saggiatore, Milano.

I CONTRATTI DI FIUME COME STRUMENTO DI

Nel documento Focus su AcQuE E AmbIEntE uRbAno (pagine 54-60)

Documenti correlati