• Non ci sono risultati.

G LI ADEMPIMENTI PROCEDURALI E I POTERI ACCORDATI AL DEBITORE QUALI POSSIBILI PRESIDI DELLA CORRETTA VALUTAZIONE DELLA SITUAZIONE

C APITOLO TERZO

2. G LI ADEMPIMENTI PROCEDURALI E I POTERI ACCORDATI AL DEBITORE QUALI POSSIBILI PRESIDI DELLA CORRETTA VALUTAZIONE DELLA SITUAZIONE

PATRIMONIALE DELLA SOCIETÀ IN CONCORDATO.

Nel tentativo di individuare i possibili rimedi atti a scongiurare il rischio che l’esecuzione di una proposta di concordato preventivo riorganizzativa si traduca nell’ablazione di partecipazioni sociali ancora espressive di valori positivi, l’ambito privilegiato dell’indagine è indubbiamente costituito dalla disciplina concorsuale. In particolare, merita in primo luogo rivolgere l’attenzione alla procedura concordataria e dunque considerare se le summenzionate esigenze di tutela possano essere tutelate valorizzando quei poteri riconosciuti al debitore, nonché quegli adempimenti posti a suo carico, i quali valgono a presidiare la legittimità complessiva dell’operazione di ristrutturazione per il tramite in primis di una corretta valutazione degli assets che compongono la dotazione aziendale della società in concordato. Con la precisazione, tuttavia, per cui si tratterà talvolta di poteri e adempimenti destinati a trovare applicazione soltanto nell’eventualità in cui vengano presentate proposte concorrenti, talaltra di istituti di applicazione generale, e dunque fruibili anche nel caso in cui la procedura contempli la sola proposta di provenienza gestoria.

In quest’ottica, il primo dato da tenere in considerazione è che l’art. 161 l. fall. prescrive, come noto, che la domanda di concordato preventivo della società debitrice debba essere corredata da una «aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa». Quest’ultima, peraltro, al pari degli altri documenti allegati al ricorso, è oggetto di una attestazione redatta da un professionista designato dalla società debitrice e in possesso dei requisiti richiesti per la certificazione

113

della fattibilità dei piani attestati di risanamento, la quale risulta finalizzata proprio ad assicurare la veridicità di quei dati aziendali dai quali risulta direttamente la consistenza patrimoniale della società e indirettamente l’ammontare delle pretese di tutti i soggetti coinvolti. Senonché, è evidente come la previsione di un simile adempimento asseverativo possa essere indubbiamente valorizzata al fine di escludere l’eventualità che la proposta di concordato, nei termini in cui è concepita, si presti a determinare un trattamento deteriore per le ragioni dei soci. In altri termini, si potrebbe concludere nel senso che, proprio perché il patrimonio della società in concordato è oggetto di una rappresentazione contabile di provenienza debitoria di cui l’ordinamento impone la relativa asseverazione, i rischi che quest’ultimo risulti sottovalutato, e che le pretese dei soci vengano penalizzate, potrebbero dirsi, se non del tutto scongiurati, quanto meno drasticamente ridotti. Orbene, sul punto deve certamente riconoscersi che la relazione del professionista possa indubbiamente rivestire un ruolo determinante nell’ottica di assicurare che la rappresentazione contabile della situazione patrimoniale della società sia tendenzialmente conforme alla sua attuale ed effettiva consistenza. Ciò nondimeno, il rilievo giocato da tale adempimento non può dirsi del tutto risolutivo, e ciò in forza della basilare constatazione per cui il patrimonio sociale potrebbe ben comprendere attività non contabilizzate, ovvero plusvalori latenti non adeguatamente valorizzati da una documentazione contabile che è pur sempre redatta secondo criteri ispirati ad un principio di prudenza e che pertanto comporta un’inevitabile sottovalutazione dei beni aziendali.

Escluso dunque che la tutela dei soci possa essere in ogni caso affidata all’asseverazione della veridicità dei dati aziendali, si tratta adesso di valutare la possibilità di individuare altri rimedi in quei passaggi procedurali in cui il debitore risulta investito non già di oneri, quanto di poteri reattivi e conformativi circa l’esito della procedura. In quest’ottica, un certo rilievo può allora essere attribuito a quanto previsto dal legislatore del 2015 con la novellazione dell’art. 175 l. fall., nella parte in cui la norma riconosce al debitore la possibilità di intervenire all’adunanza dei creditori al fine di «esporre le ragioni per le quali non ritiene ammissibili o fattibili le eventuali proposte concorrenti»223. Adunanza nella quale peraltro, ai sensi dell’art. 172 l. fall. per

223 Il richiamo all’art. 175, secondo comma, l. fall. è stato valorizzato in dottrina da AMBROSINI, Il nuovo concordato preventivo alla luce della «miniriforma» del 2015, cit., 375, a detta del quale «la “difesa” del debitore

114

come novellato nel 2015, il commissario giudiziale è tenuto a presentare una relazione integrativa, con la quale questi è tenuto, tra l’altro, ad operare un giudizio comparativo fra tutte le proposte, ivi compresa quella presentata dalla società debitrice. È perciò chiaro come le norme in parola valgano a connotare l’adunanza dei creditori quale occasione nella quale è data facoltà alla società debitrice in modo particolare, e in subordine al commissario giudiziale, di evidenziare eventuali effetti “espropriativi” della proposta di provenienza creditoria. Ciò nondimeno, è parimenti evidente come si tratti di un rimedio non pienamente efficace e, come tale, non del tutto risolutivo. Basti pensare, infatti, innanzitutto che le citate previsioni sono destinate a trovare applicazione soltanto per l’eventualità della presentazione di proposte concorrenti e non già nel caso in cui la procedura graviti intorno alla sola proposta predisposta dalla società debitrice. Ma v’è di più, dal momento che, pure a fronte della sussistenza di simili effetti, l’intervento dei rappresentanti della società in concordato all’adunanza dei creditori non pare di per sé sufficiente a provocarne l’estromissione dalla procedura, potendo al limite contribuire a “trainare” la maggioranza dei voti verso la proposta di provenienza debitoria.

Ciò posto, occorre adesso esaminare ulteriori due rimedi di cui la società in concordato può avvalersi, in particolar modo nell’eventualità in cui vengano presentate proposte concorrenti, allo scopo di far valere le proprie ragioni condizionando direttamente la stessa prosecuzione della procedura. Si allude, in primo luogo, a quanto disposto dal secondo comma dell’art. 172 l. fall., ove espressamente si riconosce la possibilità per la società debitrice, così come per gli eventuali creditori proponenti, di modificare la propria proposta entro il termine ultimo di quindici giorni prima dell’adunanza dei creditori224. Si tratta all’evidenza di un arco temporale entro il quale

dalle proposte concorrenti è affidata dalla legge a quanto previsto al comma terzo dell’art. 175 l. fall., ai sensi del quale egli può esporre le ragioni per le quali non ritiene ammissibili o fattibili le eventuali proposte concorrenti». Sul punto v. pure BELTRAMI, Le recenti (ulteriori) modifiche al concordato preventivo

nell’estate 2015, cit., 33, a detta del quale «quella indicata [dall’art. 175 l. fall.] pare esser l’unica sede in cui

il debitore ha la facoltà di difendersi dalla contendibilità».

224 Sul tema della modificabilità della domanda di concordato preventivo v., anche per gli opportuni riferimenti alla disciplina vigente prima della riforma del 2015, LO CASCIO, Il concordato preventivo, IX ed., Milano, Giuffrè, 2011, 191 ss. La possibilità di modificare la domanda di concordato preventivo deve ritenersi ammessa ovviamente soltanto in senso migliorativo, in quanto eventuali variazioni peggiorative finirebbe col «contraddire la valutazione di convenienza già operata dal tribunale sull’originaria proposta con il decreto di ammissione» [così VACCHIANO, Modifica e rinuncia della proposta di concordato preventivo, in

Fall., 2016, 1, 38 ss. e in part. 39]. Prima della riforma del 2005, peraltro, un punto estremamente

115

la legge attribuisce a ciascuno dei proponenti la facoltà di “rilanciare” rispetto ad eventuali proposte concorrenti, apportando eventuali modifiche migliorative suscettibili in quanto tali – come si legge anche nella relazione introduttiva al d.l. 83 del 2015 – di «aumentare le possibilità di conseguire la maggioranza dei voti favorevoli». Ebbene, la possibile portata “difensiva” di una eventuale modifica apportata dalla società debitrice alla propria proposta di concordato risulta di immediata evidenza, così come non può dubitarsi del fatto che un eventuale, apprezzabile, miglioramento alle percentuali di realizzazione dei crediti concorsuali potrebbe in concreto rispondere all’interesse creditorio e prestarsi così a costituire il fattore decisivo per l’“esautorazione”, all’esito del voto, di eventuali proposte di provenienza creditoria. Ciò nondimeno, sul punto merita comunque chiedersi se sia possibile postulare, a monte, l’inammissibilità sopravvenuta delle proposte concorrenti nell’eventualità in cui la società in concordato, avvalendosi della facoltà in parola, riesca a confezionare una proposta che raggiunga° ex post le percentuali di pagamento previste dall’art. 163, quinto comma, l. fall. quali presupposti oggettivi per la presentazione di proposte alternative. Ebbene, a tale quesito non pare possibile fornire una risposta positiva, nonostante questa soluzione si sia talvolta affacciata in alcuni commenti alla riforma del 2015225. Difatti, individuando nel successivo raggiungimento delle soglie di

esercitare tale facoltà, oscillando la giurisprudenza tra l’apertura dell’adunanza dei creditori [v. Trib. Pescara, 16 ottobre 2008, in Fall., 2009, 1212 ss., con nota di GENOVIVA, Questioni controverse in tema di

concordato preventivo] e la conclusione del giudizio di omologazione. Sul punto era intervenuto, nel 2007,

il legislatore del decreto correttivo, il quale aveva espressamente previsto che la modifica della proposta di concordato potesse avvenire al limite entro l’apertura delle «operazioni di voto» [inducendo peraltro la dottrina e la giurisprudenza ad interrogarsi sul significato da attribuire a tale, ambigua, locuzione: v. sul punto AMBROSINI-AIELLO, La modifica, la rinuncia e la ripresentazione della domanda di concordato preventivo,

in ilcaso.it, Crisi d’Impresa e Fallimento, 4 maggio 2014]. Tale soluzione aveva peraltro costituito uno stimolo per l’affermazione della natura contrattuale del concordato, posto che vi si potevano a ben vedere riscontrare evidenti analogie con il procedimento perfezionativo del contratto [al punto che parte della dottrina aveva sostenuto che, anche nel concordato, «una volta che l’incontro di volontà si perfeziona, il contratto ha forza di legge fra le parti e non sembra più invocabile il diritto di recesso»: così FABIANI, Concordato preventivo, in Commentario al codice civile, a cura di Scialoja-Branca-Galgano, Bologna, Zanichelli, 2014, 591]. Dopo l’approvazione della proposta da parte dei creditori, infine, parte della dottrina aveva prospettato la possibilità di apportare modifiche soltanto nel caso in cui la loro necessità derivasse dalla «sopravvenuta modifica delle circostanze di fatto» [così BELLÈ, La modifica e il

ritiro della domanda di concordato preventivo, in Fall., 2015, 6, 645 ss. e in part. 647, ma contra v., in

giurisprudenza, Cass. Civ., sez. I, 28 aprile 2015, n. 8575, in Fall., 2016, 1, 29 ss.]. La riforma del 2015 innova ulteriormente sul punto, consentendo la modifica, come si è visto, entro il termine ultimo di quindici giorni prima dell’adunanza dei creditori.

225 Una soluzione in tal senso pare peraltro essere contraria alla stessa lettera dell’art. 163, quinto comma, l. fall., il quale sembra prevedere che «a dover essere prese come parametro per valutare l’ammissibilità [delle eventuali proposte concorrenti] sono la proposta del debitore nel suo testo originario e la relazione di attestazione riferita a tale testo»: così GRIFFINI, Le proposte concorrenti di concordato preventivo, in Giur. it.,

116

blocco l’inveramento di una causa sopravvenuta di inammissibilità delle proposte concorrenti, si finirebbe con l’attribuire alla società debitrice la facoltà, assoluta e incondizionata, di “mettere fuori gioco” la concorrenza, impedendo in tal modo al ceto creditorio di pronunciarsi sulla convenienza di eventuali proposte alternative che potrebbero comunque essere giudicate più convenienti rispetto a quella, pur ormai “qualificata”, confezionata dalla società all’esito della modifica226.

Escluso quindi che una modifica “sopra soglia” della proposta debitoria possa valere di per sé ad escludere le proposte concorrenti dall’esame da parte dei creditori in sede di votazione, devono adesso esaminarsi i possibili riflessi sugli esiti della procedura di un’eventuale rinuncia alla domanda di concordato che provenga dalla società debitrice e che sia intervenuta prima che l’adunanza dei creditori si sia definitivamente pronunciata227. Il tema costituisce peraltro uno degli aspetti più controversi dall’intera disciplina delle proposte concorrenti di concordato preventivo228, dal momento che esso rileva non soltanto ai fini che in questa sede maggiormente interessano – ovvero nell’ottica dell’individuazione dei possibili strumenti “difensivi” a favore della società debitrice – bensì anche con riguardo alla stessa qualificazione giuridica delle proposte alternative presentate dai creditori. Più precisamente, l’eventualità che la società in concordato rinunci alla propria domanda

2017, 1, 262 ss. e in part. 272. A favore della posizione difesa nel testo si esprime anche GALANTI, Misure

urgenti in tema di concordato preventivo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2016, 3, 969 ss. e in part. 975, a detta della

quale sembrerebbe da escludere che il mancato raggiungimento delle percentuali richieste dall’art. 163, quinto comma, l. fall. si configuri quale «condizione di procedibilità», con ciò confermando l’idea che un’eventuale modifica in senso migliorativo della proposta debitoria non determini l’inammissibilità sopravvenuta delle eventuali proposte concorrenti.

226 In dottrina è stato pure sottolineato che, diversamente opinando a favore dell’inammissibilità sopravvenuta delle proposte concorrenti, «il sistema finirebbe coll’incentivare il debitore a formulare proposte che non assicurino (pur potendo farlo) la percentuale minima, nella speranza che nessun concorrente si faccia avanti»: così GRIFFINI, Le proposte concorrenti di concordato preventivo, cit., 272.

227 Non paiono esservi dubbi, come peraltro sottolineato in dottrina [v. FABIANI, Riflessioni sistematiche sulle addizioni legislative in tema di crisi d’impresa, cit., 30], sulla irrinunciabilità della domanda di concordato

dopo che «si è formato un consenso con la platea dei creditori», in quanto con l’approvazione della proposta all’esito del voto «si raggiunge una formalizzazione vincolante dell’accordo» [così GALANTI,

Misure urgenti in tema di concordato preventivo, cit., 980].

228 Il tema è stato trattato in maniera approfondita nel contributo di NEGRO, Proposte concorrenti, rinuncia alla domanda e revoca della proposta di concordato preventivo, in ilcaso.it, Crisi d’Impresa e Fallimento, 12 febbraio

2016. Riferimenti alla questione sono in realtà presenti nella quasi totalità dei commenti alla disciplina delle proposte concorrenti: v., ex multis, GRIFFINI, Le proposte concorrenti di concordato preventivo, cit., 272 ss.; GALANTI, Misure urgenti in tema di concordato preventivo, cit., 977 ss.; D’ATTORRE, Le proposte di concordato

preventivo concorrenti, cit., 1173 ss.; FABIANI, Riflessioni sistematiche sulle addizioni legislative in tema di crisi

d’impresa, cit., 30 ss.; PRESTI, Concordato preventivo: dal monopolio del debitore alle proposte concorrenti fino

117

rende ineludibile affrontare il problema della possibile sopravvivenza delle proposte concorrenti e dunque, a monte, dell’opzione a favore della natura autonoma ovvero meramente accessoria di queste ultime. Ebbene, sul punto non sembra esservi unanimità di vedute in dottrina. Da parte di taluni, infatti, si è sostenuto che affermare la prosecuzione della procedura, pur in presenza di un atto di rinuncia da parte del debitore e ai fini dell’esame delle sole proposte concorrenti, equivarrebbe a «trasformare il concordato preventivo da procedura “volontaria” in procedura “coattiva”»: soluzione che viceversa non sarebbe stata accolta dal legislatore, dal momento che la legittimazione a presentare il ricorso per l’ammissione alla procedura concordataria spetta tuttora al solo imprenditore in stato di crisi e non anche a soggetti terzi229. Inoltre, e nello stesso ordine di idee, è stato parimenti rimarcato che, avendo il legislatore legittimato i creditori a presentare proposte, e non domande, concorrenti, deve dedursene che queste ultime non possano che avere natura meramente accessoria, e dunque dipendere dalle sorti della domanda introdotta in via principale dalla società debitrice230. Con la conseguenza per cui quest’ultima sarebbe certamente legittimata a rinunciare alla propria domanda, determinando pertanto al contempo la “caducazione” delle proposte concorrenti e la chiusura dell’intera procedura (con verosimile consecuzione del fallimento al concordato)231. Orbene, le argomentazioni delle quali si discute, per quanto indubbiamente persuasive dal punto di vista logico, si rivelano a ben vedere non insuperabili, innanzitutto in termini strettamente procedimentali. Invero, ben si potrebbe continuare a riconoscere alla società debitrice la facoltà di rinunciare alla propria domanda, con la precisazione tuttavia per cui i relativi effetti non sarebbero suscettibili di propagarsi alle proposte concorrenti232. In altri termini, si

229 Il virgolettato in D’ATTORRE, Le proposte di concordato preventivo concorrenti, cit., 1174.

230 È stato sottolineato al riguardo [D’ATTORRE, Le proposte di concordato preventivo concorrenti, cit., 1173] che«il legislatore consente ai creditori di presentare “proposte” concorrenti, ma non legittima gli stessi a presentare “domande” concorrenti», ragion per cui «se è l’attuale presenza della domanda di concordato a consentire alla procedura di concordato di proseguire il suo cammino sino all’auspicata omologazione […], ne consegue che l’eventuale rinuncia del debitore alla domanda di concordato impedisce alla procedura di proseguire il suo corso e determina, inevitabilmente, la caducazione anche delle proposte concorrenti».

231 In altri termini, secondo la tesi di cui si discute al debitore dovrebbe essere rimessa ampia libertà nel «valutare se sia per lui preferibile eliminare i concorrenti ritirando la domanda ma così esponendosi, credo ineluttabilmente, al fallimento, ovvero beneficiare dell’esdebitazione a seguito dell’omologazione ai sensi dell’art. 184 l. fall.»: così FABIANI, Riflessioni sistematiche sulle addizioni legislative in tema di crisi

d’impresa, cit., 30.

232 In quest’ottica, non si tratterebbe, come pure è stato sostenuto [v. LAMANNA, La miniriforma (anche) del diritto concorsuale secondo il decreto “contendibilità e soluzioni finanziarie” n. 83/2015: un primo commento. Parte

118

tratterebbe di individuare nella contemporanea pendenza della procedura di concordato avviata per iniziativa del debitore non già una condizione di procedibilità, bensì una mera condizione di ammissibilità della proposta concorrente, da accertarsi esclusivamente al momento della sua presentazione233; condizione dunque la cui carenza sopravvenuta non impedirebbe alla procedura di seguire il proprio corso ordinario, fino all’eventuale approvazione ed omologazione di una proposta concorrente. Tale soluzione, peraltro, si rivela, a ben vedere, la più coerente dal punto di vista sistematico, in quanto essa presenta l’indubbio vantaggio di scongiurare il rischio che la società debitrice benefici della «possibilità discrezionale di “rovesciare il tavolo”» in maniera potenzialmente abusiva e ingiustificatamente penalizzante per i tentativi di ristrutturazione confezionati dal ceto creditorio234.

Se, dunque, alla luce delle considerazioni sinora svolte, può condividersi la tesi che postula l’“impermeabilità” delle proposte concorrenti rispetto alle sorti della domanda introdotta dal debitore in via principale, deve infine aggiungersi, per incidens, come a conclusioni analoghe possa addivenirsi anche con riguardo ad una problematica in parte sovrapponibile con quella ora analizzata. Si allude alla possibilità di predicare la caducazione di una procedura concordataria in cui si innestano proposte concorrenti anche nell’eventualità in cui il Tribunale si pronunci con un decreto di revoca dell’ammissione ai sensi dell’art. 173 l. fall., motivato dall’accertamento che la società debitrice ha «occultato o dissimulato parte dell’attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso altri atti di

II, in ilfallimentarista.it, 29 giugno 2015, 7] di privare il debitore della facoltà di revocare la propria

proposta, bensì «di escludere che la revoca […] possa – se sono state presentate proposte concorrenti – impedire ai creditori di approvare una di queste e al tribunale di omologare il contratto-concordato che ne deriva»: così GRIFFINI, Le proposte concorrenti di concordato preventivo, cit., 273.

233 Il richiamo alle condizioni di procedibilità è presente in GALANTI, Misure urgenti in tema di concordato preventivo, cit., 981, a detta della quale «la rinuncia avrebbe l’effetto di far venire meno una condizione (la

domanda originaria) richiesta per l’ammissibilità delle proposte concorrenti solo al momento del deposito, con la conseguenza che eventuali variazioni successive dovrebbero ritenersi irrilevanti». 234 Il virgolettato in PRESTI, Concordato preventivo: dal monopolio del debitore alle proposte concorrenti fino all’iniziativa di terzi, cit., 95 e in part. nt. 4. La compatibilità della soluzione prospettata nel testo con «la

finalità dell’istituto (che è quella di stimolare – e non certo disincentivare – la presentazione di proposte alternative!)» è rimarcata anche da GRIFFINI, Le proposte concorrenti di concordato preventivo, cit., 273. Qualora, infatti, si riconoscesse al debitore la facoltà di rinunciare in qualsiasi momento alla domanda di concordato, con effetti caducatori delle proposte concorrenti, si verrebbe a delineare «un significativo disincentivo per i creditori interessati a partecipare alla competizione, i quali, oltretutto, sarebbero chiamati ad assumersi gli oneri economici legati alla presentazione delle proposte, con il rischio che queste non sopravvivano nemmeno fino alla fase della votazione» [così BELTRAMI, Le recenti (ulteriori)

119

frode» ovvero ha compiuto atti non autorizzati in violazione dell’art. 167 l. fall.235. Orbene, sul punto v’è da dire innanzitutto come, pur essendo le due fattispecie della rinuncia e della revoca assimilabili sotto il profilo degli effetti sulla procedura, esse a

Outline

Documenti correlati