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Lineamenti generali dell’imposizione diretta ed indiretta delle società cooperative.

LINEAMENTI DI FISCALITA’ COOPERATIVA

2. Lineamenti generali dell’imposizione diretta ed indiretta delle società cooperative.

L‘analisi del regime impositivo delle società cooperative non può non muovere da alcune considerazioni sulla loro soggettività passiva tributaria357.

Secondo l‘art. 73 del d.P.R. 22 settembre 1986, n. 917, «le società cooperative e le società di mutua assicurazione, nonché le società europee di cui al regolamento (CE) n. 157/2001 e le società cooperative europee di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003 Sulle modifiche introdotte con la manovra-bis del 2011 si vedano: G. PROVAGGI, Riduzione delle agevolazioni fiscali per le cooperative, in Corr. Trib., 2011, 37, p. 3085; G.P. MALUSÀ, Manovra estiva «taglia» gli utili alle cooperative, in Coop. e consorzi, 2011, 10, p. 10; R.MARCELLO E F.G.POGGIANI, La tassazione delle società cooperative alla luce della Manovra di ferragosto, in il fisco, 2011, 39, p. 6352; S. DI DIEGO, Il nuovo regime fiscale delle cooperative, in Coop. e consorzi, 2011, 11, p. 10. 356 Cfr. F. PEPE, La fiscalità delle cooperative, cit., p. 174.

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residenti nel territorio dello Stato» sono assoggettate all‘imposta sul reddito delle società nonché, per effetto del rinvio operato dall‘art. 3 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, al citato art. 73, all‘imposta regionale sulle attività produttive.

Siffatte disposizioni offrono lo spunto per alcune riflessioni preliminari.

Una prima considerazione, di carattere generale, attiene alla caratteristica delle società cooperative di esprimere una propria autonoma forza economica e, quindi, una propria capacità contributiva358. Unanime è l‘orientamento della dottrina nel ritenere che «l‘art. 53 [della Costituzione] si riferisca ad ogni soggetto che manifesti un‘autonoma disponibilità di potere economico», e che «l‘obbligo di concorrere alle spese pubbliche» non possa «non valere per le persone giuridiche e in genere per tutte le organizzazioni aventi una propria autonomia economica»359.

Più complessa è la questione che riguarda la scelta, operata dal legislatore, di accostare (fiscalmente) le società cooperative alle società per le quali l‘esercizio dell‘attività economica, essendo gestita secondo una logica lucrativa, è finalizzato alla sola ripartizione degli «utili» (art. 2247 cod. civ.). Sin dal d.P.R. 29 settembre 1973, n. 598, il legislatore ha inteso seguire un paradigma funzionale alla determinazione del reddito imponibile distinguendo tra organizzazioni commerciali e organizzazioni non commerciali, in ragione dell‘oggetto sociale o dell‘attività effettivamente esercitata. L‘inserimento delle società cooperative tra i soggetti passivi ires cui si applicano le regole di determinazione del reddito previste nella sezione I del capo II del t.u.i.r.360, tuttavia, non tiene conto della differenza esistente tra le aggregazioni che mirano alla produzione di ricchezza da riversare su coloro che ne costituiscono il sostrato personale (le società lucrative) e le formazioni sociali che sono, invece, indirizzate ad un fine mutualistico (le società cooperative). Queste ultime, a differenza delle prime, possono rappresentare (ed è il caso delle cooperative a mutualità prevalente) i «termini ultimi»

358 G. ZIZZO, L’imposta sul reddito delle società, in G. FALSITTA (a cura di), Manuale di diritto tributario. Parte speciale, Padova, 2008, p. 219.

359 F.MOSCHETTI, Capacità contributiva, in Enc. giur. Treccani, V, Roma, 1988, p. 7. Ivi per ulteriori riferimenti bibliografici.

360 Va incidentalmente osservato che per le cooperative trovano applicazione alcuni istituti tributari generali, tra cui il consolidato fiscale nazionale, l‘opzione per la trasparenza e gli studi di settore. Si vedano in proposito i contributi di: A.MAGLIARO, Il trattamento tributario, in E.CUSA (a cura di), La cooperativa – s.r.l. tra legge e autonomia statutaria, Padova, 2008, p. 678 ss., M.TRAVAGLIONE, Le agevolazioni tributarie delle cooperative ai fini delle imposte dirette, in M. INGROSSO e G. TESAURO (a cura di), Agevolazioni fiscali e aiuti di Stato, cit., p. 472 ss. e M. INGROSSO, Le cooperative e le nuove agevolazioni fiscali, cit., p. 125.

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dei redditi che producono361; il riconoscimento di tale differenza viene, come si avrà modo di esaminare, demandato alla (disorganica) disciplina speciale362.

Parimenti, in materia d‘imposta sul valore aggiunto, l‘art. 4 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (in rubrica «Esercizio di imprese») dispone che si considerino «effettuate nell’esercizio di imprese […] le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte dalle società in nome collettivo e in accomandita semplice, […] dalle società cooperative, di mutua assicurazione […], dalle società estere di cui all’art. 2507 del codice civile e dalle società di fatto»363.

Per effetto dell‘introduzione dell‘art. 1, comma 261 (lett. b) della l. 24 dicembre 2007, n. 244 - con la quale si è inteso dare attuazione all‘art. 132, par. 1, (lett. f) della direttiva. n. 2006/112/CE364 -, vengono esentate dall‘imposta sul valore aggiunto «le prestazioni di servizi effettuate nei confronti dei consorziati o soci di consorzi, ivi comprese le società consortili e le società cooperative con funzioni consortili, costituiti tra soggetti per i quali, nel triennio solare precedente, la percentuale di detrazione […]

361 Per chiarire il punto si richiamano le considerazioni di M. Ingrosso (ne Le cooperative e le nuove agevolazioni fiscali, cit., p. 138). Secondo lo studioso «le cooperative non dovrebbero presentare utili in bilancio perché il loro scopo è quello di fornire un bene o un servizio ai soci a prezzi inferiori rispetto a quelli del mercato (cooperative di consumo o di utenza) oppure corrispondere retribuzioni più elevate rispetto al mercato (cooperative di lavoro). Fatta salva l‘attribuzione obbligatoria a riserva legale, le cooperative dovrebbero ristornare ai soci l‘intero risultato della gestione mutualistica nei loro confronti, chiudere il bilancio in pareggio e non scontare alcuna imposta diretta […]. Se c‘è un utile in bilancio derivante dalla gestione con i terzi, esso non è liberamente ripartibile tra i soci, è vincolato da una serie di norme che ne impongono destinazioni e ne limitano la distribuzione». Da tali considerazioni emerge chiaramente come, a differenza delle organizzazioni protese al lucro soggettivo che si pongono come semplici tramiti di una ricchezza riversata e da tassare in capo ai percettori, le aggregazioni informate (almeno prevalentemente) a finalità mutualistiche, al pari delle persone fisiche, possono essere giudicate come termini ultimi dei redditi che producono. Per una riflessione più ampia cfr. G. ZIZZO, Reddito delle persone giuridiche (imposta sul), in Dig. XII, Disc. priv., sez. comm., Torino, 1996, pp. 217 ss.

362 Per completezza va ricordato che a tenore dell‘art. 191 del d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917, «restano ferme le agevolazioni tributarie previste dal decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, e successive modificazioni, e da leggi speciali».

363 Cfr. in proposito F. PEPE, La «presunzione di commercialità» ex art. 4, 2° comma, n. 1) d.P.R. n. 633 del 1972 quale causa di incoerenza del «sistema iva» ed i suoi riflessi sull’evoluzione della normativa interna, in Riv. dir. trib., 2004, I, p. 1267 ss.

364 Le disposizioni contenute in quella direttiva hanno come obiettivo quello di consentire agli Stati membri dell‘Unione di esentare da iva «le prestazioni di servizi effettuate da associazioni autonome di persone che esercitano un’attività esente o per la quale non hanno la qualità di soggetti passivi, al fine di rendere ai loro membri i servizi direttamente necessari all’esercizio di tale attività, quando tali associazioni si limitano ad esigere dai loro membri l’esatto rimborso della parte delle spese comuni loro spettante, a condizione che questa esenzione non possa provocare distorsioni della concorrenza». In altri termini, l‘intento è quello di estendere il regime di esenzione previsto per l‘attività dei singoli associati all‘attività dell‘associazione stessa che, invece, dovrebbe essere soggetta, in linea di principio, all‘ordinario regime di imponibilità iva. Lo scopo è quello di evitare «che la persona che offre taluni servizi sia assoggettata al pagamento di detta imposta quando essa ha dovuto collaborare con altri professionisti mediante una struttura comune che svolge talune attività necessarie al compimento della prestazione» (Corte di Giustizia CE, sent. 11 dicembre 2008, causa C-407/07, punto 37).

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sia stata non superiore al 10 per cento, a condizione che i corrispettivi dovuti dai consorziati o soci ai predetti consorzi e società non superino i costi imputabili alle prestazioni stesse»365.

Quanto alle altre imposte indirette «minori», sono a vantaggio della generalità delle cooperative alcune disposizioni che favoriscono il principio della «porta aperta». Basti pensare, in particolare, all‘esclusione, ai fini dell‘imposta di registro, degli atti «che comportano variazione del capitale sociale delle società cooperative e loro consorzi e delle società di mutuo soccorso» (art. 9 della tabella allegata al d.P.R. n. 131 del 1986)366, o all‘esenzione ai fini dell‘imposta di bollo, prevista dall‘art. 19 della tabella all. B al d.P.R. n. 642 del 1972, degli atti costitutivi e modificativi delle cooperative nonché degli atti di ammissione e recesso dei relativi soci367.

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