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Ancora su Fazio, Saltarelli e Bonaggiunta da Calcinaia

La nuova città e gli affreschi del Camposanto

IV.2- Ancora su Fazio, Saltarelli e Bonaggiunta da Calcinaia

Il fallimento della sommossa d San Martino del 1335 aveva segnato una svolta decisiva per la città.

Oltre all’instaurarsi di un co-governo pacifico tra il conte Fazio e gli Anziani che aveva portato di conseguenza ad una rinascita culturale ed economica della città, l’intesa tra il Donoratico e Saltarelli si era stretta ulteriormente, tanto che nel 1339 l’arcivescovo decise di effettuare personalmente la visita della diocesi suffraganea di Massa Marittima – dove si trovava la pieve di San Giovanni di Bolgheri di cui

63 Maccioni 1771, p. 85. Il parvulus Gherardo, figlio di Fazio e della sua prima moglie Bertecca di Castruccio Castracani – morto nel luglio del 1336 – fu sepolto, invece, in un’al- tra tomba posta sotto il sepolcro di famiglia.

64 L’iscrizione è riportata integralmente in: Banti 2000, pp. 102-103. 65 Si veda: Salvadori 2015.

Nel monumento prese posto anche Ranieri, morto nel 1325, quando Fazio era an- cora minorenne. Malgrado il suo primo incarico istituzionale ufficiale non sia do- cumentato prima del 1335, raggiunta la maggiore età nel 1327, Fazio cominciò a partecipare alla vita politica cittadina, e lo si vede, infatti, comparire più volte nelle commissioni dei Savi. Con gli eventi del 1329 egli assunse un ruolo politico di maggior rilevanza, ancorché non prevalente, e si può, quindi, pensare che l’iniziati- va di Bonifazio60 di far costruire un sepolcro – riecheggiante, tra l’altro, le fattezze del monumento funebre dell’imperatore Arrigo VII eretto nell’abside del Duomo pisano61 – sia da collocarsi tra il 1329 – dopo il rientro di Lupo di Francesco da Barcellona62 – e il 1337. Al 19 luglio di questo anno, infatti, risale il testamento di

Gherardesca. Ricostruzione per anastilosi mediante grafica tridimensionale, a cura di M.

Burresi, Pisa 1996, pp. 35-65; M. L. Ceccarelli Lemut, I destinatari e il committente. I conti di Donoratico Della Gherardesca tra XIII e il XIV secolo, in ivi, pp. 13-34; M. Burresi, Il

sepolcro dei conti della Gherardesca, in I marmi di Lasinio: le collezioni di sculture medie- vali e moderne del Camposanto di Pisa, a cura di C. Baracchini, Firenze 1993, pp. 229-238;

Iannella 2018, pp. 157-168.

60 Dalla prevalente interpretazione della critica che assegna la commissione del monu- mento al conte Fazio (Burresi 1996, p. 41, passim; Caleca 1996, p. 18, passim; Ceccarelli Lemut 1996, pp. 13, 20-21) si discosta, invece, Iannella, la quale sostiene che nel comples- so e monumentale sepolcro si possa rintracciare più facilmente, invece, “l’impronta netta- mente aristocratica di Ranieri” (Iannella 2018, pp. 165-168, citazione a p. 168).

61 Fra le nuove tipologie di sepoltura direttamente discendenti dai monumenti funebri di Arrigo VII – eseguito da Tino di Camaino – e della sua consorte Margherita di Brabante – realizzato da Giovanni Pisano – diffuse in Toscana (e non solo), questa pisana dei conti Donoratico della Gherardesca è quella che conserva testimonianze più precise del suo as- setto originario e la quasi totalità degli elementi costitutivi.

Per avere un’idea di come poteva presentarsi il monumento tutt’oggi smembrato si veda l’incisione di Carlo Faucci in Maccioni 1771, p. 4; e l’incisione riprodotta in P. Litta Biumi,

Della Gherardesca, in Famiglie celebri d’Italia, IX, Milano 1879 (si veda la fig. 3).

In una monumentale e complessa architettura che si elevava verso l’alto tramite pilastrini, colonne e mensole si collocava una cassa funebre su cui riposa un gisant cui facevano ala un Angelo annunciante la Vergine Annunciata; mentre sul loggiato superiore doveva tro- varsi una Madonna in trono con Bambino accompagnata alla sua sinistra da San Francesco

con un personaggio inginocchiato e alla sua destra San Nicola con un altro personaggio

(purtroppo andato perduto). Gli archi acuti trilobati e i pinnacoli che concludevano il log- giato erano, infine, sormontati da quattro Angeli e dal Cristo benedicente in trono. Sul fron- te della casa su cui poggia il gisant vi è un bassorilievo con Cristo in pietà tra la Vergine e

San Giovanni Evangelista attorniati da sei Santi. Il monumento smembrato è suddiviso in

due sedi differenti: la cassa con il gisant (su cui sono montati anche l’arcangelo Gabriele con la Vergine Annunciata e alcuni angeli) è collocata nella galleria ovest del Camposanto; mentre tutte le altre sculture sono conservate al Museo di San Matteo di Pisa.

62 Lupo di Francesco è di nuovo documentato a Pisa nel 1336 insieme a Gherio, uno dei suoi tre figli, per l’ampliamento della chiesa di Santa Caterina. si veda supra capitolo III alla nota 128.

Bonaggiunta, in realtà, oltre che negli ambienti ecclesiastici aveva grande influenza anche in quelli secolari e aveva avuto modo di dichiarare apertamente la linea di solidarietà con il Comune e i suoi reggitori in più occasioni73.

Nel settembre e nell’ottobre del 1326, per esempio, Bonaggiunta seguì da vicino – per conto di Saltarelli – la questione della legittimità dell’elezione del pievano di Bolgheri, effettuato il 2 agosto precedente dal conte Fazio in qualità di patrono. All’obiezione del vescovo di Massa Marittima circa la piena legittimità dell’atto compiuto, il conte Fazio rispose interpellando alcuni “sapientes de Pisis” secondo i quali il fatto che non ci fossero canonici residenti della pieve di San Giovanni in Bolgheri legittimava l’elezione del pievano da parte di chi deteneva lo ius patro- natus. Molto probabile, secondo Ronzani74, che proprio Bonaggiunta figurasse tra

i sapientes consultati da Fazio, ma non è tutto. Una volta che il vescovo di Massa Marittima passò la questione nelle mani del Saltarelli, fu Bonaggiunta in persona ad occuparsene preparando insieme ad un altro giurisperito un consilium che desse totale legittimità all’atto compiuto dal Donoratico e permettesse all’eletto dal conte di essere confermato ricevendo “la cura dello spirituale e del temporale della pieve di S. Giovanni di Bolgheri”75.

L’atto compiuto da Bonagiunta è sicuramente significativo, perché mettendo le pro- prie abilità di giurisperito al servizio di Fazio, consentì al conte di affermare un con- trollo praticamente pieno sulla pieve di un luogo - Bolgheri – dove la sua famiglia deteneva ingenti beni e fortezze. Dopo la consonanza politica con Gaddo76, si era

73 Se si scorre la lista degli Anziani – nel già citato Breve Vetus seu chronica antiano-

rum civitatis Pisarum a cura di Francesco Bonaini – si scoprirà che la famiglia di Bo-

naggiunta fece parte regolarmente del collegio degli Anziani. Si intuisce, così, che i da Calcinaia sostennero attivamente il predominio dei conti di Donoratico che si succedette- ro negli anni fino ad arrivare a Fazio con cui Bonaggiunta strinse una stretta intesa. 74 Ronzani 2004, p. 914.

75 AAP, Contr., nr. 13, cc. 11v-13v; sull’intera vicenda si veda Ronzani 2004, p. 914 76 Tra le vicende menzionate da Ronzani spicca quella del 1320 quando Gaddo, il padre di Fazio, insieme agli Anziani del Popolo convoca una congregatio generale del clero citta- dino e diocesano per l’invio ad Avignone di una delegazione per convincere il papa che la posizione del vescovo Oddone era ormai insostenibile. L’assemblea ebbe luogo il 27 marzo 1320 e fra i tre o quattro ‘grandi chierici’ pisani che arringarono la platea del clero cittadino e diocesano, chiamandolo ad essere solidale con il Comune vi fu anche Bonaggiunta. Anzi Bonaggiunta fu uno dei quinque capitanei eletti per acclamazione dall’assemblea su propo- sta dell’arciprete Iacopo Gualandi, accanto al canonico Filippo Galli, all’abate valobrosano di S. Paolo a Ripa d’Arno, al priore della canonica regolare di S. Martino in Chinzia e al pievano di S. Casciano.

Si veda a questo proposito: Ronzani 2004, p. 909.

Fazio era patronus66 – che “non era stata visitata mai per i suoi antecessori”67. La definitiva uscita di scena dell’arciprete Iacopo Gualandi – tenuto prigioniero dal Saltarelli – aveva permesso, inoltre, al canonico Filippo Galli68 di conquistare il ruolo di primus inter pares all’interno del Capitolo della Cattedrale pisana. Questo ricambio avvenuto ai vertici del corpo ecclesiastico cittadino sortì un effetto più che positivo inaugurando fra il vescovo e la Cattedrale un rapporto più equilibrato e tranquillo dopo le tensioni originatesi nel burrascoso ventennio precedente.

Proprio in questi anni – non a caso – in concomitanza con questa nuova armonia tra presule, governo cittadino ed ecclesia maior iniziano a comparire le monumentali pitture di Traini e Buffalmacco – seguiti poi da Stefano Fiorentino e Taddeo Gaddi – nelle gallerie orientale e meridionale del Camposanto, proprio perché era arriva- to il momento propizio per “fissare sulle pareti una proposta religiosa compiuta e aggiornata quale solo il convento di S. Caterina era in grado d’elaborare” 69. Ma, fa giustamente notare Ronzani, “perché gli affreschi potessero essere dipinti in un sif- fatto ambiente e fossero dedicati ai temi che ancor oggi ci attraggono e c’inquietano, dovevano essere in consonanza con il sentire di quanti reggevano allora e imperso- navano le istituzioni, dal cui complesso equilibrio il Camposanto era nato, ed era quotidianamente regolato”70. Questo edificio era stato, infatti, “voluto tenacemente dal Comune a coronamento d’un antico progetto di platea publica; immaginato ‘ampio e magnifico’ da un presule ansioso di legarvi la propria memoria di provvi- do Pastore; sottoposto per definizione al governo spirituale del Capitolo; costruito pian piano dalle maestranze e con i materiali dell’Opera: destinato a racchiudere le tombe vecchie e nuove di coloro che affidavano le proprie spoglie mortali all’ombra dell’ecclesia maior pisane civitatis, e l’anima all’intercessione della sua Titolare”71. Abbiamo visto come le prime pitture possano essere associate all’iniziativa diretta di alcuni degli Operai e al vicario episcopale Bonaggiunta da Calcinaia, particolar- mente vicino a frate Giovanni Soldato e ai suoi socii72.

66 Ronzani 2004, p. 914.

67 Ranieri Sardo, Cronaca di Pisa, a cura di O. Banti, Roma 1963, p. 90; Ronzani 1990, p. 815.

68 Canonico residente del Capitolo già dal 1296 e preposto di S. Piero a Grado dal 1320. Su Filippo Galli si veda: M. Ronzani, La Chiesa cittadina pisana tra Due e Trecento, in

Genova, Pisa e il Mediterraneo tra Due e Trecento. Per il VII Centenario della battaglia della Meloria, Genova 1984, p. 325; Ronzani 1988, p. 1689; Ronzani 2005, p. 51, nota 132.

69 Ronzani 1988, p. 1690. 70 Ibidem.

71 Ibidem.

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a Bonaggiunta83 – troviamo, dunque, una testimonianza significativa, che dimostra chiaramente il legame d’amicizia e di collaborazione che si era instaurato fra Bo- naggiunta e Fazio.