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P RIMA SOLUZIONE L’ INTEGRAZIONE DELLA REGOLA DI COMPETENZA EX ART 152 L FALL ATTRAVERSO DELL ’ ADOZIONE DELLE NECESSARIE DELIBERE

5. L E POSSIBILI SOLUZIONI

5.1 P RIMA SOLUZIONE L’ INTEGRAZIONE DELLA REGOLA DI COMPETENZA EX ART 152 L FALL ATTRAVERSO DELL ’ ADOZIONE DELLE NECESSARIE DELIBERE

ASSEMBLEARI (CON POSSIBILI RIFLESSI SULLA FATTIBILITÀ GIURIDICA DEL

CONCORDATO).

Come possibile risposta al quesito appena posto, si potrebbe esser tentati dall’ignorare la portata sistematica del nuovo istituto delle proposte concorrenti di concordato preventivo, o quanto meno di limitare la portata applicativa della relativa disciplina al solo ambito testuale individuato dagli artt. 163 e 185 l. fall. Con la conseguenza per cui – nel caso di proposta “riorganizzativa” presentata dalla stessa

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sull’organizzazione sociale, dando invece prevalenza alle istanze di tutela delle partecipazioni sociali: per l’intangibilità di quei principi in materia deliberativa che compendiano l’assoluta autonomia dei soci circa la struttura finanziaria ed organizzativa della società e le condizioni della propria partecipazione e del proprio investimento.

In effetti, tale soluzione è stata sostenuta da una parte della dottrina sia prima che dopo l’introduzione dell’istituto delle proposte concorrenti160. In particolare, si è postulata la permanenza in via esclusiva in capo all’assemblea dei soci del potere di deliberare quegli interventi che – pur potendo essere contemplati nella proposta di concordato preventivo confezionata dagli amministratori ai sensi dell’art. 152 l. fall. – siano tendenzialmente di competenza dei soci secondo le regole di diritto societario comune. In altri termini, la tesi della quale si discute individua nel coinvolgimento dell’assemblea una fase autonoma ed essenziale del processo di ristrutturazione sotteso alla presentazione di una proposta di concordato dal contenuto “riorganizzativo”: il che appunto richiederebbe, a monte, una consultazione preventiva dei soci, chiamati a decidere ovvero ad autorizzare l’accesso alla procedura di concordato e la predisposizione del relativo piano, oppure, a valle, un loro intervento successivo all’omologazione, per il tramite dell’adozione delle delibere necessarie nella fase esecutiva della ristrutturazione concordataria.

Orbene, quanto alla prima alternativa, la necessità di coinvolgere l’assemblea dei soci già al momento del confezionamento della proposta e del piano di concordato implica, in via logicamente preliminare, la necessità di fornire un’interpretazione restrittiva della regola di competenza di cui all’art. 152 l. fall. Quest’ultima dovrebbe infatti essere letta nel senso di investire gli amministratori del solo potere di deliberare la domanda e la

proposta di concordato, lasciando invece intatta la competenza assembleare per ciò che

160 Si allude alla posizione assunta da alcuni Autori e difesa in più occasioni, prima e dopo l’introduzione dell’istituto delle proposte concorrenti: v. STANGHELLINI, Le crisi d’impresa fra diritto ed economia, cit., 209 ss.; PACCHI, I concordati delle società, cit., 1523 ss.; GUERRERA-MALTONI, Concordati giudiziali e operazioni

societarie di «riorganizzazione», cit., 30 ss. e 46 ss.; GUERRERA, Le competenze degli organi sociali nelle procedure di

regolazione negoziale della crisi, cit., 122 ss.; GIANNELLI, Competenze gestorie del comitato dei creditori e competenze

«residuali» degli organi sociali, cit., 127 ss.; CALANDRA BUONAURA, La gestione societaria dell’impresa in crisi, cit., 2601 ss.; MAUGERI, Partecipazione sociale e attività d’impresa, cit., 385 ss.; D’ATTORRE, Le proposte di concordato

preventivo concorrenti, cit., 1171 ss.; LEOZAPPA, Concordato preventivo: fattibilità giuridica e modifiche organizzative, in Fall., 2015, 8-9, 881 ss.; ID., Sugli organi sociali nella procedura di concordato con riserva delle società di capitali, in Riv. dir. comm., 2016, 3, 399 ss. e in part. 410 ss.; ID., Le competenze degli organi societari nella esecuzione del

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concerne l’inclusione nel piano di quegli interventi di ristrutturazione che, ai sensi del diritto societario comune, richiedono una manifestazione di volontà da parte della compagine sociale. Dovrebbe, in altri termini, postularsi l’esistenza di un difetto di coordinamento tra sistemi normativi, o ancora di una vera e propria lacuna nella norma fallimentare, la quale dovrebbe essere integrata, per la parte non concernente la sola iniziativa per l’accesso alla procedura di concordato, attraverso il richiamo alle norme di diritto societario che attribuiscono ai soci il potere decisionale con riguardo alle operazioni sul capitale sociale e straordinarie che costituiscano il “contenuto riorganizzativo” della proposta di concordato161.

Ebbene, a sostegno di siffatta lettura dell’art. 152 l. fall. sono stati addotti diversi argomenti, desunti tanto dal diritto concorsuale quanto da quello societario. Con riferimento ai primi, si è messo in luce innanzitutto come la possibilità di salvaguardare il coinvolgimento dell’assemblea possa desumersi già dall’interpretazione testuale della norma, posto che il suo tenore letterale – e segnatamente la previsione della derogabilità statutaria della regola legale – non lascerebbero al contrario «desumere l’esistenza di un principio che permetta di prescindere dall’intervento assembleare» qualora il piano preveda il compimento di operazioni attinenti l’organizzazione dell’ente162. In secondo luogo, si è sostenuto come, a ben vedere, l’eventualità di una scissione a livello decisionale tra i due momenti dell’accesso alla procedura e della predisposizione del contenuto del piano, sia stata implicitamente ammessa dal legislatore del 2012, con l’introduzione, all’art. 161, quinto comma, l. fall., del cd. concordato “in bianco” o con riserva. Si è notato, infatti, come la riconosciuta facoltà di differire la presentazione del piano di concordato ad un momento successivo rispetto al deposito della domanda varrebbe a confermare la supposta «“disarticolazione” del contenuto normativo dell’art. 152 l. fall.»163, e dunque, a consentire, se non addirittura ad incentivare, una «opportuna condivisione della proposta da parte degli organi sociali e soprattutto l’adozione preventiva di quelle

161 È stato infatti sostenuto come «la nuova regola di competenza appare di difficile applicazione rispetto a quelle operazioni, volte alla “ristrutturazione” economica, patrimoniale e finanziaria della società, nonché al mutamento degli assetti imprenditoriali, che rappresentano, per l'appunto, il contenuto

riorganizzativo della proposta di concordato» (corsivo nel testo): così GUERRERA-MALTONI, Concordati

giudiziali e operazioni societarie di «riorganizzazione», cit., 37-38.

162 Così CALANDRA BUONAURA, La gestione societaria dell’impresa in crisi, cit., 2604.

163 Il virgolettato in GUERRERA, Le competenze degli organi sociali nelle procedure di regolazione negoziale della crisi, cit., 1124.

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delibere assembleari che si rendessero necessarie nel caso in cui la proposta prevedesse operazioni societarie che […] necessariamente richiedono l’approvazione dei soci»164. Quanto invece agli argomenti tratti dal diritto societario, una prima, significativa conferma della perdurante necessità di coinvolgere l’assemblea nel progetto di ristrutturazione è stata rinvenuta nella disciplina della riduzione del capitale sociale per perdite di cui agli artt. 2446-2447 c.c. (per le s.p.a.) e 2482-bis e 2482-ter c.c. (per le s.r.l.)165. Più precisamente, si è detto che, qualora la crisi della società in concordato si accompagni, come sovente accade, ad uno squilibrio patrimoniale rilevante ai sensi della disciplina della riduzione obbligatoria, l’obbligo di consultare l’assemblea straordinaria dovrebbe discendere già dall’applicazione di quelle disposizioni di diritto societario che ne prescrivono la convocazione ai fini dell’adozione degli «opportuni provvedimenti». A ciò deve peraltro aggiungersi come, secondo la tesi in parola, non sarebbe d’ostacolo a tale conclusione il dato per cui, con l’introduzione dell’art. 182-

sexies l. fall., il legislatore abbia previsto che l’accesso alla procedura di concordato

preventivo determina la sospensione degli obblighi di riduzione del capitale e

164 Così CALANDRA BUONAURA, La gestione societaria dell’impresa in crisi, cit., 2604-2605. L’Autore argomenta ulteriormente il richiamo all’art. 161, quinto comma, l. fall., sostenendo che, «se l’attribuzione della competenza per l’approvazione della domanda all’organo amministrativo poteva rispondere anche all’esigenza di rendere più celere il processo decisionale al fine di evitare iniziative pregiudizievoli dei creditori, tale esigenza appare oggi fortemente attenuata dalla possibilità […] di effettuare il deposito del ricorso contenente la domanda di concordato […] con riserva di presentare la proposta e il piano». Più dubitativa è la posizione espressa da GUERRERA, Le competenze degli organi sociali nelle procedure di regolazione

negoziale della crisi, cit., 1124-1125, secondo il quale l’introduzione della possibilità di presentare domanda

di concordato «con riserva», se da un lato induce a ritenere che«la previsione legale (se pur dispositiva) della competenza degli amministratori vada senz’altro ribadita con riferimento alla tempestiva presentazione della domanda di concordato», dall’altro «lascia intatta la soluzione del problema dell’attribuzione agli organi sociali del potere di decidere — in un momento successivo e, se del caso, con maggior ponderazione — il tipo e il contenuto di proposta e di piano, rendendo anzi ancora più evidente l’esigenza di coordinare quella regola con la disciplina organizzativa societaria».

165 Il richiamo alla disciplina della riduzione del capitale per perdite, al fine di giustificare «il coinvolgimento dei soci nel processo decisionale» è stato proposto da GUERRERA, Le competenze degli

organi sociali nelle procedure di regolazione negoziale della crisi, cit., 1126, e successivamente richiamato da

LEOZAPPA, Concordato preventivo: fattibilità giuridica e modifiche organizzative, cit. 882-882. Allude ad un più generico «dovere degli amministratori di convocare i soci, quantomeno a fini informativi circa la situazione patrimoniale e finanziaria della società e la decisione di presentare una domanda di concordato» BRIZZI, Proposte concorrenti nel concordato preventivo e governance dell’impresa in crisi, in Giur.

comm., 2017, 2, 335 ss. e in part. 373. Secondo l’Autore, tale dovere è agevolmente rinvenibile nel sistema,

in quanto discende, oltre che dalla disciplina della riduzione del capitale per perdite, anche dai «principi di buona fede e correttezza che regolano i rapporti obbligatori». Tale argomento tratto dal diritto societario comune è richiamato anche da PINTO, Concordato preventivo e organizzazione sociale, cit., 110 e in part. nt. 24, seppur nell’ottica di una critica a quelle tesi che, predicando «l’integrazione su base paritaria» tra diritto societario e diritto concorsuale, «rischiano di tradursi, in concreto, nell’affermazione del primato del diritto societario tout court».

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successiva ricapitalizzazione delle società in perdita166. Invero, la pur automatica e temporanea disapplicazione delle norme di diritto societario a presidio dell’integrità del capitale sociale non dovrebbe comportare anche la liberazione degli amministratori dal dovere di convocare l’assemblea straordinaria167, essendo quest’ultima investita proprio del potere di deliberare quei provvedimenti, quali l’accesso ad una procedura di concordato preventivo, che dell’operatività dell’art. 182-sexies l. fall. costituiscono il necessario presupposto168.

In secondo luogo, in una prospettiva tuttora conforme ai principi e alle regole di diritto societario, è stato pure sostenuto come una soluzione che esautori l’assemblea dei soci dall’adozione di decisioni passibili di assumere rilevanza finanziaria e organizzativa si porrebbe apertamente in conflitto con le norme che, nella disciplina della società a responsabilità limitata, regolano il riparto di competenze tra assemblea e organo gestorio169. In tale tipo societario, invero, il legislatore ha previsto, all’art. 2479

166 L’art. 182-sexies l. fall., introdotto con la riforma del 2012, prevede che dalla data del deposito della domanda per l’ammissione al concordato preventivo, anche con riserva, della domanda per l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ovvero della proposta di accordo e sino all’omologazione «non si applicano gli artt. 2446, secondo e terzo comma, 2447, 2482-bis, quarto, quinto e sesto comma, e 2482-ter c.c. Per lo stesso periodo inoltre, «non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli artt. 2484, n. 4, e 2545-duodecies c.c.». 167 La soluzione in parola si fonda sul dato per cui l’art. 182-sexies l. fall., nell’individuare le norme civilistiche oggetto di disapplicazione, richiama integralmente soltanto gli artt. 2447 e 2482-ter c.c., facendo salvi invece gli artt. 2446, primo comma, e 2482-bis, primo comma, c.c. Ciò dovrebbe indurre ad escludersi che possa dirsi sospeso il dovere degli amministratori di convocare l’assemblea dei soci, quantomeno in presenza di perdite superiori ad un terzo del capitale sociale che non ne determinino la riduzione al di sotto del minimo legale (come viceversa accade con riguardo agli artt. 2447 e 2482-ter c.c.). V. sul punto BRIZZI, Proposte concorrenti nel concordato preventivo e governance dell’impresa in crisi, cit., 354, e MIOLA, Riduzione e perdita del capitale di società in crisi: l’art. 182-sexies l. fall., in Riv. dir. civ., 2014, 2, 171 ss. e in part. 188 ss. In dottrina è stata tuttavia sostenuta anche la soluzione opposta, in forza della quale «se, per effetto di perdite , il capitale sia sceso sotto il minimo legale, di tale circostanza non si debba riferire  attraverso la predisposizione di una relazione sulla situazione patrimoniale […], né che si debbano consultare i soci sollecitando provvedimento alcuno, giacché è “disabilitata” tout court la funzione di questa convocazione»: così MONTAGNANI, Disciplina della riduzione del capitale: impresa o

legislatore in crisi?, in Giur. comm., 2013, 4, 754 ss. e in part. 756-757. Per alcune interessanti riflessioni circa

la portata della sospensione di cui all’art. 182-sexies l. fall. v. NIGRO, Riduzione o perdita del capitale delle

società in crisi, in Riv. dir. comm., 2014, 4, 569 ss.

168 Tuttavia v. sul punto la diversa posizione di MIOLA, Riduzione e perdita del capitale di società in crisi: l’art. 182-sexies l. fall., cit., 188, a detta del quale «a rigore, tale decisione non può ritenersi compresa tra gli

“opportuni provvedimenti” che essa è chiamata ad adottare», fermo restando in ogni caso che spetta agli amministratori, «anche al di fuori delle ipotesi previste dall’art. 2364, n. 5, c.c. e dalla previsione in statuto di poteri di autorizzazione, di informare e di consultare preventivamente i soci in assemblea, sottoponendo alle loro valutazioni, anche se non vincolanti, le iniziative che essi intendono assumere ai fini del superamento della crisi e del risanamento della società, in specie quando risultino coinvolti i diritti di partecipazione in conseguenza della riduzione del capitale».

169 È stato sottolineato al riguardo che «la scelta del legislatore della riforma fallimentare [nell’introdurre una regola di competenza del tenore di quella contenuta all’art. 152 l. fall.] appare, per certi aspetti, discutibile e, comunque, bisognevole di qualche correzione interpretativa», in particolar modo con

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c.c., che le modificazioni dell’atto costitutivo, nonché la decisione «di compiere operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell'oggetto sociale […] o una rilevante modificazione dei diritti dei soci» debbano essere inderogabilmente riservate alla competenza dei medesimi, per lo più chiamati ad esprimersi necessariamente con le forme della deliberazione assembleare e non anche con il più snello procedimento della consultazione scritta170. Di talché, potrebbe risultare quanto meno incoerente con la regola in parola che l’inclusione all’interno di una proposta di concordato di operazioni societarie straordinarie possa condurre all’ablazione di un rilevante momento partecipativo che, nella disciplina della s.r.l., è preordinato a garantire una maggiore ponderazione delle scelte gestorie e una più ampia tutela dei diritti dei soci e delle minoranze171. Considerazioni analoghe, peraltro, potrebbero essere replicate pure con riguardo alla disciplina delle competenze assembleari nella società per azioni, in quanto l’esclusione dell’intervento dei soci verrebbe a determinare anche in tale contesto uno spostamento eccessivo del baricentro del potere decisionale in favore dell’organo gestorio, a cui risulterebbero per vero demandate finanche decisioni di carattere del tutto straordinario ed interventi radicali172, rispetto ai quali potrebbe

riguardo alla disciplina della s.r.l., in quanto «l’assetto delineato dall’art. 152, secondo comma, l. fall. presenta incongruenze non lievi rispetto alla scelta normativa di riservare alla competenza dei soci, chiamati a deliberare in forma necessariamente assembleare le “operazioni che comportano una rilevante modificazione dei diritti dei soci” (art. 2479 c.c.)». V. sul punto GUERRERA-MALTONI,

Concordati giudiziali e operazioni societarie di «riorganizzazione», cit., 35-36.

170 Sul punto v. VIGO, Decisioni dei soci: competenze, in Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum G. F. Campobasso, cit., vol. III, 453 ss. e in part. 455 ss., ove il proprium della scelta legislativa viene fatto

consistere «nell’assegnare ai soci il compito di assumere una decisione di ordine gestionale», risolvendo possibili ipotesi di «dissenso tra soci e (una parte degli) amministratori, o fra soci e amministratori estranei, limitatamente all’opportunità di una determinata (ed importante) operazione, che in tal modo è decisa per iniziativa dei soci».

171 La necessità che, ai sensi dell’art. 2479, terzo comma, c.c. i soci deliberino attraverso le forme garantiste del procedimento assembleare è stata considerata in dottrina come la conferma alla tesi «che la molteplicità delle tecniche deliberative previste dall’ordinamento sia frutto della valutazione comparativa fra interessi pari ordinati, quali la partecipazione al voto, il confronto interno , la ponderatezza delle decisioni, la regolarità del risultato e la snellezza delle procedure»: così MIRONE, Le

decisioni dei soci nella s.r.l.: profili procedimentali, in Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum G. F. Campobasso,

cit., vol. III, 477 ss. e in part. 479.

172 L’idea è, in altri termini, quella per cui «anche con riferimento alle società azionarie, l’assetto delineato dall’art. 152 l. fall. non manca di suscitare perplessità per il fatto di spostare il baricentro del potere eccessivamente a favore dell'organo di gestione, rispetto a decisioni di carattere del tutto straordinario, connesse a situazioni di crisi o dissesto talmente gravi da esigere interventi radicali o sostanzialmente “liquidatori”. Il che non appare coerente con il sistema degli artt. 2365, 2446 ss. e 2487 ss. c.c., che riservano tuttora all’assemblea dei soci sia l’adozione degli “opportuni provvedimenti”, nel caso di perdite superiori al terzo del capitale, sia la determinazione dei criteri e dei modi con cui deve svolgersi la liquidazione»: così GUERRERA-MALTONI, Concordati giudiziali e operazioni societarie di «riorganizzazione», cit., 36. Chiaro è peraltro il riferimento al tema, estremamente controverso in dottrina, della possibile permanenza in capo all’assemblea dei soci di competenze gestorie, con riferimento in particolar modo

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essere al contrario più opportuno salvaguardare il coinvolgimento della compagine sociale.

Orbene, la tesi qui in esame, se riconsiderata attentamente, si rivela non pienamente appagante. Innanzitutto, a ben vedere già l’interpretazione testuale dell’art. 152 l. fall. consente di escludere la sussistenza di un dovere degli amministratori di interpellare preventivamente l’assemblea dei soci, anche in assenza di una clausola statutaria che deponga in tal senso e al fine di ottenere una deliberazione o quantomeno un’autorizzazione circa la programmazione di determinati interventi di ristrutturazione. Ed invero, una prima lettura della disposizione vale di per sé ad evidenziare con chiarezza come il legislatore abbia scelto di includere tra le competenze dell’organo gestorio tanto la scelta circa l’accesso al concordato quanto la deliberazione circa le condizioni del medesimo, con ciò escludendo in radice la possibilità di postulare l’esistenza di una lacuna nella disposizione fallimentare, suscettibile di venir colmata attraverso le norme di diritto societario che richiedono l’intervento dei soci al momento della programmazione di determinate operazioni straordinarie173. Inoltre, e nel medesimo ordine di idee, non pare possibile valorizzare neppure il richiamo alla derogabilità statutaria della regola legale di cui all’art. 152 l. fall., in quanto è di immediata evidenza che la scelta legislativa, essendo essa concepita secondo il modello dell’opt-out, sottintende che, qualora i soci, in sede di costituzione o di modifica statutaria, non si siano riservati la competenza a deliberare la proposta e le condizioni del concordato, il regime applicabile non può che essere tout court quello individuato dalla legge174.

alle cd. «decisioni di interesse primordiale»: sul punto v. PORTALE, Rapporti fra assemblea e organo gestorio

nei sistemi di amministrazione, in Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum G. F. Campobasso, diretto da

Abbadessa-Portale, vol. II, Assemblea, amministrazione, Torino, UTET, 2007, 5 ss.; nonché ABBADESSA- MIRONE, La competenza dell’assemblea nelle s.p.a., in Riv. soc., 2010, 2-3, 269 ss.

173 Parte della dottrina ha, come detto (infra, nel §5.1), sostenuto la necessità di esplicitare una distinzione, reputata sottintesa rispetto alla lettera dell’art. 152 l. fall., tra domanda, proposta e piano di concordato: v. GUERRERA, Le competenze degli organi sociali nelle procedure di regolazione negoziale della crisi, cit., 1124. Contra, tuttavia, v. SCIUTO, «Adempimento» del concordato e programma societario, cit., 1336, secondo il quale ipotizzare con riferimento all’art. 152 l. fall., «un difetto di tecnica legislativa e in particolare di mancato coordinamento fra il legislatore fallimentare e quello codicistico […] parrebbe allo stato precluso dal dato normativo il tentativo di integrare la sua portata precettiva ricorrendo alle norme (almeno in buona parte) inderogabili che fissano il riparto legale delle competenze nelle società di capitali, quando invece è la stessa disposizione ora in discorso a prevedere che non solo gli amministratori deliberano sia sulla “proposta” che sulle “condizioni del concordato”».

174 In altri termini, la scelta compiuta dai redattori dell’art. 152 l. fall. implica che «all’autonomia dei soci viene ben dato modo, ex ante, di riservarsi la competenza» a deliberare sulla proposta e le condizioni del

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Quanto sinora osservato, se da un lato vale ad escludere che l’assemblea dei soci

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