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Le pratiche di espulsione e di estradizione

2. Il divieto di tortura e pene o trattamenti inumani o degradanti nella

2.3. Le pratiche di espulsione e di estradizione

È possibile, infine, che venga in rilievo una responsabilità dello Stato per violazione indiretta del disposto dell’art 3, nell’ambito del compimento di patiche come l’espulsione62 o l’estradizione63.

Costituisce orientamento consolidato, in seno alla Corte, l’affermazione del principio per cui, per poter ravvisare una violazione dell’art 3 CEDU, non sia sufficiente l’allegazione di una generica situazione di turbolenza nel Paese di destinazione, dovendosi, infatti, dimostrare la sussistenza di un rischio individuale per la vita e l’integrità fisica.64

Per quanto riguarda l’espulsione, nella sentenza Saadi c. Italia, la Grande Camera ha ribadito il principio per cui la tutela dell’individuo dai trattamenti vietati dall’art 3 CEDU, non può essere oggetto di bilanciamento nemmeno nel caso in cui vengano in rilievo interessi di rango elevato, quali la sicurezza nazionale. Questa decisione è stata richiamata dalla Corte in numerosi casi successivi, si ricorda tra le altre, la sentenza Charahili c. Turchia, rispetto alla quale la Corte, richiamando anche i reports di Amnesty International, nei quali veniva descritta l’instabile situazione della Tunisia, ritenne che laddove il Governo turco avesse espulso il ricorrente,

autorità carcerarie per curare il ricorrente, affetto da anoressia, soprattutto alla luce della discordanza tra cure prescritte, e cure effettivamente prestate.

62 L’espulsione dello straniero viene esercitata nei confronti dei non cittadini, ai quali non si voglia

accordare la permanenza sul territorio dello Stato.

63 Pratica consistente nella consegna, da parte di uno stato a un altro stato di un individuo che si trovi nel

territorio del primo e contro il quale sia stata intentata, nel secondo, un'azione penale o pronunciata una condanna.

64 F. Cassibba, A. Colella, in Corte di Strasburgo e giustizia penale, a cura di G. Ubertis e F. Viganò, G.

sospettato di far parte dell’organizzazione terroristica di Al-Quaida, avrebbe integrato una violazione dell’art 3 CEDU65. Decisione analoga è stata presa in riferimento al caso N. c.

Svezia66: i giudici prendendo in debita considerazione, anche in questo caso, i reports di varie organizzazioni internazionali, le quali evidenziavano il diffuso sistema di maltrattamenti e di oppressioni nei confronti delle donne in Afghanistan, sono giunti alla conclusione che per la ricorrete, laddove fosse tornata nel suo paese, il rischio di ritorsioni sarebbe stato elevato e concreto.

A Partire dal 2008, con la sentenza N. c. Regno Unito67, la Corte ha stabilito che affiché si possa considerare integrata la violazione dell’art 3 CEDU, è necessario il raggiungimento di una soglia minima di gravità. Con la sentenza D. c. Regno Unito, la Corte ha stabilito che la soglia minima di gravità non debba considerarsi raggiunta nel caso in cui ad essere espulso sia un soggetto gravemente malato, anche nell’ipotesi in cui nel paese di destinazione non siano garantiti i medesimi standard sanitari dello Stato convenuto; salvo, solo, ipotesi eccezionali in cui vengano in rilievo esigenze umanitarie cogenti68.

65 Sentenza Corte EDU Charahili c. Turchia, 13 aprile 2010, par. 60 “The Court finds in these circumstances that the evidence submitted by the parties, together with the material obtained proprio motu, is sufficient for it to conclude that that there is a real risk of the applicant being subjected to treatment contrary to Article 3 of the Convention if he were to be removed to Tunisia. The Court also notes in this connection that the Government have not put forward any argument or document capable of casting doubt on the applicant's allegations concerning the risks he might face in his country of origin”. 66 Nel caso di specie la ricorrente, nel caso in cui fosse stata espulsa in Afghanistan, avrebbe corso il,

serio, pericolo di subire ritorsioni da parte dell’ex marito e della sua famiglia.

67 Sentenza Corte EDU N. c. Regno Unico, 27 maggio 2008, nel caso di specie la Corte non ritenne che, a

differenza di quanto si stabilì nel caso D. c. Regno Unito, sussistesse un rischio per la salute e l’integrità fisica della ricorrente tale da qualificare la sua espulsione come violazione dell’art 3 CEDU

Il leading case in materia di estradizione è costituito dal caso Soering c. Regno Unito, 7 luglio 1989.

Soering era un cittadino della Repubblica Federale Tedesca. Nel 1985 uccise, con la complicità della fidanzata, i genitori di lei. I due fuggirono nel Regno Unito, dove vennero arrestati nel 1986. Tanto gli Stati Uniti, quanto la Repubblica federale tedesca, chiesero l’estradizione. Il governo britannico si rivolse alle autorità statunitensi per ottenere assicurazioni che, nel caso in cui il soggetto fosse stato condannato alla pena capitale, questa non sarebbe stata eseguita. Le assicurazioni ricevute convinsero il governo britannico a concedere l’estradizione69. Il Soering, nel frattempo, aveva fatto ricorso innanzi alla Corte di Strasburgo, per violazione degli articoli 3, 6 e 13 della Convenzione. La Corte con sentenza 7 luglio 1989, stabilì che, laddove il ricorrente fosse stato condannato alla pena capitale, avrebbe dovuto trascorrere il resto della sua vita nel “braccio della morte”, condizione di vita, che ad avviso della Corte, integrava il grave pericolo, per il ricorrente, di subire trattamenti inumani o degradanti. Alla luce di quanto appena osservato, giunse alla conclusione che l’estradizione di Soering negli Stati Uniti avrebbe determinato la violazione dell’art 3 CEDU70.

Merita di essere posto in evidenza l’importante elemento di novità introdotto da questa decisione, la quale ha, infatti, esteso la necessità di una tutela concreta ed effettiva dei diritti garantiti dalla Convenzione, sancendo il principio per cui dall’art 3 discenderebbe un obbligo implicito rivolto agli Stati contraenti, di non procedere ad estradizioni verso paesi in cui sussista

69 G. Mannozzi, in La Convenzione Europea dei diritti dell’uomo nell’ordinamento penale italiano, a

cura di V. Manes e V. Zagrebelsky, Giuffrè Editore, 2011, p. 343

70 Corte EDU Soering c. Regno Unito, 7 luglio 1989, par. 111 “in the Court’s view, having regard to the very long period of time spent on death row in such extreme conditions, with the ever present and mounting anguish of awaiting execution of the death penalty, and to the personal circumstances of the applicant, especially his age and mental state at the time of the offence, the applicant’s extradition to the United States would expose him to a real risk of treatment going beyond the threshold set by Article 3”.

un rischio concreto di subire pene o trattamenti inumani o degradanti, indipendentemente dal fatto che il paese di destinazione risulti essere vincolato da obblighi convenzionali internazionali di tutela in tal senso.

La vis espansiva di tale diritto umano ha portato la Corte ad estendere la logica sottesa al caso Soering anche alle ipotesi di espulsione.

3. Giurisprudenza europea in tema di tortura e trattamenti o pene