• Non ci sono risultati.

Dopo il conte Fazio Ulteriori indizi per la datazione delle prime fasi deco-

La nuova città e gli affreschi del Camposanto

IV.4- Dopo il conte Fazio Ulteriori indizi per la datazione delle prime fasi deco-

rative pittoriche

A fronte di tutti questi elementi, se ne possono aggiungere altri rintracciabili sem- pre nei fatti storici che seguirono la morte del conte Fazio e che avvalorano la tesi secondo cui la prima fase decorativa – che vede protagonisti Francesco Traini, Buonamico Buffalmacco, Stefano fiorentino e Taddeo Gaddi – può essere situata a partire dagli anni Trenta del Trecento e contenuta entro il 1342.

Quando il governo passò nelle mani di Tinuccio della Rocca, la situazione, infatti, cambiò. Come responsabile del governo di Pisa, Tinuccio continuò la politica di partecipazione agli avvenimenti toscani avviata da Bonifazio, ma, a differenza di quest’ultimo, che aveva voluto assicurare la pace alla città, intraprese ardite, ma non sempre fortunate, azioni militari. Non sembrò interessato a portare avanti il rinnovamento culturale cittadino inaugurato dal Donoratico e, probabilmente, la morte di Domenico Cavalca nel dicembre del 1341 e quella di Simone Saltarelli nel settembre del 1342 concorsero a porre fine a questo aureo capitolo.

Il primo obiettivo di Tinuccio fu la soluzione della questione lucchese. Dappri- ma favorì Francesco Castracani, che stava organizzando una congiura - fallita - per occupare Lucca; poi, dal momento che Mastino Della Scala aveva deciso di ven- dere quella città al migliore offerente, cercò l’alleanza di Luchino Visconti. Forti dell’appoggio militare visconteo, i Pisani posero l’assedio a Lucca il 22 agosto 1341, provocando così una guerra con Firenze. Il 2 luglio 1342, tuttavia, Lucca fu conquistata: nell’ottobre si giunse ad un accordo con Firenze, che fu perfezionato l’anno successivo.

Negli ultimi mesi del 1343 si acuirono i contrasti tra Pisa e Luchino Visconti, a mo- tivo delle terre del vescovo di Luni occupate dai Pisani: la guerra, che si svolse dalla primavera del 1344 a quella del 1345 e si concluse con la pace di Pietrasanta del 17 maggio 1345, fu disastrosa per il contado pisano, percorso e saccheggiato dalle truppe viscontee, e segnò un acuirsi della pressione fiscale. Quanto agli sbanditi pi- sani, Benedetto Maccaione Gualandi e i Della Gherardesca conti di Montescudaio, essi ne approfittarono per far ribellare molte terre del contado.

Le negative conseguenze economiche e finanziarie di guerre così costose, l’avven- turosa politica estera voluta da Tinuccio e lo strapotere della sua famiglia all’interno fecero crescere il malcontento in città e portarono al formarsi di due fazioni contrap- poste: i Della Rocca ed i loro seguaci, detti ‘raspanti’ perché accusati di profittare sociale potessero appartenere – dai quali vengono strappate le anime per essere

giudicate.

Se già questo elemento di innovazione non fosse abbastanza95, nel Giudizio Univer- sale ne viene introdotto un altro: troviamo, infatti, un’altra tipologia iconografica di giudizio particolare, ovvero quello del conte Fazio, un personaggio reale e di grande rilevanza che si distingue tra le altre anime raffigurate nell’affresco.

Virginia Brilliant - nel suo già citato articolo96 - individua sei tipologie differenti di giudizio particolare, due97 delle quali vengono utilizzate da Buffalmacco sulle pareti del Camposanto, rendendo, così, il ciclo oltremodo innovativo, e à la page con le discussioni che si generarono all’interno della Chiesa negli anni Trenta del Trecento – di cui uno dei protagonisti fu proprio il pontefice Giovanni XXII – a proposito del giudizio dell’anima subito dopo la morte e le sue implicazioni per l’esperienza post mortem.

Pare ragionevole, dunque, pensare che gli Operai Rosso e Scorcialupi si siano oc- cupati della parete est, o meglio, solo della porzione di parete entro cui andavano ad inserirsi gli altari da loro allogati – nella zona, tra l’altro, in cui furono sepolti – mentre il grande ciclo del Trionfo della morte sia invece da collegare a un perso- naggio di più spiccato e “universale” rilievo per la civitas, appunto il conte Fazio. Pur ancora in assenza di un documento che definitivamente vincoli il suo nome agli affreschi, questa ipotesi cambia la prospettiva con cui si guarda l’intera impresa del Camposanto. Non si potrà più parlare di un’iniziativa interna e circoscritta alla sola Opera del Duomo, ma si dovrà pensare ad un progetto di più ampio respiro, lette- ralmente ‘civico’, a cui parteciparono, quindi, il Comune con i suoi delegati, ovvero gli Operai, l’arcivescovo Saltarelli con i domenicani e il conte Fazio Donoratico della Gherardesca, che dovette giocare un ruolo fondamentale nella committenza della decorazione pittorica di primo Trecento del Camposanto pisano. Il ritratto che spicca al centro del Giudizio Universale non eterna, in questo senso, la figura di un ‘funzionario’, come si era sempre creduto, ma quella di un mediatore e di un protagonista di un momento politico estremamente significativo. Solo in questo caso, infatti, la scena, figurativamente centrale (e perciò, comunque, non gratuita né generica), acquisisce pienezza di significato.

95 Proprio negli anni Trenta del Trecento era in corso una grande discussione sul signifi- cato del Purgatorio e sul giudizio dell’anima subito dopo la morte. Si veda: infra Capitolo III.3.

96 Brilliant 2009, pp. 314-346. 97 Ivi, pp. 324-328; 341-346.

183 182

guerre che travagliarono allora quell’area.

Il suo governo rappresentò per Pisa un lungo periodo – oltre vent’anni – di pace. Non a caso, proprio negli stessi anni – come era successo durante il ‘buon governo’ di Fazio – comincerà la seconda tranche di lavori per la decorazione pittorica delle pareti del Camposanto (fig. 13) – con Andrea da Firenze, Antonio Veneziano, Spi- nello Aretino e Piero di Puccio – che terminerà proprio entro il 1391, ovvero poco prima del colpo di stato ad opera di Jacopo Appiani, che pose fine al governo e alla vita del Gambacorta.

Pare ragionevole immaginare, dunque, che l’iniziativa di decorare le gallerie del nuovo cimitero con un apparato pittorico così monumentale e innovativo abbia po- tuto prendere il via solamente in un momento di particolare benessere cittadino, appunto negli anni della signoria del conte Fazio – tra il 1335 e il 1341 – durante i quali le risorse del Comune non dovevano essere adoperate per far fronte a guerre o calamità particolari, ma potevano essere spese per finanziare opere civiche in di- rezione di un rinascimento culturale cittadino.

del pubblico danaro, da un lato, e dall’altro coloro che erano stati progressivamente allontanati dal governo, i ‘bergolini’, capitanati dai Gambacorta, dagli Alliata e dai conti di Montescudaio, così chiamati dal soprannome Bergo dato al giovane conte Ranieri Novello98.

Alla prematura scomparsa di quest’ultimo il 5 giugno 1347, le contraddizioni inter- ne, sino ad allora contenute, esplosero.

La situazione precipitò un paio di mesi dopo. La Vigilia di Natale del 1347 i ‘ber- golini’ insorsero in armi: i sediziosi bruciarono e saccheggiarono le case di Dino e di Uberto Della Rocca e quelle dei conti Gherardo e Bernabò Della Gherardesca di Donoratico in San Lorenzo alla Rivolta, oltre quella dei Della Rocca in Chinzica. I Gambacorta, quella notte stessa, fecero uscire da Pisa i Della Rocca ed i conti di Donoratico, che si rifugiarono a Volterra.

La difficile situazione pisana non si risolse, certo, con la cacciata dei Della Rocca; dopo la peste nera del 1348 e le sue devastanti conseguenze, la presenza in cit- tà dell’imperatore Carlo IV di Lussemburgo nel 1354 fece ulteriormente acuire le controversie interne tra le due fazioni dei ‘raspanti’ e ‘bergolini’. I soggiorni degli imperatori a Pisa, infatti, avevano sempre significato pesantissime imposizioni che avevano spremuto le finanze cittadine99.

Si tenga conto, poi, delle ingenti spese sostenute per il conflitto con Firenze nei pri- mi anni ’60 del Trecento, quelle per l’armamento delle galere, per le fortificazioni nel contado, e per l’assoldamento delle compagnie di ventura che scorrazzarono per decenni in territorio toscano.

“Ripercorrere questi anni e quelli successivi è come leggere bollettini di guerra a raffica nei quali, quando non sono i conflitti – tanti – a dominare, si assiste a una catena apparentemente ininterrotta di ‘calamità’, collegate come anelli le une alle altre”100.

Per ritrovare un momento di rinnovato benessere bisognerà aspettare il già citato Pietro Gambacorta che mirò a far svolgere a Pisa un ruolo di mediazione fra le potenze italiane, curando la neutralità del Comune nel rispetto della fedeltà alla linea di accordo con Firenze, adottata fin dall’inizio della sua attività pubblica nelle

98 Poloni 2004, p. 370.

99 Alla venuta tanto sospirata di Arrigo VII, 200.000 fiorini, da versare 120.000 in tre rate entro il marzo 1313, 100.00 fiorini solo per la spedizione di Ludovico IV il Bavaro contro Roma e in più le spese inevitabili dell’insediamento dell’antipapa Nicolò V a Pisa. Si veda R. Castiglione, Imposte dirette e debito pubblico di Pisa prima meta del Trecento, in “Bollettino Storico Pisano”, LXX (2001), pp. 106, 113; Battistoni 2013, p. 77.

100 Battistoni 2013, p. 79.

13. Veduta del tratto di galleria meridionale con gli affreschi eseguiti durante gli anni del governo di Pietro Gambacorta.

V

L’Assunta