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3. Le agevolazioni fiscali a favore delle aggregazioni tra imprese

3.2 Le agevolazioni per i consorzi

Come si è visto, la figura del consorzio, così come modificata dalla l. 377/1976, costituisce il principale strumento utilizzato dalle imprese che intendono collaborare.

Il favore dell’ordinamento verso tale istituto, ritenuto un veicolo privilegiato per lo sviluppo e l’efficienza della produzione economica, ha potuto beneficiare sin da subito di agevolazioni, anche di natura fiscale.

La l. 30 aprile 1976, n. 374 prevedeva la possibilità per le imprese consorziate di dedurre dal reddito d’impresa la quota associativa corrisposta per la costituzione del consorzio692, entro il limite massimo di 1 milione di lire.

La natura agevolativa della disposizione non era tuttavia condivisa da tutta la dottrina quando applicata ai consorzi e se ne era pertanto ipotizzata l’applicabilità alle sole società consortili.

Si osservava, infatti, che i conferimenti al consorzio costituiscono costi deducibili e non operazioni patrimoniali equiparabili alle partecipazioni. Ne derivava, quindi, che la deducibilità della quota associativa corrisposta per la costituzione del consorzio spettava secondo le regole generali e senza limitazioni quantitative. La disposizione poteva quindi trovare applicazione per le sole società consortili693.

691FANTOZZI, Il regime della trasparenza per le società di capitali, in Papparella (a cura di), La riforma del

regime fiscale delle imprese: lo stato di attuazione e le prime esperienze concrete, Milano, 2006, p. 23 e RASI,

La tassazione per trasparenza delle società di capitali a ristretta base proprietaria. Profili ricostruttivi di un modello impositivo, Padova, 2012, p. 323.

692Per la precisione consorzi e società consortili, tendenti a promuovere lo sviluppo e la razionalizzazione della produzione e della commercializzazione del prodotto o dei prodotti degli associati costituiti tra piccole e

medie imprese operanti nei settori dell’industria, del commercio e dell’artigianato, nonché consorzi artigiani costituiti ai sensi della l. 25 luglio 1956, n. 860 (anche in deroga alle limitazioni agli scopi sociali di cui all’art. 3, secondo comma, della stessa l. 860/1956). L’attività dei consorzi e delle società consortili da svolgersi nell’interesse delle imprese associate poteva riguardare l’acquisto in comune di materie prime e semilavorati, la creazione di una rete distributiva comune e l’acquisizione di ordinativi, la promozione dell’attività di vendita

attraverso la organizzazione e la partecipazione a manifestazioni fieristiche, lo svolgimento di azioni

pubblicitarie, l’espletamento di studi e ricerche di mercato, l’approntamento di cataloghi e la predisposizione di

qualsiasi altro mezzo promozionale ritenuto idoneo, la partecipazione a gare ed appalti sui mercati nazionali e su quelli esteri, lo svolgimento di programmi di ricerca tecnologica, di sperimentazione tecnica e di aggiornamento nel campo delle tecniche gestionali, la prestazione di assistenza e consulenza tecnica, la costruzione e l’esercizio di impianti di depurazione degli scarichi industriali delle associate, il controllo qualitativo e la prestazione delle relative garanzie per i prodotti delle imprese associate, la creazione di marchi di qualità ed il coordinamento della produzione, degli associati, la gestione di centri meccanografici e contabili o di altri servizi in comune,

l’assistenza alle imprese partecipanti nella soluzione dei problemi del credito anche attraverso la prestazione di

garanzie mutualistiche, ogni altra attività avente comunque attinenza con le finalità della presente legge.

693

BORGIOLI, Consorzi e società consortili, cit., p. 113, CAPURSO, I consorzi e le società consortili dopo la

riforma della l. 10 marzo 1976, n. 377, in Giur. comm., 1981, I, p. 344, p. 574, INTERDONATO, Il regime fiscale,

cit., p. 297 e Circ. ASSONIME, n 160/76, p. 744 secondo la quale «trattandosi di norma esplicitamente definita

dalla legge come norma di agevolazione il suo ambito di applicazione deve ritenersi per definizione circoscritto a quelle sole situazioni nelle quali essa è atta a determinare un trattamento tributario più favorevole di quello risultante dalle regole generali», trovando «rilevanza solo con riguardo alle società consortili».

Tesi di dottorato di Marco Baldacci, discussa presso l’Università LUISS Guido Carli nella sessione prevista per l’anno accademico 2013/2014. Liberamente riproducibile, in tutto o in parte, Il regime della deducibilità per l’importo di un milione di lire a favore delle consorziate è stato successivamente sostituito dalla l. 21 maggio 1981, n. 240 il quale ha introdotto, tra gli altri, un peculiare regime di sospensione d’imposta per gli utili reinvestiti in conformità all’oggetto del consorzio.

Sotto il profilo soggettivo vengono indicati, quali potenziali beneficiari, i consorzi e le società consortili costituiti anche in forma cooperativa, tra piccole e medie imprese694operanti nei settori dell’industria, del commercio e dell’artigianato, allo scopo di promuovere lo sviluppo, la razionalizzazione e la commercializzazione dei prodotti delle aziende associate695, nonché i consorzi artigiani già richiamati dalla l. 374/1976.

È escluso in ogni caso che di tale beneficio possano beneficiare consorzi tra imprese appartenenti al medesimo gruppo: sono infatti escluse le imprese aventi collegamenti di carattere tecnico-finanziario od organizzativo tali da configurare le stesse come società appartenenti ad un gruppo imprenditoriale.

In via meramente esemplificativa696, la legge individua numerose attività che i consorzi e le società consortili destinatarie dell’agevolazione possono svolgere per «promuovere lo sviluppo, la razionalizzazione e la commercializzazione dei prodotti delle aziende associate». Oltre alle attività proprie del ciclo produttivo (acquisto di beni strumentali, acquisto di materie prime e semilavorati, creazione di una rete distributiva comune, acquisizione di ordinativi e immissione nel mercato dei prodotti dei consorziati, acquisizione, costruzione e gestione in comune di magazzini o di centri per il commercio all’ingrosso, promozione dell’attività di vendita attraverso l’organizzazione e partecipazione a manifestazioni fieristiche, svolgimento di azioni pubblicitarie, espletamento di studi e ricerche di mercato, approntamento di cataloghi e predisposizione di qualsiasi altro mezzo promozionale ritenuto idoneo), sono infatti elencate anche altre attività, quali la partecipazione a gare ed appalti sui mercati nazionali e su quelli esteri, lo svolgimento di programmi di ricerca scientifica, tecnologica, di sperimentazione tecnica e di aggiornamento nel campo delle tecniche gestionali, la prestazione di assistenza e consulenza tecnica, la costruzione e l’esercizio di impianti di depurazione degli scarichi industriali delle imprese associate, il controllo qualitativo e la prestazione delle relative garanzie per i prodotti delle imprese associate, la creazione di marchi di qualità ed il coordinamento della produzione degli associati, la gestione di centri meccanografici e contabili o di altri servizi in comune, l’assistenza alle imprese partecipanti nella soluzione dei problemi del credito anche attraverso la prestazione di garanzie mutualistiche, l’acquisizione, costituzione e gestione di aree attrezzate nonché ogni altra attività «avente comunque attinenza con le finalità della presente legge»697.

I consorzi devono essere sufficientemente numerosi e non rappresentare l’“appendice” di un soggetto prevalente: i consorzi e le società consortili devono essere costituiti da non meno

694La nozione di impresa medio piccola è stata legata ai parametri fissati dal Comitato Interministeriale per la Programmazione Industriale

695 Deve quindi trattarsi di un consorzio per la cooperazione interimprenditoriale, dovendosi escludere i consorzi cd. anticoncorrenziali (VOLPEPUTZOLU, I consorzi per il coordinamento, cit., p. 395).

696VOLPEPUTZOLU, I consorzi per il coordinamento, cit., p. 403; INTERDONATO, Il regime fiscale, cit., p. 300.

Tesi di dottorato di Marco Baldacci, discussa presso l’Università LUISS Guido Carli nella sessione prevista per l’anno accademico 2013/2014. Liberamente riproducibile, in tutto o in parte,

di cinque imprese e la quota consortile sottoscritta da ciascuna impresa partecipante non deve essere superiore al 20 per cento del capitale consortile698.

Inoltre, i consorzi e le società consortili in parola «non possono distribuire utili sotto qualsiasi forma alle imprese associate; tale divieto deve risultare da espressa disposizione dello statuto».

Le riflessioni svolte nei due capitoli precedenti circa la possibilità, per i consorzi, caratterizzati da uno scopo mutualistico, di realizzare utili o, comunque, avanzi di gestione e di ripartirli tra i consociati, si riflettono inevitabilmente sull’interpretazione di tale disposizione e, in particolare, sull’esegesi dell’inciso “sotto qualsiasi forma”.

E, invero, coloro i quali ritengono che il consorzio possa realizzare solo scopi mutualistici puri (con conseguente impossibilità di produrre utili) ritengono che il divieto di distribuire utili riguardi solo le società consortili. In questo quadro, l’espressione «sotto qualsiasi forma alle imprese associate» comporterebbe l’impossibilità per le società consortili di distribuire utili realizzati con terzi in modo mascherato sotto forma di maggiori vantaggi mutualistici agli associati o sotto forma di maggiori ristorni699.

Gli Autori che, invece, ritengono possibile, accanto all’attività mutualistica, l’esercizio marginale di una attività lucrativa con i terzi, ritengono che tale limite attenga anche ai consorzi, ma solo per la parte effettiva di utili realizzata con i terzi, non avendo senso parlare di “distribuzione” di ristorni: i ristorni - si precisa - non costituiscono distribuzione di utili bensì restituzione di sopravanzi realizzati nei confronti dei consorziati e, quindi, componenti negativi (o minori componenti positivi) del reddito d’impresa del consorzio, per i quali non avrebbe ragione applicare una sospensione d’imposta in capo al consorzio700.

Recentemente, si è prospettata una terza via interpretativa la quale ritiene agevolativa la disposizione anche laddove applicata all’avanzo ristornabile701.

Sebbene l’esclusione da imposizione per gli utili ristornabili competerebbe in ogni caso702, l’Autore osserva giustamente che la norma non diviene penalizzante, bensì agevolativa, se letta nell’ambito dell’intero sistema consorzio-consorziati.

Secondo la disciplina ordinaria, infatti, l’avanzo ristornabile, che per il consorzio rappresenta un componente negativo del reddito d’impresa a prescindere dall’accantonamento, costituisce componente positivo tassabile per il consorziato.

Qualora, dunque, l’agevolazione riguardasse anche gli avanzi ristorabili ottenuti con i soci, la conseguenza sarebbe che, a fronte del divieto di ristorno, il sistema consorzio-consorziati godrebbe della non imponibilità dell’avanzo accantonato in capo al consorzio. Il conseguente mancato realizzo del componente positivo “ristorno” da pare del singolo consorziato sarebbe quindi l’effetto del citato divieto, a fronte del quale non vi sarebbe tassazione alcuna neppure in capo al consorzio e ciò per effetto del citato accantonamento703.

698

Sui problemi interpretativi che tale formulazione ha sollevato v. INTERDONATO, Il regime fiscale, cit., p. 302.

699VOLPEPUTZOLU, I consorzi per il coordinamento, cit., p. 399.

700CAPURSO, Agevolazioni ai consorzi e alle società consortili (Primi appunti sulla legge 21 maggio 1981, n.

240), in Giur. comm., 1982, p. 574, p. 574. 701INTERDONATO, Il regime fiscale, cit., p. 304.

702 V. sul punto DIPIETRO, Interventi di sostegno per i consorzi tra piccole e medie imprese industriali,

commerciali ed artigiane, in Paolucci-Di Pietro (a cura di), Codice dei consorzi e delle cooperative annotato con la giurisprudenza, Torino, 1989, p. 993.

Tesi di dottorato di Marco Baldacci, discussa presso l’Università LUISS Guido Carli nella sessione prevista per l’anno accademico 2013/2014. Liberamente riproducibile, in tutto o in parte, Quest’ultima soluzione pare, peraltro, confermata anche dal testo della norma la quale vieta la distribuzione di utili “sotto qualsiasi forma” alle consorziate, con la quale il legislatore pare abbia voluto includere qualunque forma di “ritorno” di ricchezza già trasferita al consorzio o da questo autoprodotta.

Infine, è interessante osservare - anche alla luce di quanto si avrà modo di vedere con riferimento al contratto di rete - che la condizione in presenza della quale è concessa l’agevolazione è la destinazione di tali utili al finanziamento di investimenti fissi o di iniziative rientranti nell’oggetto del consorzio.

La struttura dell’agevolazione, che prescrive un vincolo (l’accantonamento a riserva) e un particolare impiego (investimenti fissi e iniziative rientranti nell’oggetto del consorzio), mira dunque a rafforzare la struttura patrimoniale del consorzio facendo sì che lo stesso potenzi l’apparato produttivo a vantaggio di tutto il settore delle piccole e medie imprese in modo da renderlo sempre più competitivo rispetto alle grandi imprese704.

Proprio la finalità della norma la quale, accanto alla realizzazione di impieghi inerenti all’oggetto del consorzio, incentiva la capitalizzazione dei consorzi, induce a ritenere che il vincolo non venga meno con l’effettuazione dell’investimento. Nonostante sia stato affermato che laddove l’investimento venga effettuato entro il secondo esercizio successivo il regime di sospensione d’imposta si tramuta in regime definitivo di non imponibilità e la riserva vincolata potrà essere girata a riserva ordinaria705, pare corretto ritenere che l’espressione «realizzazione di investimenti fissi o di iniziative» imponga al consorzio il mantenimento della riserva vincolata per tutto il periodo il cui l’investimento è effettuato o l’iniziativa è in corso706.

Nel quadro di un generale favore per i consorzi tra piccole e medie imprese, particolare attenzione è stata riservata ai consorzi (tra PMI) per il commercio estero.

Oltre ad essere stati specificamente disciplinati dalla l. 240/1981707, tali consorzi sono stati sottoposti a diversa, anche se in parte simile, disciplina dalla l. 83/1989. Quest’ultima individuava come consorzi per il commercio estero i consorzi e le società consortili aventi come scopi sociali esclusivi l’esportazione dei prodotti delle imprese consorziate e l’attività promozionale necessaria per realizzarla, nonché l’importazione delle materie prime e dei semilavorati da utilizzarsi da parte delle imprese stesse708.

Il citato provvedimento è stato tuttavia abrogato dal comma 7 dell’art. 23 e dal numero 14) dell’Allegato 1 al Dl. 22 giugno 2012, n. 83, il quale ultimo, all’art. 42, ha introdotto

704PROPERSI-ROSSI, Consorzi e altre forme associative, II, Milano, 1982, p. 294; INTERDONATO, Il regime

fiscale, cit., p. 307.

705PERROTTI, La dichiarazione dei redditi dei consorzi tra imprese, in Inf. Pirola, 1993, p. 53; PROPERSI -ROSSI, Consorzi e altre forme, cit., p. 302.

706Finalità che accomuna anche altre organizzazioni aventi scopo mutualistico le quali, proprio perché tali,

tendono a risultare sottocapitalizzate. Si pensi, in particolare, all’art. art. 12 della legge 904 del 1977, sulla

legittimità comunitaria del quale v., per tutti, SALVINI, Le misure fiscali per la cooperazione, in Salvini (a cura di), Aiuti di Stato, cit., p. 487, nonché la pronuncia 8 settembre 2011, cause da C-78/08 a C-80/08 della Corte di giustizia, pubblicata su GT, 12, 2011, p. 1091.

707 Tali venivano definiti i consorzi e le società consortili che avevano come scopi sociali esclusivi

l’esportazione dei prodotti delle imprese consorziate e l’importazione delle materie prime e dei semilavorati da

utilizzarsi da parte delle imprese stesse.

Tesi di dottorato di Marco Baldacci, discussa presso l’Università LUISS Guido Carli nella sessione prevista per l’anno accademico 2013/2014. Liberamente riproducibile, in tutto o in parte, particolari agevolazioni a favore dei cd. consorzi per l’internazionalizzazione709, aventi per oggetto la diffusione internazionale dei prodotti e dei servizi delle piccole e medie imprese nonché il supporto alla loro presenza nei mercati esteri anche attraverso la collaborazione e il partenariato con imprese estere710.

Oltre ad un contributo in conto capitale a fondo perduto il quale, tuttavia, non può superare il 50% delle spese sostenute per l’esecuzione di progetti per l’internazionalizzazione711, è previsto che, ai fini delle imposte sui redditi, le somme accantonate nelle riserve costituenti il patrimonio netto dei consorzi per l’internazionalizzazione concorrono alla formazione del reddito dell’esercizio in cui la riserva è utilizzata per scopi diversi dalla copertura delle perdite o dall’aumento del fondo consortile o del capitale sociale712.

Tale scelta conferma talune delle scelte effettuate in passato, ma al contempo mostra alcuni elementi di novità. Quanto agli elementi di continuità, il legislatore limita l’agevolazione al solo mondo delle PMI; ciononostante, come è previsto anche dalla l. 240/1981, l’agevolazione non è diretta al soggetto (le imprese che vi aderiscono), ma al progetto (l’organizzazione comune e le peculiari attività indicate dalla norma).

L’elemento di novità è dato, invece, dal tendenziale abbandono della volontà legislativa di stimolare la capitalizzazione del consorzio. Manca, invero, il presupposto costituito dalla clausola statutaria che vieta la distribuzione di utili alle imprese, il che pare ricondurre ancor più l’agevolazione all’attività che viene svolta dall’organizzazione comune, indipendentemente dalla stabilità patrimoniale di quest’ultima.