MATERIALE: cristallo di rocca, oro, smalto
STATO DI CONSERVAZIONE: nel complesso ben conservato, presenta il beccuccio leggermente danneggiato all’estremità; anche la base anulare del fondo è danneggiata, il che ha reso necessaria l’aggiunta della montatura (Alcouffe, 1986, p. 224). Restaurato nel 2006 da Corinna Mattiello.
DATAZIONE: cristallo di rocca X secolo; montatura XVI sec. e oltre (Spiazzi: arte veneziana, sec. XX?)
BIBLIOGRAFIA: Lanci 1845-46, II, pp. 133-134, Pasini 1885-86, p. 93, Molinier 1888, n. 107, Migeon 1907, p. 372, Schmidt 1912, p. 44, Cohn-Weiner 1923, pp. 124, 129, Lamm 1929-30, I, pp.192-193, Holzhausen 1931, p. 201, Buckley 1935, p. 66, Erdmann 1940, p. 139, Honey 1946, p. 42, Erdmann 1950-51, p. 7, Erdmann 1953, p. 191, Rice 1956, pp. 86-87, Sherlovnikov 1966, p. 111, Gallo 1967, p. 300, Erdmann 1971, pp. 112-113, Gabrieli, Scerrato 1979, p. 153, Alcouffe 1986, pp. 224-229, Grube 1993-94, p. 153-154, Polacco, 2001, p. 292, Fumo 2006, pp. 142-145, Spiazzi 2006, p. 130, Tonghini 2011, p. 294, IV.3.
Altezza 23 cm, larghezza 12,5 cm Inv. Tesoro n. 80
Si tratta di un bricco ansato in cristallo di rocca a forma di pera montato su un basso
piede anulare389. Costituisce uno dei più importanti manufatti in pietra dura del tesoro
marciano390. Il fondo è costituito da un anello molto aggettante, ma non è stato possibile
misurarne la base in quanto il pezzo non è mai stato separato dalla montatura (secondo il Lamm, 20,5 cm)391; al di sopra di questo anello il corpo del vaso raggiunge la
massima larghezza di diametro392, per poi restringersi man mano che sale verso il
beccuccio. Non sappiamo quando questo oggetto confluì nel tesoro marciano. La montatura, relativamente recente (postuma al XVI secolo), rende a volte difficile
distinguere questo vaso nelle descrizioni degli inventari393: nell’inventario del 1571 si
descrive un pezzo come “un vaso de Cristallo con manico, con tre penini et la bocca
d’esso vaso d’oro”, (Gallo, 1967, p. 300, n. 85?) che potrebbe riferirsi a questo394. 389 Erdmann, 1971, p. 112 390 Fumo, 2006, p. 142 391 Erdmann, 1971 p. 113 392 Ibid., p. 112 393 Alcouffe, 1986, p. 224
394 In occasione del restauro effettuato nel 2006 da Corinna Mattiello si notò la presenza di piccoli segni simmetrici attorno al collo del vaso che hanno lasciato supporre che in origine vi fosse una finitura metallica, il che confermerebbe la descrizione dell’inventario del 1571.
Nell’inventario del 1733 si parla di “un’ampolla con manico d’un solo pezzo scolpita di
figure, con piede et ornamenti d’oro massiccio” (ivi, p. 354, n. 136). Il catalogo del
Cicognara del 1816-20 lo valuta più di tutti gli altri oggetti in cristallo di rocca395. In
base alle descrizioni di questi inventari, Alcouffe ritiene che la montatura che rafforza il manico del bricco si componga di una parte d’oro smaltato e risalga al XVI secolo,
mentre è del parere che il piede d’oro senza smalti sia probabilmente più tardo396.
Collo e beccuccio del bricco sono entrambi di piccole dimensioni397, e sono sottolineati
da due modanature molto marcate a spigoli vivi. Il bordo termina con un beccuccio assai sporgente, lievemente danneggiato. Anche l’ansa, più larga alla base (2,2 cm), si restringe leggermente verso l’alto (1,9 cm), dove è fissata subito sotto al bordo superiore; qui è un piccolo stambecco scolpito a tutto tondo (lunghezza cm 3,5, larghezza cm 0,85, altezza cm 2,5). Le corna dell’animale formano un tutt’uno con le
gambe accovacciate, le quali sono lavorate con un motivo a spirale398 (Fig. 23). L’ansa,
ricavata dallo stesso blocco di cristallo, è rastremata e presenta cinque fori in cui si trovano delle borchie a foggia di fiore, che in origine contenevano degli smalti colorati,
oggi perduti399. L’ansa è ornata da una lavorazione a traforo consistente in tre paia di
tralci opposti terminanti in un arabesco a foglia400.
La decorazione a rilievo del ventre, ravvivata da scanalature, è disposta simmetricamente e ospita un programma iconografico consistente in due leoni affrontati su un motivo a tralci che fa da sfondo. Le bestie sono raffigurate di profilo in posizione araldica, con il collo sagomato da un listello scanalato e il corpo coperto da fitte
punzonature401. Il loro “atteggiamento viene reso naturalisticamente, ma la decorazione
del corpo e delle zampe annulla in parte la volumetria”402. A proposito delle fiere, Erdmann dice che “riposano sulle gambe posteriori, si sostengono su quelle anteriori raddrizzate e tengono la testa leggermente piegata indietro. La bocca è aperta, il loro occhio a forma di sfera ha un incavo nel centro, l’orecchio è stranamente piccolo. […]
395 Alcouffe, 1986, p. 224. Durand descrive l’oggetto nel modo seguente: “Aiguière: ornée d’animaux
sculptés en relief dans la masse, parmi lesquels j’ai distinugé un lion accroupi; elle est fixé sur une petite base dorée et est garnie d’une anse en argent”. Durand, 1861, p. 55
396 Alcouffe, 1986, p. 224 397 Spiazzi, 2006, p. 130 398 Erdmann, 1971, p. 113 399 Fumo, 2006, pp. 143-‐144 400 Alcouffe, 1986, p. 224 401 Erdmann, 1971, p. 113 402 Spiazzi, 2006, p. 130
La coda passa davanti alla gamba posteriore e si arriccia sopra la schiena degli animali. Mentre la forma delle loro zampe è piuttosto naturalistica, il disegno a forma di squame sulle gambe anteriori, le mezze palmette che si staccano dalla coda sulla coscia posteriore e una simile figurazione presso l’occhio costituiscono aggiunte
ornamentali”403. (Fig. 24). Il decoro fitomorfo che si trova tra le due fiere rappresenta
un arabesco floreale404 che si diparte da un cartiglio e si sviluppa in palmette e mezze
palmette. Delle aggiunte simili si trovano anche come dettaglio nelle code dei leoni, terminanti in una sorta di foglia di palma, e nelle zampe, decorate da scaglie ravvicinate. Sulla spalla della brocca un’iscrizione cufica gira attorno al collo e recita: “La
benedizione di Dio sull’Imam al-‘Aziz-billah”405. Tale cartiglio, decifrato da
Longpérier, consente di datare con precisione il pezzo: il califfo fatimita al-‘Aziz- Billah, a cui è dedicato, regnò in Egitto dal 975 al 996406. Inoltre, ci permette di
collocare il vaso ad un contesto di corte: probabilmente il vaso faceva parte del ricco corredo del califfo, e l’iconografia qui presente costituita dai leoni e dallo stambecco
voleva forse alludere alla caccia, attività che l’imam praticava con passione407.
L’oggetto si ritiene con certezza eseguito da intagliatori fatimidi del Cairo, dove all’epoca si lavorava il cristallo di rocca408.
Esistono in totale sei brocche di questo tipo: due si trovano nel tesoro marciano (SCHEDE 10 e 11), una è conservata al Museo degli Argenti a Palazzo Pitti (Fig. 25), una si trova al Victoria and Albert Museum di Londra (Fig. 26), una è custodita al Louvre (Fig. 27) e l’ultima appartiene al tesoro del duomo di Fermo (Fig. 28). Questi vasi in cristallo di rocca condividono tutti la medesima forma a pera e la stessa distribuzione dell’iconografia: gli intagli presentano sempre due animali che si fronteggiano tra una decorazione floreale. Ad eccezione del vaso fiorentino, più piccolo, l’altezza di questi pezzi è compresa fra i 18 e i 21 cm, e avevano tutti in origine un’ansa
403 Erdmann, 1971, p. 113
404 Grube, 1993-‐94, p. 153
405 Erdmann, 1971, p. 113 e Alcouffe, 1986, p. 224. Spiazzi e Grube la riportano come: “La benedizione di Allah sull’Imam al-‐‘Aziz-‐billah”.
406 “Un solo altro esemplare porta il nome di un califfo, al-‐Zahir (1021-‐1036): si tratta di un oggetto a forma di mezzaluna, forse parte di una bardatura per cavallo, oggi nel museo di Norimberga. Tonghini, 2011, p. 294, n. IV.3
407 Fumo, 2006, p. 144. Al sovrano al-‐‘Aziz-‐Billah è stato dedicato il più vasto testo arabo di falconeria: cfr. Viré, Le Traité de l’art de volerie, Leiden, 1967.
sulla cui sommità stava seduto un animaletto a tutto tondo409. Risalgono tutti al X secolo, il bricco di Firenze a inizio XI secolo. Il bricco conservato al Museo degli Argenti, Palazzo Pitti, Firenze, è decorato da due uccelli affrontati, è di poco posteriore a quello del califfo e reca una iscrizione dedicata al dignitario di corte Husayn ibn Jawhar410 e quindi datato 1000-1008411. Un’altra brocchetta è conservata al Victoria and Albert Museum di Londra: l’animale posto sull’ansa è spezzato, mentre il bricco è decorato da una scena di combattimento che vede una gazzella catturata da un falco, ma in questo caso la disposizione del fogliame attorno agli animali è distribuita con leggerezza su tutta la superficie e la resa è più astratta412. Ad eccezione di questa e dell’altra brocca di Venezia, tutti riportano un’iscrizione augurale413. L’altro bricco appartiene al Louvre e in origine faceva parte del tesoro di Saint-Denis (è nota come
Aiguière du trésor de Saint-Denis414). Molinier cita solo questa brocca e quella di
Firenze come vasi consimili a quelli del califfo415. Anche in questo vaso, come in quello
di Firenze, la decorazione vegetale domina lo spazio, che rimane esiguo per gli animali,
in questo caso due volatili di piccoli taglia416. L’ultimo dei sei vasi presenta anch’esso
due volatili intagliati tra un elaborato motivo floreale ed è custodito nel tesoro del duomo di Fermo. L’iscrizione augurale posta sulla spalla del vaso ha consentito di datarlo al tardo X secolo417.
Fra tutti questi pezzi, il bricco del califfo è l’esemplare più antico e il meglio
conservato418: l’ampolla degli arieti e il bricco di Fermo hanno completamente perduto
l’ansa, e in nessuno degli altri si conserva l’animaletto posto sulla sommità419.
409 Grube, 1993-‐94, p. 151
410 Questa iscrizione era inizialmente ritenuta una formula di benedizione, ma Rice fornì una interpretazione più acuta traducendola come “per il Comandante dei Comandanti in persona”, Rice identifica tale comandante, in base ai dati storiografici, con Husayn ibn Jawhar, un personaggio illustre della corte fatimide. Grube, 1993-‐94, p. 155
411 Spiazzi, 2006, p. 130 412 Grube, 1993-‐93, p. 151 413 Alcouffe, 1986, p. 224
414 S.v. Sophie Makariou, Les arts de l’Islam au Musée du Louvre, Hazan, Paris, 2012, pp. 127-‐128 415 A proposito del bricco di Saint Denis dice: “Sa forme est sensiblement la même, mais l’anse a
perdu le bouquetin qui la surmontait et que nous retrouvons intact dans le vase d’El-‐Aziz_billah; il en reste toutefois des traces. Sur la panse sont sculptés des perroquets et, autor du col, on lit une inscription que Longpérier a traduite: Bénédiction et (bonheur) à son possesseur.”
416 Makariou, 2012, p. 128 417 Grube, 1993-‐94, pp. 148-‐149
418 Erdmann, 1971, p. 113, Alcouffe, 1986, p. 224, Spiazzi, 2006, p. 130 419 Alcouffe, 1986, p. 224
Circa lo sviluppo della decorazione di questi vasi, gli studiosi hanno idee diverse: Rice420 ritiene che l’ornamentazione ad arabesco si evolva da semplice a via via più
complessa e articolata; mentre Grube421 è del parere che si sviluppi nel modo inverso422.
Per quanto concerne la forma, secondo Alcouffe essa “tradisce forse un’influenza persiana: il beccuccio allungato appare già nell’oreficeria sasanide, e in genere la loro sagoma sembra riscontrabile nell’arte vetraria persiana del IX-X secolo; ma esistono
anche reminescenze classiche423”: al Louvre si conserva una brocca in argento datata IV
secolo, la cui ansa è decorata da uno stambecco. Anche la decorazione manifesta influenze persiane, in modo particolare nella resa astratta dei motivi fitomorfi, in
contrasto con il realismo con cui sono reso gli animali424. La scelta dell’iconografia di
leoni e stambecchi ricorre anche in altri cristalli di rocca fatimidi: si veda ad esempio la bottiglia in cristallo di rocca conservata a Firenze nel tesoro di San Lorenzo, il cui collo è decorato da due leoni425, o il ventre di una brocca conservata all’Ermitage (Lamm,
1929-30, I, pp. 94-94). Gli stambecchi si vedono invece rappresentati in un bassorilievo del cofanetto per reliquie in cristallo di rocca custodito al Musée de Cluny a Parigi, o nel piede del calice appartenente alla collezione di Luigi XIV, ora al Louvre, il quale “è costituito da un frammento di fiaschetta fatimita ornato da un fregio con otto
stambecchi”426. Anche Erdmann è d’accordo sul fatto che questi vasi richiamino quelli
persiani-sassanidi: “per quanto riguarda la loro forma, essi non hanno precursori fra i precedenti lavori egiziani in cristallo. Il loro tipo compare senza gradi preparatori, già
pienamente sviluppato”427. Gli studiosi ritengono che dei vasi in vetro ritrovati in Persia
(vedi il bricco di vetro della collezione Buckley ora al Victoria and Albert Museum di
Londra), per forma e decorazione mostrino spiccate analogie con forme sassanidi428.
Vasi come questo dovettero giungere in Egitto all’inizio della dinastia fatimide e
420 Rice, A datable Islamic rock crystals, in OA, NS, II, 1956, pp. 85-‐93 421 Grube, 1993-‐94, pp-‐ 151-‐153
422 Per questo data l’ampolla degli arieti (vedi SCHEDA 11) al X secolo, non al tardo X secolo come gli altri studiosi. Ibid., p. 151
423 Alcouffe, 1986, p. 224 424 Ibid., p. 229
425 Grube, 1993-‐94, pp. 146-‐147. Sulla disposizione di queste due fiere Grube dice: “La decorazione di questo recipiente è per molti aspetti insolita: solo un lato del collo è decorato, e rappresenta due leoni uno l’uno di fronte all’altro, ma con la testa girata in modo da dare l’impressione di essere in posizione frontale”. Ibid. Il corpo è invece decorato da medaglioni che racchiudono al loro interno degli uccelli. Vedi Heikamp, 1974, n. 22, fig. 44.
426 Alcouffe, 1986, p. 229
427 Erdmann, Rock Crystals, 1951, passim. 428 Erdmann, 1971, p. 114
cominciarono subito ad essere imitati da intagliatori del cristallo già esperti in materia. “Così, dalla collaborazione fra la tradizione persiana, cioè sassanide, e la maestria egiziana della lavorazione del cristallo di rocca, nacque quel gruppo di vasi che vanno associati con il bricco di ‘Aziz del Tesoro di San Marco, che rappresenta il punto culminante dell’arte fatimita dell’intaglio della pietra”429. Questo tipo di vasi, con l’animale posto a tutto tondo alla sommità dell’ansa, per la forma a pera e per il tipo di decorazione composto da due animali affrontati tra un complesso motivo vegetale, si rifà certamente al vasellame in argento dorato trovato nella Persia sasanide e nell’arte islamica delle origini430.
Il bricco in cristallo di rocca del califfo al-‘Aziz-Billah, per la purezza del cristallo e per
la precisione dell’intaglio rappresenta uno dei più raffinati esempi di glittica fatimide431.
429 Erdmann, Bergkristallkannen, 1953, pp. 198 e ss. 430 Grube, 1993-‐94, pp. 151
SCHEDA 12: Ampolla degli arieti (Fig. 29)