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a La rilevanza impositiva del prestito sociale nel rapporto tra cooperativa erogante e cooperatore percipiente.

LINEAMENTI DI FISCALITA’ COOPERATIVA

3. Le «disposizioni speciali» nella fiscalità cooperativa.

3.3. a La rilevanza impositiva del prestito sociale nel rapporto tra cooperativa erogante e cooperatore percipiente.

Per semplicità espositiva – nonché, come si vedrà, per coerenza con la ratio dell‘istituto - si preferisce invertire l‘ordine di esposizione, affrontando prima il

463 Non appare, peraltro, decisivo, per escludere la natura agevolativa delle disposizioni in questione, il fatto che l‘aliquota della ritenuta sugli interessi corrisposti ai soci delle cooperative di «non piccole dimensioni» sia stata sensibilmente «innalzata» dalla recente novella: è evidente, infatti, che risulta, comunque, più conveniente la previsione di una ritenuta a titolo d‘imposta, piuttosto che la concorrenza degli interessi attivi alla formazione del reddito complessivo e, conseguentemente, l‘applicazione di aliquote progressive Irpef superiori, in ogni caso, al 20 per cento.

Per completezza si ricorda che per «piccole» si intendono le cooperative che occupano meno di 50 persone e realizzano un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di euro; per «micro imprese» quelle realtà che occupano meno di 10 persone e realizzano un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di euro e non siano controllate da imprese di più grandi dimensioni.

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trattamento tributario in capo al socio percettore, e successivamente, la deducibilità degli interessi in capo all‘erogante464.

L‘art. 12 della legge 17 febbraio 1971 (n. 127) ha disposto, per la prima volta, l‘esenzione dall‘imposta di ricchezza mobile degli interessi derivanti dalle «somme che, oltre alle quote di capitale sociale, i soci versano alle società cooperative e loro consorzi o che questi trattengono ai soci stessi».

L‘esenzione era subordinata a particolari condizioni, quali la natura della società erogante, le finalità delle somme versate o trattenute, ed infine il rispetto di particolari limiti quantitativi.

Quanto alle prime, era richiesto che negli statuti delle società cooperative e loro consorzi fossero inderogabilmente previste, ed in fatto osservate, le clausole di cui all‘art. 26 del d.lgs. C.p.S. 14 dicembre 1947, n. 1577 (c.d. «legge Basevi»), e che le cooperative ed i consorzi stessi fossero iscritti nei registri prefettizi o nello schedario generale della cooperazione.

Quanto alle finalità delle somme versate, la disposizione richiedeva che fossero effettuate esclusivamente per il conseguimento dell‘oggetto sociale.

Infine, quanto ai limiti quantitativi, l‘enunciato subordinava l‘esenzione al fatto che le somme in questione non superassero, per ciascun socio, persona fisica residente, l‘ammontare di lire tre milioni, e che gli interessi corrisposti sulle predette somme non superassero il saggio degli interessi legali.

Siffatte condizioni sono state sostanzialmente riprese – pur se modificate quanto ai livelli massimi dei versamenti465 e adeguate al tasso di interesse ritraibile466 - dall‘art.

464 Come rileva M. Ingrosso (in Le cooperative e le nuove agevolazioni fiscali, cit., p. 158), i prestiti sociali possono essere inquadrati, sotto il profilo civilistico, tra i contratti di mutuo. Fiscalmente, secondo quanto previsto dall‘art. 46 del t.u.i.r., le somme elargite dai soci si considerano date a mutuo se dai bilanci allegati alle dichiarazioni dei redditi non risultano conferite ad altro titolo. I relativi interessi, salvo prova contraria, si presumono percepiti alla scadenza o nella misura pattuita per iscritto ovvero nell‘ammontare maturato nel periodo d‘imposta al saggio legale, ai sensi dell‘art. 45, comma 2, t.u.i.r.. 465 L‘originario limite di 8 milioni è stato prima elevato a 10, con decorrenza dal 5 dicembre 1975 (dall‘art. 15, l. 2 dicembre 1975, n. 576), poi a 17, con decorrenza dal 1 ottobre 1980 (dall‘art. 6-bis, d.l. 31 ottobre 1980, n. 693, convertito in legge, con modificazioni, dalla l. 22 dicembre 1980, n. 891), poi a 40, con decorrenza dal 6 marzo 1985 (dall‘art. 23, primo febbraio 1985, n. 49) ed infine, a 80, con decorrenza dal 15 febbraio 1992 (dall‘art. 10, L. 31 gennaio 1992, n. 59). Si veda, anche, l‘art. 21, comma 6, L. 31 gennaio 1992 (n. 59) circa l‘adeguamento delle previsioni di cui citato art. 10 della stessa legge, secondo cui il Ministro del Lavoro e della Previdenza sociale adegua ogni tre anni, con proprio decreto, le previsioni di cui agli articoli 3 e 15, nonché, di concerto con il Ministro delle Finanze, le previsioni di cui agli articoli 7 e 10 tenuto conto delle variazioni dell‘indice nazionale generale annuo dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati, calcolate dall‘ISTAT.

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13 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601 al fine di esentare gli interessi sui «finanziamenti dei soci» dall‘imposta locale sui redditi.

Con la soppressione dell‘imposta locale sui redditi, in forza del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 è venuta meno l‘operatività del beneficio previsto dal citato art. 13, ma la norma ha conservato, quanto ai requisiti in essa fissati, una valenza precettiva, in combinato disposto con l‘art. 20, comma 8, del d.l. 8 aprile 1974, n. 95 in base al quale, «ricorrendo le condizioni stabilite nell’art. 13 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, sugli interessi e sui redditi di capitale corrisposti ai propri soci persone fisiche residenti nel territorio dello Stato dalle società cooperative la ritenuta del quindici per cento prevista dall’ultimo comma dall’art. 26 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, è ridotta al dieci per cento [ora 12,5 per cento]467 ed è applicata a titolo d’imposta»468. Ai fini dell‘applicazione del beneficio, è necessario il rispetto dei requisiti mutualistici previsti per il godimento delle agevolazioni, dal succitato art. 14 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601.

La disposizione contenuta nell‘art. 6, comma 3, del d.l. 15 aprile 2002, n. 63 applicabile (a regime) anche alle cooperative a mutualità non prevalente, ha poi confermato l‘assoggettamento a ritenuta alla fonte a titolo d‘imposta del 12,5 per cento degli interessi corrisposti dalle società cooperative e loro consorzi a persone fisiche residenti, alle condizioni di cui all‘art. 13 del d.P.R. n. 601/1973469. Il favor fiscalis, in sostanza, era sottoposto alle seguenti condizioni: che il socio fosse persona fisica residente; che la raccolta fosse effettuata esclusivamente per il conseguimento dell‘oggetto sociale; che i versamenti non potessero eccedere la soglia, per ciascun socio, di euro 33.583,64- (elevata ad euro 67.167,80- per le cooperative di produzione e 466 Parificato, inizialmente, al tasso massimo spettante ai detentori di buoni postali fruttiferi e con decorrenza dal 1 ottobre 1980; aumentato di 2,5 punti per effetto dell‘art. 6-bis, d.l. 31 ottobre 1980 (n. 693) convertito in legge, con modificazioni (L. 22 dicembre 1980, n. 891).

467 Secondo quanto previsto dall‘art. 23, comma 2, della legge 27 febbraio 1985, n. 49. Secondo l‘Agenzia delle entrate (risoluzione del 23 ottobre 1992, n. 11/237), i benefici previsti dalla norma sono applicabili esclusivamente agli interessi derivanti da finanziamenti effettuati dai soci, persone fisiche, alle società cooperative. Sono esclusi dai benefici gli interessi derivanti dai finanziamenti effettuati ai consorzi di cooperative dai soci persone fisiche delle cooperative socie dei consorzi medesimi.

468 In merito all‘individuazione del requisito soggettivo per l‘applicabilità del trattamento fiscale in questione, l‘Agenzia delle entrate, con ris. n. 62/E del 10 maggio 2001, ha ritenuto che la qualifica di socio di società cooperativa sia riferibile, oltre che al socio ordinario, anche al socio sovventore di cui all‘articolo 4 della legge n. 59 del 1992, mentre ha escluso che tale qualifica possa essere estesa ai possessori delle azioni di partecipazione cooperativa.

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lavoro e per le cooperative edilizie di abitazione)470; nonché, infine, il tasso di interesse delle predette somme non superasse la misura massima degli interessi spettanti ai detentori dei buoni postali fruttiferi aumentato di 2,5 punti.

Con il d.l. 25 giugno 2008, n. 112 il legislatore ha introdotto una diversa misura dell‘aliquota in ragione dei limiti dimensionali della cooperativa, innalzando la stessa al 20 per cento per le cooperative che non sono qualificabili come «piccole e micro imprese» di cui alla succitata Raccomandazione della Commissione europea n. 2003/361/Ce del 6 maggio 2003. Ne conseguiva che l‘applicazione della ritenuta a titolo d‘imposta, nella misura del 12,5 per cento, era subordinata alla presenza di particolari requisiti di natura soggettiva (rectius, «quantitativa»), che andavano ad aggiungersi a quelli previsti dall‘art. 13 cit.471.

Per effetto dell‘art. 2, comma 25, del d.l. 138 cit. è stato abrogato, a decorrere dal 1° gennaio 2012, il comma 7 dell‘art. 20 del d.l. 8 aprile 1974, n. 95 che stabiliva la misura (i.e. 12,5%) della ritenuta sugli interessi dei prestiti da soci persone fisiche residenti, una ritenuta che doveva essere effettuata a titolo d‘imposta.

La possibile (e paradossale) conseguenza che alle cooperative di minori dimensioni trovasse applicazione la ritenuta a titolo d‘acconto nella misura del 20 % (art. 26 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600), mentre alle realtà medie e grandi quella a titolo d‘imposta, con un‘evidente disparità di trattamento, è stata sconfessata dalla stessa Amministrazione finanziaria 472 . Accogliendo la soluzione prospettata dalla Confederazione Cooperative Italiane in sede di richiesta di consulenza giuridica in merito all‘interpretazione dell‘art. 2 comma 25 del d.l. 138 cit., l‘Agenzia ha

470 Ci si riferisce alle soglie previste per gli anni dal 2010 al 2012. In particolare l‘art. 21, comma 6, della legge n. 59 del 1992 prevede che detti importi siano adeguati ogni tre anni con decreto del Ministero del lavoro, tenuto conto delle variazioni dell‘indice generale annuo dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati calcolate dall‘ISTAT.

471 Per un primo commento sulla disciplina introdotta con il d.l. 25 giugno 2008, n. 112 v. G.PROVAGGI, Minori agevolazioni per le cooperative, in Corr. trib., 2008, 30, p. 2419.

È intervenuto a commentare la stessa legge, F. Pistolesi (Profili fiscali del finanziamento dei soci nelle cooperative, in Atti del convegno: L’impresa cooperativa tra fiscalità nazionali e mercato europeo, Trento, 11-12 settembre 2008, p. 13 ss.) facendo notare che «adesso ciò che consente di fruire di questa provvidenza fiscale è [...] la dimensione della cooperativa, che niente ha a che vedere con la realizzazione delle finalità mutualistiche. Trattasi di un parametro che non soddisfa la previsione dell‘art. 45 Cost. Non necessariamente la piccola o piccolissima cooperativa consente di riscontrare i tratti essenziali della cooperazione che la norma costituzionale ha inteso promuovere». Il riferimento è a quelle cooperative che occupano meno di 50 persone e realizzano un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di euro.

472 Sull‘irragionevolezza della disposizione si v. M. INGROSSO, Le cooperative e le nuove agevolazioni fiscali, cit., p. 161 ss.

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evidenziato come la modifica normativa abbia inteso uniformare la misura della ritenuta al 20 per cento e a titolo d‘imposta sugli interessi dei prestiti dei soci, persone fisiche residenti nel territorio dello Stato, corrisposti da tutte le cooperative, senza differenziare la natura del prelievo fiscale473.

Tra le questioni ancora aperte particolare attenzione merita quella relativa alle tipologie di finanziamento che, sotto il profilo soggettivo, possono essere ricondotte entro la suddetta disciplina «speciale»474. In altri termini, ci si chiede se la disciplina fiscale di favor possa applicarsi anche alle categorie di soci finanziatori «non cooperatori» quali, tra le altre, quella dei soci sovventori e degli azionisti di partecipazione cooperativa475.

Gli orientamenti interpretativi sono divergenti. Secondo l‘Amministrazione finanziaria, il requisito soggettivo richiesto dall‘art. 13 cit. «è determinato dalla qualifica di socio», ed è «da intendersi non come requisito formale bensì sostanziale»; sulla scorta di tale interpretazione il descritto regime fiscale sarebbe esteso ai soci sovventori, ma non anche agli azionisti di partecipazione. La tesi poggia, implicitamente, sulla considerazione che mentre ai soci sovventori viene riconosciuta la possibilità di votare in assemblea e di eleggere gli amministratori, i possessori di azioni

473 In particolare v. consulenza giuridica n. 954-88/2011 del 7 febbraio 2012 dell‘Agenzia delle entrate; sul punto anche la circolare n. 11/E del 28 marzo 2012. Tra i comenti si v. G. MOLINARO, Interessi da prestito sociale: la ritenuta è a titolo d’imposta, in Coop. e consorzi, 2012, 3, p. 5.

474 Cfr. F.MONTANARI, Il finanziamento dei soci nelle società cooperative: profili tributari, cit., p. 437. L‘autore sostiene l‘inapplicabilità della disposizione agevolativa ai finanziamenti disciplinati dall‘art. 2467 erogati dai soci delle cooperative s.r.l. «in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell‘indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento». Quella stessa inapplicabilità dovrebbe riguardare anche i titoli di debito sottoscritti dai soci cooperatori. La conclusione è che «le norme speciali contenute nel d.P.R. n. 601/1973 risultano pensate per un modello cooperativo ormai risalente e chiuso rispetto al mercato dei capitali, […] la riforma del diritto societario è andata proprio nella direzione opposta, cioè verso una sostanziale apertura delle società cooperative al mercato. Si è, pertanto, cercato di porre in luce come le norme agevolative previste per i prestiti sociali trovino una propria giustificazione solamente con riferimento ai finanziamenti erogati dai soci cooperatori, cioè da coloro che sono ispirati dallo scopo mutualistico, unico elemento, quest‘ultimo, che, allo stato attuale, differenzia le società cooperative dalle ordinarie società di capitali».

475 Sul punto cfr. G. MARASÀ, La disciplina della legge n. 59 del 1992, in Riv. dir. civ., 1992, p. 370; ID., Problemi in tema di finanziamento delle cooperative e di finanziamento della cooperazione nella legge 59 del 1992, in Riv. notariato, 1992, I, p. 111; G. PETRUCCI,Lo statuto del socio sovventore, in Coop. e consorzi, 2001, 4. Per una ricostruzione in chiave comparatistica con gli altri paesi europei si veda, per tutti, E. CUSA, Il socio finanziatore nelle cooperative, Milano, 2006, p. 5 ss. L‘autore richiama l‘attenzione sul fatto che «nel disciplinare l‘ammissione alla cooperativa di soci non utenti, il nostro ordinamento è stato sicuramente uno tra i più lungimiranti».

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di partecipazione non possono godere degli stessi diritti amministrativi476. Di diverso parere è quella parte della dottrina che, muovendo dall‘assunto per cui l‘interesse di un socio finanziatore non cooperatore si necessariamente di natura «a-mutualistica» (e quindi propriamente lucrativa), sostiene che «l‘equiparazione tra soci cooperatori e soci finanziatori, non sembra poter più trovare una valida giustificazione in termini extra fiscali» e, pertanto, l‘«estensione soggettiva del regime agevolativo ai soci non cooperatori dovrebbe ritenersi priva di qualunque coerenza sistematica e, per di più, discriminante proprio nei confronti dei finanziatori delle ordinarie società di capitali»477.

Altra questione spinosa è rappresentata dalla valutazione delle conseguenze (sull‘interesse percepito) derivanti dal superamento dei limiti quantitativi sanciti dal succitato art. 13. La dottrina più rigorosa ritiene che quel superamento debba escludere dalla disciplina di favore l‘intera quota di interessi; con la conseguenza che la somma corrisposta ai soci, a titolo di interessi, deve essere assoggettata al regime di tassazione ordinario previsto dall‘art. 26 del d.P.R. n. 29 settembre 1973 n. 600, e non a quello agevolato478. Altra parte della dottrina ritiene, invece, che il superamento dei limiti faccia decadere dall‘agevolazione solamente la quota di interessi eccedente tali limiti479. Sotto il profilo della determinazione del reddito della società, gli interessi attivi corrisposti «sulle somme che i soci persone fisiche versano alle società cooperative e loro consorzi» alle condizioni di cui all‘art. 13 cit., «sono indeducibili per la parte che supera l’ammontare calcolato con riferimento alla misura minima degli interessi spettanti ai detentori dei buoni postali fruttiferi aumentata dello 0,9 per cento»480. Siffatto regime di parziale indeducibilità degli interessi sui prestiti sociali, introdotto

476 Sul punto v. la risoluzione dell‘Agenzia delle entrate del 10 maggio 2001, n. 62/E. Le tesi dell‘Agenzia sono condivise anche da R. Chiusoli (Applicazione della ritenuta del 12,5 per cento agli interessi sui prestiti dei soci sovventori, in Coop. e consorzi, 2001, 4).

477 Cfr. F. MONTANARI, Il finanziamento dei soci nelle società cooperative: profili tributari, in Riv. dir. trib., 2009, 4, p. 437.

478 F.Montanari (Il finanziamento dei soci nelle società cooperative: profili tributari, cit., p. 437) scrive che «appare coerente propendere per quest‘ultima soluzione, posto che, dalla lettura dell‘art. 13, non sembrano esservi dubbi che i requisiti per poter qualificare un finanziamento come prestito sociale debbano sussistere cumulativamente. Sotto altro profilo, peraltro, anche il criterio del conseguimento dell‘oggetto sociale implica che debba sussistere una sorta di proporzionalità tra i finanziamenti stessi e gli scopi sociali realmente perseguiti, in modo che si possa presumere un impiego delle somme erogate finalizzato al perseguimento dei principi mutualistici: pare, pertanto, del tutto irragionevole che una quota di tali somme possa beneficiare dell‘agevolazione mentre un‘altra ne sia esclusa, pur essendo l‘intero finanziamento estraneo agli scopi mutualistici».

479 N. D‘AMATI C. COCO, Le agevolazioni per la cooperazione nel d. P.R. n. 601 del 1973, in G. SCHIANO DI PEPE – F. GRAZIANO (a cura di), La società cooperativa: aspetti civilistici e tributari, Padova, 1997, p. 226.

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con l‘art. 1, commi 465 e 466 della l. 30 dicembre 2004, n. 311 (legge Finanziaria 2005), pare, a tutt‘oggi, rispondere ad un intento dissuasivo volto a limitare il grado di indebitamento della società481.

La parziale indeducibilità degli interessi erogati sui prestiti sociali – applicabile alla generalità delle cooperative482 – ha posto un problema di coordinamento con la disciplina generale degli interessi introdotta dai commi 33 e 34 della l. 24 dicembre 2007, n. 244. Il novellato art. 96 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 stabilisce, per tutti i soggetti passivi ires, che «gli interessi passivi e gli oneri assimilati […] sono deducibili in ciascun periodo d’imposta fino a concorrenza degli interessi attivi e proventi assimilati. L’eccedenza è deducibile nel limite del 30 per cento del risultato operativo lordo della gestione caratteristica», intendendo per tale «la differenza tra il valore e i costi della produzione di cui alle lettere A) e B) dell’articolo 2425 del codice civile, con esclusione delle voci di cui al numero 10, lettere a) e b), e dei canoni di locazione finanziaria di beni strumentali, così come risultanti dal conto economico dell’esercizio»483. Sul rapporto con la disciplina prevista per i prestiti sociali il legislatore, nel comma 6 dell‘art. 96 cit., ha sancito «l’applicazione prioritaria delle regole di indeducibilità assoluta previste dall’articolo 1, comma 465, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, in materia di interessi sui prestiti dei soci delle società cooperative». Ne consegue che la cooperativa erogante è soggetta ad un (possibile) duplice limite (quantitativo) relativamente alla deducibilità degli interessi passivi: il primo, d‘indeducibilità «assoluta», è costituito dalla quota commisurata al superamento

481 Su questo aspetto s‘è pronunciata anche la Suprema Corte ribadendo nell‘ordinanza del 17 febbraio 2006, n. 3525 che «con i commi da 460 a 466, la legge finanziaria 2005 introduce restrizioni alle agevolazioni fiscali previste da norme speciali a favore delle società cooperative». Cfr. per l‘annotazione A. SARTI,Il regime tributario delle società cooperative e la sua compatibilità con il divieto comunitario degli aiuti di Stato, in Rass. trib., 2006, p. 429, e F. GRAZIANO, Agevolazioni tributarie per le società cooperative ed aiuti di stato, in Dir. prat. trib., 2006, II, p. 467.

Per una più completa disamina della disciplina, anche sotto il profilo operativo, si rinvia a G. MALUSÀ, Prestito sociale: recenti interventi legislativi, in Coop. e consorzi, 2005, 7.

482 Si ricorda incidentalmente che sono escludi dal regime in commento le banche – ivi incluse le cooperative di credito e le banche popolari – ed altri soggetti di natura finanziaria indicati nell‘art. 1 del d.l. 27 gennaio 1992, n. 87 per i quali è prevista la deducibilità disciplinata dal successivo comma 5 bis dell‘art. 96 cit..

483 Come è stato evidenziato in dottrina, evidente è la finalità della disciplina in questione: « favorire la capitalizzazione delle imprese», mediante la previsione di «un certo rapporto (ritenuto) fisiologico tra i fattori della produzione che, una volta superato, fa scattare una penalizzazione» (D. STEVANATO, Prime considerazioni sui limiti generalizzati alla deducibilità degli interessi passivi introdotta dalla manovra finanziaria 2008, in Dialoghi dir. trib., 2007, p. 1219). Sul punto cfr. anche R. LUPI, Limite alla deduzione degli interessi e concetto generale di inerenza, in Corr. trib., 2008, p. 771; e S. GIANNINI – D. STEVANATO – R. LUPI, Quali giustificazioni per l’indeducibilità degli interessi passivi, in Dialoghi dir. trib., 2008, p. 13 ss.

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del rendimento minimo dei buoni postali fruttiferi; il secondo, generale, è connesso alla «verifica» di congruità del costo dell‘indebitamento rispetto al risultato operativo lordo della gestione caratteristica.

3.4. La disciplina tributaria delle somme destinate ai Fondi mutualistici per

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