IL BENESSERE E LE SUE MISURAZIONI
3. Pratiche di economia solidale nel contesto occidentale
Nel contesto occidentale e, nello specifico, in quello italiano, è possi-bile individuare prassi operative che cercano di valorizzare e mettere in rete modalità di organizzazione che valorizzano economie di tipo alter-nativo: un’economia solidale, altra da quella convenzionale poiché fina-lizzata al bene comune, rispettosa dei diritti umani, diretta a garantire l’ambiente e volta a favorire l’arricchimento del tessuto sociale. Molte sono le esperienze che stanno cercando di riagganciare il lato sociale e politico dell’economia (Bertell et al., 2013). Il tentativo di queste pratiche parte dai comportamenti che fanno leva su nuovi stili di vita, ipotizzando sistemi di relazioni economiche alternativi derivati da diversi approcci alla produzione e al consumo. Si tratta di forme organizzative che occu-pano lo spazio lasciato libero dallo Stato e dal mercato, in cui soggetti principali sono movimenti, gruppi, associazioni e cooperative che pro-muovono stili di vita legati al consumo critico, alla partecipazione e alla sostenibilità. A tal proposito Pianta (2009: 50) utilizza la categoria “altra economia” che rimanda ad un sistema emergente di attività orientate al cambiamento economico e sociale. Nello specifico, egli definisce come altra economia «il sistema di attività economiche – che producono beni sul mercato o servizi legati all’azione dello stato – e di attività sociali che hanno l’obiettivo di migliorare il benessere dei cittadini, la solidarietà sociale e la sostenibilità ambientale». Biolghini (2007: 45), invece, ne mette in evidenza l’aspetto solidale con la proposta di «democratizzare l’economia, di sostenere l’economia locale, di legittimare l’economia non mercantile, di valorizzare gli scambi non monetari ed informali».
Lo sviluppo del sistema dei Gruppi di acquisto solidale (Gas), la con-tinua espansione dell’esperienza di Banca Etica, lo sviluppo di iniziative di microcredito, l’incremento delle filiere del biologico, il crescere di la-boratori di partecipazione sono solo alcune conferme di queste tendenze. Non si tratta solo di un aumento in termini numerici, ma anche di una maggiore consapevolezza collettiva. Recenti indagini rendono evidente come coloro che partecipano ai Gas facciano parte dei cosiddetti cittadi-ni critici ovvero di soggetti che presentano un forte sostegno e consape-volezza dei processi democratici, ma che mostrano una sfiducia crescente nei confronti dei canali istituzionali e partecipativi tradizionali (Osser-che cercano di mediare tra l’economia monetaria di mercato (il
setto-re privato), l’economia monetaria non di mercato (l’economia pubblica e il welfare) e l’economia non monetaria (le reti informali, l’economia domestica, l’autoproduzione, il volontariato e le società civile). Laville (1998), in particolare, evidenzia come in un sistema economico i tre poli si combinano in modo diverso a seconda del contesto e dei compiti che ci si propone di realizzare. Tuttavia, nel contesto occidentale così come in quello andino, l’interrogativo da porsi è se i diversi filoni proposti possa-no ridursi ad una mera “decolonizzazione dell’immaginario” o piuttosto necessitino più che di un approfondimento degli approcci teorici anche di un’analisi delle modalità operativo-pratiche per cercare di traghettare l’attuale sistema economico con tutte le sue criticità verso un sistema fon-dato su presupposti e logiche diverse (Nilla et al., 2012: 1).
In tal senso, l’economia assume una valenza sostanziale. Un autore di riferimento è Polanyi (2000) che considera l’economia come embedded nelle istituzioni che caratterizzano un determinato contesto storico. Egli, infatti, definisce l’economia come sostanziale e partendo dall’assunto che l’uomo, per sopravvivere, dipende dagli altri uomini e dalla natura, de-finisce i sistemi economici come un processo istituzionalizzato di inte-razione tra questi elementi che dà luogo ad uno scambio di mezzi per il soddisfacimento dei bisogni. Nello specifico, nel suo saggio La grande
transizione, egli rappresenta le società occidentali come caratterizzate da
tre forme di integrazione tra economia e società coesistenti: la comunità con relazioni di reciprocità, lo Stato che svolge una funzione regolativa e redistributiva e il mercato caratterizzato da relazioni di tipo strumentale. Oggi, il mercato ha eroso il ruolo delle altre due sfere, facendo preva-lere forme di economia formale ovvero di economia di mercato basata sul principio di scarsità e sulla figura dell’homo economicus, in cui terra, lavoro e moneta vengono considerati come merci. Per Polanyi è quindi fondamentale disporre di attori ed istituzioni che sostengano la transizio-ne dei diversi attori sociali verso un’economia sostanziale a servizio della società.
Chiara Zanetti 295 294 Altre economie e buen vivir
sperimentazione civica, economica e sociale che prendono forma da una rete di soggetti in cui circolano buone pratiche, prodotti e servizi. Tale rete si sviluppa attraverso modalità di produzione e di consumo di beni e servizi ispirati ai principi dell’economia solidale. In questo senso, i flussi di fornitura e approvvigionamento sono rivolti prevalentemente all’in-terno della rete, in modo da sostenersi reciprocamente aprendo spazi di un’economia finalizzata al benessere collettivo. A titolo esemplificativo, gli attori che fanno parte di un Des possono essere Gas, botteghe del commercio equosolidale, realtà di finanza etica e di turismo responsabile, piccoli agricoltori biologici, ecc.
La creazione di reti di economia solidale e nello specifico di Des ha l’ambizione di creare circuiti di scambio alimentati da consumatori critici e realtà produttive di beni e servizi che prendono in considerazione prin-cipi etici rispetto all’ambiente, alle condizioni di lavoro e al ruolo sociale. I Des dovrebbero quindi mirare a valorizzare le risorse locali nell’ottica di generare circuiti economici positivi, non perdendo di vista la sostenibi-lità sociale ed ecologica. Nel dettaglio, Bonaiuti evidenzia quali principi ispiratori dei Des la valorizzazione della dimensione locale, la sostenibili-tà sociale e la partecipazione attiva dei soggetti nella gestione dei processi economici propri del distretto stesso. In questo senso, i distretti quindi sono strettamente ancorati a quelle che sono le realtà e le specificità locali sia in termini di peculiarità ambientali, economico-produttive sia in ter-mini di capitale sociale e culturale. Il territorio viene quindi visto come un sistema aperto in connessione con altri sistemi (Bonaiuti, 2003: 12 s.) e pervaso da flussi di risorse che, in quanto tali, devono essere preservate. La realizzazione pratica di tali esperienze è carica di valenze ideali. Tuttavia, è innegabile la crescita di alcuni attori che fanno parte di que-ste reti: il caso più eclatante è probabilmente quello dei Gas che, nati alla metà degli anni ‘90, sono oggi più di 900 (prendendo in considera-zione esclusivamente quelli censiti nella rete 2013). I Des costituiscono l’evoluzione politica dei Gas e vanno nella direzione di creare una rete tra gli attori in precedenza messi in evidenza. Anche in questo caso si registra nell’arco di una decina d’anni una crescita non indifferente: in-fatti, a settembre 2013 si contano 39 esperienze di rete che hanno aderito formalmente o che si rifanno al Tavolo Res (2013) e 9 organizzazioni di supporto che aderiscono all’iniziativa.
vatorio Cores, in Tavolo per la Rete italiana di economia solidale, 2013). Inoltre, tali dati confermano come la partecipazione ai Gas sia associata a motivazioni sia di tipo individuale – ad es., la tutela della propria salute – sia di tipo sociale, nello specifico la volontà di sostenere, con il proprio comportamento, un processo di cambiamento del modello dominante di consumo.
Da questo punto di vista, anche se al suo interno vi sono filoni diversi, l’economia solidale e le sue pratiche mostrano molti punti di contatto con gli approcci orientati al buen vivir, poiché entrambi si propongono di produrre relazioni nuove articolando la dimensione economica con quella politica e ambientale. In particolare, emerge una visione plurale dell’economia che si costruisce negli spazi lasciati liberi dalle logiche dominanti e sperimentata a livello locale in modo consapevole (Laville, 1998). Secondo Laville, la sfida è di operare per una “globalizzazione della solidarietà”, facendo spazio all’iniziativa dei singoli cittadini. In questo modo si può arrivare a coniugare etica ed economia partendo dai comportamenti economici quotidiani. Riprendendo la metafora pro-posta da Bertell et al. (2013) e già propro-posta dal movimento femminista degli anni ‘70, si tratta di vedere nel “partire dal sé” una possibilità di cambiamento e trasformazione del mondo e della società. Gli interessi individuali vengono collegati all’interesse collettivo, nel momento in cui l’etica dei comportamenti individuali viene trasmessa anche alle istituzio-ni economiche, instaurando un nuovo legame tra mercato, Stato e società civile. In questi percorsi, un elemento fondamentale sono il radicamento nel tessuto sociale e la “ricostruzione” della comunità nella sua organic-ità. A titolo esemplificativo, un’esperienza in tal senso è quella dei Bilanci di giustizia, un’esperienza collettiva che, attraverso le relazioni, fornisce alle persone un’opportunità di cambiamento delle proprie scelte quotidi-ane orientandole verso una maggiore equità sociale e ambientale (http:// www.bilancidigiustizia.it).
Tra le proposte che emergono nell’ambito italiano, è rilevante il per-corso operato dalla Rete di economia solidale, che prende avvio nell’ot-tobre del 2002 a Verona e che porta l’anno successivo all’elaborazione della Carta per la Rete italiana di economia solidale (Biolghini, 2013). Questa si proponeva di costituire una rete ecosolidale organizzata in Di-stretti di economia solidale (Des). I Des si configurano quali laboratori di
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Analizzando per quanto a grandi linee il paradigma andino del buen
vivir e quanto proposto dall’economia solidale emergono alcuni elementi
comuni, in quanto entrambe le teorizzazioni cercano di dare risposta a problematiche simili: disoccupazione, dissesti finanziari, povertà, sfrutta-mento delle risorse territoriali. Mentre, però, il buen vivir è strettamente interconnesso con le culture indigene preesistenti, nel contesto occiden-tale i movimenti incentrati sulla solidarietà appaiono come una scoper-ta recente, più orienscoper-tascoper-ta a mettere in evidenza le discontinuità piuttosto che gli elementi di vicinanza con un passato comunitario orientato alla preservazione delle risorse naturali che pur nei contesti rurali è stato presente e centrale per la preservazione della comunità e del territorio stesso. Un elemento di continuità, tuttavia, si intravede nelle diverse nar-razioni che mettono al centro il bene comune quale risposta alle diverse crisi che attraversano il mondo occidentale. L’impressione è che vi siano diverse esperienze che si stanno muovendo nella stessa direzione e che queste costituiscano una reazione dal basso alla logica del mercato e ai suoi fallimenti. Esse contribuiscono a creare un nuovo orizzonte di senso che indica la transizione verso una società maggiormente orientata verso un’economia di tipo solidale, quantomeno a livello di singoli attori.
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298 Altre economie e buen vivir
Le nuove città del sogno e del buen vivir: il Movimento Cittaslow
di Chiara Beccalli 31*
Sommario: 1. Premessa. – 2. Le città: dallo spazio onirico rinascimen-tale alla città diffusa. – 3. Qualità della vita: cenni agli indicatori. – 4. Cittaslow: obligados a vivir bien!
1. Premessa
L’etica del buen vivir è un’etica volta a recuperare ciò che è pubblico e comune, basata sulla soddisfazione dei bisogni primari e volta alla ricerca dell’equità tra tutti gli esseri umani all’interno del proprio spazio comu-nitario e nel rispetto delle diversità (Pérez, 2014). L’attenzione è volta al recupero del bene comune e della dimensione collettiva politica e sociale per rifondare ontologicamente il vivere insieme.
Buen vivir significa «vivere una vita piena e dignitosa, un’esistenza
armonica che include la dimensione cognitiva, sociale, ambientale, eco-nomica, politica e culturale al pari interrelate e interdipendenti» (Baldin, 2014: 29) ed è il risultato di una lunga ricerca e attenzione a modelli di vita derivati dalla tradizione indigena. Con esso si sceglie di affermare co-stituzionalmente il principio per cui individui e comunità possono eser-citare i propri diritti e le loro responsabilità in un contesto interculturale e non solo multiculturale (Sartori, 2002). La nuova architettura è il frutto di un processo bottom up portato avanti da attori sociali latinoamericani che, nel caso dell’Ecuador, sono diventate parte integrante della costitu-zione affinché chiunque, compresa la natura, possa liberamente godere e veder salvaguardati i propri diritti. La prospettiva offerta
dall’approc-* Assegnista di ricerca in Sociologia generale nell’Università di Trieste.
Abstract: In the national and international context, there are
differ-ent good practices that try to apply the principles of a differdiffer-ent development in the daily life. These experiences show a plural-ity of voices, actors, languages and visions that contrasts with the neoliberal path of development widespread in the Western con-text. Solidarity economy can be consider an umbrella for the set of these experiences. This paper aim to highlight the connections between the emerging paradigm of buen vivir and the experience of the Italian network of solidarity economy.
Keywords: Buen vivir, Development paradigms, Solidarity economy,
cio olistico recupera i valori ancestrali delle comunità andine rivolti ad “un’etica cosmica” per la quale il buen vivir si esplicita completamente in un dialogo e un confronto reciproco tra uomo, comunità e Madre Terra che dà origine a un senso comunitario di inclusione e accettazione del prossimo; una tale propensione all’altro non può trovare eguali nell’idea di “vita buona” occidentale, nemmeno nell’idea di amore totale e disin-teressato verso il prossimo professato dal cristianesimo (Cortez, 2010).
Una trasposizione della filosofia e dei valori del buen vivir, special-mente quelli legati al cosmocentrismo non trova completa traduzione nel mondo occidentale. Tuttavia, il lavoro e il pensiero sviluppato dal Movi-mento Cittaslow, che ha stimolato il dibattito sul ruolo e la vita nelle/delle città, sembra avere qualche punto di contatto con gli ideali del buen vivir. Gli spazi urbani tornano ad essere centri di socialità, di coesione e di af-fermazione delle comunità grazie anche a politiche di governance (Tocci, 2009) volte non solo a creare città sostenibili, bensì vivibili, inclusive e che pongono al centro l’originalità degli abitanti.