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L‘acqua è principio generatore per eccellenza: ―intelligitur tanquam genitura omnium rerum, ut intellexit Thales et Moises, qui spiritum Dei incubantem in aquis introduxit, quasi dans illis virtutem procreatricem‖335. Questo elemento ha un ruolo centrale nella fisica di Bruno, che lo pone come il trait d‟union che collega tutti gli altri. Abbiamo già visto come essa sia il combustibile che nutre il fuoco e come la fiamma, in sostanza, altro non sia che vapore acqueo ardente, ma l‘acqua ha anche altre due funzioni fondamentali:

―Principium ergo, medium et effectus omnis differentiae et numeri in rebus compositis est aqua (…); per hanc enim tum corpora corporibus agglutinantur, uniuntur, vinciuntur, tum etiam spiritus spiritibus et spiritus corporibus, animaque ipsa tandem hoc principio agglutinativo aedificat, confabricat sibi atque format paucis, ut dictum est, atomis tam mirabile architectum‖336.

In primo luogo, essa è l‘elemento che unisce e agglutina gli atomi che costituiscono l‘arida, ossia la terra. Gli atomi, secondo Bruno, sono tutti uguali tra loro e tutti di forma sferica, quindi è l‘acqua che, fornendo un grado di unione e densità maggiore o minore, introduce la diversità fra i corpi, i quali sarebbero altrimenti aggregati uniformi di parti omogenee. Questo le è possibile in quanto, ed è la sua seconda funzione, è il mezzo che trasmette l‘azione dello spirito e dell‘anima, ―diversas animae atque spiritus differentias explicans‖337.

Visto il legame tra terra e acqua, è d‘uopo trattare i due elementi nello stesso tempo. L‘arida ―per se est rarissimum, subtilissimumque corpus. Huius partes ita sunt discretae, ut altera cum altera minime sine aqua possit cohaerere. Quocirca est insensibile corpus, utpote individuum‖338. La terra è dunque un corpo estrema- mente rarefatto e leggero, composto di parti discrete, impercettibili e indivisibili, che altro non possono essere se non atomi, i quali non sono colti dal senso in virtù delle loro dimensioni piccolissime: ―est manifestum terram seu aridam per se nihil aliud

esclusivamente acquea. Si potrebbe inoltre ipotizzare che per Bruno anche quel tipo di aria che è in realtà acqua rarefatta sia da considerarsi come corpo diafano di natura acquea.

335 ID., De rerum princ., p. 590. 336 Ivi, p. 634.

337 Ivi, p. 630. 338 Ivi, p. 638.

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esse praeterquam atomos seu corpora insecabilia‖339

. Fra i quattro tipi di materia, irriducibili gli uni agli altri, soltanto l‘arida ha una natura genuinamente atomica, mentre lo spiritus, la luce e l‘acqua, la quale deve svolgere una funzione aggluti- nante e quindi a maggior ragione non può essere a sua volta discreta, hanno una struttura continua: una simile teoria della materia è più che sufficiente a farci capire che quello di Bruno non è un atomismo ortodosso, senza nemmeno ricorrere agli aspetti vitalisti del suo pensiero.

Gli atomi sono di forma sferica340, indivisibili e di conseguenza inalterabili, ingenerabili, incorruttibili ed eterni. Proprio a causa della loro forma e delle loro dimensioni, essi non sono in grado di aderire l‘uno all‘altro, ma sotto l‘azione dello spiritus si spargerebbero come polvere nel vento se non intervenisse l‘acqua ad unirli341:

―(…) terra levis magnum per inane volabit,

Vanidus est etenim pulvis, sparsusque, priusquam Officio lymphae partes cum partibus una

Concurrant, aurae rapiuntur flamine, per se Quo deportentur dubiae, sed ob aeris actum Huc illucve meant atomi‖342.

Nel comporre i corpi, l‘acqua porta coesione, durezza e volume: essa unisce e per questo fa sì che i corpi risultino resistenti alla divisione, mentre se prevalesse l‘arida avremmo corpi fragili, friabili. I metalli e le pietre, infatti, nonostante sembrino fatti di terra sono in realtà composti principalmente di acqua:

―Quid enim sunt saxa, metalla,

et glebae, et grumi, species multaeque minerae? (…)

Non minus ergo unda est, quam arentis materiei, Quin potius magis esse putes, nam corpora ab unda Haec quae inspissatur, cineresque, atomique volantes‖343.

Inoltre, come si può constatare dai fenomeni di putrefazione, se dai corpi viene rimossa la componente umida, ciò che rimane è solo una piccola quantità di polvere, molto inferiore alla massa del composto iniziale, ―ut patet ubi procura arbor seu immensa silva per ignem risoluta in exiguum cinerem resolvitur subsidentem,

339 Ibid.

340 Vedi anche il dodicesimo capitolo del primo libro del De triplici minimo, dove si afferma appunto che

nel solido la figura minima è la sfera (ID., De minimo, pp. 177-179).

341 Su questo punto, Paul-Henri Michel commette una lieve imprecisione: trattando della coincidenza

tra vacuum, aether e aër, afferma che secondo Bruno ―Il faut qu‘il esiste, entre les éléments insécables, une « ceratine matière » qui les agglutine‖ (MICHEL P.-H., La cosmologie de Giordano Bruno cit., p. 147)

sostenendo implicitamente che questa materia sia proprio l‘aere, quando invece si tratta dell‘acqua in quanto, se è vero che l‘aria si insinua anche negli interstizi fra atomo e atomo, non è tuttavia l‘artefice della loro coesione.

342 BRUNO, De immenso II, p. 151; ma si veda anche il De l‟infinito, universo e mondi: ―l‘arida, a fatto sciolta

da l‘acqua, non è altro che vaghi e dispersi atomi‖ (ID., Infinito, p. 109). Molte delle argomentazioni sul

rapporto di acqua e terra si trovano già nel dialogo italiano (cfr. ivi, pp. 102-110).

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cadavera animalium in exiguum pulverem‖344

. Come si può facilmente notare, an- che in questo caso Bruno si sta attenendo alla definizione di putrefazione come per- dita dell‘umidità interna data da Aristotele. Nel definire le proprietà di un corpo, anche la terra contribuisce in qualche misura, perché il peso e la densità sono confe- riti non solo dalla funzione agglutinante dell‘acqua, ma anche dal numero delle particelle discrete che lo formano: ―Omnis densitas et gravitas et pondus est a numero partium coëuntium‖345. Ciò non toglie però che senza l‘azione unificatrice dell‘acqua l‘apporto della terra venga vanificato, ragion per cui è in realtà l‘acqua a conferire peso ai corpi: ―Ponderat ergo nihil, quod non concrerit in unum/ Partibus innumeris merito coeuntibus undae,/ Quippe atomos vincire suum est, vinctasque tenere,/ Ne incerto appulsu volitent per inania regna‖346

.

L‘idea di questo necessario rapporto tra terra e acqua può essere stata ispirata a Bruno proprio da Aristotele che, a partire dalle definizioni dell‘umido e del secco, descrive l‘acqua come una sostanza molle, deformabile, facilmente divisibile da al- tro e quindi priva di limiti intrinseci, mentre la terra è dura, indeformabile, difficil- mente divisibile da altro e quindi dotata di limiti propri. Inoltre, nel quarto libro del De caelo lo Stagirita sostiene anche che la terra non può essere risucchiata a forza verso l‘alto perché non ha una superficie unitaria, mentre l‘acqua può essere aspi- rata perché, al contrario, ha una superficie unica. Da queste parole si può dedurre che per Aristotele la terra è priva di coesione fra le sue parti, quindi ha una natura discreta e corpuscolare e non ha consistenza senza l‘apporto di una componente umida, mentre l‘acqua è materia continua e proprio per questo funge da collante tra le parti di terra. Da questa concezione corpuscolare della terra all‘identificazione di questo elemento con gli atomi indivisibili il passo è breve, anche se esce dall‘ortodossia aristotelica oltre che da quella atomista, come dimostra il fatto che per Bruno gli atomi sono sferici e non dotati di forme diverse e tali da rendere pos- sibile il loro reciproco incastro (argomento grazie al quale gli atomisti spiegavano la coesione dei corpi), istanza questa che rende necessaria l‘introduzione dell‘elemento agglutinante continuo.

Il debito aristotelico è anche segnalato dal fatto che l‘osservazione che i corpu- scoli terrosi non coesi sarebbero dispersi dall‘aria era già stata formulata nei Libri Physicorum a commento del passo in cui Aristotele affermava a chiare lettere la ne- cessità della compresenza di tutti gli elementi. Questo significa che il Nolano av- verte come vicina alle sue esigenze la formulazione del rapporto tra acqua e terra e ne accompagna l‘esposizione con una propria originale osservazione, spendibile anche nella trattazione delle proprie teorie. Bruno riconosce dunque la validità di questa tesi aristotelica e la mutua all‘interno della sua teoria degli elementi.

Tuttavia, nonostante Bruno sia debitore di Aristotele, trova comunque modo di muovergli una critica:

344 Cfr. ID., De rerum princ., p. 632; Id., De immenso II, p.164. 345 I

D., De rerum princ., p. 638. 346 I

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―bene dixit Aristoteles (…) a terra seu a sicco rationem esse termini; id enim in compositione proprio termino, humidum vero alieno terminatur. Et hic quamvis bene dixerit, non tamen tam bene intellexit‖347.

È vero, ad esempio, che l‘acqua riceve limite e figura dal vaso in cui è contenuta, ma il vaso non è composto di sola terra, bensì di terra e acqua. Il corpo contenente non avrebbe alcuna consistenza, figura e solidità se non vi fosse l‘elemento umido che cementa il secco, anzi ―siccissima et durissima videntur, mirae moles aquae praedominatur. Ad sensum ergo seu ad specierum sensibilium consistentiam terminus et figura non est a terra plus quam ab aqua actualiter‖348

. Queste sono le conclusioni di Bruno, il quale sminuisce il ruolo della terra, che per Aristotele era necessaria al successivo mantenimento di questa figura e questo limite.

Il Nolano critica anche gli atomisti: sebbene la loro filosofia sia conforme a ra- gione, è tuttavia lontana sia dai sensi che dalla pratica, rivelandosi più contempla- tiva che operativa. L‘atomismo non basta a Bruno perché è soltanto una descrizione astratta della natura e non fornisce gli strumenti per manipolarla349

. Per questo ―nobis non sufficit atomos principia materialia adducere, sed ad compositionem seu nexum adiicimus aquam; ad vivificationem, ordinationem et regimen adducimus spiritum; ad sensum, motum, ornatum, digestionem, amorem et litem adducimus lucem seu ignem primum elementum‖350.

Per produrre le cose, sono necessari tutti e quattro gli elementi: la terra e l‘acqua formano i corpi, l‘aria li vivifica e li ordina, il calore fa sì che possano svolgere le loro funzioni vitali. Proprio per questo, afferma Bruno, non esistono elementi più o meno vicini alla perfezione, ma sono tutti ugualmente indispensabili nella composi- zione dei corpi complessi:

―Nihil est ex iis infimum, frigidissimum, patiens, segne, sed aequali virtute omnia ad omnium compositionem concurrunt: non aliter quam ex elementis vocis atque scripturae non est una litura, quae magis alia sit necessaria, et sub qua aliae plus esse possint ordinatae, quam ipsa sub aliis,

347 ID., De rerum princ., p. 642. 348 Ivi, p. 644

349 La ragione per cui la fisica atomista di Democrito e dei suoi seguaci ha valore soltanto teoretico è

spiegata nei Libri Physicroum Aristotelis explanati, in cui il Nolano, riproponendo l‘esposizione aristotelica delle dottrine dei suoi predecessori, aggiunge anche un confronto fra gli atomisti ed Empedocle e Anassagora: ―Differunt isti a praecedentibus, quia illi contemplabatur elementa et principia ex elementatis et principiatis, illi vero elementata et composita contemplabantur ex simplicibus et elementis; sicut etiam duplex ordo accidit in proposito quo aliquis rationem litterarum et syllabarum inquirat ex ratione verborum seu dictorum, alius vero rationes verborum et dictorum ex ea quae litterarum et syllabarum. Utraque philosophandi ratio digna est, utilis ac conveniens iuxta diversos fines, quorum alter magis est activum, alter magi contemplativum‖ (ID., Libri Phys., expl., p.

286). Ciò con cui abbiamo a che fare nella nostra pratica quotidiana sono i corpi composti, non gli lementi, quindi coloro che studiano i principi a partire dai loro effetti hanno anche una maggior conoscenza delle proprietà di questi effeti, conoscenza che li mette in grado di manipolarli. Chi studia invece i composti a partire dagli elementi, sui quali noi non possiamo agire, amplierà sicuramente la conoscenza che abbiamo dei corpi, ma non ci darà gli strumenti per modificarli a nostro piacimento.

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sed omnes per se sunt et sui iuris, et singulae cum singulis aeque concurrunt‖351.

Ancora una volta, nella trattazione del Nolano torna l‘immagine delle lettere dell‘alfabeto, che già era comparsa nella Metaphysica per descrivere gli elementi ed era stata poi ripresa anche da Tommaso d‘Aquino, immagine che Bruno aveva uti- lizzato in senso polemico in favore di coloro che, come lui stesso e contrariamente allo Stagirita, rifiutavano la dottrina della reciproca trasformabilità degli elementi. Ora il Nolano sviluppa un altro aspetto di questa similitudine, ma non più in chiave critica: come tutte le lettere sono necessarie a comporre le parole, così tutti gli ele- menti hanno pari dignità e un‘identica funzione nella generazione delle cose. Ma anche gli elementi hanno bisogno gli uni degli altri: l‘acqua resterebbe vapore se non si addensasse per l‘apporto della terra, la terra resterebbe polvere se non fosse agglutinata dall‘acqua, il fuoco non esisterebbe se non fosse alimentato dal combu- stibile umido:

―Quamque diu pulvis specie est in pulveris, usque Non suffusus aqua, nedum superenatat undas, Sed facili ventus quocumque per aera versat Turbine: non ullo concretaque frigore lympha, Non lympha, at vapor est, fumus, nebulosaque certe Materies: quocumque means per inane profundum. Ignem non proprie cognoscimus esse elementum, Ast circa humentem naturam, luminis actum‖352.

E inoltre l‘acqua non si muoverebbe senza il calore vitale, la luce non si diffonde- rebbe senza il mezzo umido, lo spirito sarebbe impotente se non agisse sugli altri elementi e niente vivrebbe se non fosse animato dall‘aere:

―Undaque vitali in motu ac virtute per ignem est, Nec nisi concreto se lux de fonte propagat, Vivida subiecto cui virtus exit ab igne. (…) Porro horum non meat unum

In reliquum, vector nisi constet spiritus aer Tamquam animus‖353.

Gli elementi, per di più, non possono sussistere separatamente anche per un'altra ragione: in quanto elementi, essi devono essere principi produttivi, fecondi, ma se fossero separati, ciascuno nella propria sfera senza impulso a muoversi verso le altre parti, sarebbero del tutto sterili: ―Haud physica haec igitur sunt commenta, at logicorum/ Queis licet abstrahere a veris (…)/ Undique nam contra hanc clamat natura mathesim‖354.

Questa però era anche l‘opinione di Aristotele nel De generatione et corruptione, almeno per quanto riguarda i corpi appartenenti al mondo terrestre: la terra fa sì che

351 ID., De immenso II, p. 118. 352 BRUNO, De immenso II, p. 11. 353 Ivi, p. 113.

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i corpi terrestri siano collocati al centro del cosmo, l‘acqua rende possibile la coe- sione dei corpuscoli terrosi, l‘aria e il fuoco assicurano la presenza di tutti i primi contrari tangibili, senza i quali non sarebbe possibile alcun mutamento, pertanto gli elementi non si troveranno mai allo stato puro, non esisteranno mai indipendente- mente gli uni dagli altri. Il quadro cosmologico fornito nei Meteorologica, inoltre, de- scriveva la reale struttura del mondo e non più un modello astratto, come nel De caelo: al centro del cosmo sono collocate acqua e terra, che formano un corpo al cen- tro del cosmo unico, anzi l‘acqua si trova anche sottoterra (ed è da quest‘acqua sot- terranea che si generano fonti e fiumi), mentre al di sopra di esse si trova prima il vapor umido, generato dall‘evaporazione dell‘acqua e corrispondente alla sfera dell‘aria, poi lo spiritus secco e facilmente infiammabile, prodotto dal surriscalda- mento della terra e formante la sfera del fuoco. Le sfere degli elementi puri e sterili sono soltanto modelli euristici perché nel nostro mondo esistono soltanto corpi mi- sti, le cui caratteristiche si avvicinano a quelle degli elementi ideali, ma che non si identificano con essi.

La necessità della compresenza di tutti gli elementi è un‘istanza prettamente ari- stotelica ed è proprio questa istanza, anche se giustificata con motivazioni differenti, che ci consente di capire come Bruno possa rifiutare la reciproca trasformabilità dei corpi primi e l‘unicità della materia da essa implicata senza venir meno a quella ten- sione all‘unità che è la cifra del suo pensiero. La materia non è unica, anzi ne esi- stono quattro tipi diversi che non si convertono gli uni negli altri, ma che tuttavia non hanno un‘esistenza indipendente. Se per noi è possibile pensarli separatamente in via del tutto logica e astratta, gli elementi saranno sempre uniti nella realtà dell‘intero universo, e non della sola Terra, come vorrebbe invece Aristotele. Il No- lano rifiuta l‘unicità della materia quando questa è intesa come il sostrato astratto della fisica peripatetica, ma a livello ontologico ne asserisce con forza l‘unità e pro- prio in virtù di un‘istanza aristotelica.

2.4 - Conclusioni

Come diretta conseguenza delle sue posizioni cosmologiche, Bruno non può con- servare nella propria filosofia della natura la teoria dei luoghi e dei moti naturali degli elementi e questo è facilmente comprensibile data l‘asserzione di due tesi av- versate da Aristotele: il vitalismo e l‘infinità dell‘universo. Se non esistono più né i confini del cosmo né le sfere celesti, che Bruno sostituisce con un immenso spazio potenzialmente vuoto ma attualmente pieno di un infinito spiritus aëreus, allora non ha senso nemmeno mantenere la distinzione tra mondo terrestre e mondo celeste e sarebbe altrettanto assurdo conservare la struttura delle sfere degli elementi solo per quest‘ultimo, sfere che comunque, da un punto di vista strettamente fisico, non esi- stevano neanche per lo Stagirita, che nei Meteorologica propugnava piuttosto la divi- sione in regioni occupate da corpi simili ma non identificabili con gli elementi puri, che si rivelano pertanto modelli euristici. Se l‘universo è infinito, deve anche cadere la dottrina dei luoghi assoluti: non esiste più un unico centro e un unico basso, la Terra, e un‘unica periferia e un unico alto, il cielo delle stelle fisse, ma ogni corpo celeste ha un suo centro che è il suo basso, e una sua periferia che è il suo alto, e il

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peso di un corpo appartenente a un sistema sarà definito in base alla sua tendenza verso il centro di quel sistema.

Il peso di un corpo può ancora essere misurato in base alla sua velocità nello scendere verso il centro, come voleva Aristotele, ma il centro deve essere inteso come relativo al sistema in cui quel corpo si trova. Se questa è la definizione della gravità, allora l‘elemento più pesante dovrebbe essere lo spirito aereo, la cui sede è il cuore, al quale naturalmente tende. Seconda arriverebbe l‘acqua, da cui non si di- stingue il fuoco inteso in senso comune, e solo per ultima verrebbe l‘arida, rarefatta e leggerissima:

―Si gravius dices, citius quod se inferet illuc, De quatuor positis sbi prima vendicat aer, Si tribus e reliquis quidnam prius aera findens Atque magis spectes, concreto corpore lympha Arentem se post naturam linquet, ubi illae (Ut grave conficiant) partes non partibus haerent, Huius ubi officium generis non praestit unda. Nescio subiecto ut distinguitur igni est humor‖ 355.

La ragione di questo stravolgimento sta nel vitalismo che caratterizza la filosofia della natura del Nolano. La cosmologia diventa fisiologia: come il principio vitale risiede nel cuore degli esseri viventi, così lo spiritus ha sede nel centro della Terra (―Deus in medium vitalis flaminis auras/ Contraxit‖356

) e da lì si espande con un movimento sferico e si diffonde ovunque riempiendo ogni spazio, dalle cavità sot- terranee fino al cielo infinito357

. Inoltre, se la Terra è un essere vivente, allora il suo calore naturale sarà anch‘esso collocato al centro358, mentre le sue regioni periferiche saranno fredde e riceveranno calore da altri corpi, come dimostra il fatto che le cime dei monti sono più fredde delle regioni pianeggianti e che il magma rovente che fuoriesce dai vulcani proviene dal centro della terra:

―Adde quod congregationes aquarum, vastissimique vulcani qui sunt in visceribus aquae et spiritus magis calidi, primo per se sunt ab anima vitaque telluris (…); quod si animal quoddam tellus compertum fuerit, quod altiore intendentibus animo atque oculis, non poterit existimari corpus interius frigidus‖359.

Si è già evidenziato che l‘aria e la luce possiedono un moto circolare-diffusivo, ma questo movimento è proprio anche dell‘acqua e della terra. Come il sangue co- munica a tutte le parti del corpo le forze vitali, così l‘acqua fa da tramite all‘azione