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La distribuzione senza ingerenza del produttore

In generale, nell’ambito del processo di distribuzione commerciale i produttori possono occuparsi direttamente della distribuzione del prodotto ovvero disinteressarsi alla stessa, lasciando tale compito agli intermediari.

Nel secondo caso (distribuzione indiretta) il produttore rinuncia al controllo sui vari stadi della commercializzazione che vengono affidati ad imprese specializzate nell’adempimento delle singole funzioni. Al contrario, nella vendita diretta la merce passa dall’originario produttore (che rileva su di sé tutte le funzioni attinenti all’intermediazione commerciale) al consumatore finale.

Ebbene, tra questi due casi limite è possibile concepire tutta una sfumata gamma di pattuizioni che permettono di coordinare la fase produttiva con quella distributiva, secondo una logica di integrazione verticale convenzionale, in cui i rapporti tra produttori e intermediari variano da un minimo di ingerenza nell’attività della controparte, alla quasi subordinazione156.

In questo crescendo di integrazione, il codice civile disciplina quei contratti i quali prevedono una limitatissima, se non nulla, ingerenza del produttore, ma che comunque consentono a quest’ultimo di collocare sul mercato i prodotti senza assumere su di sé i costi ed i rischi della distribuzione commerciale, lasciando quindi liberi i rivenditori di organizzarsi nella propria attività.

Si pensi al contratto estimatorio, con il quale una parte consegna una o più cose mobili all’altra, la quale si obbliga a pagare il prezzo laddove non restituisca le cose nel termine stabilito.

Tale contratto è utilizzato nei rapporti fra fornitori (produttori o commercianti all’ingrosso) e rivenditori in luogo del contratto di vendita, quando il rivenditore non vuole accollarsi il rischio economico, proprio della vendita, di dover pagare al fornitore la merce che gli rimane invenduta dopo un certo tempo. Il contratto trova pertanto larga applicazione nel commercio di giornali, dei libri, degli articoli di abbigliamento, degli oggetti preziosi, risultando più vantaggioso rispetto alla vendita per entrambe le parti. Infatti, il rivenditore può

Tesi di dottorato di Marco Baldacci, discussa presso l’Università LUISS Guido Carli nella sessione prevista per l’anno accademico 2013/2014. Liberamente riproducibile, in tutto o in parte,

disporre di un maggior assortimento, dato che dovrà pagare al fornitore solo quanto è riuscito a vendere, lucrando la differenza fra prezzo stimato e quello di rivendita. Il fornitore, a sua volta, pur sopportando il rischio dell’invenduto, trae vantaggio dalla distribuzione più capillare e dal maggior smercio che tale contratto di regola riesce a procurargli157.

Segue, nella struttura del codice, la somministrazione, definita come il contratto con il quale una parte si obbliga, verso corrispettivo di un prezzo, a eseguire a favore dell’altra prestazioni periodiche o continuative di cose.

Con esso il somministrato soddisfa il proprio bisogno durevole attraverso la stipulazione di un unico contratto che assicura la regolarità delle forniture nel tempo e la stabilità dei prezzi158.

A questa struttura essenziale le parti possono aggiungere specifiche clausole, destinate a meglio soddisfare i rispettivi interessi159. Tra queste, la legge disciplina specificamente il patto di preferenza160 ed il patto di esclusiva. Quest’ultimo, in particolare, può essere pattuito a favore del somministrante, a favore del somministrato ovvero a favore di entrambe le parti. Questo patto, se stipulato a favore del somministrante, comporta che il somministrato non può ricevere da terzi prestazioni della stessa natura. Se, invece, l’esclusiva è pattuita a favore del somministrato, il somministrante non può compiere, direttamente o indirettamente, forniture della tessa natura ad altri nella zona per cui l’esclusiva è concessa: in tal caso il rivenditore beneficiario opera come concessionario di vendita in esclusiva del produttore e può impegnarsi a ritirare periodicamente un quantitativo minimo di merce.

I patti da ultimo citati costituiscono strumenti per stringere un più stretto collegamento economico tra produttore e rivenditore e possono svilupparsi in contratti atipici di distribuzione. I contratti sopra richiamati, infatti, non consentono di per sé al produttore di coordinare ed indirizzare in modo unitario l’attività dei rivenditori, liberi di organizzare come meglio credono i rapporti con la clientela161 e costituiscono quindi una forma estremamente leggera di rete di imprese, nella quale tuttavia manca ingerenza di un soggetto nell’attività dell’altro.

4.3 Segue: la distribuzione integrata

Come osservato dalla miglior dottrina sul punto, l’esigenza delle grandi imprese di non disinteressarsi della commercializzazione dei propri prodotti, pur senza sopportarne costi e rischi, ha determinato il diffondersi nella pratica di accordi contrattuali complessi ispirati alla finalità di realizzare una più stretta integrazione economica fra produttore e rivenditori. Questi accordi prevedono clausole, variamente articolate, che consentono al produttore una penetrante ingerenza nella sfera decisionale dei propri rivenditori ed un coordinamento unitario della rete distributiva. Nel contempo, e come contropartita delle limitazioni della

157

CAMPOBASSO, Manuale, cit., p. 415.

158Si rammenta che il contratto di somministrazione può avere ad oggetto solo la prestazioni di cose in quanto un eventuale accordo che avesse ad oggetto la prestazione periodica o continuativa di servizi rientrerebbe nella nozione di appalto (di servizi) al quale, peraltro, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni relative

al contratto di somministrazione (così l’art. 1677 cod. civ.)

159Sulla contrapposizione di interessi tra produttore e distributore v. PARDOLESI, Contratti di distribuzione,

cit.,p. 2.

160 È il patto con il quale il somministrato si obbliga a preferire, a parità di condizioni, lo stesso somministrante qualora intenda stipulare un successivo contratto di somministrazione per lo stesso oggetto.

Tesi di dottorato di Marco Baldacci, discussa presso l’Università LUISS Guido Carli nella sessione prevista per l’anno accademico 2013/2014. Liberamente riproducibile, in tutto o in parte,

libertà decisionale, ai rivenditori sono offerte più sicure possibilità di guadagno attraverso la concessione di una posizione di privilegio, di regola costituita dall’esclusiva di rivendita per una certa zona162.

L’obiettivo di realizzare l’integrazione fra industria e commercio impone, infatti, al produttore un passaggio obbligato, costituito dall’offerta di opportunità di guadagno sufficiente a compensare gli svantaggi che al distributore derivano dalla rinunzia ad una piena indipendenza gestionale163.

Trattasi del fenomeno della distribuzione integrata, particolarmente diffuso per la commercializzazione di prodotti di serie a larga diffusione o di marche celebri, spesso assistiti da una campagna pubblicitaria del produttore che ne agevola le vendite.

Il contenuto minimo costante dei contratti che regolano i rapporti fra produttore e distributori integrati consiste nell’impegno del distributore di acquistare periodicamente determinati quantitativi minimi a condizioni predeterminate nello stesso contratto di distribuzione e nell’ulteriore impegno di promuovere la vendita dei prodotti acquistati in una zona determinata, secondo modalità stabilite dallo stesso produttore. Tali clausole, benché varie, hanno raggiungo una grado sufficiente di standardizzazione dando vita a figure contrattuali socialmente tipiche, ovverosia la concessione di vendita e il franchising164.

Nella concessione di vendita165, ferma la libera organizzazione dei singoli punti di vendita da parte dei concessionari, il concedente può esercitare una forte ingerenza in base alle clausole che impongono ai rivenditori un’efficiente organizzazione di vendita, l’acquisto di quantitativi minimi di merce a scadenze determinate, la pratica di prezzi e condizioni di vendita prestabiliti, la fornitura di assistenza tecnica al cliente nonché controlli periodici sull’efficienza dell’organizzazione di vendita. Normalmente è anche prevista una clausola di esclusiva. Benché contratto atipico, in quanto contratto di durata a prestazioni periodiche, si applicano per analogia le norme in tema di somministrazione166.

Il contratto di franchising167 si distingue dalla concessione di vendita per una maggiore ingerenza dei produttori nell’attività dei rivenditori e risulta oggi disciplinato dalla l. 6 maggio 2006, n. 129.

La novella definisce l’affiliazione commerciale come il contratto, stipulato fra soggetti giuridicamente ed economicamente indipendenti, con cui l’affiliante concede verso corrispettivo all’affiliato la disponibilità di un insieme di diritti di proprietà industriale o intellettuale relativi a marchi, denominazioni commerciali, insegne, modelli di utilità, disegni, diritti di autore, know how, brevetti, assistenza o consulenza tecnica e commerciare, inserendolo in un sistema costituito da una pluralità di affiliati distribuiti sul territorio, allo scopo di commercializzare determinati prodotti o servizi.

La stessa disciplina riconosce all’affiliante una forte ingerenza nell’attività dell’affiliato: quest’ultimo è sempre tenuto ad utilizzare i segni distintivi dell’affiliante e deve adeguarsi

162CAMPOBASSO, Manuale, cit., p. 416.

163PARDOLESI, Contratti di distribuzione, cit., p. 3.

164

CAMPOBASSO, Manuale, cit., p. 416.

165 Essa costituisce la prima figura ad imporsi all’attenzione di dottrina e giurisprudenza, le quali hanno cercato di approdare ad un soddisfacente inquadramento giuridico (v. PARDOLESI, Contratti di distribuzione, cit., p. 6).

166

CAMPOBASSO, Manuale, cit., p. 417.

Tesi di dottorato di Marco Baldacci, discussa presso l’Università LUISS Guido Carli nella sessione prevista per l’anno accademico 2013/2014. Liberamente riproducibile, in tutto o in parte, completamente ai modelli operativi prefissati dall’affiliante che coinvolgono ogni aspetto dell’attività di distribuzione, quali l’allestimento dei locali, la pubblicità e le condizioni di vendita: la rete di affiliazione si basa infatti sull’adozione pedissequa da parte degli affiliati della formula commerciale creata dall’affiliante.

Tale figura comporta che l’immagine sul mercato dei distributori venga ad identificarsi con quella del produttore, sino ad ingenerare nel pubblico il convincimento che sia il produttore stesso ad agire come distributore dei prodotti.

Al contempo, il contratto di franchising solleva delicati problemi di tutela degli affiliati, soprattutto per quanto riguarda la cessazione del rapporto. In questo contesto, la l. 129/2004 tende a tutelare la corretta formazione del consenso e le legittime aspettative di entrambe le parti168.

Segnatamente, a tutela dell’affiliato, si prevede che l’affiliante debba aver già sperimentato la sua formula commerciale. Quanto a forma e contenuto, il contratto di affiliazione commerciale deve essere stipulato per iscritto a pena di nullità e deve indicare espressamente le condizioni di rinnovo, risoluzione o eventuale cessione. Deve inoltre precisare gli investimenti e le spese richieste all’affiliato prima dell’inizio dell’attività, le percentuali che lo stesso è tenuto a versare all’affiliante nonché l’incasso minimo che l’affiliato si impegna a realizzare.

E poi previsto che in caso di contratto a tempo determinato, l’affiliante deve comunque garantire all’affiliato una durata minima sufficiente a recuperare gli investimenti effettuati.

D’altro canto, sull’affiliato grava l’obbligo di comunicare all’affiliante ogni informazione la cui conoscenza risulti necessaria o opportuna ai fini della stipulazione del contratto, anche se non espressamente richiesta. Lo stesso è anche tenuto alla massima riservatezza in ordine al contenuto dell’attività oggetto dell’affiliazione commerciale - in particolare sul know how che gli viene comunicato - anche dopo lo scioglimento del contratto.