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Che cos’è la collaborazione? Cosa vuol dire collaborare?

Nel documento Al passo coi tempi (pagine 104-107)

2. COLLABORAZIONE  NON COLLABORAZIONE

2.1 Che cos’è la collaborazione? Cosa vuol dire collaborare?

Ognuno di noi ha una idea di cosa signifi chi collaborare, ma qualsiasi defi nizione non è del tutto esaustiva. La parola collaborare deriva dal latino tardo collaborare, composto da cŭm “con” laborāre “faticare”. Se noi prendiamo in considerazione l’eti-mologia della parola possiamo capire che non è qualcosa di immediato, di facile, di naturale, ma con qualcuno si fatica assieme.

Silvia (FG1) aff erma che collaborare è «la capacità di arrivare a un compromesso», quindi raggiungere un accordo in cui ciascuno delle parti rinuncia a qualche cosa.

Se Silvia rinuncia a qualche cosa, Katia (FG1) e Nicola (FG6) aderiscono e parte-cipano a idee o sentimenti altrui: infatti secondo Katia per collaborare «ci deve essere una presenza, e condividere alcuni punti fondamentali»; secondo Nicola «la collabo-razione è la condivisione degli obiettivi comuni, e la disponibilità operativamente a perseguire gli obiettivi.» Per Tiziana (FG2) bisognerebbe «andare oltre a quello che è la didattica vera e propria.» Chiara (FG4), rifl ettendo sulla sua esperienza personale, aff erma che «se parliamo di collaborazione tra docenti all’interno della scuola c’è un piano di principio e un piano di agito che sono diversi; […] sul piano della norma è piuttosto chiaro, sul piano dell’agito e sul piano dell’esperienza non sempre all’interno dei consigli di classe si verifi cano le circostanze, le situazioni affi nché questo possa eff ettivamente tradursi in prassi.»

Più insegnanti, rifl ettendo e discutendo con i colleghi presenti al focus group, spiegano che il collaborare va collegato al raggiungimento di obiettivi comuni. Luca (FG6) accoglie questa relazione, ma aggiunge che deve essere «sommata ad un atteg-giamento, a qualche condizione personale […] [Noi insegnanti] dobbiamo parlarci per poter collaborare; e tra l’altro: soluzioni e metodi comuni.» Secondo Alessandro (FG3) al fi ne di collaborare tutti gli insegnanti dovrebbero avere «la consapevolezza che come oggetto del loro lavoro [ci sono] dei destinatari comuni. […] alla base sta la consapevolezza della condivisione della stessa professione», «il sentirsi responsabili di un processo educativo, di un processo di apprendimento» (Laura (FG6)).

Rosa (FG2) ci può aiutare con le sue parole a riassumere queste diverse posizioni, e diverse sfumature: «Penso che sia lavorare in, lavorare con, lavorare per. Lavorare in un determinato tempo, in un determinato spazio con determinate persone che in quel momento, in quello spazio si sono sedute accanto per dei fi ni comuni.» Secondo Laura (FG6) l’obiettivo di una buona collaborazione è centrato quando «lo studente non sa bene in che materia ha imparato qualcosa.»

Gli insegnanti non hanno focalizzato l’attenzione esclusivamente sulla condivisione, sul rapporto tra colleghi, sul rapporto con gli studenti, ma anche su di sé, come occa-sione di autoformazione.

Paolo (FG2), facendo riferimento ad una esperienza che stava vivendo proprio nel periodo in cui si è svolto il focus, dice: «da questa esperienza di compresenza e di collaborazione ho imparato moltissimo a livello di insegnamento. Vedo come in-segna un altro, vedo come fa, e a me è servito tanto.» Ma, pur avendo vissuto questo momento di collaborazione come una esperienza di autoformazione, aggiunge: «in sei mesi di attività in due abbiamo fatto quello che uno solo avrebbe potuto fare in tre mesi.» Questo pensiero non è stato condiviso dal gruppo, e negli altri focus non è mai emerso. Comunque, proprio per le caratteristiche della tecnica del focus, non

possia-mo dichiarare che la posizione di Paolo sia unica nella popolazione degli insegnanti.

Il pensiero di Paolo è una possibile posizione su questo determinato argomento.

Enrico (FG3) aff erma che «dalla collaborazione si porta via qualche cosa per se, oltre che dare ai ragazzi.» Anche lui vive la collaborazione come momento di autoformazione perché «potenzio le mie capacità, approfondisco un argomento per cui, alla fi ne, sono cresciuto anch’io.»

Quando, tra un gruppo di insegnanti, non avviene la collaborazione?13

Una prima risposta può essere il fenomeno del turn over. In quasi tutti i focus (cin-que su sei) alcuni insegnanti hanno toccato (cin-questa tematica, ad esempio Katia (FG1) ci dice: «io faccio fatica a collaborare per la mancanza di un gruppo di insegnante stabile. [All’interno del mio plesso si continua] a cambiare persone, è diffi cile stabili-re nel corso degli anni dei ponti [di collaborazione]»; secondo Carla (FG6) per colla-borare è necessario conoscersi, avere degli obiettivi comuni: «non sempre si rimane con gli stessi insegnanti; cambia il consiglio di classe e molto spesso è diffi cile portare avanti un discorso comune. La conoscenza è molto importante, sia della struttura dove si lavora sia delle persone.» Più persone, di vari focus group, condividono il pensiero di Carla, anche perché, aff ermano, la conoscenza aiuta a capire il collega e a favorire la collaborazione.

Per quanto riguarda la collaborazione con gli insegnanti di RC, Enrico (FG4) af-ferma che «dipende molto se [l’insegnante di RC] è stabile o no nella scuola.» Secon-do lui cambiare ogni anno l’insegnante di RC è un limite alla collaborazione. Della stessa opinione, facendo riferimento all’esperienza personale, è Marta (FG5) la quale ha vissuto negli ultimi due anni un turn over «incredibile di insegnanti di RC» e que-sto ha portato alla non-collaborazione.

Oltre al turn over e alla stabilità degli insegnanti, c’è un altro fattore che può porta-re alla non–collaborazione: insegnaporta-re in più sedi. Grazia (FG1), infatti, aff erma: «gli insegnanti di RC della nostra scuola media sono sempre a scavalco. […] Io la incontro pochissimo, abbiamo parlato pochissimo, la vedo pochissimo, non c’è tempo, non c’è possibilità [di collaborazione].» Anche Loretta (FG3), narrando il suo vissuto, dice che l’insegnante di RC «ha due scuole e questa poveretta “zampetta di qua e di là”.» I momenti di incontro di Loretta con l’insegnante di RC sono fugaci, sul corridoio o in aula insegnanti; questo però non porta ad una vera collaborazione.

Da questi focus si capisce che risulta importante per collaborare anche una dispo-nibilità organizzativa. Essere disponibili da un punto di vista personale è

fondamen-13 Questa domanda riassume lo stimolo posto durante i focus.

tale per collaborare, ma secondo alcuni non è l’unico fattore; anche l’organizzazione deve creare le opportunità come, ad esempio, far in modo che tra insegnanti ci siano delle ore di compresenza.

Altri elementi che possono portare alla non–collaborazione sono le caratteristi-che personali, come «il non sapersi aprire » [Grazia (FG1)], ma ancaratteristi-che, come dice Sara (FG4), la mancanza «di disponibilità al confronto», «l’arroccarsi su proprie po-sizioni.» Grazia (FG1) aggiunge una autocritica, dicendo «noi siamo un po’ gelosi del nostro territorio. […] Ogni insegnante che arriva, anche quello di RC che è nuovo tutti gli anni, ha qualcosa di diverso, di nuovo da portare, e troppe poche volte faccia-mo lo sforzo di aprirci verso di loro.» Anche la gelosia, la chiusura, o «la paura che gli altri facciano cose migliori» [Paolo, FG2] possono portare alla non–collaborazione.

Per Paolo e Alice (FG2) altri tratti caratteriali di chi non-collabora sono: ascoltare poco e dire poco, oppure «essere troppo sicuri di sé o non essere sicuri di sé»; essere presuntuosi, voler prevalere, essere competitivi oltre certi livelli e vivere in «un clima disinteressato all’interazione.» [Nicola, FG6]

Nel documento Al passo coi tempi (pagine 104-107)