• Non ci sono risultati.

L A SOLUZIONE STATUNITENSE L A POSIZIONE DEI SOCI NELLA PROCEDURA D

2. L A COMPOSIZIONE DEL CONFLITTO DI INTERESSI SOTTESO ALLA CORRETTA

2.2 L A SOLUZIONE STATUNITENSE L A POSIZIONE DEI SOCI NELLA PROCEDURA D

REORGANIZATION DI CUI AL CHAPTER 11 DEL BANKRUPTCY CODE 1978 TRA RISPETTO DELLA ABSOLUTE PRIORITY RULE E CRAM-DOWN.

La soluzione recentemente adottata dall’ordinamento tedesco si dimostra chiaramente tributaria del modello statunitense, e segnatamente della procedura di

119 Non di mera prevalenza del diritto concorsuale su quello societario, bensì di «integrale assorbimento nel primo delle tutele proprie del secondo» (corsivo aggiunto), parla PINTO, Concordato preventivo e

organizzazione sociale, cit., 113.

120 Il §14 del GrundGesetz del 1949 (GG) tutela invero la proprietà privata, con una disposizione analoga nei suoi contenuti all’art. 42 Cost., in quanto, dopo aver affermato che il diritto di proprietà e di successione sono costituzionalmente garantiti (das Eigentum und das Erbrecht werden gewährleistet), la norma prevede che il loro contenuto e i relativi limiti (Inhalt und Schranken) sono stabiliti dalla legge e che l’espropriazione è consentita soltanto se prevista per legge, se motivata da un beneficio per la collettività (zum Wohle der Allgemeinheit) e previo indennizzo. La dottrina prevalente ha tuttavia escluso che la disciplina introdotta dall’ESUG costituisca una violazione del §14 GG in quanto, innanzitutto, secondo la giurisprudenza del Bundesverwassungsgericht (il Tribunale Costituzionale tedesco), la tutela costituzionale della proprietà privata azionaria non si estende anche al contenuto dei diritti amministrativi connessi alla partecipazione sociale, e in secondo luogo, sotto il profilo stavolta patrimoniale, di vera e propria espropriazione non può parlarsi in quanto a ben vedere le partecipazioni al capitale di una società insolvente hanno già perduto gran parte del loro valore. In dottrina si è al riguardo affermato che «la partecipazione dei soci prevista dall’InsO novellato è meramente formale e priva di effetti, per cui in sostanza ad essi non è accordato alcun diritto partecipativo (Mitbestimmungsrecht) e la loro competenza decisionale è di fatto revocata»: così SCHMIDT, Gesellschaftsrecht und Insolvenzrecht im ESUG-Entwurf, in BB, 2011, 1607.

62

Reorganization disciplinata dal Chapter 11 del Bankruptcy Code del 1978121. Le analogie tra i due modelli sono invero evidenti122, in quanto anche la procedura di cui al Chapter 11 è finalizzata a consentire all’imprenditore insolvente la ristrutturazione dei propri debiti e la riorganizzazione dell’attività d’impresa attraverso la predisposizione di un Plan of

Reorganization elaborato tendenzialmente dal solo debitore e sottoposto

successivamente alla negoziazione tra tutti i soggetti interessati, ivi compresi i soci della società insolvente.

Entro tale cornice, la procedura di cui al Chapter 11 si è rivelata un modello particolarmente efficace, che ha catalizzato riscontri positivi tanto a livello nazionale123 quanto internazionale, come emerge peraltro dal recepimento di alcuni suoi tratti peculiari da parte dei legislatori di numerosi ordinamenti europei, compreso quello italiano124. Al riguardo, deve in primo luogo menzionarsi il dato per cui la procedura di

Reorganization si mostra apertamente diretta ad assicurare in maniera precipua la

conservazione dell’impresa per il tramite della continuazione dell’attività produttiva e della salvaguardia del compendio aziendale nella sua integrità125: e ciò segnatamente sul

121 Per la dottrina statunitense v. BAIRD, Elements of Bankruptcy, VI ed., St. Paul, 2014, nonché CASE II, An Overview of United States Bankruptcy Law, in Crisi d’impresa e procedure concorsuali, cit., 208 ss. La procedura

di Reorganization è stata oggetto, in Italia, della trattazione monografica di PICONE, La Reorganization

nel diritto fallimentare statunitense, Milano, Giuffrè, 1993, nonché dello studio collettaneo La ristrutturazione della impresa in crisi. Una comparazione tra diritto italiano e statunitense, coordinato da De Sensi, Rivista telematica Archivio CE.RA.DI., pubblicazione della LUISS Guido Carli, Roma, 2006. V. in particolare ONZA,

Liquidation vs Reorganization, ivi, 86 ss., nonché FERRI C., L’esperienza del Chapter 11. Procedure di

riorganizzazione dell’impresa in prospettiva di novità legislative, in Giur. comm., 2002, 1, 65 ss. e MANGANELLI,

Gestione delle crisi di impresa in Italia e negli Stati Uniti: due sistemi fallimentari a confronto, in Fall., 2011, 2, 129

ss. e in part. 134 ss.

122 Non devono cionondimeno trascurarsi le notevoli differenze che intercorrono tra una procedura autonoma e alternativa all’ordinaria Liquidation, qual è la Reorganization disciplinata dal Chapter 11 del

Bankruptcy Code statunitense, e quello – l’Insolvenzplan – che invece rappresenta soltanto una delle possibili soluzioni cui l’imprenditore può accedere all’interno di una procedura unica. Sul punto v. PINTO,

Concordato preventivo e organizzazione sociale, cit., 111 e in part. nt. 29.

123 Nonostante la procedura di Chapter 11 riguardi in realtà una minoranza di imprese, per lo più di grandi dimensioni, moltissime società vi sono passate attraverso: si possono citare praticamente tutte le compagnie aeree, nonché i notissimi casi di Chrysler e di General Motors [sui quali v. BAIRD, Lessons from

the Automobile Reorganizations, in Journal of Legal Analysis, 2012, 271 ss.; WARBURTON, Understanding the

Bankruptcies of Chrysler and General Motors: a Primer, in Syracuse Law Review, 2010, 60, 531 ss.].

124 In particolare, per l’influenza delle soluzioni adottate dal Chapter 11, con riguardo in modo particolare alla regola del cd. automatic stay e all’introduzione in Italia dell’istituto della domanda di concordato con riserva ad opera del d.l. 83 del 2012, v. MARINUCCI, La domanda di concordato preventivo dopo il Decreto

Sviluppo: legge fallimentare e Bankruptcy Code a confronto, in Riv. dir. proc., 2013, 2, 426 ss.

125 Sulle ragioni storiche che hanno determinato tale preferenza v. le interessanti notazioni di PANZANI, L’insolvenza in Europa: sguardo d’insieme, cit., 1014-1015. La spinta per la valorizzazione della continuità

aziendale trova una propria giustificazione nel dato per cui la procedura di Reorganization fu concepita anche per rispondere alle esigenze dei creditori di quelle società che, nella seconda metà dell’Ottocento, avevano ottenuto concessioni per la costruzione di tratti delle linee ferroviarie che avrebbero collegato

63

presupposto per cui l’impresa e l’azienda esprimono un valore economico (cd. going

concern value) che deriva loro dall’essere organismi produttivi e che, al contrario, è

suscettibile di venir irrimediabilmente compromesso all’esito dell’arresto repentino dell’attività e della disgregazione dei complessi produttivi126. Su tali basi, la procedura privilegia innanzitutto la conservazione della gestione dell’impresa in capo al debitore, attraverso la regola tecnica del cd. debtor-in-possession, cui fa da contraltare l’intervento autorizzativo del giudice per i soli atti che eccedono l’ordinaria amministrazione (il day-

by-day management). In secondo luogo, la possibilità per il debitore insolvente di

continuare l’esercizio dell’impresa è assicurata in concreto dall’opportunità di accedere, per il tramite di un’autorizzazione giudiziale, alla cd. DIP financing (debtor-in-possession

financing), ovverosia a nuovi finanziamenti, solitamente assistiti da un privilegio sui beni

del debitore, che permettano di affrontare sia i costi della procedura che quelli per la prosecuzione del business. Inoltre, in un’ottica di adeguata ottimizzazione dei valori economici immanenti l’azienda e l’impresa, la procedura si caratterizza per una decisa valorizzazione di soluzioni in continuità e per l’ampio coinvolgimento di soggetti diversi dal debitore insolvente, ai quali è riconosciuta non soltanto la facoltà di rendersi cessionari dell’azienda in esercizio, ma anche il potere di contribuire, a monte, alla predisposizione della strategia di composizione della crisi. Nel confezionamento del

Plan of Reorganization, infatti, il debitore gode di una posizione di monopolio e di

esclusiva per un periodo di tempo assai limitato (cd. limited esclusivity), potendo egli essere “sorpassato” dai creditori e da qualunque interessato qualora siano inutilmente decorsi centoventi giorni dall’accesso alla procedura.

Ciò posto, ai fini che in questa sede maggiormente interessano è necessario e opportuno passare ad analizzare quello che è l’elemento centrale della procedura di cui al Chapter 11, vale a dire il Plan of Reorganization contenente le misure programmate in

l’Est all’Ovest degli Stati Uniti. Società dunque il cui valore derivava non tanto dal relativo patrimonio atomisticamente considerato, ma dalla funzionalità dell’intera rete e dall’utile che complessivamente se ne poteva ricavare.

126 La dottrina italiana che ha esaminato la procedura di Reorganization ha evidenziato come «finalità propria della riorganizzazione, come si legge nella Relazione al Codice, è di conservare l'integrità dell'impresa insolvente, evitando la liquidazione dei singoli cespiti attivi ed il conseguente smembramento dell'azienda; ciò [che] comporterebbe la perdita di posti di lavoro nonché di beni il cui valore è in gran parte legato alla loro utilizzazione nella specifica azienda in cui sono inseriti, ovvero di beni che non potrebbero sussistere indipendentemente dall'azienda stessa»: così MARELLI, Esperienza

applicativa e riforme nella procedura di «riorganizzazione» del diritto fallimentare statunitense, in Riv. dir. proc., 1998,

64

funzione della composizione della crisi. Quest’ultimo, nell’ottica del legislatore statunitense, viene concepito, da un punto di vista strutturale, come un accordo tra tutti i soggetti interessati, i quali sono chiamati ad esprimersi sui suoi contenuti attraverso il voto. Il procedimento di formazione del piano presenta dunque connotati indubbiamente consensuali127, ai quali deve tuttavia aggiungersi la necessaria omologazione (confirmation) del medesimo da parte dell’autorità giudiziaria128. Ebbene, è proprio nel rapporto tra la partecipazione al procedimento di approvazione e la

confirmation giudiziale che si appuntano i profili di maggiore interesse della soluzione

statunitense. Se da un lato, infatti, alla votazione sui contenuti del piano partecipano tutti i soggetti coinvolti dagli interventi di ristrutturazione, ivi compresi i soci della società insolvente, dall’altro lato questi ultimi – al pari di qualunque altra classe di creditori – sono esposti al cd. cram-down, vale a dire allo “strozzamento” del proprio dissenso qualora ricorrano i cd. cram-down standards previsti dal §1129b. Ebbene, ai sensi di tale norma è consentito procedere alla confirmation del piano anche in presenza del dissenso espresso da una delle classi pregiudicate (impaired), a condizione che rispetto agli interessi di quest’ultima il piano sia fair and equitable, ovvero risulti, in altri termini, rispettoso della Absolute Priority Rule che regola il riparto del patrimonio del debitore in sede di attuazione della sua responsabilità patrimoniale. Senonché, nella prospettiva dei soci, ciò implica che – essendo essi residual claimants e, dunque, abilitati a ricevere soltanto l’eventuale valore residuo del patrimonio sociale al netto del pagamento di tutte le altre passività – il loro dissenso potrà essere superato nel caso in cui la classe cui appartengono riceva un trattamento pari al maggior valore che sarebbe prospettabile in caso di liquidazione del patrimonio del debitore («a value equal to the

greatest of the allowed amount of any fixed liquidation preference to which such holder is entitled»).

127 Di «accordo globale sul riassetto della società e sul trattamento degli aventi diritto, concluso sotto la sorveglianza della corte» parlano GUERRERA-MALTONI, Concordati giudiziali e operazioni societarie di

«riorganizzazione», cit., 21-22, i quali individuano dunque il proprium del modello statunitense in una

«”negoziazione” fra soci e creditori [mirante] a fissare, sul presupposto di un dato rapporto fra going

concern value e il liquidation value dell’impresa, il criteri di ridefinizione dei “diritti” su e/o verso di essa». 128 Nella relazione del Congresso al Bankruptcy Code si legge come «the parties are left to their own negotiate a fair settlement. […] Negotiation among the parties after full disclosure will govern how the value of the reorganizing company will be distributed among creditors and stockholders»: v. H.R. Rep. No. 595, 95th Cong., 1st Sess. 224 (1977). La natura consensuale del piano è dunque testimoniata dal fatto che il procedimento di formazione è integralmente affidato alle varie classi di creditori e di soci; che tuttavia l’assimilazione del

Plan ad un contratto non possa dirsi completa è testimoniato dal fatto che esso vincola anche chi non

lo approva ed è come detto soggetto ad un intervento eteronomo della Corte, formalizzato nell’omologazione (cd. confirmation). Sul punto v. ONZA, Liquidation vs Reorganization, cit., 119.

65

Alla luce delle considerazioni sinora svolte, appare evidente come la posizione dei soci nella riorganizzazione delle società insolventi risulti configurata in maniera speculare a quanto osservato con riguardo al procedimento di approvazione dell’Insolvenzplan. Anche negli Stati Uniti, infatti, la tutela degli interessi dei detentori delle partecipazioni sociali passa attraverso l’espressione del voto in sede endoconcorsuale e trova la propria ragion d’essere e, di conseguenza i propri limiti, nel necessario rispetto della Absolute Priority Rule, quale fondamentale principio di ordine pubblico economico che governa l’allocazione delle poste attive del patrimonio del debitore tra tutti i soggetti interessati e nel rispetto dei relativi titoli di priorità. Si tratta, in definitiva, di una soluzione che poggia su presupposti non dissimili rispetto alle conclusioni cui si era giunti nel capitolo precedente, laddove la tutela dell’interesse dei soci a fronte della diluizione e dell’eventuale azzeramento delle proprie partecipazioni era stata riconnessa alla conservazione della relativa pretesa residuale sul valore netto del patrimonio sociale.

2.3 LA SOLUZIONE SPAGNOLA. LA MANCATA ADOZIONE DELLE DELIBERE

Outline

Documenti correlati