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INSEGNAMENTO DELLA RELIGIONE CATTOLICA E ORA ALTERNATIVA 1 Peso dell’insegnamento della religione cattolica

Nel documento Al passo coi tempi (pagine 113-118)

«[Questa ricerca nasce perché] l’insegnante di religione vive un disagio, per il fatto che avvertono la religione come materia secondaria o viene dall’idea di fare un pro-getto affi nché l’insegnamento sia sempre più interdisciplinare?»

Questa domanda non è stata posta dal moderatore, ma da Stefano (FG3) il quale aggiunge che secondo lui gli insegnanti di religione cattolica sono messi da parte

«tantissimo.» Anche secondo Silvia (FG3) le insegnanti di religione «si sentono mes-se da parte.» Secondo lei incide il fatto che «non hanno fatto il concorso […] e tra colleghi viene detto in faccia.»

Giuseppe (FG6) conferma in parte Stefano, dicendo: «forse in certe realtà la re-ligione pesa di più», ma nella sua esperienza di insegnante a un istituto tecnico per geometri, nota sempre più un disinteresse da parte dei ragazzi, infatti: «una volta era raro, ma adesso trovare nelle classi chi rifi uta l’insegnamento di religione è normale.»

L’insegnante di religione che “conta” forse è colui che «ha più capacità di coordinare argomenti, […] di organizzare attività didattiche.»

Secondo Loretta (FG3) non è isolato l’insegnante, ma la materia. Risulta fattore decisivo «il fatto che il voto alla fi ne non c’è; […] da noi è successo che alcuni ragazzi che si sono ritrovati un suffi ciente di RC, l’anno dopo non si sono più iscritti.» RC non ha la stessa portata delle altre materie; «non è lei come fi gura, come persona, come insegnante, è proprio la materia.»

Anche Gigliola (FG1) mette l’accento sulla valutazione, e lei lo fa in questi termini:

«la progettazione ha un inizio e una conclusione, invece nella religione una

conclu-sione non ce l’ha mai, perché non hanno una valutazione, non hanno il diritto di voto»; questo, secondo Gigliola, può svalutare la materia stessa.

Paolo (FG2) sposta l’attenzione sui ragazzi e dice: «[i ragazzi] più diventano grandi più capiscono quali sono i voti che fanno promuovere oppure no.» E secondo lui è prio per questo motivo che gli insegnanti di religione «hanno voglia di fare altri pro-getti, di essere importanti in altre maniere, di essere visti dai ragazzi in altro modo.»

Cristina (FG2) sostiene che religione è «una disciplina di pari dignità delle altre.»

Ma poi si chiede se veramente è così, visto che secondo lei, non tanto alle elementari, ma soprattutto alle medie e ancor di più alle superiori, quando un genitore decide di andare a udienze pensa: «“devo farli tutti?! Va beh, anche se non vado da quello di re-ligione è lo stesso”.» Questo, secondo Cristina, è segno che in realtà non viene vissuta come una materia con pari dignità delle altre. Luca (FG6) aff erma che la disciplina religione non ha potere. In consiglio di classe l’insegnante di religione non porta temi, orali e «vale solo per la manina della bocciatura o meno.» Ma si chiede inoltre:

«quanto conta, chi addirittura non ha tutta la classe? […] L’opzionalità è la morte della materia e della persona di religione.»

3.2 Ora alternativa

Secondo Giovanni (FG4) l’opzionalità della materia porta dei vincoli. Secondo lui incide molto il fatto che gli insegnanti di religione «non hanno più tutta la classe»; la scel-ta da parte degli studenti di seguire l’ora di religione o meno, non dipende solo dalla ma-teria, ma «pure dalla persona.» Negli ultimi anni lui ha notato «una grande assenza.»

Anche per Enrico (FG3) dipende molto dalla persona, «come tutti gli insegnanti […] ci sono quelli validi e quelli meno validi. Un anno mi è capitato [un insegnante di RC] meno valido e c’è stato un fuggi fuggi; l’anno dopo è andata via [ed è stata so-stituita da] una persona valida e c’è stata una rincorsa. Questo signifi ca che dipende molto dall’insegnante.» La scelta di avvalersi o meno dell’insegnamento della RC dipende anche dalla personalità, dal carisma, dalla leadership dell’insegnante.

Cosa fanno i ragazzi quando non fanno religione?17

Sara (FG5) ha «dei colleghi che lasciano andare praticamente al bar gli studenti;

ci sono invece colleghi che intervengono a fare lezione alternativa; alcuni ragazzi che non sanno che esiste un docente referente e quindi vagano per l’istituto, altri

17 Domanda posta durante i focus.

che hanno il colpo di fortuna che è o la prima o l’ultima ora e allora entrano dopo o escono prima.»

Secondo Nicola (FG6) bisogna tener presente «quel grosso problema irrisolto del-le materie alternative alla religione.»

E dell’opinione di Nicola ci sono anche i dirigenti.

Diamo ora spazio ai dirigenti.

3.3 Voce ai dirigenti18

«Che cosa ha mai proposto la scuola come ora alternativa? Niente, se non poco.

[…] era chiaramente esplicitato che la scuola off risse un contenuto alternativo, che non fosse la ripetizione del sostegno, ma delle tematiche» (Francesca). Secondo que-sta dirigente queque-sta mancanza condiziona fortemente le scelte di chi si avvale o di chi non si avvale. «Diffi cilmente si chiede e la scuola off re un’ora alternativa, di contenu-to, di pari dignità. C’erano dei vincoli organizzativi.» Ma come mai dice che “c’erano”, anziché “ci sono”?

Perché intravede una possibilità grazie alla fl essibilità e alla possibilità di anticipo delle ore che la scuola ha acquisito con l’autonomia scolastica. «[…] Forse si può pensare di proporre a chi non si avvale [dei veri percorsi alternativi], di anticipare magari tutte le ore o metà delle ore in due tornate.» Sfruttando questa possibilità si potrebbe «consentire alle scuole di off rire un’ora alternativa all’istruzione della reli-gione cattolica, e questo vorrebbe dire anche consentire alle famiglie di fare una scelta reale, eff ettiva, di sostanza, e non di forma.» Inoltre, sempre grazie alla fl essibilità e all’autonomia della scuola, questo dirigente popone di «inventare una situazione in cui l’insegnante di religione abbia la sua aula. […] Chi fa religione va nell’aula dove viene impartita religione, chi non fa religione va a fare qualche cos’altro in un altro luogo.»

Secondo Omar l’aula di religione non basta; nella sua scuola «c’è l’aula di religio-ne, ma non ci sono proposte alternative, nonostante io tutti gli anni, ad inizio anno scolastico, inviti a farlo.»

Roberto, invece, nella sua scuola propone «sempre attività alternative.» Ammette che ci sono «diffi coltà ad avere una attività alternativa eff ettivamente programma-ta dal collegio docenti come è d’obbligo.» Un obbligo, però, che «non è sprogramma-tato molto supportato istituzionalmente.» Lui, per le attività alternative, si fa affi ancare da colla-boratori che defi nisce «di tipo colto, di cultura specifi ca, [come] i mediatori culturali»

e con loro «abbiamo individuato delle attività.» Spiega che nelle scuole elementari è

18 Anche i dirigenti, come i docenti, hanno un nome di fantasia.

più semplice attivare dei percorsi alternativi, perché le risorse «si riescono in qualche maniera a ottenerle grazie alle cosiddette compresenze.»

Grazie a queste tre esperienze professionali abbiamo potuto comprendere che una

“vera” ora alternativa è molto diffi cile attuarla anche per motivi istituzionali/orga-nizzativi. Roberto racconta la sua esperienza positiva, ma ribadisce il fatto che lui è riuscito a farlo forse perché dirige una direzione didattica, perciò scuole elementari, e quindi un organizzazione più snella, più fl essibile, con diverse possibilità.

Ma chi non attiva un’ora alternativa “di pari dignità all’insegnamento della religione cat-tolica”, come si organizza?19

«[Gli studenti che non si avvalgono della RC] adottano il tempo per studiare. […]

[Vanno in] una stanza a vetri, per cui sono controllati e ognuno può fare quello che ritiene di dover fare. Se qualcuno ha bisogno di ore di sostegno, se c’è la disponibilità, la diamo, ma generalmente chiedono di non avvalersi e basta» (Davide).

Omar aff erma che «i ragazzi preferiscono, non solo nelle ultime classi, ma anche quelli delle prime, uscire. Non c’è pericolo che essendo al primo anno dicano: “aspet-ta che vediamo, facciamo qualche cosa di alternativo”. Preferiscono l’usci“aspet-ta autoriz-zata.» Un’altra dirigente, Francesca, conferma questa posizione; infatti i “suoi” non avvalentesi «hanno barrato la lettera “d” che sta ad indicare che vanno tutti a casa.»

Aggiunge inoltre che questo porta ad un problema organizzativo, perché tutti vorreb-bero che RC fosse alla prima o alla sesta ora.

Ma perché si sceglie di seguire o non seguire religione? Chi sono i non avvalentesi?20

Un dirigente (Davide), in sintonia con gli insegnanti dei focus, aff erma che la scel-ta di avvalersi o non avvalersi dell’insegnamento della RC dipende molto dalla perso-nalità, dal carisma del docente. «È chiaro che gli indici di non avvalersi aumentano o diminuiscono rispetto alla qualità degli insegnanti. […] Il leader si caratterizza perché è una persona intelligente, perché è una persona colta, molto tollerante, per-ché è empatica, perper-ché non è invasiva, non è aggressiva. […] Molti che non credono ritengono che l’incontro con lui sia positivo. Ci sono altri insegnanti di religione che creano quelle situazioni [per cui il ragazzo si chiede] “che ci vado a fare da quell’inse-gnante che mi somministra le videocassette e non sa commentarle? Le videocassette le guardo a casa, e quelle che mi interessano”.»

19 Domanda posta dal moderatore per una maggiore comprensione.

20 Domande poste dal moderatore per una maggiore comprensione.

Simone aff erma che coloro che scelgono di non frequentare l’ora di religione cat-tolica «non sono identifi cabili con gli extra–comunitari; piuttosto c’è un gruppetto di Testimoni di Geova, piccolo, e qualche musulmano e per loro vengono fatte at-tività di studio con un altro insegnante.» Aggiunge che il numero di quelli che non si avvalgono si sta abbassando anche perché si sta passando da «un insegnamento catechetico di vecchio stampo, ad un insegnamento di cultura storico–religiosa.»

Gli stessi genitori stranieri, nel momento della compilazione della scheda di avvalersi – non avvalersi, aff ermano che «se non è catechesi, tutto quello che date ai vostri fi gli […] per formarli, lo voglio anche per il mio, a prescindere se musulmano o cattolico.»

Questa è, secondo questo dirigente, la prospettiva per l’insegnamento della religione, purché l’insegnante «sappia interpretare le risposte.» Anzi, Roberto crede che «il vero insegnamento dell’istruzione della religione cattolica non possa essere rifi utata in un paese che ha bisogno dell’istruzione della religione cattolica, [purché] sia depurata in maniera defi nitiva dagli elementi di pratica e di altre confusioni. Altrimenti [molti elementi di] storia dell’arte, fi losofi a sfuggono. […] Forse la scuola su questo è cre-sciuta molto, non abbastanza la società dove la scuola è inserita.»

Un altro dirigente, Mauro, vive una esperienza – molto simile a quella di Simone – che può sembrare anomala se associassimo lo straniero a colui che non si avvale dell’insegnamento della RC. «A fronte di numeri di allievi stranieri molto alto, su-periore al 10%, ho un numero di non avvalentesi molto basso.» In questo caso ogni plesso scolastico costruisce una proposta alternativa, ma «soprattutto per gli alunni stranieri, quel momento è il momento per fare italiano: andare incontro ai bisogni dell’alunno facendo italiano, quindi nessuna formalizzazione.» Ogni plesso analizza i bisogni dei non avvalentesi caso per caso, e il collegio sviluppa un ragionamento

«risorse–bisogni.»

Questi sono i diversi punti di vista, le diverse esperienze dei nostri dirigenti che hanno partecipato al focus.

Riassumendo

Secondo alcuni insegnanti i colleghi di RC vivono un disagio. Questo disagio può avere diverse cause come: il percorso formativo diverso tra insegnanti di reli-gione e gli altri insegnanti (l’insegnante di RC non viene assunto tramite concorso);

causa maggiore per il disagio che vivono potrebbe essere che la materia che inse-gnano ha poco peso. Il poco peso della disciplina religione è dovuto da diversi fat-tori, quali: l’opzionalità, quindi avere in classe solo una parte degli alunni; il non

dare voto, quindi non incidere sulla valutazione e sulla promozione del singolo alunno – se non per la “manina della bocciatura”–.

Da queste spiegazioni si può pensare che non è il docente in quanto persona ad essere in crisi, visto anche il fatto che se il docente ha una forte personalità, o è ca-rismatico, o è un leader positivo, i ragazzi decidono di avvalersi dell’insegnamento della RC, ma la materia.

Materia che non trova nemmeno appoggio nell’ora alternativa. Infatti questa mancanza dell’ora alternativa incide fortemente sulla scelta di avvalersi o meno. La scelta dovrebbe avvenire tra due proposte progettuali eff ettive, di sostanza; non tra seguire religione o uscire da scuola o studiare in modo autonomo.

Solo nel momento in cui si darà dignità, valore e forma all’ora alternativa si potrà pensare che religione abbia un peso diverso, se non maggiore, di quello di oggi.

Un dirigente ha portato ad esempio la sua proposta di ora alternativa: i genitori possono scegliere tra un percorso con l’insegnante di religione e un percorso con il mediatore culturale. Secondo questo dirigente è stato possibile attuare questa proposta perché la sua organizzazione scolastica è più snella rispetto ad altri istituti scolastici.

Chi sono i non avvalentesi? Non si possono identifi care con gli stranieri; infatti in alcune scuole la presenza degli stranieri è alta (10%), ma il numero di avvalentesi è basso. Questo è dovuto al fatto che si sta passando da un insegnamento catechetico a un insegnamento di cultura storico-religiosa e ciò viene compreso anche da ge-nitori di bambini stranieri e di altre religioni. Un dirigente aff erma che da questo punto di vista la scuola è cresciuta molto, forse non altrettanto la società.

Possiamo aff ermare, anticipando anche il prossimo capitolo, che forse non solo la materia o il carisma del docente infl uenza la scelta di avvalersi o non avvalersi, ma anche il ruolo istituzionale della religione cattolica.

4. QUALE PROFILO PER IL DOCENTE DI RELIGIONE CATTOLICA

Nel documento Al passo coi tempi (pagine 113-118)