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Alcuni elementi di comparazione tra paesi andini e contesto europeo

L’utilizzo del vocabolo interculturalità in ambito giuridico e in par-ticolare costituzionale risponde alle peculiarità e caratteristiche proprie dei singoli contesti nazionali. La sua applicabilità ad ambiti geo-culturali differenti, tuttavia, presuppone la possibilità di individuare alcuni tratti essenziali, che caratterizzano il concetto a prescindere da una specifica collocazione geografica e giuridica. Si ripropone per questo termine il medesimo problema incontrato in relazione al multiculturalismo, poi-ché anch’esso non è oggetto di interpretazione univoca: l’interculturalità proposta nei documenti del Consiglio d’Europa non coincide totalmente con quella fatta propria dalle costituzioni e dalle leggi di alcuni paesi su-damericani né, ad esempio, con quella che emerge nel contesto giuridico canadese. Baldin (2012: 69 ss.) ricorda come esistano diverse possibili interpretazioni dell’interculturalismo in senso descrittivo o prescrittivo mentre, con riguardo all’area andina, Medina fornisce due possibili chia-vi di lettura dell’interculturalità, connotata rispetto agli attori sociali di

quello specifico contesto: «A nivel de sociedad digamos, pues, que la humanidad colapsa en la civilización occidental: el lóbulo izquierdo, y en la civilización oriental: el lóbulo derecho, del cual la indianidad es un subsistema. En adelante, puesto que pensamos desde Bolivia, nos referi-remos a la indianidad como lo contrapuesto de occidente: las dos civiliza-ciones que nos constituyen. Al interior de ambos lóbulos civilizatorios se encuentran las culturas. En el caso de occidente: las culturas portuguesa, italiana, inglesa, holandes… En el caso del oriente: las culturas china, tibetana, aymara, quechua, guaraní, schuar, nahua, hopi… Por tanto, una primera acepción de interculturalidad, en nuestro caso, es para referirse a las relaciones entre aymaras, guaraníes, tacanas… que no es muy usual; una segunda acepción de intercultural, más usual y menos exacta, es la que se refiere a las relaciones entre la cultura hispano-criolla y las cultu-ras indígenas. En este caso es más apropiado hablar de un diálogo entre civilizaciones» (Medina, 2005: 36).

Il comparatista, però, non è alla ricerca di coincidenze, ma di elementi che, rispondendo a funzioni comuni, consentano di individuare catego-rie applicabili anche in contesti differenti (per tutti de Vergottini, 2014; Pegoraro, 2012 e 2013; Toniatti, 2007). Da questo punto di vista, i paesi andini sono di grandissimo interesse per il giurista europeo. In essi il concetto di interculturalità penetra in alcune costituzioni, dando talvolta voce proprio al passaggio dal pluri- o multi-culturalismo all’intercultura-lità, per cui si evidenzia chiaramente la dimensione costituzionale di tali concetti (su cui v. i contributi di Bagni e Carducci, in questo volume) e la valenza simbolica ad essi attribuita poiché, come ricorda la dottrina sudamericana, la costituzione stessa presenta una «dimensión simbólica, intrínsecamente no menos adecuada que la dimensión fáctica» (Viciano Pastor, Martínez Dalmau, 2011: 321; e v. anche Médici, 2010: 113). Nel-la costituzione ecuadoriana, ad esempio, prende corpo il passaggio da uno Stato «pluriculturale e multietnico» (art. 1 cost. 1998) ad uno «inter-culturale e plurinazionale» (art. 1 cost. 2009). Anche nella costituzione boliviana l’interculturalità si affianca alla plurinazionalità negli aggettivi che definiscono lo Stato all’art. 1, e viene poi richiamata a più riprese nel testo fondamentale (López, 2012). Un concetto che, come sottolinea Baldin (2014), «si fonda sulla relazione, comunicazione e apprendimento permanente fra le persone e le comunità di saperi, valori, tradizioni e

Cinzia Piciocchi 127 126 L’interculturalità come condizione di sostenibilità

logiche distinte, per favorire il pieno sviluppo delle capacità dei singoli e dei gruppi, rompendo con lo schema egemonico di una cultura dominan-te e altre subordinadominan-te».

In entrambe le carte costituzionali, la dottrina ha individuato un rico-noscimento delle lotte delle comunità indigene, specie nell’accostamen-to tra plurinazionalità e interculturalità, che per de Sousa Sannell’accostamen-tos (2012: 20) rappresentano una versione antitetica del multiculturalismo inteso come mero riconoscimento della diversità e danno luogo a un «consti-tucionalismo intercultural, plurinacional y pluricultural» (ibid.: 35; cfr. anche Castañeda Velásquez, 2009: 37; e, per una ricostruzione anche storica della definizione delle comunità indigene, v. Fernández Osco, 2008). L’interculturalità, in particolare, è riferita a una definizione del-la cittadinanza che incentiva criteri di sostenibilità nel comportamento dei cittadini come criterio trasversale al testo costituzionale stesso, in cui si ripresenta in diverse parti. Si tratta, secondo questa lettura, di «un criterio transversal que atraviesa los capítulos de la Constitución y precisa de una respuesta innovadora que los viabilice como formas sostenibles de adecuación de los comportamientos ciudadanos» (Verdesoto Custode, 2007: 150. Il concetto di sostenibilità del pluralismo emerge inoltre anche a livello europeo, in ambiti differenti; cfr. Toniatti, 2009: 1121).

L’interculturalidad si diffonde poi in contesti ulteriori: nella salute (Ruiz-Llanos, 2007: 99 ss.), nella formazione dei giuristi (Cóndor et al., 2010; più in generale, per un’analisi comparata dell’incidenza del plura-lismo ed in particolare del concetto di plurinazionalità sul potere giudi-ziario, cfr. Rey, 2014), nell’istruzione, e in tutti si evidenzia un riferimento prevalente al rapporto con le comunità indigene, focalizzando spesso le forme di partecipazione anche istituzionale, partendo quindi dall’inte-razione con comunità per le quali si pone la richiesta di riconoscimento come soggetti di diritto. Brunet Ordoñez Rosales (2013: 439) ricondu-ce l’origine dell’interculturalità proprio all’ambito dell’istruzione e del continente sudamericano: «La interculturalidad, a diferencia del multi-culturalismo, tiene su origen en América Latina con motivo del reclamo indígena por una educación formal que incluya sus valores culturales».

Quest’aspetto connota naturalmente l’interculturalità nel contesto dei paesi andini in modo peculiare: si tratta elementi non riproducibili in via generale nell’ambito giuridico europeo, nel quale il pluralismo culturale

ha invece come riferimento principale – sebbene non esclusivo – il feno-meno migratorio. Al di là degli attori specifici coinvolti, però, l’esigenza anche giuridica di un dialogo interculturale appare spesso riferita ad am-biti comuni, secondo chiavi di lettura non legate indissolubilmente alle specificità del contesto di riferimento. L’istruzione, ad esempio, è uno di questi, essendo un settore particolarmente esposto ad un contenzioso che spesso impegna dottrina e legislatore nell’analisi della valenza culturale e/o religiosa di simboli, materie insegnate, abbigliamento di docenti ed allievi, ecc., nonché sulla rispettiva compatibilità con il pluralismo, so-vente anche alla luce del rapporto tra ordinamento giuridico e religione. L’attenzione per l’ambito dell’istruzione può ricondursi al ruolo cruciale che essa riveste – e del quale questo contenzioso appare in parte con-seguenza –, dovuto ad una constatazione di per sé semplice: che per la scuola passa il tipo di società che si vuole costruire (Piergigli, 2011: 893 ss.).

Appare allora sempre più frequente il riferimento all’educación

bi-lingüe e intercultural, a partire dalle espresse previsioni di alcune

costitu-zioni, come quella boliviana in cui l’istruzione interculturale (più preci-samente: «intracultural, intercultural y plurilingüe») è menzionata all’art. 30, p.to 12, o quella ecuadoriana, che a più riprese richiama l’«educación intercultural e bilingüe» (es. art. 57) o, ancora, negli analoghi richiami che si ritrovano in altre costituzioni dell’area sudamericana (a titolo esemplificativo, si riporta l’art. 75 della costituzione argentina: «Corre-sponde al Congreso … Reconocer la preexistencia étnica y cultural de los pueblos indígenas argentinos. Garantizar el respeto a su identidad y el derecho a una educación bilingüe e intercultural»). Il diritto costitu-zionale all’educazione bilingue e interculturale è stato individuato anche in assenza di previsioni costituzionali esplicite in tal senso, ad esempio nell’ordinamento giuridico peruviano, in cui tale diritto è stato teorizzato sul fondamento dell’identità culturale come diritto costituzionalmente protetto (Brunet Ordoñez Rosales, 2013: 441. Cfr. inoltre Walsh, 2005; Palomino Manchego, 2013: 61 ss.), e in merito all’esperienza cilena (Rie-demann Fuentes, 2008: 169 ss., che sottolinea anche alcuni aspetti critici dell’applicazione di tale concetto).

Si cerca una risposta alla pluralità culturale e sociale attraverso l’idea che la diversità non ponga solo problematiche da affrontare, ma sia anche

una possibile risorsa. Nuovamente, nell’ambito dell’istruzione nei paesi andini il rapporto con le comunità indigene è un riferimento prevalente, tuttavia non esclusivo, poiché si parte spesso dal dialogo con esse, per guardare poi alla società intera.

Un percorso non dissimile è avvenuto nel contesto giuridico europeo, a partire dall’immigrazione, in riferimento alla quale nasce un’attenzione alle politiche linguistiche che assume via via una prospettiva più ampia in relazione, più in generale, all’incontro tra culture diverse (Blanchet, Coste, 2010: 9). Il Consiglio d’Europa dedica attenzione a tale concetto nell’ambito dell’istruzione, evidenziando a più riprese come la diversità tra multiculturalismo e interculturalità nella scuola non sia meramente lessicale, ma faccia riferimento a concetti tra loro epistemologicamente differenti. Concetti non dissimili sono poi ripresi in alcuni testi legislativi nazionali, quali la legge organica spagnola sull’educazione (L.O. 2/2006), con riferimento alle misure di integrazione degli immigrati (Rodríguez García, 2011: 235 ss.). L’interculturalità appare anche come costruzione di spazi di relazione, che presuppongono la consapevolezza dell’esistenza di pluralità di culture, favorendo l’integrazione tra esse (López, 2012) e costituendo, in tale prospettiva, il contesto senza il quale altre misure vol-te a promuovere l’eguaglianza risultano di scarso significato. Le quovol-te, ad esempio, che appaiono talvolta nell’ambito dell’istruzione e che, secondo la dottrina, possono risultare poco efficaci in assenza di un contesto com-plessivo che valorizzi la comprensione interculturale (ibid.: 48).

Torniamo quindi a un concetto non dissimile da quello espresso da Kymlicka in riferimento al cittadino interculturale, per il quale si preve-dono condizioni di sostenibilità di obiettivi altrimenti destinati a rima-nere inattuati. Ne deriva la necessità di un riconoscimento che assuma una dimensione necessariamente pubblica, non relegando il pluralismo a quella puramente privata, come attesta l’attenzione per un altro tema, contiguo ma non coincidente con quello dell’istruzione e che si interseca sovente con il concetto di interculturalità: la memoria.

L’attenzione per la dimensione storica rappresenta l’espressione di una necessità profonda e significativa, poiché evidenzia una delle esigen-ze alle quali l’interculturalità tenta di dare una risposta, e cioè che il rico-noscimento delle identità passa anche per una dimensione pubblica, che non si pone sul mero piano legislativo o istituzionale. Tale livello – quello

istituzionale – sussiste e connota quello che è stato definito come «con-stitucionalismo intercultural» (come evidenzia de Sousa Santos, 2007: 36); ma presuppone una dimensione culturale, che passa ad esempio at-traverso l’esplicitazione delle motivazioni anche storiche che rendono o che hanno reso prevalente una cultura. L’interculturalità, in altre parole, presuppone innanzi tutto una «descolonización mental» (nelle parole di Bartolomé Clavero, s.d.: 9) che assume significato non solo in relazione ai paesi che hanno vissuto l’esperienza coloniale ma contribuisce, in una prospettiva più ampia, alla costruzione di una consapevolezza, che rien-tra a pieno titolo negli elementi di sostenibilità senza i quali il multicultu-ralismo rischia di rimanere su di un piano quantomeno teorico.

L’importanza della memoria nel dialogo interculturale affiora pure in ambito europeo. Ad esempio con riferimento alle considerazioni svolte dal Consiglio d’Europa, in cui a più riprese è dedicata attenzione alla di-mensione storica, che pare orientata ad evitare la costruzione di un “noi” e di un “loro” aprioristico, andando quindi in senso opposto rispetto agli elementi che ostacolano il dialogo e favoriscono la discriminazione, come stereotipi e stigmatizzazione (Council of Europe, 2001: 29). Creare un percorso che consenta alle culture di essere “viste” è un compito affidato anche all’ordinamento giuridico, non lasciando la dimensione intercultu-rale alla sola (buona) volontà politica, ma “istituzionalizzandola”.

La transizione del concetto di interculturalità dal piano degli obiettivi meramente politici a quello giuridico si può trovare anche nella rifles-sione sul legame con il principio di eguaglianza, sotto diversi profili. La dottrina relativa al contesto andino evidenzia come l’assimilazione cul-turale sia uno degli elementi (naturalmente non il solo) che contribui-sce all’esclusione socio-economica di alcuni gruppi (López, 2012: 36). Inoltre, il Consiglio d’Europa richiama un aspetto di grande rilevanza anche nell’ambito europeo, che fornisce una motivazione all’introduzio-ne di una prospettiva interculturale e tocca un punto molto importante quando si parla di eguaglianza. Il dialogo interculturale presuppone la conoscenza dell’“altro”; la predisposizione di azioni che favoriscano tale conoscenza, però, è volta in primis alla maggioranza, per un motivo sem-plice: i gruppi minoritari si trovano già a praticare il pluriculturalismo sotto diversi punti di vista, come ad esempio le lingue, la scansione dei tempi del lavoro e dello studio, dovendo affiancare ai dettami della

pro-Cinzia Piciocchi 131 130 L’interculturalità come condizione di sostenibilità

pria cultura d’origine i comportamenti della cultura maggioritaria, che penetrano anche nelle norme giuridiche (Piciocchi, 2006).

Il Consiglio d’Europa, trattando di educazione interculturale, afferma come la pluriculturalità sia già una realtà per le culture minoritarie, che si trovano a integrarsi in quella di maggioranza. Nel documento stilato dalla Language Policy Division per la Platform of resources and references

for plurilingual and intercultural education si legge che «Many people

living within multicultural and plural societies are pluricultural. Pluri-cultural individuals are more likely to come from ethnic minority than ethnic majority backgrounds, because minority individuals usually have not their own ethnic heritage culture but must also engage with aspects of the dominant majority national culture in which they live. Members of majority groups by contrast have hitherto not needed to adopt any of the values, beliefs or practices of other groups, especially if they live in an ethnically homogeneous area, but are now increasingly obliged to notice the multiculturalism of their own society and others. This gives them op-portunity to grow into pluriculturalism through the complex networks which cross-cut established groupings, to acquire the competences need-ed in such dynamic situations and experiences» (Byram, 2009: 6).

La recezione dell’interculturalità a livello giuridico consente di vedere pure questo diverso punto di partenza, che pone anche la maggioran-za nelle condizioni di praticare una pluriculturalità non come necessità, bensì come arricchimento. La reciprocità della conoscenza, in altre pa-role, mette cultura di maggioranza e gruppi minoritari non sullo stesso piano, il che renderebbe irriconoscibile l’una e le altre, non potendo più definirsi in un rapporto reciproco che si nutre anche della diversità del proprio ruolo. La reciprocità della conoscenza conferisce pari dignità al riconoscimento della dimensione identitaria delle diverse culture, favo-rendo la comprensione non tanto e non solo della cultura in sé, ma del ruolo e dell’importanza che alcuni valori rivestono per alcuni gruppi. Tra questi, anche i principi della maggioranza stessa, che deve comprendere per poter essere compresa, potendo richiedere l’«accettazione e adatta-mento di norme e valori della società di accoglienza» (Rodríguez García, 2011: 245), nel momento in cui dispone degli strumenti per distinguere la valenza negoziale dei valori in gioco, secondo l’importanza che essi hanno nella cultura dei diversi attori.

Il riconoscimento si pone quindi come presupposto di qualsiasi ne-goziazione: si può chiedere all’identità il rispetto di alcuni principi fondamentali se l’identità stessa percepisce la sua “visibilità”; promuo-vendo l’idea che non sussiste una minore protezione giuridica in virtù dell’appartenenza culturale, se il “diritto alla cultura” assume però un qualche significato (Wiater, 2010: 9). L’interculturalità veicola l’idea che la reciprocità risieda nel riconoscimento: identità che si sentono recipro-camente “viste”, riescono a negoziare. Nelle parole di Rodríguez García (2011: 235): «La garanzia del fatto che la multiculturalità si orienti verso l’interculturalità è che la prima sia guidata da valori etici universali (va-lori comuni) e si producano nuovi “meticciati” dei va(va-lori differenziali, sempre che tali valori non entrino in contraddizione con i valori etici universali (valori comuni)». In questo senso, l’interculturalità esprime un’esigenza che accomuna contesti giuridici diversi: la previsione di cri-teri di sostenibilità del multiculturalismo in cui i diversi attori negoziali si percepiscono come espressione di una cultura, inclusa quella di mag-gioranza che alle altre si rapporta, non necessariamente su di un piano di parità giuridica, ma nella disponibilità a favorire quanto più possibile la reciproca comprensione. Una società che si voglia definire inclusiva deve allora guardare alle conseguenze del riconoscimento giuridico di identità e diversità alla luce dell’idea che la convivenza implichi un’assunzione di responsabilità collettiva.

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