Capitolo 6 Per orientarsi
1. UN ARCIPELAGO DI PROBLEMI: ALCUNE ROTTE POSSIBILI
L’insegnamento della religione cattolica (Irc) si presenta come un universo complesso nel quale confl uiscono dimensioni e problematiche di varia natura: dai rapporti istituzio-nali tra Stato e Chiesa alle peculiarità pedagogico-didattiche della disciplina; dalla collo-cazione nel quadro delle fi nalità della scuola alle limitazioni valutative che incidono sulla posizione concreta dell’Irc all’interno della scuola; dal rispetto della libertà di coscienza alla facoltatività dell’insegnamento; dal sistema di idoneità e nulla osta che regola pro-grammi, libri di testo ed insegnanti, alle recenti novità intervenute in materia di stato giu-ridico degli insegnanti di religione cattolica (Idr) con la loro assunzione nei ruoli statali.
La metafora dell’arcipelago ben si presta a descrivere questa complessità, perché non è facile trovare un percorso lineare nel mare dei problemi legati all’Irc e si può spesso perdere l’orientamento se ci si lascia guidare da punti di riferimento contin-genti o imprecisi. Gli equivoci che hanno caratterizzato la storia remota e recente dell’Irc stanno proprio a testimoniare l’incertezza delle rotte tracciate da coloro che si sono mossi in questo mare alquanto agitato: si va dal periodico riemergere della con-fusione con la catechesi al signifi cato di una facoltatività che non si può scambiare per aggiuntività o porre a fondamento di un’inesistente extracurricolarità; ma i problemi sono tali e tanti che qualsiasi esemplifi cazione rischia di essere limitativa o parziale se non accompagnata da una adeguata contestualizzazione.
La ricerca svolta in provincia di Trento può confermare, qualora ce ne fosse ancora bisogno, la varietà di prospettive che si aprono sull’Irc e le linee di tendenza emergenti nel settore. I soggetti che si sarebbero potuti consultare sono molti: Idr, studenti, genitori, al-tri insegnanti, dirigenti scolastici, amministratori pubblici, esponenti della Chiesa locale, esperti e testimoni privilegiati di varia provenienza. Si è scelto di concentrare l’attenzione sull’Idr in quanto protagonista della mediazione didattica ed istituzionale richiesta dall’Irc, sottoponendo gli Idr trentini ad un questionario di cui si sono esaminati analiticamente i risultati nelle pagine precedenti. Un campione ristretto di altri insegnanti e dirigenti scolastici ha partecipato ad alcuni focus group per discutere temi particolari emergenti dai questionari degli Idr e consentire di individuare possibili spunti interpretativi. Un model-lo di ricerca così ricco e articolato rispecchia fedelmente la complessità del tema ed off re stimoli per approfondimenti critici sul presente e aperture prospettiche sul futuro.
La struttura intrinsecamente reticolare del problema non consente di individuare uno svolgimento lineare a partire da premesse semplici e condivise; la varietà degli interessi in campo propone diverse prospettive, ciascuna delle quali è legittimata a muovere da punti di osservazione diversi e a costruire itinerari che si intersecano su punti di snodo cruciali, consentendo di intraprendere ogni volta nuovi percorsi di in-dagine. Nell’impossibilità di esaurire un panorama così vasto ed aperto, si propongono preliminarmente alcune possibili linee di ricerca ed approfondimento (le rotte), che toccano i nodi principali del settore (le isole dell’arcipelago), con la consapevolezza che sono possibili infi nite varianti e che quelle indicate sono solo una selezione delle vie percorribili. Ogni percorso viene descritto sinteticamente qui di seguito e schematizzato in una sorta di mappa riassuntiva che ne evidenzia i passaggi e la logica.
La prima rotta può essere quella istituzionale. Nel ricostruire la vicenda dell’Irc nel-la scuonel-la italiana non si può trascurare nel-la sua origine concordataria, che a sua volta è espressione del più ampio problema dei rapporti tra Stato e Chiesa. Le radici sono lon-tane e richiamano mai del tutto risolte questioni di giurisdizione e di reciproci confi ni, che ancora pesano sulla gestione concreta dell’Irc. In realtà l’Accordo di revisione del Concordato lateranense (1984)1 ha stabilito che il valore della cultura religiosa (una questione di principio) e la presenza dei principi del cattolicesimo nel patrimonio sto-rico del popolo italiano (un dato di fatto) fondano l’esistenza dell’Irc all’interno della scuola italiana, di cui devono essere rispettate le fi nalità (un criterio formale).
Da queste premesse teoriche è nato un sistema operativo che ha trovato soluzione pratica al rispetto delle prerogative di ognuno nella facoltatività di avvalersi o non avvalersi dell’Irc, riconoscendo nella proposta educativa in materia religiosa un fatto che interessa la libertà di coscienza dell’individuo (principio costituzionale) e la re-sponsabilità educativa dei genitori (ugualmente fondato dalla Costituzione). È allora importante andare ad esaminare il senso della scelta che viene proposta a tutti gli stu-denti e le famiglie: non è una dichiarazione di appartenenza (perché sarebbe contraria ai principi su cui si basa la disciplina, che sono esclusivamente di carattere culturale e scolastico) né una scelta di fede (perché la scuola, nella sua laicità, deve prescindere da qualsiasi opzione religiosa, pur prestando attenzione ad ogni opzione religiosa); è solo una opportunità culturale ed educativa che viene off erta a tutti gli utenti scolastici da uno Stato che non ha specifi ca competenza in materia religiosa e che per sopperire a questa sua inevitabile carenza ricorre alla competente collaborazione della Chiesa.
1 L’Accordo di revisione del Concordato lateranense è stato fi rmato il 18 febbraio 1984 dal presidente del Consiglio Bettino Craxi per lo Stato italiano e dal segretario di Stato card. Agostino Casaroli per la Santa Sede. L’accordo è stato recepito nell’ordinamento giuridico italiano con legge 25.3.1985, n. 121.
L’Irc è trattato all’art. 9.2.
Meno convincenti – e per questo vi dedicheremo più avanti appositi capitoli – sono le soluzioni adottate autonomamente dallo Stato in relazione alle possibilità off erte a coloro che non si avvalgono dell’Irc (le cosiddette attività alternative) e le limitazioni previste in materia di valutazione scolastica.
1. La rotta istituzionale
• L'Irc come risultato di un Concordato (rapporti Stato-Chiesa).
• Fondamenti teorici dell'Irc neoconcordatario:
- il riconoscimento del valore della cultura religiosa,
- l'appartenenza dei principi del cattolicesimo al patrimonio storico del popolo italiano, - nel quadro delle fi nalità della scuola,
- rispetto della libertà di coscienza e responsabilità educativa dei genitori = facoltatività.
• La scelta di avvalersi o non avvalersi come opportunità culturale-formativa:
- né dichiarazione di appartenenza, né scelta di fede.
Una seconda rotta può essere quella della scolarizzazione, che descrive il cammino compiuto dall’Irc nel lento passaggio dal vecchio al nuovo Concordato, dalla origi-naria condizione di “fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica” alla nuova fondazione storico-culturale di cui si è appena parlato. È il passaggio dall’Ir (semplice insegnamento della religione, che non aveva bisogno di precisare la sua identità cat-tolica perché all’epoca del vecchio Concordato quella catcat-tolica era ancora religione di Stato) all’Irc (che con l’aggiunta della “c” mostra il riconoscimento del nuovo regime di libertà e pluralismo religioso in cui ci si trova da tempo). La subordinazione di questo Irc alle fi nalità della scuola (autonomamente fi ssate dallo Stato) ribalta la logi-ca del precedente “fondamento e coronamento”, che vedeva la scuola subordinata alla religione, ed esclude qualsiasi possibile confusione con la catechesi per l’impossibilità pratica di avviare percorsi di formazione alla fede, dato che le motivazioni sono total-mente diverse in quanto laicatotal-mente ed oggettivatotal-mente storico-culturali.
Il cammino della scolarizzazione si è avviato alla fi ne degli anni Sessanta, dopo il Concilio Vaticano II, ed è coinciso con la laicizzazione di principio e di fatto dell’Ir/
Irc: passaggio teorico ad una concezione laica dell’insegnamento come conseguenza della valorizzazione delle realtà terrene e dunque anche della scuola in cui tale inse-gnamento si svolge; e trasformazione empirica di un corpo docente che nel giro di meno di quarant’anni ha rovesciato le percentuali tradizionali, passando da un 90%
di sacerdoti o religiosi all’attuale 90% di laici.
Valorizzare la scuola e partire da essa nella defi nizione del nuovo Irc ha signifi cato anche confrontarsi con le trasformazioni che hanno interessato il mondo della scuola
negli ultimi decenni e soprattutto negli ultimi anni con l’introduzione dell’autonomia e con il tentativo di avviare una riforma globale dell’intero sistema scolastico. Con queste riforme si sta misurando oggi l’Irc per essere continuamente al passo con i tempi e non perdere la sua dichiarata identità scolastica, anche se i vincoli di natura concordataria irrigidiscono la sua disponibilità al cambiamento e rendono più fati-coso il cammino di adattamento.
2. La rotta della scolarizzazione
• Dall'Ir all'Irc: da fondamento e coronamento a motivazioni storico-culturali.
• Progressiva distinzione dalla catechesi.
• Laicizzazione dell'Irc:
- laicità della scuola (valorizzazione postconciliare),
- laicizzazione degli Idr (progressiva scomparsa dei sacerdoti).
• Accettare il confronto con il mondo della scuola, le sue regole e le sue riforme.
• Flessibilità della scuola e rigidità del regime concordatario.
Una terza rotta può essere costituita dall’insegnante, che nel vecchio Concordato costituiva il perno di tutto il sistema (l’art. 36 del Concordato del 1929 era per metà dedicato alla fi gura dell’Idr, precisandone lo stato ecclesiastico ed il requisito del-l’idoneità, la cui perdita causava immediatamente la decadenza dall’insegnamento), mentre nel nuovo Concordato risulta essere una fi gura accessoria (il testo dell’Accor-do del 1984 quasi non ne parla e rimette ogni precisazione alla successiva Intesa tra Conferenza Episcopale Italiana e Ministero della Pubblica Istruzione,2 che comunque adotta, anche da un punto di vista stilistico, toni più sfumati sulla revoca dell’idoneità e si preoccupa più di defi nire l’insegnamento che di vincolare l’insegnante).
Il passaggio più importante del nuovo Concordato è, a tale proposito, la determi-nazione di un prima inesistente profi lo di qualifi cazione professionale degli Idr, ai quali è ora richiesta una formazione di livello pari a quella richiesta agli altri docenti.3
2 L’Intesa tra il presidente della Conferenza Episcolape Italiana card. Ugo Poletti e il Ministro della Pub-blica Istruzione sen. Franca Falcucci venne sottoscritta il 14 dicembre 1985 e recepita nell’ordinamento italiano con DPR 16.12.1985, n. 751. L’Intesa è stata già riveduta una volta il 13 giugno 1990 ad opera del medesimo presidente della CEI e del Ministro della Pubblica Istruzione on. Sergio Mattarella ed è stata recepita nell’ordinamento italiano con DPR 23.6.1990, n. 202.
3 Il profi lo di qualifi cazione professionale fi ssato dalla citata Intesa del 1985 dovrà essere prossimamente riveduto per allineare la formazione iniziale dei futuri Idr a quella che sarà richiesta a tutti gli altri
do-Proprio questa equiparazione culturale è servita di base per la recente riforma dello stato giuridico degli Idr, che ha provveduto ad inserire anche questi docenti, dopo decenni di precariato, nei ruoli dello Stato.4 Questa “normalizzazione” dell’Idr corri-sponde del resto proprio al passaggio dal suo ruolo originario, che era quello di vero e proprio demiurgo dell’Ir veteroconcordatario, a quello attuale di professionista della cultura religiosa, al servizio contemporaneamente della scuola e della Chiesa.
Se da un punto di vista sostanziale sembra non essere cambiato molto (perché ri-mane il vincolo dell’idoneità ecclesiastica e delle intese tra le due autorità per la siste-mazione del docente), da un punto di vista formale ed istituzionale il cambiamento è notevole, perché avere Idr di ruolo vuol dire riconoscere la piena appartenenza della stessa disciplina all’universo scolastico, dando così eff ettiva esecuzione (con venti anni di ritardo) alle dichiarazioni di principio contenute nel nuovo Concordato.
3. La rotta dell’Idr
• 1929: il sistema si regge sull'insegnante.
• 1984: il sistema si regge sull'insegnamento.
• La novità dei titoli di studio per gli Idr.
• Legittimazione per un nuovo stato giuridico degli Idr.
• L'Idr di ruolo come aff ermazione di un Irc pienamente inserito nella scuola.
Un’ulteriore rotta può essere quella educativa. Chiesa e scuola condividono si-curamente una medesima intenzionalità educativa, che assume indirizzi diversi nei rispettivi ambiti catechetico e didattico: da un lato si pensa a coltivare una fede, dal-l’altro a costruire una cultura. Le due prospettive non sono assolutamente alternative, anzi possono integrarsi nella comune fi nalità di formare una persona, ma partono da presupposti e contesti diff erenti. La religione, in quanto oggetto culturale distinguibi-le e ben distinto dalla fede, costituisce il punto di incrocio deldistinguibi-le due dimensioni e l’Irc è il terreno su cui concretamente si sviluppa l’incontro (e talvolta il confl itto).
Sono note e da tempo acquisite le aff ermazioni del magistero che vogliono un rapporto di distinzione e complementarità tra catechesi e Irc.5 Tuttavia, l’oggetto di questo
insegna-centi sulla base dell’art. 5 della legge 28.3.2003, n. 53 (la cosiddetta riforma Moratti).
4 Legge 18 luglio 2003, n. 186, “Norme sullo stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica degli istituti e delle scuole di ogni ordine e grado”. Nelle province autonome di Trento e di Bolzano questo pas-saggio è stato anticipato di qualche anno: a Bolzano con legge provinciale 14.12.1998, n. 12, e a Trento con legge provinciale 9.4.2001, n. 5.
5 La condizione di distinzione e complementarità dell’Irc rispetto all’Irc compare per la prima volta in
mento rappresenta un delicato punto di confronto, in quanto la stessa ermeneutica religio-sa impone di interrogarci sull’insegnabilità di una religione a partire da premesse che non siano anch’esse religiose o religiosamente connotate (quanto meno come precomprensioni e sfondi di uno schema logico-culturale cui si aderisce più o meno consapevolmente).
Negli ultimi decenni l’Irc ha cercato di attrezzarsi anche da un punto di vista didattico, sperimentando metodologie e modelli diversi, sempre in sintonia con la complessiva evoluzione della didattica disciplinare. Da un lato con i percorsi di for-mazione iniziale (in gran parte costituiti da studi compiuti in Istituti e Istituti Supe-riori di Scienze Religiose, che prevedono di solito nei propri curricoli anche specifi ci corsi di didattica generale e specifi ca), dall’altro grazie ai nuovi libri di testo (che han-no presentato proposte nuove e attente alla praticabilità scolastica della disciplina, ovviamente nel rispetto della correttezza scientifi co-dottrinale attestata dagli appositi nulla osta della Cei), è maturata una coscienza didattica che ha fatto abbandonare l’immagine del tradizionale Ir come puro intrattenimento, animazione o edifi cazione paracatechetica. Purtroppo, a questa crescita didattica non corrisponde un analogo riconoscimento sul piano normativo, che – come si vedrà più avanti – ancora pone serie e sempre meno comprensibili restrizioni alla valutazione dell’Irc.
4. La rotta educativa
• Chiesa e scuola: catechesi e insegnamento.
• Irc distinto e complementare rispetto alla catechesi.
• Irc: contenuti confessionali e obiettivi scolastici.
• L'insegnabilità della religione: prospettive ermeneutiche.
• La didattica dell'Irc:
- corsi di didattica negli Isr/Issr, - nulla osta per i libri di testo.
• L'Irc come disciplina scolastica: le contraddizioni della valutazione.
Infi ne, ma l’elenco potrebbe ancora proseguire a lungo, una possibile rotta per ricostruire l’identità dell’Irc è anche quella pastorale. Posto al punto di contatto tra
un discorso di Giovanni Paolo II al clero romano del 5.3.-1981 (cfr. Giovanni Paolo II, Insegnamento della religione e catechesi ministeri distinti e complementari, “L’Osservatore Romano”, 7.3.1981, p. 2), cioè in epoca antecedente alla revisione concordataria. Il principio è stato poi ripreso nella nota pastorale della Cei Insegnare religione cattolica oggi, n. 13, Roma, 1991. Per una ricostruzione delle posizioni del magiste-ro ecclesiastico sull’insegnamento religioso si veda C. Sarnatamagiste-ro, L’insegnamento della religione cattolica.
Materiale formativo di base, Edizioni Paoline, Milano 1994, in particolare la Sezione Terza, pp. 149-224.
ordinamento scolastico ed ecclesiastico, l’Irc vede da sempre prevalere l’attenzione al versante statale, mentre su quello ecclesiale stenta a consolidarsi uno specifi co inte-ressamento. Il fatto è la naturale conseguenza della acquisita scolasticità della disci-plina, ma la comunità ecclesiale non sempre manifesta un’adeguata sensibilità al set-tore. Certo, le dimensioni giuridico-canoniche non possono essere trascurate per la loro inevitabile rilevanza, così come l’impegno degli uffi ci diocesani per l’Irc è sempre alto per assicurare una gestione qualifi cata degli Idr. Ma non sembra essere ancora maturata la giusta attenzione nei confronti di una risorsa preziosa su cui la Chiesa potrebbe investire anche per se stessa oltre che per rendere un servizio allo Stato.
Ci sono oltre ventimila Idr in Italia, che quotidianamente rappresentano la Chiesa all’interno della scuola, ma nelle parrocchie, ad esempio nelle attività di catechesi che dovrebbero essere sì distinte ma comunque complementari all’Irc, non sempre si nota la dovuta considerazione: se lo Stato è tenuto ad affi darsi alla Chiesa per assicu-rare la presenza della cultura religiosa nelle proprie scuole, non altrettanto la Chiesa sa fi darsi di un insegnamento che, pur essendo proprio patrimonio, è avvertito come estraneo e talora concorrente ai progetti educativi propri delle comunità cristiane lo-cali. Ciò che sembra mancare è soprattutto l’attenzione e l’interazione con l’Irc, men-tre il rapporto con gli Idr è presente, anche se talvolta casuale e comunque slegato dalla disciplina insegnata: molti Idr sono anche catechisti parrocchiali, ma è un fatto contingente, mentre il dato strutturale della stragrande maggioranza dei giovani che frequentano le lezioni di Irc è spesso dimenticato nella programmazione pastorale delle comunità cristiane locali o utilizzato solo in forma strumentale.
5. La rotta pastorale
• L'Irc come risorsa della Chiesa e per la Chiesa.
• La dimensione canonica e la gestione del settore da parte delle diocesi.
• L'idoneità.
• Attenzione statale/Disattenzione ecclesiale.
• Scarso investimento e fi ducia da parte della comunità cristiana:
- concorrenza tra catechesi e Irc,
- ricorso agli Idr ma non alla formazione off erta dall’Irc.
• L'Idr nelle attività pastorali della Chiesa locale.
Ognuna di queste rotte – e delle tante altre che sarebbe ancora possibile tracciare – può servire per orientarsi nell’universo dell’Irc e, più specifi camente, per la lettura dei dati che emergono dalla ricerca condotta nella provincia di Trento.
Di proposito si è scelto di non proporre un solo percorso o una sola chiave di let-tura, per confermare la complessità e dinamicità della problematica: ciò non vuol dire incertezza o crisi di identità, ma solo ricchezza di prospettive e pluralità di approc-ci. Se le rotte proposte possono valere per l’intera realtà italiana, la scuola trentina presenta una specifi cità propria che rende ancora più articolata la costruzione della mappa. Più che come una diffi coltà, questa particolare angolatura deve essere vissuta come uno stimolo all’approfondimento e come sollecitazione all’apertura di nuove possibili strade. Il laboratorio trentino può prestarsi molto bene a questo scopo.