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A LCUNE CONCLUSIONI PROVVISORIE I POSSIBILI ABUSI ( E I NECESSARI CORRETTIVI ) NELL ’ OTTICA DELLA TUTELA DELLA PARTECIPAZIONE SOCIALE

L’introduzione di un rimedio quale quello predisposto dall’art. 185, sesto comma, l. fall. rinviene la propria giustificazione, come si è visto, nel pericolo concreto ed attuale che i soci della società in concordato, a fronte dell’omologazione di una

81 Seppur con riguardo al solo concordato fallimentare «ostile», parte della dottrina ha colto con attenzione il rischio per cui l’effetto ablatorio sul patrimonio del fallito, che pure si accompagna a tutti i concordati proposti da terzi e prima ancora, attraverso lo spossessamento, alla stessa procedura di fallimento, colpisca «una parte del patrimonio la cui liquidazione non sarebbe stata in astratto necessaria per il soddisfacimento dell’interesse dei creditori […] e sulla quale il fallito, al termine della procedura fallimentare, avrebbe mantenuto la piena proprietà»: così D’ATTORRE, I concordati «ostili», cit., 206.

82 O ancora, un problema di «necessaria proporzionalità tra mezzi processuali impiegati e scopo perseguito» per il tramite di una procedura, quella fallimentare ovvero concordataria, che resta comunque strumentale alla soddisfazione del credito vantato dai creditori. In quest’ottica, dalla riaffermazione di siffatto rapporto di strumentalità si ricava l’«esigenza di limitare l’espropriazione (individuale o collettiva) ai beni che siano effettivamente proporzionati ai credi fatti valere»: così D’ATTORRE, I concordati «ostili», cit., 218.

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proposta concorrente in senso atecnico “espropriativa”, ne ostacolino l’esecuzione, non approvando spontaneamente la delibera di aumento di capitale che ne costituisce l’oggetto. Partendo da tale presupposto, le considerazioni sinora svolte si sono mosse in un primo momento lungo una prospettiva finalizzata ad individuare l’interesse creditorio sotteso alla corretta esecuzione della proposta concorrente. Le censure di illegittimità costituzionale rivolte da parte della dottrina al nuovo istituto e il sacrificio che esso, in definitiva, è suscettibile di imporre all’intangibilità dei diritti spettanti ai soci hanno tuttavia messo in luce la necessità di riguardare il fenomeno anche da un angolo visuale interno alla compagine sociale. In quest’ottica, e alla luce dei risultati raggiunti nel paragrafo precedente, deve allora convenirsi sul fatto che la nuova disciplina delle proposte concorrenti si presta a far emergere un problema più generale di tutela della partecipazione sociale in contesti di crisi d’impresa. Un problema rispetto al quale, allora, non può non tenersi conto del fatto che la prevalenza accordata nell’ipotizzato sistema di «diritto societario della crisi» all’ottimale realizzazione delle pretese creditorie in tanto può dirsi motivata – e dunque può dirsi legittimo un vulnus alle prerogative sociali – in quanto essa non venga strumentalizzata al fine di veicolare abusi a danno della compagine sociale.

Collocata la disciplina delle proposte concorrenti sullo sfondo, può a questo punto rammentarsi come la riflessione dottrinale e giurisprudenziale sugli strumenti di tutela della partecipazione sociale nell’ambito delle procedure concorsuali si sia sviluppata ancor prima dell’introduzione del nuovo istituto da parte del legislatore del 2015. Un primo, importante momento di emersione del problema era coinciso invero con la modificazione da parte della riforma del 2005 delle regole che, nelle società di capitali, presiedono all’individuazione dell’organo legittimato alla presentazione di una domanda di concordato preventivo e fallimentare e alla definizione dei contenuti del relativo piano. Competenza che, nell’ottica di un’auspicata semplificazione dei processi decisionali societari finalizzati a consentire l’accesso alle procedure di composizione negoziata della crisi, era stata trasferita, ai sensi degli artt. 152 e 161 l. fall., dall’assemblea dei soci all’organo gestorio. Una siffatta novità aveva tuttavia indotto la dottrina ad interrogarsi sulla possibilità che, per il tramite della presentazione di una proposta di concordato formulata dall’organo amministrativo – la quale contenesse operazioni societarie straordinarie di riorganizzazione e ristrutturazione finanziaria –

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potesse “bypassarsi” l’intervento dell’assemblea dei soci, da ritenersi viceversa necessario nella fase fisiologica della vita della società.

Senonché, appare evidente come, rispetto a tali problematiche, la disciplina delle proposte concorrenti possa a buon diritto porsi quale referente normativo cui attingere per tentare di individuare una possibile soluzione ai conflitti interni alla compagine sociale, che possono celarsi dietro la predisposizione da parte dell’organo gestorio di un determinato programma di composizione della crisi. In quest’ottica, ci si dovrà allora interrogare sulla possibilità di astrarre dalla nuova disciplina «un principio più generale, che consenta di risolvere i conflitti che possono ingenerarsi fra la stretta necessità che vincola, nell'interesse dei creditori, l'attuazione della proposta concordataria omologata e il rispetto delle regole organizzative cui il diritto societario, per lo più nell'interesse dei soci, subordina l'approvazione delle operazioni straordinarie di modifica della struttura dell'impresa»83. A tale obiettivo sarà dedicato il capitolo successivo.

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C

APITOLO SECONDO

L’

INCIDENZA DEL CONCORDATO PREVENTIVO OMOLOGATO SULLE PREROGATIVE DELIBERATIVE DEI SOCI

Per una possibile lettura estensiva della disciplina delle proposte concorrenti

Sommario. 1. Dal principio di neutralità organizzativa delle procedure concorsuali all’art. 185 l. fall. Spunti per una possibile perimetrazione dei rapporti tra diritto societario e diritto concorsuale. – 2. La composizione del conflitto di interessi sotteso alla corretta esecuzione della proposta di concordato preventivo “riorganizzativa”. Spunti in prospettiva comparata. – 2.1. La soluzione tedesca dopo la riforma dell’Insolvenzordung del 2011. Dal principio di neutralità organizzativa al modello dell’“assorbimento”. – 2.2. La soluzione statunitense. La posizione dei soci nella procedura di Reorganization di cui al Chapter 11 del Bankruptcy Code 1978 tra rispetto della Absolute Priority Rule e cram-down. – 2.3. La soluzione spagnola. La mancata adozione delle delibere modificative del capitale sociale quale fonte di responsabilità risarcitoria per i soci dissenzienti. – 2.4. La soluzione francese. La surrogazione di un mandataire en justice nelle prerogative deliberative della società in concordato. – 3. La soluzione italiana e la sua possibile applicazione estensiva. Per una “modificazione qualitativa” delle regole di diritto societario comune sul procedimento assembleare. – 4. Il problema. L’art. 152 l. fall. nel quadro dei possibili conflitti interorganici sottesi alla presentazione di una proposta di concordato preventivo. – 5. Le possibili soluzioni. – 5.1. Prima soluzione. L’integrazione della regola di competenza ex art. 152 l. fall. attraverso l’adozione delle necessarie delibere assembleari (con possibili riflessi sulla fattibilità giuridica del concordato preventivo). – 5.2. Seconda soluzione. L’applicazione estensiva dell’art. 185, sesto comma, l. fall. alla proposta di concordato presentata dalla società debitrice. – 5.3. Terza soluzione. Il trasferimento in capo all’organo gestorio della competenza a deliberare le operazioni sul capitale e straordinarie di riorganizzazione. – 6. Postilla. La tenuta della soluzione proposta alla luce delle particolarità del tipo societario s.r.l.(con alcune considerazioni intorno al «diritto societario della crisi»).

1. DAL PRINCIPIO DI NEUTRALITÀ ORGANIZZATIVA DELLE PROCEDURE

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