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prima metà del Trecento Fasi, sequenza esecutiva e

Appendice 2 Gli affresch

La presente appendice prende in considerazione gli affreschi creati durante le prime fasi della decorazione pittorica del Camposanto.

Per ognuno di essi, oltre alle fotografie in grande formato1, vengono forniti alcuni elementi essenziali: le date possibili di esecuzione, la loro collocazione nella plani- metria del monumento, le dimensioni e alcuni dati relativi ai restauri più significa- tivi subiti in epoca moderna.

Si segnala che si è seguita la tradizionale numerazione degli affreschi che ancora oggi viene utilizzata dall’Opera Primaziale, tradita dal volume su affreschi e sinopie del 1960, ovvero:

1- Crocifissione 2- Resurrezione

3- Incredulità di San Tommaso 4- Ascensione

5- Trionfo della morte 6- Giudizio universale 7- Inferno

8- Tebaide 9- Assunta

Prima di passare in esame ogni singolo affresco, si ripercorrerà brevemente la storia degli interventi di restauro a partire dal XIV secolo fino ai nostri giorni.

Le varie notizie e la documentazione sono state reperite principalmente presso l’Ar- chivio e l’Ufficio di progettazione dell’Opera della Primaziale Pisana2; l’Archivio

1 Per le bellissime fotografie a colori un ringraziamento speciale va al fotografo Domeni- co Ventura. Si ringraziano, inoltre, l’Université de Lausanne e l’Università di Genova per aver reso possibile la realizzazione della campagna fotografica.

2 Si ringrazia il dottor Diego Guidi, direttore dell’Archivio dell’Opera della Primaziale; e l’architetto Ezio Virgili per l’aiuto alla consultazione del materiale tecnico.

1. Buonamico Buffalmacco,

Storie di Cristo post mortem

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Con l’uscita nel 1812 delle celebri 40 incisioni a cura di Carlo Lasinio9 – nominato primo Conservatore del Camposanto nel 1807 – la notorietà degli affreschi pisani e l’attenzione al problema conservativo crebbero in maniera esponenziale.

Nel 1839 si tenne a Pisa il Primo Congresso degli scienziati Italiani in cui si iniziò a ragionare sull’incidenza della luce e dell’acqua sui dipinti del Camposanto ipotiz- zando sperimentazioni di fissatura del colore.

Tra il 1856 e il 1857 Guglielmo Botti effettuò le prime prove di stacco che ebbe- ro, purtroppo, esito negativo: l’anno successivo, infatti, si riscontrarono macchie giallastre in superficie, accartociamenti e cadute di colore causate dal ritiro della colla utilizzata. Malgrado questi primi tentativi non andati a buon fine, l’apposita commissione nominata per la valutazione – costituita da Annibale Marianini, Ulisse Forni, Carlo Markò e Luigi Mussini – diede comunque il via libera alla estensione delle prove, prescrivendo che esse si limitassero alle porzioni di intonaco ‘spancia- to’.

Nel 1878, fu Giovanni Battista Cavalcaselle, invece, a guidare il restauro condotto da Filippo Fiscali e due anni dopo – dal 1880 al 1884 - dal figlio Domenico. Gli interventi di fissatura del colore e consolidamento degli intonaci interessarono l’in- tero ciclo del Trionfo della morte e delle Storie post-mortem, l’Assunta di Stefano Fiorentino, le Storie di San Ranieri e alcune delle scene Benozzo Gozzoli da poco restaurate.

Tra il 1885 e il 1890 iniziarono ad essere eseguiti degli stacchi a cura di Domenico Fiscali e Cavalcaselle che riguardarono: Morte e funerali di San Ranieri, Tenta- zione e miracoli di Ranieri, nonché le tre scene basse con Storie di Efisio e Potito. Questi ultimi furono applicati su rete metallica e annegati nel gesso, per poi essere riportati su supporti lignei e reinseriti a parete sbancando parte della muratura. Di

16, 2002, pp. 34-42); nel 1390 Nello di Vanni rifece alcune parti delle Storie di Giobbe danneggiatesi con la pioggia a causa di una zona del tetto che tardava ad essere riparata; il 12 agosto 1523 Giuliano di Giovanni di Castellano da Montelupo detto il Sollazzino rifece “a suo capriccio” la parte inferiore della scena dell’Inferno, in particolare gli ultimi cerchi di dannati dove si trovano i golosi, gli avari e i lussuriosi; al Seicento risalgono, invece, i risarcimenti di Zaccaria Rondinosi (che lavora, tra l’altro, alle Storie di Cristo post mor-

tem) e di Giovanni di Stefano Marucelli che viene pagato per avere “scalcinato e arricciato

un quadro grande dove era dipinta una Storia di Giobbe”; nel 1728 i fratelli Giuseppe e Francesco Melani intervengono sulle Storie di San Ranieri e sull’Assunta; mentre agli inizi del XIX secolo, nel 1806 Michele Francesconi effettuò fermature dell’intonaco su diversi affreschi tra cui il Giudizio Universale.

9 Una seconda edizione uscì nel 1828 e nel 1832 il figlio Giovanni Paolo Lasinio realiz- zò un’altra serie di 46 incisioni più piccole.

Fotografico Documentazione Restauri dell’ISCR3; l’Archivio Centrale dello Stato; e grazie al dialogo costante e continuo con i restauratori Carlo Giantomassi, Dona- tella Zari e Gianluigi Colalucci e la squadra dei restauratori dell’Opera Primaziale da loro coordinata: Stefano Lupo, Marco Berettini, Umberto Brogi, Andrea Corsa- nini, Cristiano Fico, Cristina Martini, Luca Piazzi, Cristina Pucci4, Simonetta Rota e Giulia Scolari.

I.1- I restauri prima del 1944

“Il restauro infinito” così Clara Baracchini intitolava il suo saggio nel volume ei- naudiano del 19965: quando ancora la decorazione pittorica non era stata portata a termine cominciano ad essere attestati, infatti, i primi interventi a partire dal 12 maggio del 13706 quando il battiloro Jacopo di Ghele riceve un pagamento per alcuni pezzi d’oro che sarebbero serviti per rinnovare e risanare le pitture di Cam- posanto. Celebri sono, poi, le notizie dell’anno successivo attestanti alcuni lavori7 al ciclo delle Storie di Giobbe da parte dell’artista Francesco di Neri da Volterra e dei suoi collaboratori Neruccio di Federigo, Berto di Argomento da Volterra, Cecco di Pietro e Iacopo di Francesco da Roma.

Con la ripresa della decorazione della galleria sud da parte di Andrea da Firenze, continuarono anche i restauri che si protrassero fino al Settecento8.

3 Si ringrazia il dottor Marco Riccardi, responsabile dell’Archivio Fotografico Docu- mentazione Restauri dell’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro.

4 Si ringrazia in particolar modo la restauratrice Cristina Pucci per la consultazione del materiale tecnico da lei elaborato sui restauri effettuati negli ultimi anni.

5 Baracchini 1996, pp. 201-212. 6 ASPi, Opera del Duomo, 93, c. 111r.

7 Le prime notizie risalirebbero al 20 luglio 1371 (ASPi, Opera del Duomo, 95, c. 133v) e al 25 luglio (ivi, 95, c. 134r) per “picture noviter facte”, ovvero pitture fatte di recente; mentre al 2 agosto 1371 risale un pagamento “per azurro et aliis coloribus, colla, ovis et aliis rebus pro eum emptis et positis in picturis et reactationem picturarum per eum et so- cios actenus factis”, ovvero per colori da adoperare nel dipingere e restaurare gli affreschi (ivi, 95, c. 135r).

8 Si ricordino per esempio: il pagamento a Cecco di Pietro “per racchonciare in Cam- po Santo le dipinture de lo ferno guaste per li garzoni […] lire una e soldi 15”; nel 1386 Antonio Veneziano intervenne sul basamento di Inferno e Tebaide, e fu in quell’occasione che probabilmente risarcì il tabernacolo della tomba di Giovanni soldato e si sostituì lo specchio inserito nel cerchio dei lussuriosi (E. Tolaini, Lo specchio dell’Inferno nel Campo

pie, pensando potessero costituire un documento molto più leggibile rispetto agli affreschi, la maggior parte dei quali versava in condizioni davvero critiche, dopo l’incendio e gli strappi.

Tra il 1956 e il 1958 una speciale commissione composta, tra gli altri, da Brandi, Matteo Marangoni, Ugo Procacci, Enzo Carli, Mauro Pelliccioli diede il benestare per l’allestimento della grande mostra del 1960 in occasione della quale furono esposti nelle gallerie del Camposanto e in un salone adiacente al monumento affre- schi e sinopie recuperati.

Negli anni Settanta, però, l’utilizzo della colla di calcio iniziò a presentare i pri- mi segni di degrado e si decise di intervenire sostituendo i pannelli di Eternit con supporti di vetroresina e utilizzando come legante - al posto della caseina - l’el- vacite metacrilato AC, mentre come inerte il carbonato di calcio. Si istituì, allora, una nuova commissione di esperti che aveva il compito di delineare le linee guida d’intervento sugli affreschi. Nel 1986 furono ritirati dalle gallerie del Camposanto gli affreschi esposti e sugli affreschi cinquecenteschi della parete occidentale – mai staccati e in condizioni conservative disastrose - fu avviato un cantiere pilota. I risultati positivi ottenuti dallo stacco, dall’applicazione su pannelli in vetroresina e dalla ricollocazione in situ di questi affreschi, portarono a definire un capitolato di intervento programmato nel 1996 per gli anni a venire e la Direzione Lavori - formata da Umberto Baldini, Clara Baracchini e Antonino Caleca – incaricò, così, il restauratore Gianni Caponi di iniziare con il restauro degli affreschi trecenteschi.

I.3- I restauri più recenti

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L’operazione di distacco dalle lastre di Eternit si è rivelata subito di grandissima dif- ficoltà e necessitante un’estrema delicatezza, tanto da portare il restauratore Gianni Caponi e la sua squadra a mettere a punto, dopo numerose prove, un protocollo di intervento molto lungo e complicato composto da ben dodici 12 passaggi.

Nel 2009 l’incarico di sovrintendere operativamente ai lavori di restauro passò nel- le mani di Carlo Giantomassi, sua moglie Donatella Zari e Gianluigi Colalucci e la nuova Direzione Lavori fu presieduta da Antonio Paolucci, affaincato da Antonino Caleca.

11 Per le informazioni sulle nuove procedure contenute in questo paragrafo si ringrazia- no in particolare i restuaratori Carlo Giantomassi, Cristina Martini e Cristina Pucci.

tale intervento sono ancora visibili i segni sulla parete sud.

Gli interventi di Domenico Fiscali si protrassero fino al 1915, assistito talvolta da Luigi Cavenaghi.

Gli ultimi lavori prima del restauro sono attestati tra il 1932 e il 1936, quando Ame- deo Benini intervenne sulla finta architettura che incorniciava la cuspide dell’As- sunta; e sugli affreschi della parete Nord e le Storie di Cristo post mortem di Buf- falmacco attraverso fermatura del colore, pulitura per spolveratura, consolidamento dei distacchi, integrazione delle lacune e “vivacizzazione” dei colori.

I.2- Dopo l’incendio

Mentre si lavorava alla raccolta dei frammenti di affresco caduti a terra dopo l’im- plosione dell’intonaco - a seguito dell’incendio del 27 luglio del 1944 - Sanpaolesi e Brandi organizzavano delle squadre di restauratori che si sarebbero messe all’ope- ra da lì a poco. Leonetto Tintori, Walter Benelli, Leone Lorenzetti, Luciano Gazzi, Luigi Pigazzini, Tarcisio Spini e Luciano Arrigoni iniziarono, così, a consolidare gli affreschi: inserirono dei ponticelli in gesso e in cotto sui bordi delle porzioni di affresco cadute; e colarono del cemento in alcuni punti delle pitture fermandolo con chiudi da cui partivano sottili, ma resistenti, ragnatele metalliche in modo che si evitassero nuove cadute a causa dei notevoli ‘spanciamenti’ che si erano verificati nell’intonaco per via dell’elevato calore10.

Nel 1945, constatata l’inefficacia degli interventi si decise di riunire una commis- sione speciale composta da critici e studiosi d’arte – tra cui Roberto Longhi, Pietro Toesca, Cesare Brandi – che, di concerto con Soprintendenza e Direzione Generale, stabilì che si procedesse alla rimozione totale degli affreschi tramite lo strappo. Tale operazione, assai delicata e mai effettuata prima di allora su una superficie pittorica così vasta prese il via nel 1947 e già alla fine dell’anno successivo risultavano stac- cate 34 storie per un totale di 1.016 mq di pitture.

Gli affreschi furono in seguito applicati tramite colla di caseato di calcio su pannelli in Eternit, pensando potesse essere la soluzione migliore e più rivoluzionaria per l’epoca.

A partire dal 1955 si iniziarono a staccare in maniera sistematica anche le sino-

10 A. Spinosa, Piero Sanpaolesi: contributi alla cultura del restauro del Novecento, Firenze 2011, pp. 95-132.

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deformazioni della superficie;

4- La pulitura del tergo prevede l’eliminazione delle vecchie tele e velatini, l’aspor- tazione meccanica della pasta di caseato di calce usata come collante nel vecchio restauro ed è completata con impacchi di enzimi e/o batteri;

5- Il trasporto su resina acrilica termina con l’applicazione delle nuove tele di garza di cotone velatino con due mani di Elvacite 2044 e 2046 unite a carbonato di calcio amorfo, a cui si aggiunge una piccola percentuale di bianco di titanio e ossido di zinco con funzione antibatterica;

6- La rimozione dell’intelaggio provvisorio è un’operazione che avviene solamente dopo 15 giorni dalla stesura dei nuovi velatini dell’intelaggio definitivo e si esegue usando impacchi di alcool etilico 94(°) per il discioglimento della resina.

7- A questa operazione segue l’applicazione dell’affresco sul supporto rigido defi- nitivo (aerolam) che è stata in precedenza preparata con due velatini inglobati in uno strato di malta costituita da carbonato di calcio, vinavil. Tale strato – detto ‘di intervento’ o ‘di sacrificio’ – permette di staccare con una certa facilità l’affresco dal supporto rigido nel caso in cui vi fosse necessità. A causa della grande estensione delle scene del ciclo di Buffalmacco, gli affreschi – sin dai primi strappi - sono stati divisi in pannelli di varie misure e forme ed è stato quindi necessario che i nuovi supporti ne ricalcassero le sagome combaciando perfettamente.

Una volta riportato sul pannello di Aerolam, il restauro potrà proseguire con il con- trollo della pulitura precedentemente eseguita, la stuccatura delle lacune e la reinte- grazione pittorica ad acquerello.

Concluso l’iter appena descritto, i vari pannelli vengono assemblati sul telaio in alluminio appositamente progettato, ove trova spazio un elaborato sistema di isola- mento e aumento della temperatura superficiale dell’affresco necessario per tenere sotto controllo il problema dell’ ‘effetto condensa’, e ancorati alla parete.

Attualmente tutto il ciclo del Trionfo della morte è stato ricollocato in situ sulla parete meridionale, l’inaugurazione degli affreschi restaurati ha avuto luogo nel giugno del 2018.

A quella data erano già stati restaurati e in parte ricollocati in parete gli affreschi di Francesco Traini, Andrea Bonaiuti, Anonio Veneziano, Spinello Aretino, Taddeo Gaddi, Francesco di Neri da Volterra, Piero di Puccio, Benozzo Gozzoli, e le Storie di Cristo post mortem di Buffalmacco, mancava, dunque, all’appello il ciclo del Trionfo della morte.

Malgrado il protocollo ideato da Caponi fosse di grande efficacia, i nuovi coor- dinatori cercarono di trovare un metodo alternativo per il distacco degli affreschi che fosse più semplice e veloce per gli operatori e soprattutto il meno traumatico possibile per le opere. I supporti in vetroresina arrotolabili, inoltre, non risultavano adatti per il monumentale ciclo di Buffalmacco, perché conservavano un cospicuo spessore materico e subivano deformazioni notevoli col variare della temperatura. Per questo motivo si è deciso di optare per un supporto più rigido e stabile, come l’Aerolam o Compolam (nido d’ape in alluminio stretto tra due fogli di vetroresina), applicato su di un telaio di alluminio.

L’ottimo esito delle prime prove – eseguite sulla Tebaide – ha permesso che venisse approvato un nuovo protocollo d’intervento con il quale si è riusciti a ridurre note- volmente i passaggi che si possono riassumere in questo modo:

1- La fase di pulitura della superficie pittorica relativa alla rimozione dei residui delle colle di strappo si attua tramite l’innovativo e già utilizzato (dal 2003) sistema di pulitura biologica ad opera dei batteri Pseudomonas Stuttzeri A 29, messo a pun- to dal microbiologo dell’Università del Molise Giancarlo Ranalli;

2- La preparazione all’intelaggio propedeutico allo scollaggio dell’affresco dal telaio avviene attraverso diversi passaggi (necessari per far sì che l’umidità rag- giunga l’eternit e venga trattenuta dalla velinatura a resina acrilica che nel contem- po trasporta l’affresco): applicazione di un impacco di alcool etilico decolorato a 94° seguito da un successivo impacco ad acqua deionizzata; dopo la rimozione dell’impacco segue un’asciugatura superficiale, si procede alla stesura di una mano di resina acrilica (Primal B60A) con successiva velinatura; ad asciugatura avve- nuta applicazione di una mano di resina acrilica (Paraloid B82) e incollaggio di un secondo velatino di cotone;

3- Passata una notte, dopo che la velinatura protettiva si è asciugata e la vecchia colla di calce e caseina ha perso la presa (grazie all’umidità rilasciata attraverso gli impacchi) si passa alla fase di distacco dall’eternit avvolgendo l’affresco su un rullo di larga circonferenza di modo che la piegatura della pellicola pittorica sia minima e il sottile strato di intonachino ancora esistente non ne risenta. L’affresco distaccato viene successivamente steso a faccia in giù su un pannello di legno della stessa grandezza, foderato con un foglio di polietilene e ancorato ad esso per evitare

Affresco 09. Stefano Fiorentino, Assunta; Dimensioni: 4,48 x 3,04 mt

Affresco 02, A03, A04. Buonamico Buffalmacco, Sto-

rie di Cristo post mortem; Dimensioni: 3,15 x 2,50 m

Affresco 01. Francesco Traini, Crocifissione; Dimen- sioni: 6,80 x 10 m

Planimetria generale, Localizzaione affreschi

Nome e dimensioni: