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V. IL PIANO ECONOMICO-FINANZIARIO

5.1 L’ANALISI DEI COST

5.1.3 Il rendimento dei prodott

“La domanda riguardante quali prodotti privilegiare sembrerebbe avere una risposta

scontata e automatica: ovviamente i beni/servizi da spingere sono quelli che “rendono” di più”371.

Ma cosa si intende per “rendimento” di un prodotto? Il rendimento unitario netto di un prodotto è identificabile sottraendo al prezzo di vendita il costo pieno di prodotto di cui si è parlato precedentemente. È fin da subito necessario sottolineare che tale grandezza,

368 COOPER R., KAPLAN R.S., “Profit Priorities from Activity-Based Costing”, Harvard Business Review, 1991, pp. 134-135

369Ibid.

370BRUSA L., “Analisi e contabilità dei costi”, Giuffrè Editore, 2009, p. 101

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però, non rappresenta un elemento che i manager devono considerare per scopi decisionali, in quanto, come è stato spiegato nel paragrafo 5.1.2, il full cost comprende una parte di costi fissi che sarà sempre presente. Si può così affermare che “il rendimento

unitario netto rappresenta una nozione di reddito riconducibile al singolo prodotto che, se da un lato è utile al fine della comprensione dell’economicità dei vari prodotti, dall’altro non può però essere utilizzato per identificare i beni “più redditizi” che è opportuno spingere sul mercato al fine della massimizzazione dell’utile aziendale”372.

Un elemento da considerare per comprendere i risvolti reddituali di un determinato prodotto è rappresentato dal margine di contribuzione, il quale, come il rendimento unitario netto, non ha scopi decisionali, bensì informativi, poiché “la sua entità è

essenziale per il giudizio di convenienza, in quanto rappresenta la capacità di un certo prodotto di contribuire alla copertura dei costi fissi. [...] Pertanto la presenza di un margine di contribuzione positivo è la condizione di convenienza necessaria per lo svolgimento di una produzione; se il margine è negativo la vendita di quel prodotto contribuisce ad incrementare le perdite aziendali”373. Esistono alcune eccezioni, seppur

limitate, in cui il margine di contribuzione unitario può essere utilizzato per compiere delle scelte di prodotto. Un primo esempio si verifica nel momento in cui un’azienda è monoprodotto e quindi non deve confrontare i margini di contribuzione di più prodotti diversi. Una seconda situazione può verificarsi qualora il margine di contribuzione del prodotto sia negativo, ed è quindi immediata la decisione di non vendere il prodotto in quanto incrementa la perdita dell’azienda. Infine, un’ulteriore situazione in cui il margine di contribuzione può essere utilizzato per scopi decisionali si verifica quando un’impresa vende prodotti diversi ma delle stesse quantità.

Per calcolare il margine di contribuzione unitario è necessario sottrarre al prezzo di vendita unitario il costo variabile unitario del prodotto. Tale margine viene infatti definito come: “The amount of revenue remaining after deducting variable costs”374. Come

evincibile da quanto detto precedentemente, il margine di contribuzione unitario deve essere rilevato non per l’azienda nel suo complesso, ma per i singoli prodotti, i reparti aziendali o le gamme di prodotto.

372AVI M.S., “Management Accounting Volume II. Cost Analysis”, EIF-e.book, 2012, p. 84 373CINQUINI L., “Cost Management. Vol. 1”, Giappichelli Editore, 2017, pp. 84-87

374KIMMEL P.D., WEYGANDT J.J., KIESO D.E., “Accounting: Tools for Business Decision Making, John Wiley & Sons, 2009, p. 933

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Se il manager necessita di capire quale tra i propri prodotti spingere sul mercato, il margine di contribuzione non è però un elemento sufficiente da valutare perché non prende in considerazione le unità di prodotto venduto. In questo caso, quindi, è necessario valutare un nuovo elemento che, rispetto agli strumenti precedenti, avrà scopo decisionale: il margine di contribuzione di primo livello. È importante sottolineare che tale margine, come detto, prende in considerazione le unità di prodotto venduto e non generato, poiché per l’impresa è necessario comprendere se il prodotto è in grado di coprire i costi fissi e, naturalmente, ciò avviene solo nel momento in cui il prodotto viene venduto e non semplicemente prodotto e allocato in magazzino.

Il margine di contribuzione di primo livello, come detto, ha scopi decisionali che possono essere definiti di breve termine: i manager sono infatti in grado di prendere delle decisioni immediate che però non impattano sulla struttura organizzativa dell’impresa, ad esempio prevedendo il licenziamento di personale o l’acquisto di nuovi impianti. Pertanto, “nel momento in cui il manager viene a conoscenza dell’informazione, può

automaticamente e immediatamente, prendere la decisione economicamente più conveniente”375.

In particolare, le scelte che possono essere prese dai manager in funzione dell’analisi del margine di contribuzione di primo livello sono quattro:

1) Se il margine di contribuzione di primo livello è maggiore di zero, significa che, anche se solo in parte, il prodotto è in grado di coprire i costi fissi e quindi si possono accettare eventuali ordini. Contrariamente, ovvero se il margine è minore di zero, si dovranno rifiutare.

2) Tra più ordini, il manager è in grado di scegliere a quale prodotto dare la precedenza. Quest’ultimo sarà naturalmente quello che presenta il margine più elevato.

3) Grazie al margine di primo livello si può scegliere “fra le decisioni di vendere

quantità elevate a prezzi ridotti oppure quantità limitate a prezzi elevati. [...] Per decidere [...] è necessario fare le varie ipotesi di quantità di vendita/prezzi e determinare successivamente i margini di contribuzione di primo livello corrispondenti ad ogni opzione. L’alternativa più conveniente sarà rappresentata

375 AVI M.S., “Controllo di gestione: aspetti contabili, tecnico-operativi e gestionali”, Il Sole 24ORE, 2005, p. 59

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da quella che, naturalmente, consentirà all’azienda di conseguire i margini di primo livello più elevata”376.

4) Nel momento in cui un’impresa produce diversi prodotti, il margine di contribuzione permette di individuare qual è il mix di vendita ottimale attraverso la valutazione di diversi scenari. La scelta ricadrà naturalmente sullo scenario che presenta il margine di contribuzione più elevato.

Nel momento in cui un’impresa intende individuare con quale contributo un prodotto o servizio è in grado di coprire i costi fissi comuni, è necessario individuare un nuovo elemento: il margine di contribuzione di secondo livello. Tale margine “sorge per il fatto

che non si considerano più solo i costi variabili diretti ma anche i costi specifici [...] relativi a quella produzione, ossia tutti quei costi fissi di fattori produttivi impiegati esclusivamente per l’ottenimento del prodotto oggetto di calcolo [...]; essi vengono detratti dal MC lordo per determinare il MC semilordo”377. Il margine di contribuzione

di secondo livello ha quindi scopi informativi e decisionali, che comportano però scelte differenti da quelle attuabili tramite l’analisi del margine di primo livello. Le decisioni che possono prendere i manager osservando il margine di secondo livello sono infatti di medio-lungo termine e pertanto non sono decisioni immediate poiché queste possono andare a modificare la struttura aziendale. Tali scelte strategiche riguardano infatti il mantenimento o l’eliminazione di un prodotto, e ciò comporta inevitabilmente, nel caso della seconda ipotesi, cambiamenti a livello strutturale dell’impresa, come ad esempio la chiusura di un reparto. È importante sottolineare la necessità di assumere un atteggiamento prudente nella valutazione del margine di contribuzione di secondo livello, poiché “le informazioni riguardanti il margine rappresentano solo una minima parte

delle conoscenze indispensabili al fine dell’assunzione definitiva di tali decisioni” in

quanto sottovalutare alcuni elementi, come ad esempio le possibili influenze di un aggregato su altri aggregati, potrebbe “condurre a decisioni scorrette la cui

diseconomicità non dipende da limiti dello strumento contabile utilizzato bensì deriva dalla mancata considerazioni di tutte le implicazioni – economiche e strategiche – connesse alla decisione in oggetto”378. Inoltre, decisioni come quella di eliminare un

376AVI M.S., “Management Accounting Volume II. Cost Analysis”, EIF-e.book, 2012, p. 89 377CINQUINI L., “Cost Management. Vol. 1”, Giappichelli Editore, 2017, pp. 89-90

378AVI M.S., “Management Accounting Volume II. Cost Analysis”, EIF-e.book, 2012, pp. 100- 101

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prodotto devono essere ponderate e devono valutare diversi elementi, come ad esempio il fatto che il prodotto che si intende eliminare, pur avendo un margine di contribuzione di secondo livello molto basso, possa essere un prodotto trainante che permette ad un secondo prodotto di avere un margine più elevato. È quindi questo il caso in cui un prodotto con margine di contribuzione di secondo livello basso debba comunque continuare ad essere prodotto in virtù del fatto che la sua eliminazione comporterebbe inevitabilmente conseguenze negative a livello di reddittività aziendale in quanto causerebbe la diminuzione del margine di un altro prodotto.

Si può quindi affermare che i margini di contribuzione di primo e secondo livello sono estremamente importanti, soprattutto a livello di programmazione, poiché permettono ai manager di compiere numerose valutazioni che porteranno a decisioni strategiche fondamentali per l’impresa. È però necessario sottolineare che il margine di secondo livello ha un valore decisionale inferiore rispetto al margine di primo livello, poiché il margine semilordo, comportando decisioni di medio-lungo periodo, prevede di prendere in considerazione numerosi fattori oltre alla mera analisi del margine, mentre il margine lordo permette di effettuare decisioni immediate basandosi semplicemente sulla valutazione del margine stesso. Allo stesso tempo, “è possibile però che, in determinate

circostanze, le scelte dei manager ricadano, per motivi strategici di lungo periodo, su soluzioni che, a breve, apparentemente appaiono le meno convenienti”379.

379AVI M.S., “Management Accounting Volume II. Cost Analysis”, EIF-e.book, 2012, p. 119

Figura 24. Calcolo dei margini di contribuzione.

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In Figura 24 si possono osservare gli elementi descritti nel presente paragrafo riguardo il rendimento di prodotto; si può inoltre osservare come, sottraendo i costi fissi comuni al margine di contribuzione di secondo livello, è possibile individuare il reddito operativo netto dell’impresa. Qualora i costi fissi comuni siano inferiori al margine di secondo livelli si otterrà un valore positivo; contrariamente, qualora essi siano superiori al margine, si otterrà un valore negativo.

Come è stato anticipato nell’introduzione al capitolo, non sono stati presentati da Alfa SpA documenti in cui vengono riportati i calcoli dei margini di contribuzione.