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Ampolla degli arieti (Fig 29) PROVENIENZA: Il Cairo

MATERIALE: cristallo di rocca, argento dorato e niellato

STATO DI CONSERVAZIONE: “il beccuccio e la base inserita nella montatura sono danneggiati, in particolare la modanatura che circonda la parte inferiore del ventre sembra sia stata molata, e inoltre l’ansa è andata perduta”. (Alcouffe, 1986, p. 230) Alla montatura manca il coperchio. (Gaborit-Chopin, 1986, p. 230)

DATAZIONE: cristallo di rocca fine X secolo; montatura: Venezia (?), probabilmente XIII secolo

BIBLIOGRAFIA: Pasini 1885-86, p. 99 n. 115, Molinier 1888, pp. 39-40, p. 96 n. 104, Migeon 1907, p. 375 fig. 324, Pennendreff 1961, p. 111 fig. 8, Gallo 1967, p. 278, III, n. 11, p. 229 n. 76, p. 300 n. 94, p. 353 nn. 109-111, p. 360 n. 155-156, p. 361 n. 205, p. 371 n. 1, Hahnloser 1971, pp. 113-115 (Erdmann, Hahnloser), Gabrieli, Scerrato, 1979, fig. p. 527, Alcouffe, Gaborit-Chopin, 1986, pp. 230-235, Grube 1993-94, pp. 151-153, Kennedy 2007, p. 341, 71. Altezza 17,5 cm (compresa la montatura), larghezza 10,5 cm, diametro della base 8,5 cm Inv. Tesoro n. 86

Questo vaso costituisce l’unica brocca in cristallo di rocca con montatura in argento custodita nel tesoro marciano. L’inventario del 1325 menziona “Ampulletas tres de

cristallo”, una di queste in seguito è stata venduta (Gallo 1967, p. 278, III, n. 11), e

dichiara che questi oggetti erano posti sull’altare, ma il versatoio in argento di questa

ampolla non è pertinente e non poteva pertanto avere un uso liturgico432. L’inventario

del 1571 parla di due ampolle, una delle quali è spezzata (ivi, p. 299, n. 76) mentre la descrizione dell’altra combacia con questa: “Un'altra Ampoletta più grande de

Cristallo col piede et collo d’Arzento”, (ivi, p. 300, n. 94); quello del 1703 parla,

probabilmente per errore, di due ampolle in cristallo con montatura di pietre preziose (ivi, p. 353, nn. 109 e 111). L’inventario del 1801 descrive questo bricco come “1

Ampoletta grande di Cristal con arg[ent]o” (ivi, p. 360, nn. 155-56). Il catalogo del

Cicognara del 1816-20 in riferimento a questo vaso parla in modo particolare della bellezza della montatura (ivi, p. 371, n. 1).

Il vaso in cristallo di rocca, dalla forma a pera similare alla brocca analizzata precedentemente (vedi SCHEDA 10), poggia anch’esso su un basso piede circolare, ma

l’anello inferiore è meno aggettante 433 e il diametro è più stretto rispetto al bricco del

                                                                                                                          432  Alcouffe,  1986,  p.  230.  

califfo. Anche il listello collocato fra il collo del vaso e il corpo è scandito da un rilievo meno pronunciato, mentre “il bordo superiore sporge energicamente, ha forma ovale ed

è abbassato un po’ davanti, ciò che non risulta molto chiaramente a causa del guasto”434.

L’ansa, ora perduta, era fissata leggermente più in alto del bricco del califfo, e attorno ad essa la decorazione si svolgeva in modo analogo e si concentrava sul lato anteriore

del vaso435. Grube abbraccia un’altra ipotesi, e sostiene che questa brocchetta in realtà

non abbia mai avuto un manico di cristallo di rocca436: lo studio ravvicinato del cristallo

da cui sarebbe dovuta dipartire l’ansa porta Grube a pensare che fin da subito il manico di questa brocca fosse annesso alla montatura metallica esterna, e non fosse mai stato intagliato dallo stesso blocco di cristallo del corpo del vaso, come lasciano intendere

Alcouffe437, dichiarando che il presente vaso ha perso l’ansa, Erdmann 438, che sostiene

che i punti di rottura dell’ansa siano stati molati, e Molinier439.

Il programma iconografico del ventre del vaso consiste in due arieti440 affrontati tra un

motivo vegetale, analogamente alle sei brocchette di questo tipo che si conservano (vedi SCHEDA 10). Come nel bricco del califfo, l’intaglio si concentra nella parte anteriore

del vaso, mentre quella retrostante non è decorata441. L’elemento fitomorfo occupa

anche in questo caso lo spazio tra i due animali ed è composto da un albero a doppio fusto dai cui rami si sviluppano palmette e mezze palmette442. Fig. 30. Gli animali disposti ai lati dell’albero, in posizione simmetrica, volgono entrambi la testa all’indietro, ma presentano due posizioni differenti: “la posizione di quello di destra va

interpretata come un salto, mentre quello di sinistra sembra sdraiato”443. Gli elementi in

                                                                                                                          434  Erdmann,  1971,  p.  113  

435  Ibid.  

436  Grube,  1993-­‐94,  p.  153.  “La  zona  dove  il  manico  avrebbe  dovuto  essere  attaccato  è  piatta  e  liscia   e  non  vi  sono  resti  di  un    manico  rotto.  Si  nota  invece  una  sagoma  ornamentale  appuntita  simile  a   una  grande  foglia  suggerita  da  due  piccole  forme  accartocciate  ai  lati.  Al  centro  di  questa  “foglia”  si   nota  un  elemento  leggermente  rialzato.  Una  piccola  protuberanza  sull’orlo  della  brocchetta  sembra   essere  stata  altrettanto  liscia,  sebbene  ora  sia  lievemente  danneggiata:  non  sembra  dunque  essere  il   resto  di  un  manico  rotto”.  Ibid.    

437  Alcouffe,  1986,  p.  230   438  Erdmann,  1971,  p.  114  

439  In  riferimento  al  bricco  del  califfo  e  al  vaso  in  cristallo  di  rocca  di  Firenze,  Molinier  parla  di:  “un  

vase  de  même  forme  dont  l’anse  a  malheureusement  disparu,  mais  dont  les  orfèvres  occidentaux  ont   néanmoins  su  tirer  un  excellent  parti.  […]  La  monture  en  argent  doré  …  on  a  modifié  la  forme  sans   altérer  la  beauté.  Molinier,  1988,  p.  39  

440  A  volte  sono  indicati  anche  come  stambecchi:  vedi  Molinier,  1988,  pp.  39-­‐40  e  Grube,  1993-­‐94,   pp.  151-­‐153  

441  Erdmann,  1971,  p.  114   442  Alcouffe,  1986,  p.  230   443  Erdmann,  1971,  p.  113  

comune che i due animali presentano sono segnalati da Erdmann: “in ambedue, la coscia posteriore è coperta da una mezza palmetta e quella anteriore da un medaglione circolare. Entrambi hanno una coda più larga all’inizio; essa termina attorcigliandosi. Ambedue hanno una testa cuneiforme con occhi incavati e il muso appena accennato; le forti corna inarcate, che si staccano dal cranio con un nastro a tre intagli sferici in cornice quadrata, hanno scanalature oblique. Il corpo è riempito da fitti intagli sferici regolarmente distribuiti”.444 Non è chiaro se quella sorta di cornucopia che si diparte appena sopra il corpo degli arieti terminante in un tralcio a palmetta sia da loro tenuta in bocca445. (Fig. 31).

L’elemento vegetale presenta alcuni tratti in comune con quello del bricco del califfo al- ‘Aziz-Billah, come ad esempio la posizione in mezzo alle due bestie e lo sviluppo a palmette dei suoi racemi, ma in questa ampolla il motivo floreale appare molto più fitto, e lascia solo un esiguo spazio per i due arieti446. Circa lo svolgimento dell’albero

centrale, Erdmann sostiene: “l’”albero di tralci di palmette” del centro mostra un disegno severamente simmetrico, che però non è ovunque chiaro nel suo sviluppo. Dei rami ingrossati come tronchi s’innalzano obliquamente, mandando fuori tre tralci che si attorcigliano come spirali e terminano in mezze palmette. Finiscono in una palmetta intera dalla quale (ed è questo il punto poco chiaro), dopo un anello intorno al fusto, spunta una seconda palmetta più piccola. Dalle mezze palmette della prima diramazione verso l’interno s’innalzano (poco organicamente) dei tralci, che a loro volta mandano fuori ciascuno due tralci secondari con mezze palmette e finiscono in una “cornucopia”, dalla quale escono tre tralci. Di questi, quello superiore si attorciglia a modo di spirale, quello inferiore porta una palmetta intera, mentre quello mediano posto dopo l’anello

intorno al fusto (qui il nesso appare chiaro) finisce a sua volta in una palmetta intera”447.

Fra i sei vasi in cristallo di rocca precedentemente elencati, questo costituisce quello

stilisticamente più vicino al bricco del califfo448, ma rispetto a quello, quest’ampolla è

meno ben conservata: non solo ha perduto l’ansa, ma anche il piede e il beccuccio del

bordo sembra siano stati molati449. Sebbene la decorazione dei due vasi sia affine,

                                                                                                                          444  Erdmann,  1971,  p.  113   445  Ibid.   446  Grube,  1993-­‐93,  p.  151   447  Erdmann,  1971,  p.  114   448  Ibid.   449  Alcouffe,  1986,  p.  230  

secondo Alcouffe in questo bricco “appare più rigida e distribuita in maniera meno

felice”450. Erdmann sostiene invece che rispetto al bricco con i leoni, la decorazione di

questo vaso sia più graziosa e più ricca di particolari451. Sicuramente il motivo vegetale

presente in questo vaso è più complesso di quello del bricco del califfo, che si componeva sempre di un albero dai tralci a palmette e mezze palmette, ma si limitava allo spazio che divideva i due animali, diversamente nel caso di quest’ampolla i rami si dipartono in ampi racemi, “lasciando solo uno spazio esiguo ai due arieti o stambecchi

che si piegano sotto il suo esteso fogliame”452.

Montatura

Questa montatura di argento dorato e niellato si compone di una parte superiore e di un piede. La parte superiore, a cui manca il coperchio, si divide in tre registri: in quello superiore degli uomini combattono contro dei draghi in mezzo a racemi, in quella centrale, separata da un semplice cerchio, si vede un anello ripetuto di palmette-fiori e l’ultima parte di raccordo con il vaso in cristallo, delimitata da due file di foglie,

raffigura un serpente che scivola tra le fronde453. Il piede rappresenta tre personaggi che

affrontano degli animali (un leone, un drago e un lupo) tra un intrico vegetale454. Tutte

queste parti sono decorate a traforo, ad eccezione dell’ultima zona aggettante della parte superiore che poggia sulla brocca di cristallo, e “i racemi con le figure e le palmette-

fiori, traforati, spiccano su un fondo liscio d’argento niellato”455. L’ansa, che sostituisce

quella di cristallo, ha la foggia di un sinuoso drago alato dal corpo decorato di argento dorato e niellato e con la coda terminante in una voluta a foglie con frutta456. Il beccuccio ha invece forma di serpente, non è collegato al bricco ma semplicemente fissato al piede tramite un’asticciola e presenta una decorazione a palmette, simili a quelle incise nel cristallo457.

Una montatura di questo tipo si trova nell’ampolla di Milhaguet, in cristallo fatimita, proveniente dal tesoro di Grandmont, anch’essa dotata di un manico a foggia di serpente                                                                                                                           450  Alcouffe,  1986,  p.  230   451  Erdmann,  1971,  p.  114   452  Grube,  1993-­‐94,  p.  151   453  Gaborit-­‐Chopin,  1986,  p.  230   454  Hahnloser,  1971,  p.  114   455  Gaborit-­‐Chopin,  1986,  p.  230   456  Hahnloser,  1971,  p.  114   457  Gaborit-­‐Chopin,  1986,  p.  230  

decorato a niello, ma molto più semplice di questa458 (cat. Trésors des églises de

France, 1965, n. 368). Secondo Hahnloser, le palmette sul collo ricordano motivi

mosani che ricorrevano a Nona (in croato Nin) e a Zara459; ma le grottesche qui

raffigurate se ne distanziano troppo e trovano paragoni solo con quelle dell’arco del

portale centrale della basilica di San Marco460. Secondo Gaborit-Chopin, il pezzo che

più si avvicina a questo, sebbene sia anteriore (fine XII secolo), è il ciborio (nella sua accezione di vaso) del maestro Alpais eseguito a Limoges e ora al Louvre. In particolare il “piede troncoconico di rame dorato, lavorato a traforo ma fissato su un fondo di metallo con una tecnica simile a quella utilizzata nella montatura veneziana, presenta una decorazione analoga con racemi entro i quali piccoli personaggi lottano contro dei draghi”461.

Hahnloser è del parere che la montatura sia di fattura veneziana, ma la data e l’origine non sono ancora state del tutto chiarite, e potrebbe anche trattarsi di un’opera renana o

limosina inviata a Venezia in un secondo momento 462 (in ogni caso prima

dell’inventario del 1325 che ne parla).

“Dato che il falso becco non si adattava assolutamente all’uso –e che le ampolline da messa compaiono solo a coppie- non doveva trattarsi certo di arredo da altare ma di oggetto decorativo profano da tavola, che, come tanti altri, giungeva al Tesoro solo più

tardi”463. L’originalità della montatura, la raffinatezza stilistica e la ricchezza decorativa

la rendono un’opera d’eccezione464.

                                                                                                                          458  Gaborit-­‐Chopin,  1986,  p.  230  

459  Cfr.  Tesori  della  Croazia:  restaurati  da  Venetian  Heritage  Inc,  Cataologo  della  mostra  tenutasi  a   Venezia,  Chiesa  di  San  Barnaba,  Multigraf,  2001  

460  Hahnloser,  1971,  pp.  114-­‐115   461  Gaborit-­‐Chopin,  1986,  p.  230   462  Ibid.    

463  Hahnloser,  1971,  p.  115   464  Gaborit-­‐Chopin,  1986,  p.  230  

SCHEDA 13: Anfora in cristallo (Fig. 32)