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L’«europeizzazione» della fiscalità.

PREMESSE METODOLOGICHE ALLO STUDIO DELLA «FISCALITÀ COOPERATIVA» TRA PRINCIPI COSTITUZIONALI ED ORDINAMENTO

3. L’«europeizzazione» della fiscalità.

All‘origine dei limiti alla discrezionalità del legislatore nell‘orientamento della disciplina fiscale per fini diversi dal mero riparto della spesa pubblica vi è anche, come si è detto, il dettato costituzionale a tenore del quale «La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali» (art. 117). Un rimando, quest‘ultimo, a un lungo processo di integrazione, ancora in fieri222 . Con la sottoscrizione dei trattati istitutivi e modificativi della Comunità Europea l‘Italia - in conformità a quanto stabilito dall‘art. 11 della stessa Costituzione secondo cui «l’Italia […] consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni» - , ha rinunciato a parte della sua sovranità potestativa conferendo all‘Unione le competenze necessarie per la realizzazione delle finalità dei trattati sottoscritti223.

220 S.LA ROSA, Esenzioni ed agevolazioni tributarie, cit., p. 1.

221 Sul tema v. ex multis P. BORIA, Il sistema tributario, cit.; L. TOSI e R. BAGGIO, Lineamenti di diritto tributario internazionale, Padova, 2009; V.UCKMAR, G. CORASANITI, P. DE‘ CAPITANI DI CIMERCATE, Diritto tributario internazionale, Padova, 2009; F. GALLO, Ordinamento comunitario e principi fondamentali tributari, Napoli, 2006; G.BARBATO,G.DAL CORSO,S.M. MESSINA,M.G.ORTOLEVA, Lineamenti di fiscalità internazionale, Verona, 2010, G. TESAURO, Diritto dell’Unione europea, Padova, 2010.

222 Cfr.in proposito R. BAGGIO, I vincoli internazionali e comunitari, in G. FALSITTA, A. FANTOZZI, G. MAORONGIU,F.MOSCHETTI (a cura di), Commentario breve alle leggi tributarie, I, Padova, 2011, p. 399. 223 Il trattato di Lisbona, firmato il 13 dicembre 2007, ratificato con L. 2 agosto 2008, n. 130, in vigore dal 1° dicembre 2009, ha modificato il Trattato sull‘Unione europea e sostituito il Trattato che istituiva la Comunità europea. Così dall‘inizio del 2009 il quadro normativo europeo risulta costituito dal Trattato sull‘Unione europea (da ora TUE), dal Trattato sul funzionamento dell‘Unione europea (da ora TFUE) e dalla Carta dei diritti fondamentali.

L‘art. 3 del TUE ricorda che «L’Unione instaura un mercato interno. Si adopera per lo sviluppo sostenibile dell’Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un’economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente. Essa promuove il progresso scientifico e tecnologico.

L’Unione combatte l’esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociali, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore.

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L‘ordinamento europeo è perciò costituito da numerose regole, sia di diritto primario che di diritto derivato, sia di carattere generale che specifico, che rappresentano un vincolo per i singoli Stati224. L‘efficacia diretta o mediata di alcune disposizioni europee è alla base del potenziale conflitto normativo tra regole interne e diritti dell‘Unione, conflitto risolto con l‘affermazione del primato del diritto europeo sulle norme interne anteriori e posteriori 225. Parimenti, seppur con i relativi distinguo, anche le fonti del diritto internazionale (tributario) costituiscono «limiti esterni» alla potestà impositiva del legislatore nazionale. Prescindendo dalle regole consuetudinarie e dai principi generali internazionali226 – che in materia tributaria non hanno ancora trovato concreta applicazione -, l‘attenzione deve rivolgersi alle convenzioni internazionali che si occupano di dazi, di doppia imposizione dei redditi, di patrimoni e di successioni, nonché della collaborazione tra autorità fiscali di Stati diversi nella lotta all‘evasione e all‘elusione fiscale internazionale227.

Essa promuove la coesione economica, sociale e territoriale, e la solidarietà tra gli Stati membri.

Essa rispetta la ricchezza della sua diversità culturale e linguistica e vigila sulla salvaguardia e sullo sviluppo del patrimonio culturale europeo».

224 Sul punto v. A. DI PIETRO, Federalismo e devoluzione nella recente riforma costituzionale: profili fiscali, in Rass. trib., p. 248; A.CARINCI, Autonomia tributaria, delle regioni e vincoli del Trattato dell’Unione europea, in Rass. trib., 2004, p.1220.

225 E‘ stata la stessa Corte di Giustizia Europea a ribadirlo ricordando che «il trasferimento, effettuato dagli Stati a favore dell’ordinamento giuridico comunitario, dei diritti e degli obblighi corrispondenti alle disposizioni del Trattato implica […] una limitazione definitiva dei loro diritti sovrani, di fronte alla quale un atto unilaterale ulteriore, incompatibile con il sistema della Comunità, sarebbe del tutto privo di efficacia» (CGE 9 marzo 1978, causa 106/77, Simmenthal). Quella disposizione obbliga «qualsiasi giudice nazionale, […] nell’ambito della sua competenza» ad «applicare integralmente il diritto dell’Unione» e a «tutelare i diritti che questo attribuisce ai singoli, disapplicando le disposizioni eventualmente contrastanti della legge interna, sia anteriore che successiva» (CGE 22 giugno 1989, causa 103/88, Fratelli Costanzo). L‘ordinamento giuridico comunitario ha assunto sempre maggior rilievo tanto da far ritenere sussistente l‘obbligo, in capo al giudice nazionale, di disapplicare – in ragione della «interpretazione conforme» alle regole comunitarie – non solo le norme contrastanti con regole di diritto dell‘UE self- executing, ma anche di disapplicare le norme interne che, pur senza risultare direttamente in contrasto con la norma europea, ne impediscano l‘effettiva applicazione. Di più. La Corte di Giustizia, muovendo dalla premessa che il diritto dell‘UE è di essenza «costituzionale», si è spinta fino ad affermare il suo primato anche sulle norme costituzionali degli stati membri. Su questo è intervenuta la Corte Costituzionale per ribadire che l‘inosservanza delle regole comunitarie da parte di norme interne costituisce ora violazione, per norma interposta, dell‘art. 117 Cost. (Corte Costituzionale sent. 129/2006),ma si è riservata di valutare la legittimità costituzionale di norme dell‘UE contrarie ai principi fondamentali del nostro ordinamento (c.d. teoria dei controlimiti): «con l’adesione ai Trattati comunitari, l’Italia è entrata a far parte di un »ordinamento» più ampio, di natura sopranazionale, cedendo parte della sua sovranità, anche in riferimento al potere legislativo, nelle materie oggetto dei Trattati medesimi, con il solo limite dell’intangibilità dei principi e dei diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione» (Corte Cost. 348/2007).

226 Sul punto v. F. TESAURO, Istituzioni di diritto tributario. Parte generale, Torino, 2011, p. 80.

227 I trattati (o convenzioni) sono fonti di diritto scritto internazionale, di natura contrattuale (o negoziale), per mezzo dei quali due o più Stati decidono, vincolandosi, di regolare direttamente una determinata materia secondo i principi che ritengono più opportuni. La disciplina relativa al procedimento di

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La disciplina tributaristica costituisce un esempio dell‘influenza, diretta e indiretta, esercitata dall‘ordinamento europeo sul sistema legislativo dei singoli Stati. Il fenomeno della «comunitarizzazione» (ma sarebbe più corretto parlare di «europeizzazione»), limitato in origine alla disciplina delle imposte indirette, sta assumendo sempre maggior rilevanza in numerosi altri settori: dall‘abuso del diritto agli incentivi all‘esodo, dagli aiuti di Stato, ai dividendi infrasocietari, dai canoni comunitari infragruppo, alla riorganizzazione societaria e transfrontaliera, ecc.228.

L‘Unione agisce, ai sensi dell‘art. 5 del TUE, esclusivamente nei limiti delle competenze che le sono attribuite dagli Stati membri per realizzare gli obiettivi da questi stabiliti229. Quelle competenze possono essere esclusive, concorrenti e di formazione e ai requisiti di validità ed efficacia dei trattati è contenuta nella Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 23 maggio1969 (ratificata in Italia con l. 112/1974 ed entrata in vigore in data 27 gennaio 1980).

Quanto alle regole derivanti dagli obblighi internazionali diversi da quelli europei, con le sentenze nn. 348 e 349 del 2007, la Corte Costituzionale ha chiarito che tali norme, introdotte nel nostro ordinamento mediante la legge di esecuzione, hanno natura sub-costituzionale, sono cioè norme di rango subordinato alla Costituzione, ma intermedio tra questa e la legge ordinaria. Tuttavia l‘applicazione della norma convenzionale – che non assume rango costituzionale (a differenza di alcune norme di fonte comunitaria) - è subordinata al giudizio di legittimità costituzionale sia in relazione alla norma interna confliggente, sia in relazione ai principi costituzionali. «Ne consegue che al giudice comune spetta interpretare la norma interna in modo conforme alla disposizione internazionale, entro i limiti nei quali ciò sia permesso dai testi delle norme. Qualora ciò non sia possibile, ovvero dubiti della compatibilità della norma interna con la disposizione convenzionale interposta, egli deve investire questa Corte della relativa questione di legittimità costituzionale rispetto al parametro dell‘art. 117, primo comma» (Corte Costituzionale Sent. 349/2007).

Si deve poi osservare, con precipuo riferimento alla materia tributaria, che esistono disposizioni in cui è affermata la prevalenza delle norme convenzionali su quelle interne. In specie, l‘art. 75 del d.P.R. del 29 settembre 1973 n. 600, «fa salvi gli accordi internazionali resi esecutivi in Italia», e l‘art. 41 del d.P.R. del 29 settembre 1973 n. 601, prevede che «continuino ad applicarsi le esenzioni e agevolazioni previsti negli accordi internazionali resi esecutivi in Italia». Va infine ricordato che l‘art. 169 del T.u.i.r. in virtù del quale «le disposizioni del presente testo unico si applicano, se più favorevoli al contribuente, anche in deroga agli accordi internazionali contro le doppie imposizioni» non costituisce deroga alla disciplina convenzionale, ma una limitazione delle prerogative sancite dai trattati.

228 V. M. INGROSSO e G. TESAURO (a cura di), Agevolazioni fiscali e aiuti di Stato, Napoli, 2009, p. 4. Con l‘espressione «comunitarizzazion», scrive M. Ingrosso, si intende l‘«europeizzazione esercitata dal diritto dell‘Unione sulla disciplina tributaria e sul suo studio».

Sul punto cfr, anche A.DI PIETRO, L’incidenza del diritto dell’Unione europea sul diritto tributario. Cinquant’anni di dialettica tra imposizione nazionale e mercato europeo, in L.S. ROSSI E G. DI FEDERICO (a cura di), L’incidenza dell’Unione europea sullo studio dalle discipline giuridiche, Napoli, 2008, p. 291 ss.

Va incidentalmente ricordato che nel 2011 la Commissione europea ha presentato al Consiglio la proposta di direttiva sulla Common Consolidated Corporate Tax Base (direttiva sulla base imponibile comune per l‘imposta sulle società), pubblicata su http://eur-lex.europa.eu. Sul tema di vedano i commenti di P. VALENTE, Base imponibile comune: il Green Paper di Francia e Germania, in il fisco, 22, 2012, p.3444 e di A.DENARO, La Direttiva sulla base imponibile comune per l’imposta sulle società(Ccctb) vs. Modello OCSE di convenzione fiscale: una coesistenza possibile?, in il fisco, 18, 2012, p. 2793.

229 Recita, in proposito, l‘art. 5 co. 2 del TUE: «Qualsiasi competenza non attribuita all‘Unione nei trattati appartiene agli Stati membri». Sul principio di attribuzione v. A. TIZZANO, Le competenze dell’Unione ed il principio di sussidiarietà, in Dir. un .eur., 1997, p. 230 ss.; R. MASTROIANNI, Le competenze

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completamento; una tripartizione semplificatoria che non esaurisce la complessa materia dell‘attribuzione230.

Per settori di competenza esclusiva dell‘Unione si intendono, in via di principio, quelli per i quali solo l‘Unione può emanare atti giuridicamente vincolanti. Secondo l‘art. 3 del TFUE essi riguardano: l‘unione doganale; le regole di concorrenza necessarie al funzionamento del mercato interno; la politica monetaria degli Stati membri che hanno come moneta l‘euro; la conservazione delle risorse del mare nel quadro della politica comune della pesca; la politica commerciale comune, ecc.

Quanto alle regole di concorrenza sia l‘Unione che gli Stati membri possono adottare atti giuridicamente vincolanti, con la preclusione per gli ordinamenti interni di esercitare le proprie competenze se già disciplinate da norme comuni. L‘art. 4 TFUE identifica, seppur non in maniera esaustiva, i seguenti settori passibili di potestà concorrente: il mercato interno; la politica sociale; la coesione economica, sociale e territoriale; l‘agricoltura e la pesca; l‘ambiente; la protezione dei consumatori; i trasporti, ecc.

L‘esercizio delle competenze dell‘Unione, in particolare nei settori di potestà concorrenti e in quelli di completamento, è informato a due principi: quello di sussidiarietà e quello di proporzionalità. In particolare, il primo prevede che l‘Unione intervenga soltanto se gli obiettivi dell‘azione non possono essere conseguiti in misura adeguata dagli Stati membri, ma possano, a motivo della portata o degli effetti dell‘azione, essere conseguiti meglio a livello di Unione (art. 5, n. 3, TUE). Il principio di proporzionalità dispone che il mezzo scelto (legislativo o regolamentare) per l‘azione comunitaria debba essere conforme all‘obiettivo prefissato, in modo da garantire una ragionevole corrispondenza tra misure da adottare e scopi da perseguire evitando interventi dell‘Unione eccessivi o inutili se non addirittura dannosi (art. 5, n. 4, TUE).

La materia tributaria, non essendo ricompresa nei settori di competenza esclusiva dell‘Unione, rimane una potestà propria del singolo Stato membro e

dell’Unione, contributo alla «Giornata di studio in ricordo di Alberto Predieri sul Trattato che istituisce una costituzione per l’Unione europea», in Dir. un. eur., 3, 2005, p. 390 ss.; L.DANIELE, Diritto del mercato unico europeo. Cittadinanza - Libertà di circolazione - Concorrenza — Aiuti di Stato, Milano, 2006, p. 6 ss.

230 Per ovviare alle possibili lacune dell‘attribuzione è stata introdotta la c.d. clausola di flessibilità (art. 352 TFUE), ed è stata elaborata, dalla CGE, la teoria dei «poteri impliciti».

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rappresenta uno degli elementi caratterizzanti delle sovranità nazionali231. L‘Unione, in altri termini, è priva del potere di prelevare tributi per legge e non può avvalersi della coattività per imporre (riscuotere e accertare), a suo favore, prestazioni patrimoniali nei confronti dei cittadini degli Stati membri232.

Va da sé, ovviamente, che la coesistenza di tanti sistemi fiscali quanti sono i Paesi appartenenti all‘Unione europea rappresenta un ostacolo al buon funzionamento del mercato comune; e va da sé anche che le norme e i principi di fonte europea, finiscono per costituire un limite alla discrezionale potestà impositiva dell‘ordinamento del singolo Stato233.

Invero la «tributarietà» nel diritto europeo trova giustificazione nelle azioni dell‘Unione (le «politiche e le azioni comuni» di cui all‘art. 2 del TUE) se motivate come mezzi messi a disposizione dall‘Unione stessa per realizzare quei fini immediati

231 Questo esclude l‘esistenza di un sistema di norme che possa essere definito come un «ordinamento fiscale europeo», C.SACCHETTO, L’evoluzione del diritto comunitario in materia tributaria, in AA.VV., I settanta anni di Diritto e Pratica Tributaria, Padova, 2000, p. 801.

232 Sul punto v. anche L. TOSI, R. BAGGIO, Lineamenti di diritto tributario internazionale, Padova, 2009, p. 6; A. DI PIETRO, Federalismo e devoluzione nella recente informa costituzionale; profili fiscali, in Rass. trib, 2006, I, p. 248; A. CARINCI, Autonomia tributaria delle regioni e vincoli del trattato dell’Unione europea, in Rass, trib., 2004, IV, p. 1201; A.DAGNINO, Agevolazioni fiscali e potestà normativa, Padova, 2008, pp. 130 ss.; M. BASILAVECCHIA, L’evoluzione della politica fiscale dell’Unione europee, in Riv. dir trib., 2009, p. 369 ss. Il Basilavecchia sostiene che oggi la politica fiscale comunitaria è in grado di condizionare e modificare incisivamente gli ordinamenti fiscali degli Stati membri; attribuisce alla competenza strettamente statale la politica fiscale e valuta l‘intervento comunitario solo in prevalente funzione di contenimento e di razionalizzazione del tributo. A suo parere i soli spunti d‘integrazione positiva della fiscalità dell‘Unione sono frutto di accordi tra gli Stati limitati ai singoli punti su cui essi raggiungono l‘unanimità e non si motivano in virtù di una attribuzione di competenza pregiudiziale e generale.

233 La fiscalità dell‘Unione europea si contraddistingue rispetto al fenomeno impositivo generale essenzialmente per due caratteristiche. Da una parte assume una connotazione negativa in quanto la sua regolamentazione è finalizzata non tanto alla raccolta di risorse finanziarie e alla successiva redistribuzione (ruolo attivo), quanto alla eliminazione di tutti i fattori potenzialmente distorsivi della concorrenza del mercato unico. In tal senso il sistema fiscale europeo conseguenza del divieto di discriminazione fiscale e, in misura più ridotta, dei principi di armonizzazione e di riavvicinamento delle legislazioni.

Dall‘altra, il sistema tributario europeo difetta di una fiscalità propria, essendo quest‘ultima formata per la maggior parte da risorse fiscali, ad eccezione dei dazi doganali, non riconducibili all‘esecuzione diretta di una potestà impositiva dell‘Unione (c.d. fiscalità derivata). Ne consegue che l‘Unione non può vantare alcuna competenza esclusiva in materia tributaria, e assume invece un ruolo di coordinamento delle politiche fiscali adottate dai singoli Stati membri.

Scrive in proposito M. Ingrosso (cit., p. 42): «Di fronte al processo progressivo e continuo di espansione degli atti normativi comunitari tributari, la potestà tributaria nazionale non legittima più una attività legislativa assoluta e libera nei fini. Il potere tributario, oltre che svuotato della sua materia, viene depotenziato della sua vis, ossia della possibilità di produrre, in via coattiva, modificazioni delle posizioni giuridiche soggettive a sfondo patrimoniale […]. Alla fine, lo stesso diritto tributario italiano risulta marginalizzato e residualizzato e perde la sua specifica autonomia normativa. La tributarietà diventa compito dell‘Unione europea».

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(interessi comuni) reputati strumentali alla promozione di obiettivi primari della stessa Unione.

In questa prospettiva le competenze europee presentano una duplice configurazione.

Da una parte, in termini negativi, si traducono in «limitazioni» della sovranità degli Stati e in «allineamenti» delle potestà tributarie nazionali per esigenze connesse agli abbattimenti delle «barriere doganali», alla soppressione delle «frontiere fiscali», all‘attuazione delle «libertà economiche fondamentali» del mercato comune234; ai sensi dell‘art. 26 del TFUE che recita: «L’Unione adotta le misure destinate all’instaurazione o al funzionamento del mercato interno», cioè di «uno spazio senza frontiere interne» nel quale sono assicurate la libertà di circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali235. Questo approccio «negativo», tuttavia, privo di sistematicità perché legato a singole fattispecie, richiede di essere completato, in una logica di organicità, con interventi di integrazione «positiva»236.

La connotazione positiva delle competenze europee è data dall‘obiettivo di armonizzare le legislazioni tributarie nazionali o mediante la produzione di norme di diritto europeo derivato o attraverso forme di coordinamento delle politiche fiscali nazionali nel campo dell‘imposizione diretta237. A proposito di quest‘ultima la Corte di

234 In tale contesto potrebbe non essere esclusa la possibilità «di far ricorso alla competenza tributaria sussidiaria di cui all‘art. 308 del Trattato CE». Una norma che «consente al Consiglio, in via residuale — ossia quando manca una competenza che si fondi su una base giuridica alternativa — […] l‘assunzione autonoma di poteri legislativi e quindi di prendere le disposizioni del caso (direttive o regolamenti), allorquando sia necessaria una nuova azione per raggiungere, nel funzionamento del mercato, uno degli obiettivi dell‘Unione»(M. INGROSSO, cit., p. 34).

235 P.BORIA, Diritto tributario europeo, Milano, 2005, p. 30 ss.; ID., L’integrazione negativa tra sistame fiscale ed ordinamento comunitario, in Dir. prat. trib. int., 2004, p. 847; F.FICHERA, Fisco e Unione europea: l’aquis comunitario, in Riv. dir. fin. e sc. fin., I, 2003, p. 427.

236 F. TESAURO, Istituzioni di diritto tributario, Torino, 2011, p. 84.

237 Sul tema v.G.MELIS, Coordinamento fiscale nell’Unione europea, in Enc. dir., Annali, I, 2007, pp. 396 ss.; F. GALLO, Mercato unico e fiscalità: aspetti giuridici del coordinamento fiscale, in Riv. dir. trib. intern., 2000, I, p. 33 ss. eM. AUJEAN, Le fonti europee e la loro efficacia in materia tributaria, tra armonizzazione, coordinamento e concorrenza fiscale leale, in A. DI PIETRO (a cura di), Per una Costituzione fiscale europea, p. 18 ss.; G.MAISTO, Unione europea e coordinamento delle politiche fiscali degli Stati membri in materia di convenzioni fiscali, in Riv. dir. trib., 2004, IV p. 76 ss.

Sul punto si deve osservare che l‘art. 113 TFUE attribuisce al Consiglio il potere di armonizzare le legislazioni degli Stati membri in materia di imposte indirette. Tale disposizione ha lo scopo di eliminare le disparità di trattamento dei regimi fiscali nazionali, ma solo nella misura in cui ciò è necessario per assicurare il funzionamento del mercato interno ed un regime di libera concorrenza, non alterato da distorsioni fiscali. L‘armonizzazione non riguarda tutte le imposte, ma solo quelle sulla cifra d‘affari, quelle sui consumi ed alcune imposte indirette. L‘armonizzazione in materia di imposte indirette è stata sempre considerata essenziale ai fini della realizzazione del mercano unico e della libera concorrenza.

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Giustizia, nel ribadire che «la materia delle imposte dirette rientra nella competenza degli Stati Membri», ha precisato che «questi ultimi devono esercitare tale competenza nel rispetto del diritto comunitario»238.

Rispetto alle succitate attribuzioni, le fonti europee si distinguono in primarie - contenute nei trattati istitutivi e modificativi dell‘Unione che costituiscono le regole di legittimazione delle competenze e dei poteri attribuiti all‘Unione Europea239 – , e fonti derivate. Sono, queste ultime, quelle prodotte dagli organi europei (Parlamento, Consiglio e Commissione) al fine di consentire all‘Unione di esercitare le proprie competenze. L‘art. 288 del TFUE dispone che le istituzioni adottino regolamenti, direttive, decisioni, raccomandazioni e pareri (c.d. atti tipici)240. Il suddetto elenco non Quanto alle imposte dirette, seppur non è prevista l‘armonizzazione delle legislazioni nazionali, si è ritenuto in forza dell‘art. 115 TFUE che l‘Unione europea possa agire anche in tale settore in vista del riavvicinamento delle singole legislazioni.

238 V. Corte Giust. Ue, sent. 11 agosto 2005, causa C-80/94 (Wielockx); sent. 14 febbraio 1995, causa C- 279/93 (Schumaker).

Tutte le sentenze della Corte di Giustizia Ue sono pubblicate in Racc., eccezione fatta per le più recenti pronunce pubblicate sul sito http://curia.europa.eu, delle quali si darà specificazione.

239 La natura giuridica dei trattati istitutivi, comprensivi delle integrazioni e delle modificazioni, è quella propria degli accordi internazionali. Tuttavia, è stato più volte evidenziato dalla Corte di Giustizia che il trattato, sovraordinato a qualsiasi altra norma dell‘ordinamento comunitario, «benché concluso in forma di accordo internazionale, […] costituisce la Carta Costituzionale di una comunità di diritto» (Causa

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