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morte nella letteratura artistica

III. 4.1 La preparazione delle paret

Le pareti sulle quali in diversi momenti furono eseguiti gli affreschi sono costituite esclusivamente da mattoni cotti, ma lo strappo delle pitture ha rivelato murature dall’aspetto non omogeneo sotto tutte le scene, segno che la preparazione al lavoro fu eseguita in maniera assai differente da zona a zona (fig. 72).

L’intonaco della Crocifissione fu steso, infatti, direttamente sul muro secondo la normale tradizione, mentre per tutti gli affreschi eseguiti da Buffalmacco venne uti- lizzato un graticcio di canne fermato alla parete mediante frequenti chiodi di ferro dalla testa larga e schiacciata e perimetralmente rafforzato con spiaggioni di ferro larghi circa otto centimetri. (figg. 73-75).

L’impiego del canniccio fu un evento molto significativo: aver pensato ed applicato un provvedimento atto ad isolare l’affresco dagli sbalzi termici e dalle conseguenti condense di umidità denota nell’artista – e in chi collaborò con lui all’interno del cantiere – una grande esperienza nel prevedere le possibili azioni negative di un complesso processo fisico e nel provvedere, di conseguenza, a minimizzarle. Tale tecnica ha, in realtà, origini antiche. Ne parla Vitruvio nel settimo libro del suo De Architectura65, dove raccomanda che le pitture murali siano eseguite su una base

della sinopia stessa, come per esempio: l’introduzione delle bare anziché dei corpi diret- tamente sul suolo, nel Trionfo; oppure la revisione dell’angelo accovacciato nel Giudizio. 65 Marco Vitruvio Pollione, De Architectura, edizione del 2018, curata da B. Galiani. Si veda in particolare il capitolo III dedicato agli intonaci, p. 423: “Sporcato che sarà tutto il muro di loto, si appiccheranno sopra questo lavoro con chiodi muscarj delle canne l’una accanto l’altra: stesavi indi la seconda volta il loto, se le prime canne sono state inchiodate a’ traversi, s’inchioderanno le seconde a’ dritti; poi si stenderà sopra, come si è detto, l’into-

72. Veduta dell’angolo sud- est.

Pisa,

reticolata di legno e canne fissata con chiodi di ferro per tenere l’intonaco in posi- zione: una procedura che appare molto simile a quella utilizzata qui, ma che non sembra essere stata utilizzata altrove, almeno per il periodo medievale. In partico- lare, non la usa mai Buffalmacco, sia negli affreschi parmensi, sia in quelli aretini, sia – dato specialmente rimarchevole - in quelli pisani di San Paolo a Ripa d’Arno. Questo elemento è la discriminante più evidente, secondo Caleca66, per poter rite- nere la Crocifissione come la prima

fra le opere a comparire sui muri del Camposanto.

Il fatto che questo tipo di precauzio- ne fosse estesa anche oltre, sulla pa- rete meridionale, mostra come tale procedura fosse stata apprezzata e approvata: probabilmente, quando Buffalmacco iniziò a lavorare, il vasto affresco dipinto da Traini ini- ziava già a presentare qualche segno di deterioramento legato all’umidità e si dovette provare a far fronte al problema ricercando una soluzione il più possibile efficace.

Si tenga presente, tuttavia, che oltre a Buffalmacco il solo artista attivo

in Camposanto ad avere utilizzato la tecnica del canniccio fu Stefano Fiorentino67, che ‘costruì’ la sua Assunta con modalità ancora più eccezionali, come si vedrà68. Taddeo Gaddi, che dovette lavorare in tempi coevi a Buffalmacco e Stefano, preferì, invece, seguire i dettami della tecnica tradizionale; e lo stesso vale per i pittori che lavorarono in Camposanto a partire dagli anni Settanta del Trecento, vale a dire Andrea Bonaiuti, Antonio Veneziano, Spinello Aretino e Piero di Puccio.

Il restauratore Leonetto Tintori, che poté vedere dal vivo come si presentavano le

naco, e lo stucco, o qualunque altra copertura. E in questo modo il duplicato serrato, e con- tinuato suolo di canne poste a registri contrarj non farà nascervi peli, nè crepatura alcuna.” 66 Si vedano i più volte citati saggi di Caleca del 1979 e del 1996.

67 Sono potuta venire a conoscenza di tale informazione grazie allo studio di alcune fo- tografie storiche e di alcuni frammenti dell’Assunta sopravvissuti all’incendio. A proposito dei frammenti si veda infra Appendice 1.

68 Si veda infra, capitoli V.1-2.

73. Segni dei chiodi sotto la Tebaide. 74. Canniccio sotto il Trionfo della morte. 75. Segni dei chiodi sotto le Storie di Cristo Post mortem.

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77-78).

A parte rarissimi casi71, nessuno studioso sembra essersi particolarmente curato di questi resti, che appaiono, invece, interessanti. Grazie al settecentesco manoscritto Memorie storiche di Pisa, conservato all’Archivio Capitolare di Pisa e già men- zionato da Supino, si apprende che “le pitture attribuite a Buffalmacco nel Campo- santo, furono l’anno 1667, d’ordine di Nicolò Angeli, Operaio, finite di levare per essere malissimo andate; e vi fece fare le nuove istorie da Zaccheria Rondinosi, pisano”72.

La constatazione del fatto che sotto gli affreschi seicenteschi attualmente visibili

71 Ne fanno menzione solamente Supino 1896, p. 47 e Dodge 1996, cap. III.

72 Supino 1896, p. 47; Arch. Capit., Navarretti, Memorie storiche di Pisa, ms., c. 382. Di queste pitture ‘smantellate’ per essere poi rifatte parlano anche Carli 1958, pp. 14-15 e Bellosi 1974, p. 45. Sappiamo, inoltre, che Rondinosi risarcì in parte le Storie di Cristo post mortem che ancora oggi, seppur in parte, si vedono in parete. Nel 1667, infatti, il pittore apportò dei rifacimenti alle figure dei soldati nella Resurrezione, e a quelle del Cristo e di San Tommaso nell’Incredulità di San Tommaso.

pareti durante i restauri, rimase profondamente colpito da questa procedura: “il modo con il quale fu abilmente intrecciato il tessuto di canne denota dimestichezza con questo prodotto artigianale assai usato in altre applicazioni […] nessun af- fresco, neppure quelli dipinti molto più tardi, ha resistito alle insidie ambientali quanto questi che, ancora dopo il disastroso incendio, presentano un’apprezzabile freschezza”69 (fig. 74).

Sempre grazie a Tintori si entra in possesso di ulteriori notizie interessanti: il me- todo d’intrecciare il canniccio non si presentava uguale in tutti gli affreschi. Sotto le scene della Passione di Cristo l’intreccio risultava semplice (fig. 76, a sinistra), a stuoia, mentre sotto il Trionfo della Morte e le scene ad esso contigue le stuoie di canniccio erano intrecciate in un’elaborata spina di pesce (fig. 76, a destra).

Probabilmente, per la grande e innovativa impresa cui doveva attendere nella gal-

leria meridionale, Buffalmacco decise di avvalersi di un gruppo di collaboratori, se non diverso, molto più nutrito, che optò per un diverso intreccio rispetto a quello utilizzato sotto le Storie di Cristo post mortem.

Malgrado i seri danni provocati dall’incendio, alcuni resti di incannicciato e un buon numero di chiodi trecenteschi70 sono ancora visibili sulle pareti, soprattutto nella metà settentrionale della galleria est – subito a lato dell’ingresso della Cappel- la dal Pozzo – in una zona dove nessuno degli affreschi nominati si trovava (figg.

69 Tintori 1995, p. 56.

70 Le informazioni sulla datazione di questi chiodi sono state desunte da materiali non inventariati conservati presso gli archivi dell’Opera della Primaziale.

76. Tipologie di canniccio.

77-78. Canniccio sulla parete est.

notato da Mario Bucci in corrispondenza del gruppo delle Marie della Crocifissione (fig. 79). Non vi sono dubbi che il gruppo di donne sia opera di Traini, ma lo stesso Caleca non sa spiegarsi il motivo per cui l’arriccio risulti in questo settore più ruvi- do e la sinopia presenti una tonalità diversa, tanto da ipotizzare che sia stato “reinte- grato più tardi (di mesi, o di anni?), forse a risarcire un’occasionale rovina”78. Bucci cerca di risolvere l’enigma ipotizzando che nel corso di un intervento moderno – di cui non si ha documento, in realtà – si siano distaccati in fasi diverse l’affresco e poi la sinopia e che, dopo aver sanato il muro, si sia riposizionata la sinopia in situ, graffiandola per fare aderire meglio l’affresco.

Stando di nuovo al Tintori, dopo la rimozione del canniccio, il muro della galleria meridionale ha rivelato altre sorprese degne di nota. Tutta la superficie della scena della Tebaide e la parte sinistra del Trionfo della Morte furono imbiancate in un primo tempo e poi arricciate come se non si fosse ancora previsto di ricoprirle con

78 Caleca 1979, p. 50.

esistesse una precedente stesura pittorica preparata in maniera identica a quella adottata da Buffalmacco (e solo da lui, in Camposanto!73) nella porzione destra della stessa parete orientale e in quella meridionale, porta ad una possibile conclu- sione: dovendo lavorare ad altre scene della vita di Cristo, Buffalmacco si trattenne nella galleria orientale più a lungo di quanto si è creduto finora.

Non era di questo avviso Bellosi, che nel 1974 sosteneva che in questa zona non si vedesse “nel Quattrocento alcuna figurazione di particolare interesse”74. Nel ri- tenere impossibile che Rondinosi avesse sostituito alcuni degli affreschi realizzati dall’allievo ‘eretico’ di Giotto, Bellosi cercava di dimostrare che le “moltissime istorie” attribuite da Ghiberti a Buffalmacco fossero soltanto quelle che ancora oggi si vedono in parete, ovvero il ciclo del Trionfo della morte e le Storie di Cristo post mortem. Lo studioso affermava con certezza che “gli affreschi che si ammiravano nel Camposanto di Pisa erano gli stessi che vi si sono sempre ammirati fino all’ulti- ma guerra”75, partendo dal poemetto Le mirabili et inaldite bellezze e adornamenti del Camposanto di Pisa scritto dal “Trombetto di Pisa” Michelagnolo di Cristofano da Volterra76 sul finire del XIV secolo. Il fatto che Michelagnolo non menzionasse altri affreschi sulla parete est dopo la Crocifissione, la Resurrezione e l’Ascensione per Bellosi costituiva secondo lui la prova che Buffalmacco non avesse affrescato altro in quella galleria.

A ben guardare, però, tra le pitture della parete orientale il ‘Trombetto’ non nomina nemmeno L’incredulità di S. Tommaso e si tenga conto, inoltre, che la realtà da lui descritta risaliva a più di cent’anni dopo la presenza di Buffalmacco in Camposan- to. In quel momento, gli affreschi, che sarebbero stati risarciti in seguito da Rondi- nosi, probabilmente si presentavano in condizioni conservative talmente precarie da non essere presi in considerazione da Michelagnolo.

La possibilità, quindi, che Buffalmacco abbia lavorato anche ad altre scene nella galleria est può tornare, così, ad essere presa in considerazione.

Non si sa, invece, a che tipo di intervento (se antico o moderno) sia da legare il “vuoto nel muro corretto per riottenere il piano con dei mattoni messi ‘a madonna’ cha hanno concentrato l’umidità sull’intonaco in corrispondenza di questa zona”77

73 Stefano, infatti, come si vedrà in seguito, utilizzo anche del legno. 74 Bellosi 1974, p. 46.

75 Bellosi 1974, p. 47.

76 Il manoscritto è conservato presso la Bibliothèque de l’Arsenal di Parigi e fu pubbli- cato da Supino nel suo Il Camposanto di Pisa del 1896, pp. 299-317.

77 Bucci 1960, p. 38.

79. Parete sotto la Croscifissione.

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l’incannucciata. Sotto le altre scene, invece, le pareti sono in mattoni grezzi, senza intonaci né traccia di tinteggiature. Secondo Tintori, “questo può prestarsi ad una duplice interpretazione: che la zona della Tebaide fosse pronta ad essere affrescata direttamente sul muro come la Crocifissione, oppure che in un primo tempo fosse esclusa dal numero di quelli destinati ad essere affrescati”79(fig. 92).