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La collaborazione temporanea negli ordinamenti di common law: la joint venture

una “avventura congiunta”, ove il termine “avventura” richiama il concetto del rischio che i soggetti che vi partecipano corrono.

Secondo la tradizione, la joint venture nacque a Londra, nel medioevo, quando alcuni imprenditori, fabbricanti di tessuti, al fine di dividere tra loro il rischio dell’operazione commerciale, si unirono per inviare le loro merci alle fiere europee.

Oggi, con il termine “joint venture” vengono indicate le diverse forme di associazione temporanea tra due o più imprese finalizzate all’esercizio di una attività economica in un settore di comune interesse, siano esse rivolte alla esecuzione di un’opera complessa, ovvero limitate alla prestazione di particolari servizi o al compimento di un singolo affare112.

Il fenomeno della joint venture si è diffuso nel corso dei secoli, soprattutto negli ordinamenti di common law, ma non ha mancato di diffondersi progressivamente negli altri Paesi, specie quelli soggetti ad un più intenso sviluppo industriale, fino ad assumere oggi una sempre maggiore rilevanza sul piano internazionale. In particolare, esso si è sviluppato soprattutto nei settori che per gli ingenti finanziamenti necessari, gli altri rischi connessi o la complessità dell’opera, rimanevano preclusi alle singole imprese113.

A ben vedere, la joint venture non trova una sua definizione legale e non qualifica un istituto dai contorni netti e precisi, ma viene piuttosto impiegata per qualificare diversi rapporti associativi, che si pongono a fianco della partnership, senza poter essere esattamente

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Si veda sul punto la bibliografia richiamata da BONVICINI, Associazioni temporanee, cit., pp. 2 e 7.

112 Definizione fornita da CORAPI, Profili di diritto societario degli accordi di joint-venture, in Draetta-Vaccà (a cura di), Le joint ventures. Profili giuridici e modelli contrattuali, Milano, 1997, p. 149, dal quale sono tratte le argomentazioni che seguono. Data la varietà di modelli con cui il fenomeno si manifesta, numerose sono le definizioni fornite dalla dottrina e dalla giurisprudenza. Tra le altre si vedano quelle fornite da DRAETTA, Il

diritto dei contratti internazionali. La collaborazione tra imprese, Padova, 1985, p. 153; ASTOLFI, Il contratto,

cit., p. 57; BONVICINI, Le “joint venutres”: tecnica giuridica e prassi societaria, Milano, 1977, p. 70 e FRIEDMANN-KALMANOFF, Joint International business ventures, New York-Londra, 1961, p. 6. Emblematico in questo senso la sentenza United States v. Standard Oil Co. of Califoria, 155 F. Supp. 121 1957, nella quale si legge che «precise definition of a joint venture is difficult. The cases are of little help since they are generally

restricted to their own peculiar facts. Each case in which a coadventure is claimed […] depends of course for its results on its own facts, and owing to the multivariousness of facts, no case of coadventure rises higher than a persuasive precedent for another».

Tesi di dottorato di Marco Baldacci, discussa presso l’Università LUISS Guido Carli nella sessione prevista per l’anno accademico 2013/2014. Liberamente riproducibile, in tutto o in parte,

ricompresi in questa. Il Partnership Act del 1890 (USA), ad esempio, la definisce «un vincolo che unisce due persone che conducono in comune attività a scopo di lucro».

Nel diritto americano vengono quindi ricomprese nella definizione di joint venture non solo le forme di cooperazione limitata e temporanea tra imprese, ma anche tutte le altre ipotesi in cui comunque ci sia una serie di rapporti che non si esauriscono nella disciplina di interessi contrapposti ma comportano una comunione di interessi114.

Del resto, la joint venture (o joint adventure), in origine, non indicava un particolare istituto o rapporto giuridico, ma l’oggetto di un determinato rapporto tra le parti: essa definiva l’affare o impresa per la cui realizzazione veniva in essere un rapporto giuridico. Il medesimo termine veniva quindi traslato a tutte le diverse forme che tale rapporto giuridico poteva assumere.

Solo in una fase successiva le corti americane attribuirono alla joint venture un significato più limitato. Emblematico in questo senso è il caso Ross v. Willet115, in cui per la prima volta l’espressione joint venture venne adottata per indicare un particolare tipo di rapporto associativo, limitato nel suo oggetto e nella sua durata e senza la formazione di un common business. In seguito, la giurisprudenza di inizio secolo continuò nell’individuazione e nella qualificazione delle fattispecie di joint venture, includendovi tutte le ipotesi in cui l’attività di due o più persone era volta al compimento di un affare in comune116.

Tale orientamento, in particolare, distinse le joint venture dalle partnerships (società di persone), per la limitatezza dell’oggetto e della durata117. L’effetto di maggior rilievo di questa distinzione fu quello di consentire il superamento del divieto per le corporations di assumere la qualità di socio di una società di persone. Tale divieto era fondato sulla stretta applicazione della cosiddetta regola dell’ultra vires, secondo cui le società di capitali avevano una capacità di agire limitata agli atti tassativamente indicati nella object clause dello statuto. Ciò non consentiva la partecipazione di una corporation in una partnership, ove vigeva invece il principio della capacità generale ed illimitata118.

114CORAPI, Le associazioni temporanee, cit., p. 67. Precisa VACCÀ, Origini e lineamenti, cit., p. 104 che dalla seconda metà del XIX secolo dalle decisioni delle Corti statunitensi emerge una nozione di joint venture atta a descrivere modelli negoziali privi di formalità e non costitutivi di stabili organizzazioni societarie, ai quali ricondurre svariate forme e situazioni di collaborazione tra operatori quali, tipicamente, la costruzione di linee ferroviarie o lo sfruttamento di giacimenti minerari.

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(1984) 76 Hun (N.Y.) 211, 27 N.Y.S. 785.

116CORAPI, Le associazioni temporanee, cit., p. 67, il quale richiama come esempi l’acquisto in comune di terreni per la loro valorizzazione e rivendita speculativa, la produzione di un spettacolo teatrale o cinematografico, la costruzione di edifici, il funzionamento e l’esercizio di opere o servizi di pubblica utilità, la

raccolta e lavorazione di cotone, la costruzione ed esercizio di una fabbrica di uranio, l’acquisto in comune di

azioni di una società per ottenerne il controllo.

117La dottrina americana, traendo le fila dello sviluppo giurisprudenziale, ha riconosciuto che il rapporto di

joint venture presenta aspetti associativi che lo differenziano dagli altri rapporti in cui gli interessi delle parti

sono contrapposti ma, al contempo, non può essere integralmente assimilata alla partnership. Ciononostante la caratteristica limitatezza del suo oggetto e il fatto che con esso non si crei normalmente una organizzazione comune e un patrimonio comune comportano una applicazione della disciplina della partnership, non integrale

ma limitata a quelle norme che non presuppongono l’esistenza di tale organizzazione comune ovvero, che non presuppongono l’esistenza di quegli altri elementi della partnership che eventualmente risultino assenti nel caso

concreto (v. CORAPI, Le associazioni temporanee, cit., pp. 64 e 74).

118CORAPI, Profili di diritto societario, cit., p. 153. Sugli elementi differenziali tra le due figure vedi VACCÀ,

Origini e lineamenti, cit., p. 106 e, per la rassegna degli orientamenti seguiti dai giudici e dagli studiosi

statunitensi nel delineare le regole applicabili agli accordi di joint venture, DRAETTA, Il diritto dei contratti

Tesi di dottorato di Marco Baldacci, discussa presso l’Università LUISS Guido Carli nella sessione prevista per l’anno accademico 2013/2014. Liberamente riproducibile, in tutto o in parte,

Le linee di demarcazione tra joint venture e partnership rimasero, almeno in parte, sfumate, al punto che l’interscambio delle regole ad esse riferibili ricorreva con una certa frequenza nelle decisioni delle Corti statunitensi, né contribuiva a fare chiarezza la circostanza che, in particolar modo nella prassi delle relazioni internazionali, si riscontravano non poche difficoltà a qualificare con sicurezza il preciso schema di determinati rapporti a struttura associativa, specie se riconducibili a complesse operazioni poste in essere con la partecipazione di enti o governi di Paesi in via di sviluppo e destinate a non esaurire i loro effetti nel breve periodo119.

E, invero, il riconoscimento della distinzione tra accordo di joint venture e partnership portò non all’affermazione di un totale distacco tra le due figure, ma alla configurazione del rapporto partnership - joint venture come relazione di species a genus. Pertanto, salvo le deroghe di volta in volta espressamente riconosciute dalle Corti, la disciplina residuale del contratto di joint venture continuò ad essere quella vigente per la partnership, la quale, analogamente alla disciplina italiana delle società in nome collettivo, non individuava un centro di imputazione giuridica autonomo rispetto alle persone dei partecipanti e, pertanto, prevedeva la responsabilità illimitata e solidale di questi ultimi verso i terzi.

A fronte di un tale orientamento, per poter beneficiare del regime di responsabilità limitata, le imprese ricorsero sempre più frequentemente alla costituzione di corporations, adottandone la struttura alle esigenze richieste dagli accordi di joint venture mediante clausole atipiche o patti parasociali120.

Nonostante un’originaria diffidenza nei confronti dell’utilizzo della corporation per l’attuazione di intese di cooperazione imprenditoriale, rilevando l’incompatibilità tra la qualità di partner e quella di shareholder, a partire dal primo dopoguerra, di fronte alla rapida crescita industriale e alla grande diffusione delle joint ventures societarie, la giurisprudenza statunitense affermò un nuovo principio, secondo il quale le parti potevano ricorrere liberamente alla struttura organizzativa della corporation per dare attuazione ai joint venture agreements, purché, in concreto, ciò non costituisse fonte di pregiudizio per i diritti dei terzi121.

Le classificazioni elaborate nel tentativo di definire e articolare il fenomeno sono quindi numerose e differenziate.

Si distingue così tra joint ventures strumentali, costituite per l’esecuzione di contratti complessi da stipulare con i terzi, e joint ventures operative, in cui le parti intendono esercitare congiuntamente una attività imprenditoriale in un settore economico di interesse comune. In ragione dell’operato prestato dai coventures si distingue tra equity, non equity ed equity non equity joint ventures, caratterizzate rispettivamente da un conferimento diretto di capitali nell’impresa comune, da un conferimento di brevetti, marchi, know how, assistenza tecnica, ecc., e da una combinazione di conferimenti di capitale e di tecnologia.

Da un punto di vista giuridico viene sovente proposta la divisione tra contractual joint ventures e incorporated joint ventures. Mentre nelle prime l’accordo di cooperazione tra le

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VACCÀ, Origini e lineamenti, cit., p. 105.

120CORAPI, Profili di diritto societario, cit., p. 153.

121 Si vedano le pronunce Arditi v. Dubitzky, 354 F. 2d 483 (2d Cir. 1965); Wabash Ry v. American

Refrigerator Transit Co. 7 F. 2d, 335, CCA 8TH (1925); Fitgerald v. Christy, 242 Ill. App. 343 (1926); Deboy v. Harris, 207 Md. 212, 113 A. 2d 639 (1955); Jolly v. Oster, 55 Wis, 2d. 199, 198 N.W. 2d 639 (1972) e CORAPI,

Tesi di dottorato di Marco Baldacci, discussa presso l’Università LUISS Guido Carli nella sessione prevista per l’anno accademico 2013/2014. Liberamente riproducibile, in tutto o in parte, imprese non dà vita ad un’organizzazione distinta da quelle dei coventurers, le incorporated joint ventures comportano la costituzione di una società di capitali cui affidare la conduzione dell’iniziativa congiunta: trattasi di una peculiare figura di società per azioni, a mezza via tra la società di capitali e le società di persone, in cui i soci sono legati da una relazione personale, fondata sulla reciproca fiducia122.

Nelle joint ventures la costituzione della società per azioni non rappresenta, in ogni caso, il fine della cooperazione tra le imprese, ma solo il mezzo attraverso il quale i coventurers attuano l’oggetto del loro accordo123. E, invero, l’accordo societario si colloca nell’ambito del più ampio contratto di joint venture con il quale i partners provvedono a disciplinare tutti gli aspetti della reciproca collaborazione: ne consegue che tra le clausole del joint venture agreement e le clausole statutarie della società, sono le prime che prevalgono nella volontà delle parti.

Inoltre negli statuti di queste società sono trasferite disposizioni che si discostano dallo schema giuridico tipico delle società per azioni e introducono nei rapporti interni un regolamento di carattere personale e fiduciario. La strumentalità dell’ente societario risulta confermato, poi, dal fatto che nel joint venture agreement sono presenti pattuizioni che, sebbene non trasfuse nello statuto della corporation sono comunque volte ad incidere sui comportamenti di chi in essa opera come amministratore o partecipa come socio124.