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L’adeguatezza delle cure apprestate in carcere e il problema della compatibilità

3. Giurisprudenza europea in tema di tortura e trattamenti o pene

3.2. Divieto di pene inumane o degradanti

3.2.4. L’adeguatezza delle cure apprestate in carcere e il problema della compatibilità

La giurisprudenza in materia è uniforme nell’attribuire elevato valore alla salute e nello statuire l’incompatibilità della restrizione in carcere in presenza di particolari gravi patologie cliniche. Garantismo, quello della Corte, che spesso è venuto meno in presenza di casi in cui il detenuto fosse risultato essere un soggetto socialmente pericoloso, in particolare, quando fosse sottoposto ad un regime carcerario più severo rispetto a quello ordinario, come è già stato osservato, per esempio, in riferimento alla sentenza Enea c. Italia.

In materia di tutela della salute del detenuto, la prima decisione che è opportuno richiamare è quella relativa al caso Scoppola c. Italia.

122 Sent. Corte EDU Stella e altri c. Italia, 16 settembre 2014, par 64 “l’État italien a adopté un certain nombre de mesures législatives visant à résoudre le problème structurel du surpeuplement carcéral et, parallèlement, a réformé la loi sur l’administration pénitentiaire en instaurant un nouveau recours interne d’ordre préventif permettant aux personnes détenues de se plaindre devant une autorité judiciaire des conditions matérielles de détention, ainsi qu’un recours compensatoire prévoyant une réparation pour les personnes ayant déjà subi une détention contraire à la Convention” (par. 42) “Les États n’ont pas à répondre de leurs actes devant un organisme international avant d’avoir eu la possibilité de faire redresser dans leur ordre juridique interne les manquements dénoncés”.

Rispetto a tale vicenda, particolarmente lunga e complessa che è stata oggetto di quattro separate pronunce da parte della Corte di Strasburgo, due sono le decisioni che ci interessano: la prima del 2008 e la seconda del 2012.

L’oggetto della prima sentenza del 2008 concerneva la conformità all’art 3 della Convenzione, del mantenimento presso il carcere di Regina Coeli di Roma del ricorrente.

Il Signor Scoppola fin dal 1987 era costretto su una sedia a rotelle perché non in grado di deambulare. Nel 2006, a seguito di una visita specialistica che aveva dichiarato il suo stato di salute incompatibile con la detenzione in prigione, il Tribunale di Sorveglianza di Roma, con ordinanza del 16 giugno del 2006, aveva concesso al ricorrente gli arresti domiciliari. A distanza di pochi mesi, tale concessione venne, però, revocata, a causa del fatto che il ricorrente non fosse stato in grado di individuare un domicilio idoneo.

Il 23 settembre 2007, un anno dopo la dichiarazione di incompatibilità della detenzione presso il carcere di Regina Coeli, venne disposto il trasferimento presso il penitenziario di Parma, poiché quest’ultimo disponeva di strutture adeguate alle esigenze delle persone disabili.

Ad avviso della Corte EDU, sarebbe stato compito della autorità nazionali attivarsi per soddisfare l’obbligo, su di loro incombente, di assicurare condizioni di detenzione rispettose della dignità umana. In assenza di un domicilio o di una casa di cura disposta ad ospitare il ricorrente si sarebbe dovuto procedere, senza indugi, al trasferimento presso una prigione meglio equipaggiata, al fine di escludere qualsiasi rischio di trattamenti inumani124. I giudici, a

124 Sent Corte EDU Scoppola c. Italia, 10 giugno 2008, par. 50 “Aux yeux de la Cour, dans des circonstances telles que celles de la présente affaire, une fois établi que la tentative de placer le requérant en détention à domicile ne pouvait aboutir, il appartenait aux autorités de s'activer pour satisfaire à l'obligation qui est la leur d'assurer des conditions de privation de liberté conformes à la dignité humaine. En particulier, le requérant ne pouvant pas être soigné à son domicile et aucune structure d'accueil idoine n'étant disposée à le prendre en charge, l'Etat aurait dû soit transférer sans délai l'intéressé dans une prison mieux équipée afin d'exclure tout risque de traitements inhumains, soit

seguito dell’esame dei fatti, giunsero alla conclusione che la “continuazione della detenzione

presso il carcere di Regina Coeli nelle circostanze indicate più sopra non ha sortito altro effetto che quello di porre il ricorrente in una situazione suscettibile di suscitare in lui angoscia, inferiorità ed umiliazione sufficientemente intensi da costituire un “trattamento inumano o degradante”, ai sensi dell’articolo 3 della Convenzione”125.

Il successivo trasferimento presso il penitenziario di Parma e l’adeguatezza dello stesso rispetto alla detenzione del ricorrente, sono oggetto di una decisione successiva emanata nel 2012; in riferimento alla quale, il ricorrente lamentava il fatto di essere stato detenuto dal 23 settembre al 7 gennaio 2010, in condizioni inadeguate rispetto alle sue esigenze126. Doglianze, quelle del ricorrente, la cui veridicità era stata confermata dallo stesso Tribunale di Sorveglianza di Bologna, che per tre volte aveva prorogato la detenzione domiciliare in virtù dell’incompatibilità dello stato di salute del ricorrente con la detenzione in carcere. In data 24 dicembre 2009, era stato disposto il trasferimento del ricorrente presso l’ospedale civile di Parma, in attesa che il SSN individuasse un centro specializzato disposto ad accoglierlo. Il ricorrente si rifiutò, però, di essere trasferito, ancora una volta a causa dell’inadeguatezza delle strutture offerte dall’ospedale civile in questione. Ciò non poteva, come evidenziato dalla Corte EDU, essere utilizzato, dalle autorità nazionali, quale causa di giustificazione per aver omesso di adempiere ai propri obblighi di tutela 127.

suspendre l'exécution d'une peine qui s'analysait désormais en traitement contraire à l'article 3 de la Convention”.

125 Sent. Corte EDU Scoppola c. Italia, 10 giugno 2008, par. 51

126 Sent. Corte EDU Scoppola c. Italia (n.4), 17 luglio 2012, par. 52 “l’incompatibilité de la détention du requérant dans la prison de Parme avec son état de santé a été affirmée à plusieurs reprises par les juges de l’application des peines, lesquels se sont appuyés sur les conclusions des médecins de la prison”. 127 Sent. Corte EDU Scoppola c. Italia (n.4), 17 luglio 2012, par. 55 “A ce dernier égard, concernant notamment le refus du requérant d’être transféré a l’hôpital civil de Parme, il est difficile pour la Cour

In conclusione, in entrambe le decisioni, la Corte rileva l’assenza da parte dello Stato, di un’intenzione di umiliare o degradare il ricorrente, sottolineando, però, il fatto che questo elemento non sia l’unico da prendere in considerazione nell’ambito di una valutazione concernente l’adempimento all’obbligo positivo in capo allo Stato di tutela della salute, assumendo, infatti, ruolo centrale anche la celerità degli adempimenti128.

Questo condusse la Corte a ritenere che vi fosse stata una violazione dell’art 3 della Convenzione, a causa del trattamento inumano o degradante riservato al ricorrente.

Simile, sia rispetto allo svolgimento dei fatti, sia alla decisione della Corte, è il caso del Signor Cara-Damiani, detenuto ultrasessantenne affetto da paraparesi agli arti inferiori ed impossibilitato a muoversi fin dall’inizio della detenzione.

Nel luglio 2003, il ricorrente venne trasferito presso il carcere di Parma, in quanto dotato di una sezione paraplegici. Al momento del trasferimento, la sezione speciale, risultava, però, chiusa,

de concevoir que ce refus ait été en mesure, en lui-même, d’entraver les efforts des autorités de trouver une structure adéquate. Il suffit à ce propos d’observer que ladite hospitalisation avait été envisagée par le TAP à titre provisoire, dans l’attente que le service sanitaire national trouve une solution définitive convenable, et dans le but de sortir d’une impasse installée depuis plusieurs mois”.

128 Sent. Corte EDU Scoppola c. Italia, 10 giugno 2008, par. 49 “Cependant, l'absence, dans le chef des autorités nationales, d'une volonté d'humilier ou de rabaisser l'intéressé n'exclut pas définitivement un constat de violation de l'article 3; cette disposition peut aussi bien être enfreinte par une inaction ou un manque de diligence de la part des autorités publiques”.

Sent. Corte EDU Scoppola c. Italia, 17 luglio 2012, par. 56 “En l’espèce, rien ne prouve l’existence d’une

intention d’humilier ou de rabaisser le requérant. Cependant, s’agissant de l’obligation positive de l’État de protéger la santé des prisonniers de manière adéquate, qui comporte également une obligation de célérité, l’intentionnalité du comportement reproché à l’État défendeur ne saurait constituer un élément décisif”.

perciò, il ricorrente venne collocato tra i detenuti comuni. La sezione riaprì solo nell’aprile 2005, ma in un primo momento, il ricorrente non poté accedervi per penuria di posti.

Numerosi medici avevano affermato che fosse assolutamente necessario per il ricorrente un trattamento sanitario riabilitativo di alto livello, pena un deterioramento della sua motricità; per tali ragioni avevano, infatti, constatato l’incompatibilità del ricorrente con la detenzione a Parma o in qualsiasi altro luogo detentivo, a meno che, non fosse stato individuato un istituto penitenziario dotato di un centro clinico adeguato129.

Referti medici attestano un deterioramento delle condizioni del ricorrente nel corso della detenzione.

La Corte con sentenza 7 febbraio 2012 ha condannato l’operato delle singole autorità che hanno determinato e condotto la detenzione del ricorrente. La sentenza appare, quindi, censurare l’Italia in punto di fatto più che in punto di diritto, lamentando la mancata applicazione delle norme esistenti.130

La Corte, ha osservato che la detenzione di una persona handicappata in un istituto in cui non può spostarsi con i propri mezzi, costituisca un trattamento degradante proibito dall’art 3 della Convenzione. Ad avviso della stessa, l’inadeguatezza delle strutture carcerarie a far fronte alle necessità del ricorrente, sistematicamente denunciate dai medici, avrebbe dovuto indurre lo Stato ad attivarsi per predisporre il trasferimento del detenuto presso un istituto adeguato. L’insieme di tali elementi ha portato i giudici a concludere che nel caso di specie “les soins dont

129Sent. Corte EDU Cara-Damiani c. Italia, 7 febbraio 2012, par. 47 “Malgré les recommandations de placer le requérant dans une structure extérieure à la prison, spécialisée dans la rééducation et en mesure de fournir l’assistance continue que celui-ci nécessitait, ce dernier est resté à la prison de Parme jusqu’en mars 2008 pour des raisons qui ne sauraient être imputées à l’intéressé”.

130 A. Giliberto, La Corte di Strasburgo condanna ancora l’Italia per gli insufficienti standard si assistenza sanitaria in carcere, in Penale Contemporaneo, 2012

l’intéressé avait besoin ne pouvant pas être prodigués en prison, son maintien à la prison de Parme malgré l’avis contraire des médecins a atteint le minimum de gravité pour constituer un traitement inhumain et enfreindre l’article 3 de la Convention”131.

La Corte si è espressa in tal senso, anche, in riferimento alla vicenda Contrada. Il ricorrente fin dall’inizio della detenzione in carcere lamentava gravi patologie, tra cui i postumi di un’ischemia cerebrale: presentò, a partire dal 24 ottobre 2007, otto istanze di detenzione domiciliare, tutte rigettate dal Tribunale di Sorveglianza sulla base del fatto che, le patologie lamentate, non fossero così gravi e che il trattamento delle stesse non fosse impossibile all’interno del carcere, ad avviso della Corte di Strasburgo, però, tali affermazioni dei giudici di sorveglianza “semblent être sujettes à caution, compte tenu notamment des résultats des

examens médicaux auquel le requérant a été soumis à maintes reprises”132.

Ancora una volta, la Corte, concluse ritenendo che la permanenza in stato di detenzione avesse determinato una violazione dell’art 3.

Altrettanto importanti, ai nostri fini, sono tutte quelle sentenze rispetto alle quali la Corte non ha ritenuto che il trattamento sanitario fosse stato inadeguato al punto da integrare la violazione dell’art 3 della Convenzione; questo perché, in tal modo, si rende possibile l’individuazione del discrimine tra trattamenti sanitari inadeguati al punto da violare l’art 3 CEDU e trattamenti sanitari inadeguati, ma meramente rimproverabili, anche se, a riguardo, la Corte non ha espressamente indicato alcuna regola precisa.

Una prima vicenda da prendere in esame riguarda la sentenza Prestieri c. Italia, 29 gennaio 2013. Il ricorrente affetto da gravi cardiopatie, precedenti alla detenzione, il 30 aprile 2010 venne sottoposto ad un trapianto di cuore. Avrebbe dovuto trascorrere i primi sei mesi del decorso post-operatorio presso una clinica privata, ma a causa della penuria di letti, venne,

131 Sent. Corte EDU Cara-Damiani c. Italia, 7 febbraio 2012, par. 77 132 Sent Corte EDU Contrada c. Italia n. 2, 11 febbraio 2014, par. 84

invece, ricoverato presso l’ospedale Cardarelli di Napoli. Dopo i primi sei mesi, fu disposto il trasferimento del detenuto presso il penitenziario di Parma. A causa di ritardi nella trasmissione della cartella clinica, nei primi giorni successivi al trasferimento, il ricorrente non aveva potuto seguire la terapia, per di più, i medici del carcere fecero presente, all’Amministrazione penitenziaria e all’autorità giudiziaria, il fatto che il centro clinico del carcere di Parma fosse chiuso in quel momento, motivo per cui, il ricorrente era stato collocato in una sezione inadeguata al suo stato di salute, raccomandando, quindi, il trasferimento dello stesso in altro istituto. Il ricorrente non venne, però, spostato e dopo pochi mesi fu collocato nel centro clinico, il quale aveva nel frattempo riaperto.

Il ricorrente lamentava, sia il fatto di non aver potuto seguire la terapia post-operatoria in una clinica privata, sia l’inadeguatezza delle condizioni della detenzione.

In riferimento alla prima doglianza, la Corte non ha rinvenuto alcuna violazione ai danni del ricorrente, in quanto, il mancato ricovero presso una clinica privata non è suscettibile di integrare un trattamento inumano o degradante, poiché costituisce principio generale, nella giurisprudenza di Strasburgo, il fatto che dall’obbligo, posto in capo allo Stato di tutelare la salute dei detenuti, non discenda un diritto ad essere curati presso le migliori cliniche civili. A ciò deve, poi, essere aggiunto che il trattamento riservato al ricorrente, presso l’ospedale Cardarelli di Napoli fosse stato adeguato alle sue condizioni di salute.

Rispetto alla detenzione presso il carcere di Parma, la Corte rileva evidenti lacune nella tutela del diritto alla salute del ricorrente, in particolare, il ritardo nella trasmissione della cartella clinica e il mancato funzionamento del centro clinico nei primi mesi di detenzione; risulta, infatti, che per diversi mesi sia stato detenuto in condizioni inadeguate al suo stato di salute. Le

lacune riscontrate non sono, però, risultate, ad avviso dei giudici di Strasburgo, sufficienti ad integrare una violazione dell’art 3 della Convenzione133.

Ciò che sembra aver inciso in maniera particolare sul processo decisionale della Corte è stata la constatata assenza di un deterioramento delle condizioni fisiche del ricorrente. Sebbene rimproverabili, le lacune nella gestione non sono sufficienti a ritenere che le autorità italiane fossero venute meno, in maniera sostanziale, al loro dovere di tutelare la salute del ricorrente134.

La Corte ha fatto oggetto della sua valutazione anche gli effetti che tale situazione aveva avuto sulla condizione psicologica del detenuto, oggettivamente peggiorata nel corso della detenzione, giungendo, però, alla conclusione che il peggioramento dello status psicologico dipendesse da una pluralità di fattori, anche non connessi alla preoccupazione per il proprio stato di salute.135

133 Sent. Corte EDU Prestieri c. Italia, 29 gennaio 2013, par. 76 “È vero che alcune lacune da parte delle autorità sembrano evitabili e molto deplorevoli, come la trasmissione incompleta della cartella clinica del ricorrente, che ha privato l’interessato di una terapia per alcuni giorni o, ancora, il fatto che il centro medico sia stato chiuso nei primi mesi, con la conseguente necessità di ricorrere a centri medici all’esterno del carcere per ogni eventuale esame diverso da una consulenza cardiologica o da un elettrocardiogramma. Tuttavia, queste lacune, benché deplorevoli, non bastano, di per sé, tenuto conto complessivamente della situazione del ricorrente, per concludere che le autorità italiane siano venute meno in maniera sostanziale al loro dovere di tutelare la salute del ricorrente e per chiamare in causa, di conseguenza, la responsabilità dello Stato italiano sotto il profilo dell’articolo 3 della Convenzione”. 134 D. Ranalli, Nuovi interventi della Corte europea dei diritti dell’uomo in materia di trattamento carcerario, in Giurisprudenza Internazionale, p. 163

135 Sent. Corte EDU Prestieri c. Italia, 29 gennaio 2013, par. 77 “una volta trasferito al carcere di Parma il ricorrente sembra avere incontrato vere e proprie difficoltà psicologiche, non imputabili a una mancanza di cure o ad una presa in carico lacunosa da parte delle autorità. In effetti, dal fascicolo risulta che le difficoltà del ricorrente erano legate alle sue vicissitudini giudiziarie e alle restrizioni derivanti dalla sua condizione di detenuto nel carcere di Parma”

Stabilendo in conclusione che “dopo aver valutato complessivamente i fatti pertinenti sulla base

delle prove prodotte dinanzi ad essa, la Corte ritiene che né le condizioni di salute del ricorrente né lo stress/l’ansia che sostiene di avere subito raggiungono nella presente causa un livello di gravità sufficiente per comportare una violazione dell’articolo 3 della Convenzione”.

Una seconda vicenda che merita di essere ricordata è quella fatta oggetto della decisione della Corte EDU nel caso Tellissi c. Italia, 5 marzo 2013. La Corte è stata chiamata a pronunciarsi sull’efficacia della tutela della salute di un cittadino tunisino che lamentava un deterioramento delle proprie condizioni fisiche e capacità di locomozione causate, sia dall’inadeguatezza delle cure mediche apprestategli presso il carcere, sia dall’inerzia delle autorità competenti.

La Corte ha rilevato che, nel caso di specie, nonostante, alcuni ritardi, il fatto che le autorità penitenziarie avessero monitorato lo stato di salute del ricorrente, si fossero attivate affinché fossero eseguiti gli esami necessari, e il ricorrente fosse stato messo in lista d’attesa per l’intervento chirurgico al ginocchio, è sufficiente, agli occhi della Corte, per escludere la violazione dell’art 3 CEDU136. Nel caso di specie, per di più, a differenza dei casi Scoppola e

Cara-Damiani sopra citati, manca una qualsiasi attestazione, da parte di medici, circa

l’inadeguatezza delle condizioni di detenzione cui fu sottoposto il ricorrente.

La motivazione della Corte, estremamente concisa, non permette di comprendere a pieno quello che è stato il percorso decisionale, lasciando aperti numerosi quesiti circa l’individuazione del

136 Sent. Corte EDU, Tellissi c. Italia, 5 marzo 2013, par. 35 “la Corte ritiene che, nonostante alcuni ritardi, le autorità abbiano soddisfatto il loro obbligo di proteggere l'integrità fisica del ricorrente tramite la somministrazione dei controlli medici appropriati. A tale proposito sottolinea che lo stato di salute dell'interessato è stato costantemente controllato”.

discrimine tra una gestione negligente della salute delle persone detenute che integri una violazione dell’art 3 CEDU e une gestione negligente meramente rimproverabile.137