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Le agevolazioni tributarie nell’ordinamento europeo tra divieto di discriminazione e aiuti di Stato.

PREMESSE METODOLOGICHE ALLO STUDIO DELLA «FISCALITÀ COOPERATIVA» TRA PRINCIPI COSTITUZIONALI ED ORDINAMENTO

4. Le agevolazioni tributarie nell’ordinamento europeo tra divieto di discriminazione e aiuti di Stato.

Le scelte in materia tributaria dettate da fini extrafiscali – i.e. la concessione di agevolazioni o di penalizzazioni - condizionano l‘allocazione degli investimenti e la stabilizzazione delle iniziative imprenditoriali negli Stati membri; esse sono perciò in grado di alterare le condizioni tra i soggetti che svolgono autonome attività economiche nel mercato comune con l‘effetto di discriminarne alcuni, favorendone altri244.

Per questo le soluzioni normative accolte nell‘ordinamento nazionale debbono essere subordinate alla verifica di compatibilità rispetto ai principi formulati a livello di Unione europea. Quest‘ultima opera predisponendo un assetto normativo idoneo a contenere gli «eccessi egoistici» dei singoli Stati al fine di garantire un sistema di mercato ispirato al principio di libera concorrenza.

Pare possibile identificare due diversi approcci dell‘ordinamento europeo rispetto al fenomeno delle agevolazioni fiscali: un primo «di apertura» – informato al principio di parità di trattamento -, teso a eliminare le discriminazioni tra soggetti residenti e soggetti non residenti, estendendo le agevolazioni anche a questi ultimi245; un secondo «di totale chiusura» funzionale all‘eliminazione della potenziale concorrenza fiscale dannosa, dovuta alla volontà dei singoli Stati di attrarre capitali dall‘estero. Il divieto degli aiuti di Stato, finalizzato a garantire la libera concorrenza, parrebbe essere espressione, ex positivo iure, di questa funzione impeditiva246.

In particolare l‘art. 107 del Trattato sul funzionamento dell‘Unione europea (già art. 87 TCE)247 definisce il concetto di aiuto di Stato proibito stabilendo che «Salvo

244 Sul punto v. P. BORIA, Il sistema tributario, Torino, 2008, pp. 1076 e 1077; M. BASILAVECCHIA, Agevolazioni, esenzioni ed esclusioni (diritto tributario), cit., p. 420 ss.; F.FICHERA, Le agevolazioni fiscali, Padova, 1992, p. 203.

245 Sul punto v. P. BORIA, Il sistema tributario, Torino, 2008, p. 1078 ss.; P. RUSSO, Le agevolazioni e le esenzioni fiscali alla luce dei principi comunitari in materia di aiuti di Stato: i poteri del giudice nazionale, in Riv. it. dir. pubbl. comunitario, 2004, p. 228.

In ambito tributario particolare rilievo ha il principio di non discriminazione in base alla nazionalità che trova specifiche declinazioni nelle libertà fondamentali stabilite dal Trattato. La Corte di Giust. ha chiarito che sono vietate non solo le discriminazioni basate sulla nazionalità, ma anche le discriminazioni dissimulate o indirette.

246 S. FIORENTINO, Agevolazioni fiscali e aiuti di Stato, in M. INGROSSO e G. TESAURO (a cura di), Agevolazioni fiscali e aiuti di Stato, Napoli, 2009, p. 376; ivi per ulteriori riferimenti bibliografici. 247 Con l‘entrata in vigore del Trattato di Lisbona, l‘1 dicembre 2009, il Trattato che istituisce la Comunità europea (TCE) diviene Trattato sul funzionamento dell‘Unione europea (TFUE). I riferimenti

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deroghe contemplate dai Trattati, sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza» (comma 1)248.

Tale disciplina riguarda «tutte le forme di trasferimento dal settore pubblico direttamente od indirettamente a vantaggio delle imprese, per le quali lo Stato non riceve un corrispettivo equivalente e che hanno come fine una modifica del mercato»249. L‘ambito di applicazione, quindi, comprende non solo le prestazioni positive quali le sovvenzioni, ma anche qualsiasi altra misura (anche indiretta) intesa a sollevare un‘impresa degli oneri finanziari che, in un regime basato esclusivamente sul mercato, sarebbero normalmente posti a suo carico (c.d. prestazioni negative)250. Tra esse, in particolare vanno ricordati le coperture di perdite, i prestiti ad interesse «zero» o a tassi particolarmente favorevoli, le forniture di beni e servizi a condizioni preferenziali, le esenzioni da tributi e gli sgravi fiscali in genere (c.d. aiuti fiscali).

Lo studio del rapporto tra l‘agevolazione fiscale e il summenzionato divieto appare particolarmente complesso giacché nell‘«ordinamento comunitario il concetto di agevolazione si presenta indistinto in quanto assorbito da quello più ampio di aiuto di all‘art. 87 TCE fatti dai diversi autori e dalla giurisprudenza citati nel presente lavoro si intendono pertanto relativi al nuovo art. 107.1 TFUE.

248 Sulla nozione di aiuto di Stato v.G.TESAURO, Diritto dell’Unione europea, Padova, 2010, p. 800 ss. Per le letteratura internazionale cfr., per tutti, C. QUIGLEY, European State Aid Law and Policy, Hart Publishing, Oxford-Portland Oregon, 2009.

Sul tema degli aiuti di Stato attuati mediante misure di carattere fiscale si v.. M. INGROSSO e G. TESAURO (a cura di), Agevolazioni fiscali e aiuti di Stato, Napoli, 2009, L. SALVINI (a cura di), Aiuti di Stato in materia fiscale, Padova, 2007; P. LA ROMA JEZZI, Principi tributari nazionali e controllo sopranazionale sugli aiuti fiscali (nota a Cass., sent. 10 dicembre 2002, n. 17546), in Rass. trib., 2003, 1074 e in Riv. it. dir. pubbl. comunitario, 2004, p. 91; A. FANTOZZI, Problemi di adeguamento dell’ordinamento fiscale nazionale alle sentenza della Corte europea di giustizia e alle decisioni della Commissione CE, in Rass. trib., 2003, p. 2249; F. FICHERA, Gli aiuti fiscali nell’ordinamento comunitario, in Riv. dir. fin. e sc. fin., 1998, p. 87; G. PIZZONIA, Aiuti di stato mediante benefici fiscali ed efficacia nell’ordinamento interno delle decisioni negative della Commissione UE. Rapporti tra precetto comunitario e procedure fiscali nazionali, in Riv. dir. fin. sc. fin., 2005, p. 384; T.TASSANI, Il regime fiscale delle ristrutturazioni bancarie tra divieto di aiuti di Stato e tutela del legittimo affidamento (nota a ord. Comm. Trib. Prov. Genova, 11 febbraio 2004, n. 37/14/04), in Rass. trib., 2004, p. 1533; L. DEL FEDERICO, La Corte di Giustizia chiamata a pronunciarsi sulle agevolazioni per i redditi delle fondazioni bancarie: le problematiche comunitarie, processuali e sostanziali (commento a ord. Cass. sez. tribut. 30 aprile 2004, n. 8319) in Riv. dir. trib., 2004, p. 574; E. ALTIERI, Competenza del giudice nazionale in materia di aiuti di Stato nel settore fiscale e considerazioni conclusive, in Rass. trib., 2003, p. 2339; F. GALLO, L’inosservanza delle norme comunitarie sugli aiuti di Stato e sue conseguenza nell’ordinamento fiscale interno, in Rass. trib., 2003, p. 2271; A. CARINCI, Autonomia tributaria delle Regioni e vincoli del Trattato dell’Unione europea, in Rass. trib., 2004, p. 1201.

249 V. GUZZI, Manuale di diritto e politica dell’Unione europea, Napoli, 2000, p. 692.

250 Corte Giust., sent. 22 novembre 2001, causa C-53/00 (Ferring); Corte Giust., sent. 15 marzo 1994, Causa C-387/92 (Banco Exterior de Espana), ecc.

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Stato, ed assume rilevanza non in astratto, ma solo in quanto la sua applicazione sia in grado di arrecare turbative alla parità di condizioni tra imprese», nel libero mercato251.

In verità, nelle prerogative del singolo Stato membro, lo strumento fiscale costituisce un indefettibile mezzo di promozione degli assetti economici e sociali da perseguire nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalle costituzioni nazionali. L‘ordinamento europeo, invece, valuta la disciplina fiscale del singolo Stato membro secondo la logica del libero mercato – ovvero come «spazio senza frontiere interne» nel quale sono assicurate la libertà di circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali (cfr. supra) -, che tende ad assurgere a paradigma della regolazione del potere tributario sovrano252.

Il concetto di mercato e di concorrenza, tuttavia, non appartiene alla nostra cultura giuridica. Gli stessi padri della Costituzione ne erano «diffidenti»: per questo hanno cercato di porre dei limiti alle libertà economiche e hanno sollecitato l‘intervento dello Stato nelle dinamiche del mercato253. Il fatto è che un diverso paradigma rischierebbe di snaturare il sistema-valori costituzionale a connotazione sociale in favore della funzionalità economica e della concorrenzialità, che caratterizzano l‘ordinamento liberistico dell‘Unione254.

251 M. BASILAVECCHIA, Agevolazioni, esenzioni ed esclusioni (diritto tributario), cit., p. 55. 252 P.BORIA, Il sistema tributario, Torino, 2008, pp. 1088 e 1089.

253 A questo proposito M. Ingrosso (cit., p. 38) osserva che, per effetto della costituzionalizzazione del diritto comunitario, ormai la nozione comunitaria della concorrenza ha acquisito, sul piano delle fonti interne, il rango di principio costituzionale, alla stregua dell‘art. 117, comma 1 della Cost., e che quindi è a quello che ci si deve rivolgere per intendere la nozione di concorrenza.

254 Scrive in proposito P. Boria (Il sistema tributario, cit., p. 1090): «La scissione tra spazio politico e spazio economico è […] registrata nei trattati europei attraverso l‘abbandono della sovranità nazionale - come avviene nella materia tributaria - e rimarcata dalla fissazione di un ordine di libertà che riconosce la capacità di autoregolazione del mercato globalizzato. In questa prospettiva si è sostenuto, non irragionevolmente, che il diritto comunitario si presenta a-politico, sganciato cioè dal tessuto dei valori sociali che caratterizzano le costituzioni democratiche ed indirizzano l‘azione politica, dovendo essere ricondotto piuttosto alla spontaneità degli interessi presenti sul mercato, come una sorta di regola naturale e neutrale in ordine alla produzione ed allo scambio. La crisi del concetto tradizionale di sovranità assoluta degli Stati porta così a rimettere il controllo delle risorse economiche dalla classe politica alle forze che dirigono il mercato unificato. Si assiste così ad una sorta di inversione logica rispetto al tradizionale rapporto tra Stato e mercato: gli Stati cominciano a diventare funzionali ai mercati, conformandosi alle decisioni ed ai nessi emergenti dal confronto tra gli interessi economici ed allontanandosi dalle ragioni sociali della sovranità. Si determina pertanto un chiaro rovesciamento del rapporto tra potere economico e potere politico: il piano delle scelte e delle decisioni operate dagli Stati è sovente subordinato e controllato dalla finanza internazionale e dall‘economia sovrastatale. Così il controllo del mutamento sociale tende a sottrarsi al governo politico-istituzionale degli Stati per rifluire naturalmente nei centri di potere che determinano, più o meno inconsapevolmente, le relazioni economiche che alternativamente si compongono e si sciolgono nel mercato. Lo Stato nazionale, in tale contesto, si trasforma sempre più in un centro regolatore del mercato, titolare di un potere di mediazione delle relazioni economiche e di contrattazione delle risorse tra le parti sociali e le forze produttive

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Cosicché la questione si sposta necessariamente sul più ampio tema dei rapporti tra ordinamento europeo e ordinamento nazionale255. Sul punto autorevole dottrina ha osservato come anche il principio di eguaglianza - che, in astratto, potrebbe rappresentare un valore portante dell‘ordinamento giuridico nazionale da poter essere assunto quale (contro) limite alla primazia della fonte europea sul diritto statale256 - finisca per acquisire una diversa configurazione, a seconda che ci si muova all‘interno della sfera europea o in quella dell‘ordinamento nazionale.

Invero, questo «contrasto» - che vede contrapposti l‘utilizzo del circuito fiscale per fini sociali e il paradigma del libero mercato - è almeno in parte attenuato dal fatto che le finalità che compongono l‘orizzonte dell‘azione legislativa europea si propongono di combinare la tutela dei valori liberistici e di efficienza economica con la promozione di valori sociali e progressisti diretti a sostenere la crescita della collettività257. In altri termini la tutela della concorrenza e del libero mercato è funzionale alla realizzazione degli obiettivi del «progresso economico e sociale» in un quadro di «sviluppo equilibrato e sostenibile». Si tratta, con tutta evidenza, di un‘impostazione destinata a circoscrivere gli interessi extrafiscali dei singoli ordinamenti e, di conseguenza, a ridurre i margini di manovra dell‘impiego extrafiscale del diritto tributario nazionale.

In termini generali, taluni autori hanno osservato come la sovranità fiscale degli Stati membri, principio riconosciuto a livello europeo, rappresenti un criterio interpretativo del succitato art. 107 finalizzato a bilanciare i valori di fondo su cui poggia il divieto di aiuti di Stato, affinché nessuno dei due principi (sovranità e divieto)

multinazionali. In sostanza, emerge una funzione «amministrativa» dello Stato al posto della funzione sociale che ha denotato il percorso di sviluppo delle democrazie pluraliste e che è stato ampiamente assorbito nelle costituzioni democratiche».

255 Sulla questione del rapporto tra principi costituzionali e diritto comunitario, anche in ambito tributario, si rinvia, ex multis, a F. GALLO, Ordinamento comunitario e principi costituzionali tributari, in Rass. trib., 2006, p. 407; C. MONACO, I principi fondamentali dell’ordinamento tributario tra diritto costituzionale, diritto comunitario e diritto pubblico: indicazioni sistematiche sulla genesi e sul ruolo ad essi attribuibile nel diritto tributario in una recente pronuncia della cassazione, (Nota a Cass., sez. trib., 10 dicembre 2002, n. 17576), in Riv. dir. fin., 2003, II, pp. 51 ss.; P. RUSSO, Le agevolazioni e le esenzioni fiscali alla luce dei principi comunitari in materia di aiuti di Stato, in Rass. trib., p. 333. 256 F. GALLO, Ordinamento comunitario e principi costituzionali tributari, in Rass. trib., 2006, p. 407. 257 Sul punto v. P. BORIA, Diritto tributario europeo, cit., p. 67; P. RUSSO, Le agevolazioni e le esenzioni fiscali alla luce dei principi comunitari in materia di aiuti di Stato: i poteri del giudice nazionale, in Riv. It. Dir. pubbl. comunitario, 2004, p. 228.

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riesca a «comprimere oltre misura il riconoscimento dell‘altro»258. Un diverso orientamento rileva, invece, come lo stesso articolo rappresenti un limite all‘esercizio della sovranità fiscale degli Stati. Su questa base, il rapporto tra sovranità fiscale degli Stati e norme europee andrebbe letto a contrariis, salvaguardando la prima in termini di principio vero e proprio e ribadendo il diritto degli Stati all‘esercizio del potere legislativo tributario, salvi i casi di incompatibilità259.

Cosicché in dottrina non è chiaro se il divieto di aiuti di Stato costituisca una forma di «integrazione negativa» in funzione della tutela della libera concorrenza - tanto da precludere ogni intervento extrafiscale - o, al contrario, se esso rappresenti una forma di «integrazione positiva» perché indirizzerebbe gli Stati ad agire in campo economico e sociale, ma soltanto verso determinate direzioni rispettose dei parametri e dei valori europei260.

Questa seconda impostazione sembrerebbe suffragata dalla competenza delle istituzioni europee in ordine al giudizio di compatibilità delle norme nazionali più favorevoli con quelle dell‘ordinamento europeo e, quindi, dall‘inesistenza di un principio «dell‘assoluta ed automatica inammissibilità» degli aiuti di Stato261.

A siffatte complessità di fondo si aggiunga che la nozione di aiuto fiscale evolve e si configura alla luce degli orientamenti della Commissione europea e della Corte di Giustizia262. L‘atteggiamento casistico trova fondamento nell‘idea che il giudizio

258 Per approfondimenti ulteriori su questo aspetto cfr. G. FRANSONI, Profili fiscali della disciplina comunitaria degli aiuti di Stato, cit., p. 8 ss.

259 F. RASI, I confini della nozione, in L. SALVINI (a cura di), Aiuti di Stato in materia fiscale, Padova, 2007, p. 56.

In favore di tale ricostruzione deporrebbe la formulazione dell‘art. 87 che non contiene un divieto assoluto per i sostegni alle imprese, ma prevede sia le condizioni in presenza delle quali gli aiuti concessi dagli Stati risultano incompatibili, sia la conformazione della competenza della Comunità Europea sugli stessi aiuti, strutturata in termini di controllo sulla legislazione dello Stato membro, quindi come prerogativa il cui esercizio è tendenzialmente successivo all‘adozione di una misura. Non può sottacersi, tuttavia, che in senso contrario operano sia l‘obbligo di preventiva notifica alla Commissione dei progetti di aiuto, sia il correlato obbligo di standstill. Occorre altresì tener conto di un altro aspetto, i disallineamenti tra disciplina interna e comunitaria non necessariamente si traducono in un effettivo o potenziale pregiudizio alla concorrenza, e talvolta nemmeno presuppongono la consapevolezza dello Stato membro sulla natura agevolativa della misura adottata.

260 Nel senso dell‘aiuto di Stato come regola di «assoluta ed automatica inammissibilità», v. S. FIORENTINO, Agevolazioni fiscali e aiuti di Stato, in M. INGROSSO e G. TESAURO (a cura di), Agevolazioni fiscali e aiuti di Stato, Napoli, 2009, p. 376; ivi per ulteriori riferimenti bibliografici.

261 P.RUSSO, Le agevolazioni e le esenzioni fiscali alla luce dei principi comunitari in materia di aiuti di Stato: i poteri del giudice nazionale, in Riv. it. dir. pubbl. comunitario, 2004, p. 230.

262 P. BORIA, Il sistema tributario, Torino, 2008, pp. 1082. Sul ruolo della Commissione in materia di aiuti di Stato v. G. DELLA CANANEA, Il ruolo della Commissione nell’attuazione del diritto comunitario: il controllo sugli aiuti statali alle imprese, in Riv. it. dir. pubbl. comunitario, 1993, p. 399 ss.; G.ROLLE,

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sull‘applicabilità del divieto debba essere formulato a posteriori, giacché esso riguarda gli effetti che si producono sulla concorrenza e non gli obiettivi programmatici perseguiti o dichiarati dal legislatore nazionale.

5. La nozione di aiuto fiscale incompatibile secondo la disciplina europea.

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