• Non ci sono risultati.

La cosiddetta figuratio, che precede il compendio della Physica e che compare solo nel testo del 1586 e non nel commento del 1588, consiste nell‘elencazione dei con- cetti fondamentali della fisica aristotelica e nella loro associazione con coppie di immagini, una tratta dalla mitologia e l‘altra dalle arti umane. La privazione è asso- ciata rispettivamente ad Atropo, la Parca che recideva il filo della vita, e al tessi- tore36: ‗tessitrici‘ erano infatti definite le tre Parche nella cultura latina. La forma, invece, è associata ad Apollo e al medico37, la materia a Teti e al marinaio38.

In entrambi i testi, Bruno inizia col riassumere il contenuto della Physica, espo- nendo prima di addentrasi nel commento i risultati della speculazione aristotelica contenuti nel primo libro. Nella Figuratio si limita ad elencare i tre principi che Ari- stotele ha posto a fondamento della natura, cioé la materia, la forma e la privazione, mentre nei Libri Physicorum così definisce l‘ultimo dei tre: ―Hoc autem est privationem dicere apud nos, quae significat participationem quandam contrariae formae‖39. Il Nolano, nel commentare il testo, parla sempre alla prima persona plu- rale, si pone cioè come un seguace di Aristotele che assieme al maestro espone ciò che ha imparato. Quel ‗nos‘ non indica una presa di posizione di Bruno che usando il pluralis maiestatis intenderebbe riportare un proprio giudizio sul testo, ma conti- nua a segnare l‘identificazione tra le parole del commentatore e quelle del com- mentato. Tuttavia, applicare alla definizione di privazione il concetto di partecipa- zione è tradire lo spirito del pensiero aristotelico. La privazione, come avremo modo di vedere, o è forma contraria o è assenza di forma: non c‘è bisogno di chiamare in causa un concetto che lo Stagirita stesso aveva criticato apertamente nella Metaphysica, affermando che Platone aveva ripreso il concetto pitagorico di imita- zione cambiandogli nome in partecipazione, senza peraltro spiegare di cosa si trat- tasse, proprio come i pitagorici non avevano spiegato cosa fosse l‘imitazione40.

Dopo l‘enunciazione dell‘argomento, Bruno inizia ad esporre i contenuti del primo libro della Physica, in cui Aristotele è alla ricerca dei principi primi del dive- nire e, seguendo il metodo consueto, passa in rassegna le opinioni dei suoi prede- cessori, raccogliendo e valutando dapprima tutto quello che essi hanno detto. Lo Stagirita osserva che tutti questi hanno posto come principi delle cose i primi con- trari:

―Quod igitur contraria quodammodo omnes faciunt principia manifetsum est, et hoc rationabiliter. Oportet enim principia neque ex alterutris esse, neque ex aliis, et ex his omnia. Contrariis autem primi insunt haec: ob id

36 ―IV Formam (notat) Apollo, privationem Atropos‖ (BRUNO, Figuratio, p. 137); ―IV Apollini (quadrat)

medicus, Atropo textor‖ (ivi, p. 138).

37 Cfr. nota precedente.

38 ―III Materiam (notat) Thetis‖ (ivi, p. 137); ―III Thetidi nauta‖ (ibid). 39 ID., Libri Phys expl., p. 293.

40 ―Pythagorici etenim imitatione numerorum aiunt entia esse; lato vero, nomen mutando,

participatione: perticipationem vero, aut imitationem formarum, quaenam sit, communiter quaerere omiserunt‖ (ARISTOTELE, Metaphisica, I, t. 6, f. 7K-L; Metaph., 987b 7-14).

quidem quod prima sunt, non sunt ex aliis; od id vero quod sunt contraria, non sunt ex alterutris‖41.

I primi contrari sono a pieno diritto dei principi perché non derivano da altro in quanto primi (quali siano i contrari che possono essere definiti primi sarà l‘oggetto del De generatione et corruptione), né possono derivare l‘uno dall‘altro. Un contrario, ad esempio il bianco, non può produrre l‘altro, ossia il nero, perché se i contrari agissero direttamente l‘uno sull‘altro, allora potrebbero mutare l‘uno nell‘altro (il bianco cioè diventerebbe nero) e la loro contrarietà non sussisterebbe. Questo però non implica che il mutamento avvenga a caso, anzi il processo del divenire si deve svolgere sempre da un contrario all‘altro. Ad esempio un uomo bianco diviene da un uomo nero e un uomo musico diviene da un uomo immusico, ma un uomo bianco non diviene da un uomo immusico (a meno che ciò non accada accidental- mente, cioè a meno che l‘uomo immusico non sia anche nero, ma l‘essere immusico non implica l‘essere nero, quindi la compresenza di queste caratteristiche è acci- dentale).

Generalizzando le posizioni dei suoi predecessori, Aristotele afferma che tutte le coppie di contrari che sono state da essi prese in considerazione possono essere clas- sificate come sovrabbondanza e difetto, più e meno. L‘opinione che ―Unum et Superabundantia et defectus principia entium sint‖42

è dunque antica e fondata: si delinea già lo schema per cui, come sarà tra poco esplicitato, il divenire è un pro- cesso che conduce alla presenza o all‘assenza di qualcosa in una realtà intermedia diversa.

Nella Figuratio, per esigenza di sintesi, Bruno raggruppa in poche parole tutti i filosofi citati dallo Stagirita e introduce immediatamente i concetti di privatio e habitus, senza seguire passo per passo il ragionamento di Aristotele: ―Qui quidem universi circa unum apponentes duo, de duobus alterum accipiunt ad modum excellentiae et habitus, alterum vero defectus atque privationis‖43

. Inoltre, il Nolano divide la triade dei principi in principi formali e principi materiali, avvalendosi di termini che, pur non essendo presenti in questo luogo della Physica, riecheggiano la dottrina delle quattro cause sviluppata nel secondo libro:

―materiam, privationem atque formam, quae naturae sunt species et a quibus maxime naturalia denominantur, causas item quae secundum ipsas naturae species dicuntur, materialem videlicet atque formalem (…) definivit‖44.

Nei Libri Physicorum, Bruno si sofferma più a lungo a commentare il ruolo che la privazione ha nel divenire secondo Aristotele. La privazione è forma che si svigori- sce, afferma Bruno, senza più ricorrere al concetto di partecipazione, ma cita e commenta il celebre esempio della cecità, che lo Stagirita espone sia nei Praedicamenta che nel quinto libro della Metaphysica:

41 ARISTOTELE, De physico auditu, I,t. 42, f. 27F-G (Phys., 188a 26-30). 42 Ivi, t. 55, f. 33A-B (ivi, 189b 12-13).

43 B

RUNO, Figuratio, p. 148. 44 Ivi, p. 142.

―Unde constituuntur duae saltem ex bimembri divisione species, (…) et ideo absolute altera nomen habet privationis, altera vero formae, licet in generationis et corruptionis vicissitudine forma illa, quae abiicitur seu cedit, nomen privationis admittit, quod nimirum non retinet in se et per se, sed relinquit subiecto, sicut recedente visu non visum dicimus privatum sed oculum, nec visum privationem dicimus sed oculum sub privatione‖45.

Non è la vista ad esser privata, ma gli occhi (sostrato) che sono privati della vista (forma), né si parlerà di una privazione della vista (genitivo soggettivo), ma di occhi che sono affetti da una privazione della loro facoltà. Così la forma, cioè il contrario positivo, è costituita dal possesso della vista, mentre il contrario negativo è la priva- zione della suddetta facoltà.