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ALCUNE EMERGENZE

Nel documento Al passo coi tempi (pagine 157-163)

Capitolo 6 Per orientarsi

3. ALCUNE EMERGENZE

Nel 1984 l’Accordo di revisione del Concordato lateranense aveva previsto per l’Irc una rinnovata identità caratterizzata da motivazioni storiche e culturali e dal rispetto delle fi nalità della scuola. L’insegnamento ha retto alla prova dei fatti, ma il

sistema concordatario, attuato con l’Intesa del 1985, si basa su una serie di prescri-zioni abbastanza rigide che possono creare qualche diffi coltà nel momento in cui la scuola sceglie di percorrere la strada della fl essibilità e della deregulation. Se l’orario e il gruppo classe assumono una confi gurazione più mobile, rischiano di incrinarsi cer-ti riferimencer-ti al divieto di discriminazione legato alla composizione della classe e alla collocazione oraria.13 Se il Pof si può arricchire di insegnamenti opzionali, facoltativi o aggiuntivi,14 la facoltatività dell’Irc rischia di confondersi con quella totalmente di-versa delle attività accessorie, perdendo il senso della propria eff ettiva curricolarità.

Se l’intera scuola, con tutti i suoi insegnanti, si riorganizza per competenze che supe-rano i confi ni disciplinari,15 l’Irc potrebbe faticare ad integrarsi nel nuovo contesto in quanto legato a una confi gurazione esclusivamente disciplinare (programmi, libri di testo ed insegnanti specifi camente approvati dall’autorità ecclesiastica).

Ma l’identità disciplinare dell’Irc è un valore al quale non è lecito rinunciare, so-prattutto per il rischio che esso sia percepito come attività dai confi ni abbastanza incerti, o per la debolezza pratica dei programmi di insegnamento o per la fragilità istituzionale dovuta alla mancanza di valutazione e alla equivoca facoltatività. L’iden-tità ologrammatica della nuova scuola tende a fondere insieme le discipline o quanto meno a concentrare l’attenzione sui punti di contatto tra le discipline più che sui con-tenuti distintivi, sulla capacità di collegamento e integrazione più che sulle specifi cità, nella ricerca di un sapere organico e sintetico che dovrebbe essere il risultato fi nale del percorso scolastico-formativo. L’Irc dovrebbe quindi valorizzare i suoi punti di contatto con le altre discipline, non per subordinarsi ad esse né per riproporsi qua-le coronamento unitario del sapere ma per integrarsi a pieno titolo nella cultura di ognuno e diventare sua vitale competenza.

Il problema si pone su più livelli. In primo luogo si tratta di riconoscere la cultura religiosa come componente della cultura personale e sociale; ma questo è un aspet-to che non può dipendere dalla scuola, anche se la scuola può dare un suo impor-tante contributo. La società multiculturale e multireligiosa, proprio nel momento in cui sembra attutire e relativizzare l’importanza della religione, ne riconosce il valore identitario e sollecita (o dovrebbe sollecitare) una maggiore attenzione non solo alle culture e alle religioni “altre” ma anche alla “propria” religione, in quanto humus al-l’interno del quale si costruisce inevitabilmente il proprio universo di signifi cati.

In secondo luogo occorre ricollocare l’Irc nel contesto pedagogico-didattico della nuova scuola, mediante programmi o indicazioni compatibili e coerenti con tale

im-13 Cfr. DPR 751/85, 2.1, lett. a).

14 Cfr. legge 59/97, art. 21, c. 9, e DPR 275/99, artt. 8-9.

15 Cfr. G. Bertagna, Verso i nuovi piani di studio, “Annali dell’Istruzione”, XLVII, 1-2, 246-77, 2001.

pianto.16 Non è pensabile superare la facoltatività della materia, ma sarà sempre più diffi cile tenere separato il contributo dell’Irc al Psp e al Pecup. D’altra parte, proprio l’assetto concordatario dell’Irc mostra l’insuffi cienza di una proposta didattica e cul-turale per certi aspetti “unilaterale”: la scuola deve farsi carico della cultura religiosa di tutti e quindi progettare un’off erta formativa che soddisfi la domanda religiosa di ognuno, senza con ciò ridursi a supermarket delle religioni o a lottizzazione religio-sa, ma aff rontando seriamente il problema in termini ordinariamente curricolari o quanto meno rivedendo la condizione delle attività alternative all’Irc.17

In terzo luogo, proprio il nuovo stato giuridico degli Idr contribuisce a sanare la condizione di minorità dell’insegnamento prima ancora che dell’insegnante. L’appar-tenenza strutturale degli Idr all’organico della scuola è la migliore testimonianza della curricolarità dell’Irc e della scolarizzazione della disciplina. Quanto più l’Idr è un in-segnante come gli altri, tanto più l’Irc è un insegnamento come gli altri. E, viceversa, nel momento in cui l’Irc sarà percepito come un insegnamento ordinario avranno minore ragione di esistere certe discriminazioni oggi interpretate come costitutive del suo essere, come per esempio la valutazione (proprio l’adozione del Portfolio do-vrebbe aprire nuove prospettive in campo valutativo, con il superamento di certe restrizioni non più comprensibili nel nuovo contesto).18

La ricerca sugli Idr trentini conferma, per certi aspetti, il sussistere delle problematiche appena enunciate. In particolare, sembra opportuno soff ermare l’attenzione sulla dialet-tica tra rigidità del sistema concordatario e fl essibilità del sistema scolastico in regime di autonomia. Tra i punti critici che si possono individuare, la presente ricerca consente di documentare almeno quanto accade nella determinazione di ambiti o aree disciplinari, nello svolgimento di attività didattiche in compresenza, nella partecipazione alla program-mazione didattica e alla progettazione del Pof, nella rottura dell’unità del gruppo classe.

In relazione al primo aspetto, si evidenzia come sia poco radicata l’aggregazio-ne delle disciplil’aggregazio-ne in aree e ambiti disciplinari.19 L’Irc fatica a interagire con le altre discipline, manifestando così i limiti del sistema concordatario, che ne ha progetta-to l’identità in termini esclusivamente disciplinari (e addirittura con qualche

eviden-16 Si vedano ora gli obiettivi specifi ci di apprendimento defi niti per l’Irc d’intesa tra autorità scolastica ed ecclesiastica e pubblicati con DPR 30.3.2004, n. 121 per la scuola dell’infanzia, con DPR 30.3.2004, n. 122 per la scuola primaria e con DPR 14.10.2004, n. 305 per la scuola secondaria di primo grado. Nel momento in cui scriviamo sono ancora in corso di elaborazione gli obiettivi specifi ci di apprendimento per l’Irc nel secondo ciclo di istruzione e formazione.

17 Quest’ultimo argomento è sviluppato più avanti nel Capitolo 9, La questione dell’alternativa, p. 209.

18 Quest’ultimo argomento è sviluppato più avanti nel Capitolo 8, Il nodo della valutazione, p. 187.

19 Cfr. sopra, G. Cretti, Capitolo 3, Le risposte dei docenti di religione, § 4.1, p. 60

te forzatura nell’estensione di tale “insegnamento” anche alla scuola dell’infanzia che esclude istituzionalmente la presenza al suo interno di discipline o insegnamenti che sono propri dei livelli scolastici successivi).20 Eppure la collocazione dell’Irc in un am-bito disciplinare sarebbe un indicatore interessante della discussione sul suo statuto epistemologico e della percezione che se ne ha in ciascun ordine scolastico. In un certo senso, la condizione di separatezza e specifi cità pensata per l’Irc dal Concordato (che ri-sale a un’epoca che ancora non prevedeva tali aggregazioni) verrebbe ad essere superata dall’integrazione che le scuole saprebbero off rire all’interno delle loro aree disciplinari.

In realtà, però, la collocazione dell’Irc in un’area disciplinare è un’operazione for-male che può considerarsi superata nei fatti e realizzata molto più di quanto si vo-glia esplicitamente riconoscere. Ne può essere una prova l’incidenza percentuale della compresenza, che non raggiunge livelli sistematicamente elevati ma risulta ugualmen-te utilizzata in un discreto numero di casi; ugualmen-tenuto conto del fatto che la compresenza è una modalità di lavoro ancora poco praticata nella scuola italiana (eccezion fatta per la scuola primaria, dove è istituzionalmente prevista), le pur basse percentuali che coin-volgono anche gli Idr sono da valutare come un interessante indice di integrazione.

D’altra parte occorre tenere conto del fatto che da un punto di vista istituzionale la compresenza dell’Idr costituisce un paradosso giuridico-formale proprio per la lo-gica che presiede alla defi nizione concordataria dell’Irc. Se infatti questa deve essere una disciplina segnata da una specifi ca scelta dell’utenza e da un insegnante fornito di una apposita idoneità, nel momento in cui l’Idr si trovasse a lavorare in compresenza con un altro collega si porrebbe un interessante problema istituzionale: se l’ora di lezione dovesse essere considerata a tutti gli eff etti di Irc dovrebbero potersi assentare gli eventuali non avvalentisi, ma allora non si capirebbe a che titolo sia presente un docente privo di idoneità durante un’ora di Irc; se invece quell’ora di lezione non do-vesse fi gurare come Irc dovrebbero prendervi parte tutti gli studenti, compresi i non avvalentisi, ma allora (soprattutto se questa scelta fosse adottata sistematicamente per l’intero anno scolastico) scomparirebbe o si ridurrebbe lo spazio destinato al-l’Irc con conseguente lesione del diritto allo studio degli alunni che hanno scelto di avvalersene e con evidente violazione del Concordato.

I dati della ricerca mostrano che, salvo un 6% di casi che nella scuola media op-tano per la compresenza in maniera sistematica, tale modalità operativa è adottata solo “talvolta” in misura elevata nelle elementari (70%), sensibile nelle medie (52%) e

20 Anche con riferimento a queste motivazioni la provincia di Trento ha deciso che nelle sue scuole dell’infanzia non venga impartito uno specifi co Irc, ma l’educazione religiosa sia curata nel quadro della attività educativa comune; di conseguenza, in assenza di una specifi ca disciplina, non è previsto che si debba scegliere se avvalersi o non avvalersi di tale educazione religiosa.

minoritario nelle superiori (33%). Il buon senso suggerisce di non sollevare questio-ni di principio su scelte didattiche che incidono limitatamente sul monte ore annuo delle lezioni, ma il problema rimane e mostra i limiti di una condizione istituzionale dell’Irc dipendente da disposizioni giuridiche che non potevano all’epoca tenere con-to della fl essibilità che l’aucon-tonomia scolastica avrebbe poi consenticon-to. La sincon-tonia che l’Irc deve trovare con le fi nalità della scuola dovrebbe però invitare ad una maggiore elasticità nell’interpretazione e applicazione della norma.21

Molto meno problematica, ed anzi doverosa, è la partecipazione dell’Idr alla pro-grammazione didattica. Il caso può essere proprio un esempio di sensata evoluzio-ne della posizioevoluzio-ne istituzionale dell’Irc dato che – a livello nazionale – solo con le CCMM 222/90, 308/94 e 366/96 si è riconosciuta la necessaria partecipazione del-l’Idr alla programmazione di classe o sezione, fi ssando per la scuola elementare una composizione del posto orario analoga a quella degli altri insegnanti, cioè con 22 ore di lezione e 2 di programmazione. La legislazione provinciale in materia22 consente agli Idr trentini di godere di condizioni più favorevoli, ma proprio questa circostanza può far apprezzare diversamente le modalità di programmazione in un contesto che ha da tempo posto le condizioni per rendere ordinaria anche per l’Idr questa attività.

Nei fatti, la ricerca mostra come la forma più diff usa di partecipazione dell’Idr alla programmazione didattica sia quella più ampia e completa che prevede confronti con i colleghi di Rc e con quelli di classe/interclasse (71,4%).

Solo apparentemente minore sembra essere la partecipazione degli Idr alla reda-zione del Progetto d’istituto (che nel Trentino sostituisce il Pof di cui all’art. 3 del DPR 275/99). La ricerca mostra come siano direttamente coinvolti nella stesura del Pro-getto d’istituto un Idr su tre nelle elementari e medie ed uno su quattro nelle superio-ri, ma si può ritenere che tale stesura, quantunque sia competenza dell’intero collegio dei docenti, venga di fatto svolta da commissioni ristrette, per cui l’incidenza degli Idr in tale contesto deve essere interpretata come superiore a quanto le percentuali sopra riportate potrebbero far pensare. Se ne potrebbe quindi desumere una disponi-bilità elevata degli Idr a collaborare alle attività scolastiche, come risulta anche dalla assunzione di incarichi complementari che riguarda almeno un Idr su due.

21 Si può ricordare che la sentenza della Corte costituzionale n. 203 dell’11.4.1989 ha interpretato – a no-stro parere, un po’ riduttivamente – la collocazione concordataria dell’Irc nel quadro delle fi nalità della scuola come una sua defi nizione «con modalità compatibili con le altre discipline scolastiche».

22 Nella provincia di Trento gli Idr sono tenuti a svolgere 18 ore di lezione nella scuola elementare e 15 nella scuola secondaria (cfr. DPR 405/88, art. 21, Circolare del Provveditore agli studi di Trento dell’8.6.1989, prot. 14857/B28a, Circolare del sovrintendente scolastico di Trento del 4.9.1990, prot. 22284/B28a).

Un’ultima espressione di autonomia è il superamento «dell’unitarietà del grup-po classe», consentito dal comma 8 dell’art. 21 della legge 59/97 e dall’art. 4 del DPR 275/99. Anche in questo caso si possono riproporre i problemi già sollevati a proposito della compresenza in quanto la rottura dell’unità del gruppo classe solleva questioni anche in relazione al rispetto dell’Intesa del 1985, che vieta esplicitamente di formare classi sulla base della scelta operata sull’Irc. La ricerca mostra come siano piuttosto limitati i casi di Idr che dichiarano di lavorare (ma solo talvolta) con gruppi di alunni provenienti da classi parallele (tra il 14 e il 20%) e solo il 2% dichiara di farlo sempre.

In tutta Italia è questo un problema che viene avvertito più come una minaccia per l’Irc che come espressione della sua integrazione nel sistema dell’autonomia, perché si risolve generalmente nel semplice accorpamento degli alunni avvalentisi, soprattutto nel caso in cui essi siano numericamente assai ridotti nelle classi di origine. I tassi di avvalenza in Trentino23 farebbero escludere questa eventualità, ma il rischio che un caso del genere si possa verifi care anche qui deve far valutare con attenzione il ricorso a questa pratica. In materia non si hanno istruzioni ministeriali chiare, dal momento che le uniche indicazioni risalgono ad una nota del 1991,24 in cui, invocando la salva-guardia dell’unità del gruppo classe già richiamata dalla CT 253/87, si escludeva che si potesse «procedere all’accorpamento di alunni appartenenti a classi parallele, anche nel caso in cui il numero di alunni per classe avvalentisi dell’Irc sia inferiore a 15». Le peculiarità della scuola trentina devono probabilmente far guardare alla situazione con uno spirito diverso e consentono di valutare il lavoro per classi parallele come espressione di una modularità che potrebbe progressivamente estendersi a tutte le discipline e potrebbe essere la prova della condivisione da parte dell’Irc dell’assetto organizzativo adottato dall’intera scuola. Ma la delicatezza della situazione, a livello nazionale e locale, impone qualche cautela.

23 Nella diocesi di Trento il tasso medio di avvalenza dell’Irc nell’anno scolastico 2003-04 è stato del 91,4%:

il 94,5% nella scuola elementare, il 93,8% nella scuola media e l’85,1% negli istituti superiori (R. Giuliani (a cura di), Quaderno IdR dell’Arcidiocesi di Trento - Uffi cio Scuola, Trento, 2004). Le percentuali sono lieve-mente diverse rispetto ai dati relativi all’anno scolastico 2003-04 forniti dal Servizio Nazionale per l’IRC del-la CEI, 2004, (G. Battisteldel-la e D. Olivieri (a cura di) Insegnamento deldel-la religione cattolica nelle scuole statali italiane. Annuario 2004 , Vicenza) secondo il quale nella diocesi di Trento gli alunni che si avvalgono dell’Irc sono il 94,1% nella scuola media e l’85,4% nella scuola superiore (mancano i dati della scuola elementare).

Nell’insieme si rispecchia la media nazionale che, secondo i medesimi dati Cei, è rispettivamente del 95,8%

nella scuola elementare, del 94,1% nella scuola media e dell’86,5% nella scuola superiore. Per un’analisi del-l’evoluzione storica di queste percentuali si veda in questo volume R. Morandi, Capitolo 1, Lo sfondo della ricerca, p. 19 e seguenti.

24 Nota prot. 11197 del 13.12.1991, in risposta ad un quesito del Provveditore agli studi di Pisa.

Capitolo 7

Verso una scuola dell’integrazione

Sergio Cicatelli

Nel documento Al passo coi tempi (pagine 157-163)