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Ambiente interno: analisi di risorse e competenze

1.3 ANALISI DELL’AMBIENTE

1.3.2 Ambiente interno: analisi di risorse e competenze

Come anticipato nei paragrafi precedenti, l’impresa deve essere in grado di analizzare non solo l’ambiente esterno, ma anche quello interno, poiché grazie all’osservazione di quest’ultimo, l’organizzazione potrà individuare i propri fattori critici, le proprie potenzialità e i propri punti deboli, focalizzando l’attenzione sulle competenze e sulle risorse di cui l’impresa dispone. L’analisi dell’ambiente interno ha iniziato ad avere luogo all’interno delle imprese a partire dagli anni ’90; precedentemente infatti, la pianificazione strategica classica riteneva che per avere successo un’impresa dovesse semplicemente individuare un ambiente esterno in cui poter avviare il proprio business. Recentemente, invece, “si è progressivamente acquisita sempre maggiore coscienza in

merito al fatto che l’impresa, per avere successo, dovesse disporre di risorse e competenze coerenti con le regole della competizione in essere all’interno del settore oggetto di penetrazione”65.

63BARNEY J. B., “Risorse, competenze e vantaggi competitivi. Manuale di strategia aziendale”, Carocci Editore, 2006, p. 75

64 PORTER M. E., “The Five Competitive Forces That Shape Strategy”, Harvard Business Review, Gennaio 2008, p. 31

65COTTA RAMUSINO E., ONETTI A., “Strategia d’impresa. Obiettivi – contesto – risorse – azioni – sviluppo – innovazione”, Il Sole 24 ORE, 2013, p. 192

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Il modello su cui si basa l’analisi appena descritta, viene chiamato Resource-Based

View (RBW), ed è legato al concetto di vantaggio competitivo che verrà descritto nel

paragrafo successivo. Le risorse e competenze dell’impresa, infatti, se sfruttate in modo efficiente, potranno generare un vantaggio competitivo per l’organizzazione e quindi permettere ad essa di ottenere delle migliori performance aziendali. Il modello RBW deve sottostare a due ipotesi: la prima legata a Penrose (1959), la seconda a Ricardo (1817). Si parla innanzitutto di eterogeneità delle risorse, poiché esse sono differenti in base all’azienda che viene presa in considerazione; si parla poi di immobilità delle risorse, in quanto spesso accade che un’impresa abbia risorse molto costose, difficilmente imitabili ed inoltre anelastiche per quanto riguarda l’offerta. “L’effetto combinato di eterogeneità

e di mobilità imperfetta delle risorse aziendali è alla base della differenziazione competitiva tra gli autori economici e della conseguente differenziazione nei risultati reddituali ottenuti, a dispetto dei meccanismi di equilibrio teorizzati dalla microeconomia più ortodossa”66.

Analizzando le precedenti ipotesi, si può affermare che l’analisi dell’ambiente esterno, e quindi la scelta dei settori e il posizionamento dell’azienda all’interno di essi, portano le imprese ad attuare scelte strategiche simili; l’analisi delle risorse e la RBW mette invece in luce la specificità della singola azienda, la quale sfruttando le proprie risorse e competenze, è in grado di differenziarsi e rendere minima la probabilità di imitazione da parte delle imprese concorrenti, grazie alla creazione di un vantaggio competitivo.

Così come per la definizione di strategia e pianificazione, anche nel caso del concetto di risorsa, molti autori hanno dato definizioni differenti; Barney (1991) introdusse una definizione che può essere considerata completa, in quanto prende in considerazione tutti gli asset dell’impresa: “all assets, capabilities, organizational processes, firm attributes,

information, knowledge, etc. controlled by a firm that enable the firm to conceive of and implement strategies that improve its efficiency and effectiveness”67. È importante però

capire che il termine risorsa non deve essere assimilato a quello di competenza. Le risorse, come detto, sono gli asset dell’impresa ma individualmente non creano un vantaggio competitivo; esse devono invece essere combinate fra loro per dare origine alle

66BERETTA ZANONI A., “Governo strategico dell’assetto competitivo”, Egea, 2010, p. 70 67 BARNEY J. B., “Firm Resources and Sustained Competitive Advantage”, Journal of Management, Vol. 17, 1991, p. 101

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competenze. Queste ultime, chiamate da Selznick (1957) “competenze distintive”, permetteranno all’azienda di acuire le proprie performance e garantirsi un vantaggio competitivo.

L’analisi interna è quindi molto importante per l’impresa, ma non è semplice effettuarla poiché le risorse sono numerose e non sempre le organizzazioni sono in grado di capire come allocarle nel modo più efficace possibile. Per questo motivo, esistono due tipologie di classificazioni che semplificano almeno in parte il lavoro dei manager: la prima classificazione distingue le risorse in primarie e di supporto; la seconda le distingue in tangibili ed intangibili.

La prima analisi e classificazione delle risorse è stata proposta da Porter (1985) e lo strumento che viene utilizzato dall’autore è la cosiddetta Catena del Valore. “Primary

activities […] are the activities involved in the physical creation of the product and its sale and transfer to the buyer as well as after-sale assistance. […] Support activities support the primary activities and each other providing purchased inputs, technology, human resources, and various firmwide functions”68.

Le attività primarie sono quindi la logistica in entrata, le operazioni (trasformazioni), la logistica in uscita, il marketing e le vendite, i servizi. Tali attività sono poste in modo sequenziale e rappresentano il processo a partire dall’ottenimento degli input, per raggiungere infine gli output prefissati. Le attività di supporto sono invece le infrastrutture d’impresa, la gestione delle risorse umane, la ricerca e sviluppo, l’approvvigionamento. Tali attività rappresentano le operazioni gestionali dell’impresa

68BARNES D., “Understanding Business Processes”, Routledge, 2000, p. 53

Figura 5. The generic value chain.

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che non creano valore fin dal principio, ma contribuiscono a crearlo grazie al loro sostegno alle attività primarie.

La catena del valore in Figura 5 non è sempre costruita nello stesso modo all’interno delle diverse imprese. Come spesso è stato ripetuto nel corso dei precedenti paragrafi, le aziende sono il più delle volte uniche, con caratteristiche distintive, e quindi ogni organizzazione necessita della propria struttura. Vi sarà sempre una distinzione tra le attività primarie e quelle di supporto, ma tale distinzione sarà organizzata in modo differente da impresa ad impresa. Alcune aziende ad esempio, potrebbero necessitare di un’ulteriore differenziazione delle varie attività, poiché la catena del valore potrebbe essere differente se vengono considerati settori diversi. “In un’impresa industriale la

funzione finanziaria è annoverata tra le attività di supporto, mentre rientra tra le primarie nel caso di un’impresa finanziaria (banca, società di investimento o di intermediazione)”69. Allo stesso modo, anche aziende che operano nello stesso settore

potrebbero suddividere le attività in modo differente; un’impresa ad alto livello tecnologico porrà le attività di ricerca e sviluppo tra le primarie, mentre piccole e medie imprese potrebbero considerarla un’attività secondaria.

Per quanto riguarda la struttura della catena, è evincibile in Figura 5 come tutte le attività, indipendentemente da come esse siano suddivise, sono orientate verso il margine, che corrisponde alla creazione del valore, ovvero alla differenza tra il valore totale ottenuto ed i costi necessari per attuare le attività che hanno creato tale valore. In generale, ogni attività, sia primaria, sia di supporto, è indispensabile alla creazione della performance aziendale, in modo più o meno intenso.

La catena del valore, o value chain, presenta tre principali caratteristiche evincibili in ogni struttura, indipendentemente dalla tipologia di impresa:

- “Esprime il valore di un dato prodotto o servizio in termini di attività necessarie

per produrlo;

- Rappresenta i legami tra le varie attività. [...] Nella ricerca di vantaggi competitivi

un’impresa può svolgere le varie attività in modi differenti con differenti risultati;

- Esprime le potenziali sinergie tra prodotti e servizi e tra business unit”70.

Tali caratteristiche sono però affiancate da alcuni limiti che presenta la catena del valore di Porter. Due in particolare sono le difficoltà che deve affrontare l’impresa: la

69COTTA RAMUSINO E., ONETTI A., “Strategia d’impresa. Obiettivi – contesto – risorse – azioni – sviluppo – innovazione”, Il Sole 24 ORE, 2013, p. 217

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prima consiste nel fatto che per ottenere dei vantaggi competitivi, le organizzazioni devono compiere un’analisi molto approfondita delle varie attività presenti all’interno dell’azienda, ma spesso tale analisi non viene effettuata a livello quantitativo ma a livello soggettivo. Inoltre, i dati raccolti dalle analisi effettuate sulle attività, sono difficili da utilizzare poiché non si è in grado di confrontarli in modo diretto con quelli delle aziende concorrenti, poiché questi sono spesso sconosciuti. Un altro limite della value chain è relativo alla genericità dei legami che vengono evidenziati tra le diverse attività. Come è stato più volte sostenuto, una strategia affinché sia competitiva deve essere in grado di considerare la situazione presente, ma deve anche essere capace di valutare i possibili scenari futuri ed adattare così la strategia a sempre nuovi contesti. Nel caso della catena del valore, invece, i manager presentano la struttura della catena, ma riportano i legami tra le attività presenti in quel determinato momento all’interno dell’azienda, e non i possibili legami che si possono instaurare in scenari futuri, rendendo così generiche le sinergie di cui si è parlato precedentemente.

Il secondo criterio utilizzato per individuare e classificare le risorse aziendali è quello che distingue le risorse tangibili e le risorse intangibili. Fin da subito, è bene sottolineare come gli studiosi ritengano che il vantaggio competitivo nasca maggiormente dall’utilizzo della seconda tipologia di risorse71. Tra le risorse tangibili rientrano le risorse

finanziarie e fisiche; delle risorse intangibili fanno invece parte le risorse tecnologiche, la reputazione, le risorse organizzative e le risorse umane.

La prima tipologia di risorse, ovvero quelle tangibili, è costituita da quelle più facilmente individuabili all’interno di un’impresa; esse possono essere valutate da un punto di vista quantitativo, e quindi oggettivo. Una volta attuate le analisi di tali risorse, l’impresa deve essere in grado di rispondere a “due quesiti fondamentali:

1) Quali opportunità sussistono per realizzare economie nel loro impiego? Potrebbe essere possibile impiegare meno risorse per realizzare lo stesso volume di attività, ovvero le medesime risorse per realizzare un più elevato numero di affari.

2) Quali sono le possibilità per un migliore impiego delle risorse esistenti?”72.

La seconda tipologia di risorse è quella delle risorse intangibili, ovvero le risorse che concorrono maggiormente alla creazione di valore per l’impresa. Esse però vengono

71COTTA RAMUSINO E., ONETTI A., “Strategia d’impresa. Obiettivi – contesto – risorse – azioni – sviluppo – innovazione”, Il Sole 24 ORE, 2013, p. 202

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spesso sottovalutate e non riportate nei valori di bilancio, in particolare i costi di ricerca e sviluppo, e la proprietà intellettuale (marchi). La maggior parte delle risorse intangibili è costituito dalle risorse umane, ovvero dai dipendenti e collaboratori che lavorano all’interno dell’impresa. La valutazione di tali risorse è molto complessa poiché è impossibile giudicare la qualità di esse attraverso criteri oggettivi. Negli ultimi anni però, vengono spesso utilizzate nuove metodologie di valutazione delle risorse, come ad esempio il “modello delle competenze”, che individua un profilo di risorsa ideale in relazione alle competenze, valori e conoscenze richieste, e lo confronta con il profilo dei potenziali futuri dipendenti73.

Concludendo, il secondo criterio di distinzione delle risorse appena descritto, sottolinea che le risorse, per garantire un vantaggio competitivo che sia duraturo nel tempo, devono presentare due particolari caratteristiche: esse “devono essere scarse e

difficilmente imitabili”, ed inoltre “devono essere coerenti con il disegno strategico”74.

Le risorse dovranno quindi essere rare, poiché, se accessibili a tutti i competitors, anche questi saranno in grado di sfruttarle per garantirsi un vantaggio competitivo. Per lo stesso motivo, le risorse dovranno anche possedere caratteristiche uniche, che non permettano alle imprese concorrenti di imitarle, acquisendo ad esempio lo stesso know-how. Infine, le risorse devono essere interdipendenti con il disegno strategico, poiché se così non fosse, esse non risponderebbero alle esigenze strategiche dell’impresa e quindi non permetterebbero ad essa di garantirsi un vantaggio competitivo.