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III. LA SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE

3.4 GREEN MARKETING

3.4.2 Il fenomeno del greenwashing

Come è stato affermato nel corso dei precedenti paragrafi, i fenomeni della green

economy e del green marketing si sono particolarmente diffusi negli ultimi decenni, in un

momento in cui essere “verdi” rappresenta per le imprese un’opportunità ed un vero e proprio vantaggio competitivo da sfruttare per poter assumere il ruolo di leader all’interno del proprio settore. Allo stesso modo, anche i consumatori sono diventati sempre più

green ed informati in materia di sostenibilità, e di conseguenza si aspettano un

determinato tipo di standard da parte delle aziende, mostrando esigenze sempre più articolate. Sempre più imprese si sono quindi trovate ad organizzare campagne pubblicitarie e promozionali in grado di mettere in luce non solo i propri prodotti green, ma anche la filosofia “verde” portata avanti dall’azienda in tutta la sua interezza. Come detto, questa particolare tipologia di marketing viene definita green marketing, ma tale disciplina è minacciata da false e superficiali affermazioni di numerose imprese. “In

attracting a green audience, companies often use claims that sound environmentally friendly, but are actually vague, and at times may be false”201. Per descrivere questo

comportamento da parte di numerose aziende è stato coniato un neologismo:

greenwashing.

200BAKER M.J., “The Marketing Book”, Butterworth Heinemann, 2003, pp. 749

201FURLOW N.E., “Greenwashing in the New Millennium”, Journal of Applied Business and Economics, Vol. 10, No. 6, 2009, p. 22

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Si crede che tale termine sia stato utilizzato per la prima volta nel 1986 dall’ambientalista Westerveld, il quale criticava fermamente le catene alberghiere che richiedevano ai propri clienti di riutilizzare i propri asciugamani per più di una volta durante il proprio soggiorno. Per incentivarli, venivano utilizzate espressioni come “salviamo l’ambiente”, quando però il vero obiettivo era quello di poter risparmiare grazie alla riduzione di costi ingenti, provenienti ad esempio dal lavaggio degli asciugamani. Greenpeace, nel 2010, ha definito così il fenomeno del greenwashing: “the

act of misleading consumers regarding the environmental practices of a company or the environmental benefits of a product or service”202. In questo caso si parla quindi di

imprese che investono più tempo e denaro nel descriversi come “verdi” agli occhi dei consumatori, piuttosto che agire realmente a sostegno dell’ecologia e della tutela ambientale. Greenwashing viene inizialmente anticipato dal termine eco-pornography, introdotto da Mander nel 1972, durante una forte critica ad imprese che si impegnavano in numerose campagne di marketing volte al miglioramento dell’immagine green dell’azienda, quando però non sussisteva alcun provvedimento a sostegno dell’ambiente che giustificasse tale pubblicità203.

Si può quindi definire il greenwashing come “una pratica tipica di chi cerca di

camuffare le proprie responsabilità nei confronti dell’ambiente con messaggi pubblicitari in difesa dell’ecosistema e della produzione sostenibile i quali, però, non trovano riscontro nei comportamenti effettivamente adottati”204 dall’impresa. Tale

comportamento viene anche definito “lavaggio di facciata”, in quanto le decisioni strategiche assunte dall’impresa si limitano ad un intervento superficiale, quasi impercettibile, senza agire in profondità al fine di effettuare un vero e proprio cambiamento in materia di sostenibilità. L’obiettivo è quindi quello di “lavare di verde” la facciata dell’azienda simulando un certo impegno a favore dell’ecologia e della sostenibilità in generale e cercando di comunicare ai consumatori una filosofia green, come se fosse uno dei valori centrali della mission dell’impresa.

È intuibile come greenwashing sia un termine connotato negativamente, ma non tutte le aziende che mettono in atto questo fenomeno lo fanno in malafede e consapevolmente.

202 DERVILLE GALLICANO T., “A Critical Analysis of Greenwashing Claims”, Public Relations Journal, Vol.5, No. 3, 2011, p. 1

203MANDER J., “Ecopornography: one year and nearly a billion dollars later. Advertising owns ecology”, Communication and Arts Magazie, Vol. 14, No. 2, 1972

204CAVALLO M., DEGLI ESPOSTI P., KONSTANTINOU K., “Green marketing per le aree industriali. Metodologie, strumenti e pratiche”, Franco Angeli, 2012, p. 107

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Come è stato detto in precedenza, perché un’impresa si possa definire green, questa deve essere in grado di combinare la dimensione ambientale, sociale ed economica, trovando il corretto equilibrio tra queste ed inoltre deve essere molto informata in materia di sostenibilità per non incorrere in problematiche, come potrebbero essere costituite proprio dal greenwashing. Ciò è molto importante perché quest’ultimo può portare delle conseguenze profondamente negative sull’intera azienda: “The skyrocketing incidence of

greenwashing can have profound negative effects on consumer confidence in green products, eroding the consumer market for green products and services. Likewise, greenwashing can negatively affect investor confidence in environmentally friendly firms, eroding the socially responsible investing capital market”205. Per aiutare le imprese ed i

consumatori, a capire se si sta assistendo ad un fenomeno di greenwashing, l’azienda americana TerraChoice Environmental Marketing ha stilato nel 2007 una lista di sei indicatori che vengono presentati come sei “peccati” che vengono commessi nel corso del cosiddetto “lavaggio verde”:

1) “Sin of the Hidden Trade-Off; 2) Sin of No Proof;

3) Sin of Vagueness; 4) Sin of Irrelevance; 5) Sin of Fibbing;

6) Sin of Lesser of Two Evils”206.

Alves (2009) afferma l’importanza della lista proposta dall’azienda americana sia per i consumatori, sia per le imprese, affinché siano capaci di “cavalcare l’onda green” che è particolarmente intensa negli ultimi anni. Inoltre, l’autore sottolinea come in un contesto come quello attuale, le imprese possono non solo essere competitive tra loro, ma anche sostenersi ed incentivarsi a vicenda nell’approcciarsi alla nuova filosofia “verde”. “To be

sure, the “Six Sins of Greenwashing” study also demonstrates that not all green marketing firms serve as enablers of corporate green spin. TerraChoice demonstrates that such firms could provide guidance and incentives for positive change”207.

205DELMAS M.A., BURBANO V.C., “The Drivers of Greenwashing”, California Management Review, Vol. 54, No. 1, 2011, pp. 64-65

206 TERRACHOICE ENVIRONMENTAL MARKETING INC., “The ‘Six Sins of Greenwashingä’”, 2007, p. 1

207 ALVES I.M., “Green spin everywhere: how greenwashing reveals the limits of the CSR paradigm”, Journal of Global Change and Governance, Vol. 2, No. 1, 2009, p. 8

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Il primo “peccato” individuato da TerraChoice consiste nell’indicare un prodotto o un servizio come green, solo perché anche un’unica e minima sua parte è effettivamente attribuibile al concetto di sostenibilità. Spesso, inoltre, tale parte viene valorizzata senza però fornire la giusta attenzione ad altre parti che risultano essere importanti in egual modo, o perfino più importanti. La critica non consiste nella falsità della dichiarazione sulla parte green del prodotto o servizio, bensì sul fatto di pubblicizzarlo interamente come “verde”, solo per la presenza di una sua piccola parte green. In Figura 15 si evince quanto più della metà delle imprese oggetto della ricerca di TerraChoice commettano questo errore in termini di greenwashing.

Il secondo punto dell’elenco è rappresentato dalla mancanza di prove: in questo caso, il prodotto o servizio offerto non porta con sé sufficienti informazioni che possano permettere a terzi di capire il motivo per cui il prodotto viene definito “verde”.

Un ulteriore “peccato” commesso quando si incorre in greenwashing è quello di utilizzare una terminologia vaga, non dettagliata, riguardo al tema della sostenibilità e le caratteristiche che rendono il prodotto pubblicizzato davvero green.

Il quarto errore che viene compiuto dalle imprese quando commettono il “lavaggio verde di facciata” è rappresentato da affermazioni e dichiarazioni totalmente irrilevanti che non permettono al consumatore di capire perché il prodotto viene definito “verde”. “Irrelevance is also the case with official looking “seals” and logos that are not certified

by a third party but are meant to suggest so”208. L’obiettivo in questo caso è quello di

attrarre il consumatore con particolari affermazioni che si rivelano in un secondo

208 ALVES I.M., “Green spin everywhere: how greenwashing reveals the limits of the CSR paradigm”, Journal of Global Change and Governance, Vol. 2, No. 1, 2009, p. 7

Figura 15. Sins Committed by Category

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momento irrilevanti per quanto riguarda la comprensione della tematica della sostenibilità.

Il quinto punto della lista di TerraChoice è rappresentato dal cosiddetto “male minore”, ovvero le imprese pubblicizzano il proprio prodotto come “verde”, facendo però distogliere l’attenzione del consumatore dal generale impatto ambientale che hanno tutti i prodotti di quel determinato settore. In questo caso: “the “Sin of Lesser of Two Evils”

involves making the consumer feel “green” by offering him or her a product that is harmful to society or the environment, but it appears to be less so in comparison to earlier versions”209.

L’ultimo “peccato” individuato dall’azienda americana è semplicemente quello rappresentato dalla falsità delle affermazioni contenute nelle pubblicità e nelle campagne promozionali. Per falsità si intende la dichiarazione di possedere certificazioni ambientali, marchi o brevetti sostenibili non realmente detenuti, oppure la falsa descrizione delle componenti di un prodotto. In base alla ricerca effettuata da TerraChoice, il “peccato di falsità” rientra però negli errori di greenwashing meno commessi da parte dell’imprese, parimenti al quinto punto della lista.

Se il green marketing sarà in grado di superare le difficoltà e fraintendimenti esposti nei punti appena descritti, i consumatori saranno maggiormente disposti a “fidarsi del verde” e di chi lo vende, ed in questo modo i prodotti green potranno entrare più facilmente e rapidamente nel mercato. “This will be great for consumers, great for

business, and great for the planet”210.

209 ALVES I.M., “Green spin everywhere: how greenwashing reveals the limits of the CSR paradigm”, Journal of Global Change and Governance, Vol. 2, No. 1, 2009, p. 7

210 TERRACHOICE ENVIRONMENTAL MARKETING INC., “The ‘Six Sins of Greenwashingä’”, 2007, p. 8

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