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GLI ORIZZONTI DELLA SOSTENIBILITà

4. Tra buone pratiche e problemi

Con la sovranità alimentare si vogliono articolare relazioni di produ-zione, distribuzione e consumo consapevoli e sostenibili tramite la messa in rete degli attori coinvolti nelle diverse fasi di lavorazione. Le esperienze di economia comunitaria sono esempi interessanti di questa dinamica di interrelazione. Molte di queste nascono dall’articolazione dei movimenti sociali e, allo stesso tempo, sono l’origine per nuovi movimenti e nuovi scambi ed articolazioni, rendendo l’economia più organica e diversa, cioè più comunitaria.

C’è, ad esempio, il caso della Red Nacional Mar, Tierra y Canasta, una rete di 900 famiglie di 18 località ecuadoriane che si integrano in grup-pi di agricoltori, pescatori e consumatori e si organizzano per garantire la commercializzazione di alimenti in maniera solidale, con la modalità di canastas comunitarias o cestino comunitario. La rete è un referente nazionale simbolico interessante perché articola una produzione agro-ecologica, una distribuzione democratica di cibo ed un consumo sano e responsabile, accompagnati da una riflessione costante e consistente sulla capacità di incidenza nelle politiche pubbliche e dallo scambio di esperienze a livello nazionale ed internazionale.

La rete fa a sua volta parte del Movimiento de Economía Social y

Solida-ria del Ecuador, collettivo che articola esperienze di economia solidale del

paese. Si dialoga sulle pratiche, sui saperi e sulle esperienze delle diverse imprese familiari concernenti gli aspetti di produzione, distribuzione e consumo. Il Movimento fa anche parte del Colectivo Agroecológico una rete di reti che include dei produttori biologici, la Red de Guardianes de

Semillas (rete di guardiani dei semi), associazioni di produttori biologici

ed altri. Quest’ultima è formata da 80 famiglie di guardiani di semi e cen-to soci produtcen-tori occasionali e non produtcen-tori che lavorano da Nariño e Putumayo al Sud della Colombia, fino a Loja, al Sud dell’Ecuador. Si dedicano, oltre a produrre e a promuovere delle varietà vegetali ed ani-mali contadine, native o meticce, alle pratiche agroecologiche e alla ge-stione di spazi di commercio solidale orientati alla sovranità alimentare. L’esistenza di tutte queste realtà collegate rende percepibile la lotta per un’economia comunitaria e per una sovranità alimentare, dove l’obiettivo è il benessere comunitario.

un meccanismo autonomo ed indipendente, istituito dalla Lorsa, come uno spazio di potere cittadino per il dibattito, la deliberazione e la ge-nerazione di proposte da parte delle organizzazioni e degli attori della società civile. L’obiettivo della Conferencia è appunto gettare le basi giuri-diche per trasformare il sistema agrario ed alimentare dell’Ecuador sotto il nuovo paradigma della sovranità alimentare (Manifesto pubblico). La

Conferencia, unico ente di avvicinamento delle istituzioni pubbliche con

la cittadinanza, entra in funzione nell’agosto del 2009 ma rimane privo di fondi per un anno. Mentre questo meccanismo rimane a tutt’oggi debole, il grande privato agroindustriale si sta avvicinando alla politica del paese con delle proposte di legge ambigue, approfittando delle contraddizioni e confusioni interne. Si comprende che, in termini concreti e quotidiani, negli ultimi anni, la situazione stia peggiorando: si starebbe perdendo la sovranità alimentare velocemente. Ad esempio, i sussidi statali per l’agro-business sono aumentati e l’accesso ai crediti per i piccoli contadini è ancora basso. Si sta promuovendo, invece, la monocultura intensiva di cereali, come il mais e il riso, e anche le piantagioni forestali di palma (lungo la Costa e nell’Amazzonia) e si sta allargando il confine agricolo verso ecosistemi sensibili (i páramos) nelle Ande.

Il Programma di Negocios Inclusivos che applica Pronaca, azienda di produzione industriale di alimenti, ad esempio, comprende la consegna delle sementi di miglior qualità certificate, input agricoli, formazione, as-sistenza tecnica e acquista tutto il raccolto ai produttori registrati nell’i-niziativa. Con questo programma, dai 40q di mais raccolti per ettaro si è passati a 120q, triplicando quindi la produzione. Poiché la consegna delle sementi e il servizio di assistenza tecnica si realizzano in base ad un credito – ad interessi bassi – che l’impresa concede ai produttori, questi si impegnano a consegnare tutta la loro produzione all’azienda. Ovviamen-te, di fronte al rischio di perdiOvviamen-te, i contadini accettano qualsiasi suggeri-mento per evitarlo, diminuendo il loro controllo e la capacità di decisione sulle materie prime e i processi che utilizzano. L’aspetto importante da sottolineare è che prima questa opzione si realizzava in maniera privata, quindi i crediti che si davano ai contadini venivano esclusivamente dall’a-zienda – pratica comunque criticata; ora, in nome della sovranità alimen-tare, l’accordo è che i contadini possono entrare in questo business in-clusivo, attraverso un credito della Banca Nazionale di Fomento, o la

Corporazione Finanziaria Nazionale, entrambi enti statali, che darebbero i fondi direttamente all’azienda. Anche se i crediti, così controllati, sono in apparenza economicamente più sicuri, il principio di equità, sostenibi-lità e democrazia della sovranità alimentare e l’economia dell’affetto del

sumak kawsay vengono ignorati.

Ci sono, inoltre, dei programmi per l’introduzione di agrocombusti-bili nel Sud e lungo la costa del paese ed è oggetto di dibattito un rego-lamento di bio-sicurezza per la liberazione di organismi geneticamente modificati, in entrambi i casi aggirando le proibizioni espresse e segnalate in costituzione. Inoltre, l’industria dei gamberi, allevamento che cancellò il 70% delle foreste di mangrovie nel litorale del paese, da attività illegale, oggi è in piena regola, senza che si siano modificate le nocive pratiche ambientali o rimediato al danno causato, contravvenendo il dettato costi-tuzionale dove, all’art. 72 si rimarca che «la natura ha diritto ad interventi di ripristino. Tali interventi saranno indipendenti dall’obbligo che hanno lo Stato e le persone fisiche e giuridiche di risarcire gli individui e i collet-tivi che dipendono dai sistemi naturali danneggiati». I popoli raccoglitori e pescatori, espulsi delle loro terre, non hanno visto alcun beneficio né hanno ricevuto alcun risarcimento per la perdita delle loro attività.

Perciò, gli attori dei movimenti sociali non vedono chiari i segnali a favore dell’agricoltura familiare e contadina di orientamento agroecolo-gico, unica via verso una sovranità alimentare. Si osserva che le buone intenzioni e le dichiarazioni politiche non hanno avuto un effetto coe-rente sulla quotidianità il modello alimentare e culturale è lo stesso di prima. Un conto è la necessità di mantenere i livelli di produzione per l’autoconsumo e la commercializzazione, altra cosa è, però, l’inversione per l’arricchimento delle industrie agroalimentari. Queste decisioni pub-bliche in contraddizione ai principi ordinatori del sumak kawsay, sono da un lato frutto della pressione delle transnazionali espresse tramite le Camere della produzione, ma sono anche frutto della superficialità con cui si utilizzano slogan e concetti nuovi riflessi in politiche che orientano la produzione ai mercati esterni e la sottomissione dei piccoli e medi pro-duttori alle grosse catene agro-industriali.

Nonostante la ribalta concettuale sia stata molto intrusiva con l’inse-rimento della cosmovisione indigena del sumak kawsay e la traduzione dei suoi principi ordinatori di reciprocità, complementarietà e circolarità

Paolo Corvo - Claudia García 251 250 Pachamanka e sovranità alimentare in Ecuador

ad istanze costituzionali, la mancanza di approfondimento, soprattutto per quanto riguarda i metodi di implementazione, rendono questi con-cetti e queste visioni non solo poco efficaci ma addirittura rischiose per il benessere comunitario. Sia la pachamanka che la sovranità alimentare rappresentano due livelli epistemologici, non solo per capire, ma per “al-levare” il sumak kawsay: dalle esperienze di economia sociale e solidale dentro l’ambito della sovranità alimentare si ripropongono i soggetti so-ciali, non solo come utenti, ma come partecipi della costruzione di una comunità conviviale. In particolare, la sovranità alimentare rappresenta un’opportunità per invertire la logica distruttiva dell’industria agroali-mentare convenzionale. Tuttavia, quando i concetti diventano “moda” rimangono, non solo deboli e provvisori, ma esposti alla trasfigurazione del senso, manovra che l’industria del consumo è esperta a fare: non do-vremmo stupirci se un giorno trovassimo tra gli scaffali dei supermercati la “Nuova Pachamanka pronta” o il “Sumak Kawsay, nuovo preparato surgelato di produzione nazionale”.

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Abstract: In the new Constitution of Ecuador (2008) sumak kawsay or buen vivir is the ordering principle of the State. There’s a new

re-lationship with nature, a new economic model based on solidarity and equity, and a new model of democracy based on the strength-ening of citizens participation. In this context, food sovereignty becomes a strategic goal of multi-disciplinary character, as a plat-form for the development of public policies aimed at reversing the destructive logic of the dominant agri-food model. This is showed also in the practice of pachamanka, a space for cooking food and ideas.

di Giorgio Osti 24*

Sommario: 1. Premessa. – 2. Buen vivir: le dimensioni di fondo. – 3. Sovranità alimentare versus sicurezza. – 4. Buen vivir e agroecolo-gia. – 5. Buen vivir, agroecologia, gioco. – 6. Conclusioni.

1. Premessa

Il contributo ha lo scopo di verificare se e come l’approccio derivante dal buen vivir ispiri una nuova e più illuminante rappresentazione del rapporto fra uomo e natura, utilizzando come banco di prova l’ambito che rappresenta la mediazione per eccellenza fra l’uno e l’altra: l’agricol-tura. L’esigenza di una simile verifica nasce, da un lato, dalle promettenti prospettive del buen vivir, che proprio su agricoltura e natura pone gran-de attenzione; dall’altro, dall’insoddisfazione per il dualismo antropocen-trismo-biocentrismo, con cui spesso si raffigura la questione ambientale e le sue origini. A questo proposito, gli elementi “fusionisti” fra natura e cultura presenti nelle filosofie andine che ispirano il buen vivir fanno ben sperare che vi siano elementi che vadano oltre lo stantio dibattito pro e contro la posizione privilegiata dell’homo sapiens. Lo sbocco del discorso sarà un accento sulla relazione fra uomo e ambiente, basata sulla metafo-ra del gioco. L’agricoltumetafo-ra stessa potrebbe essere a buon diritto inserita in tale gioco fra le parti. Per arrivare ad un simile approdo si seguiranno quattro tappe: le dimensioni del buen vivir utili al nostro percorso, il tema della sovranità alimentare, l’agroecologia e, infine, gioco e

agricol-* Professore associato di Sociologia dell’ambiente e del territorio nell’Università di Tri-este.

Giorgio Osti 255 254 Agroecologia e buen vivir

tura biologica. La filosofia del buen vivir sembra per ora funzionare bene come modello politico ossia ispiratrice di mete alte di una comunità po-litica, seguendo una intermittente tradizione rivoluzionaria dell’America Latina. Sul versante epistemologico – modalità di conoscere il rapporto fra uomo e natura – è forse più proficua la sinergia fra la tradizione andi-na e il pensiero di alcuni studiosi della teoria dei sistemi.