MATERIALE: cristallo di rocca, oro
STATO DI CONSERVAZIONE: perfettamente conservato, ad eccezione della perla posta come coronamento, ora sostituita da una fiamma (Erdmann, 1971, pp. 116-117)
DATAZIONE: cristallo di rocca: intagliato in Egitto intorno al 1000 (Erdmann), montatura veneziana della metà del XIII secolo (Hahnloser)
BIBLIOGRAFIA: Pasini 1885-86, p. 25 n. 36, Molinier 1888, pp. 39-40 n. 17, Lamm 1930, p. 204, tav 69, Erdmann 1951, p. 47, Gallo 1967, p. 20, n. 1, p. 23, n. 1, p. 273, n. 1, p. 276, n. 1, Hahnloser 1959, p. 138, Hahnloser 1971, pp. 116-18 (Erdmann, Hahnloser), Gabrieli, Scerrato, 1979, fig. p. 526, Contadini 1998, p. 29.
Altezza 23,9 cm, larghezza 9 cm Inv. Santuario n. 63
L’inventario del 1283 riporta reliquie, reliquiari e icone in parte danneggiate dall’incendio. Fra le reliquie che si sono miracolosamente salvate dal fuoco figura anche quella del Sangue di Nostro Signore. In origine il reliquiario si trovava probabilmente dentro un contenitore d’argento a forma di chiesa, perchè nell’inventario del 1283 compare al n. 1 descritto come “ampulla una de christallo in qua est sanguis Salvatoris
Nostri Jesu Christi ornata auro et una perla desuper, et est in quadam ecclesia argenti”496. Il successivo inventario del 1325 lo descrive in modo analogo, ma
soffermandosi anche sulla montatura: “Ampulam unam de cristallo, cum pede auri,
ornatam circumcirca aurum et cum una perla in capite in qua est de sanguine Salvatoris nostri; et est in quadam Ecclesiola argenti facta cum clatis” (ivi, p. 23, n. 1).
Martin Sanudo497 riporta che fra le reliquie esposte la notte del Venerdì Santo
compariva anche la reliquia del Sangue di Gesù Cristo. Rappresenta una delle tre
reliquie più venerate di San Marco498.
La bottiglietta in cristallo, di forma cilindrica, è stata adattata a fungere da reliquiario: il cristallo di rocca, essendo trasparente, era molto apprezzato per questi scopi in quanto lasciava intravvedere la reliquia contenuta, si tratterebbe del sangue che nel 320 sarebbe sgorgato da un crocifisso di Costantinopoli che alcuni ebrei avevano schernito e pugnalato, prima di convertirsi al cristianesimo. I vescovi raccolsero poi il sangue in
496 Gallo, 1967, p. 20, n. 1
497 Sanudo, Miscellanea di cronaca veneta, (Museo Correr, Mss. Cicogna, n. 921, c. 25) 498 Hahnloser, 1971, p. 118
varie bottigliette, che inviarono a re e principi499. La leggenda delle crocifissioni cristiane del 320 si ricollega a quella di Cristo, e il sangue finì per essere identificato come quello di Cristo stesso. Il miracolo è descritto in un sermone di un contemporaneo, Sant’Atanasio di Alessandria, citato poi nel 787 nel corso del Secondo Concilio di Nicea500. Secondo Hahnloser501, l’arcidiacono di San Marco assicurava il presente reliquiario al collo con una catena e lo usava per la benedizione dei fedeli durante la cerimonia del Venerdì Santo.
Il corpo in cristallo di rocca, a forma di bottiglia, è sottolineato da due anelli, ripetuti anche nel collo della bottiglia. La parte centrale del corpo è decorata a rilievo con un motivo floreale di tralci e palmette, che si ripete due volte componendo un arabesco. Due foglie attorcigliate formano delle palmette rivolte verso il basso, dalle quali si diparte un tralcio che a sua volta sviluppa nuovi pampini, mentre un altro ramo si attorciglia a formare un motivo vegetale più stilizzato. Un’iscrizione cufica è collocata attorno al collo della bottiglia ed è stata tradotta da E. Kühnel come “benedizione e … e gloria”. La parte centrale non è leggibile, ma si tratta quasi sicuramente di un'altra
parola di augurio502. Il motivo a tralci è ascrivibile all’Egitto fatimide, e ci porta a datare
il pezzo intorno all’anno 1000503. Recipienti dalla forma simile a questo sono: una
bottiglia in cristallo di rocca senza decorazioni custodita al Victoria and Albert Museum di Londra e una bottiglia con un rilievo formato da uccelli del tesoro di San Lorenzo, Firenze504, molto affini anche le bottiglie della cattedrale di Astorga e del Duomo di Halberstadt505.
Montatura
La montatura in oro si compone di uno zoccolo a due gradini diviso in sei lobi dal rialzo aperto decorato da arcatelle sbalzate. “Nei segmenti inferiori si alternano palmette a forma di cuore e alberelli incisi; nei lobi superiori tralci di foglie si alternano a uccelli dalle ali aperte, il tutto su fondo irruvidito opaco. Tra i bastoncini di perline e i nastri di
499 Pasini, 1885-‐86, p. 25 500 Contadini, 1998, p. 29
501 Hahnloser, 1971, pp. 117-‐118
502 L’interpretazione di Pasini “Gloria all’eterno Dio” è sicuramente errata. Erdmann, 1971, p. 117 503 Erdmann, 1971, p. 117
504 Vedi Grube, 1993, pp. 146-‐147, n. 56
losanghe, un nodo a forma di zucca incisa. Da un calice di foglie con bocciuoli e una pigna salgono quattro nastri portatori, smussati e incisi in basso, costolati in alto; essi
sostengono il reliquiario con listelli nascosti”506. Sul nastro orizzontale si legge
l’iscrizione: “hic est sanguis Christi”. La perla alla sommità del reliquiario, citata nei primi inventari, è stata sostituita dall’attuale fiamma barocca.
Stando alle informazioni che ci danno gli inventari sopra citati e il Pasini, il vaso in cristallo, prima di ricevere la montatura attuale, si trovava contenuto dentro un astuccio
in argento richiudibile507. La montatura ci fornisce quindi un terminus ante quem, in
quanto citata nell’inventario del 1283508, oltre a rappresentare un caso straordinario di
oreficeria veneziana eseguita interamente in oro puro per il Tesoro di San Marco509. Nel
seguente inventario del 1325 compare al n. 2 “Capisculam unam parvam argenti, in
qua consueverat stare dictus sanguis”510 (Pasini, p. 25), già citata anche nell’inventario
del 1283 e che sta ad indicare la capsella in argento che conteneva inizialmente la boccetta con il Sangue di Cristo. Lo zoccolo della montatura, diviso in sei lobi, è tipicamente veneziano, mentre il nodo a forma di melone e la pigna con i boccioli si
rifanno certamente all’arte del Reno e della Mosa511. Estremamente raffinata si presenta
nel complesso l’incisione del supporto del piede in oro. Eccezionale anche la parte superiore della montatura, con i nastri che salgono a incorniciare delicatamente il cristallo, senza coprire né la visione del contenuto, né la bellezza del cristallo stesso, enfatizzando così l’intaglio dei cristallai fatimidi512.
506 Hahnloser, 1971, p. 117 507 Pasini, 1885-‐86, p. 34, n. 1
508 “E’ l’unico lavoro registrato nel primo inventario del Tesoro del 1283 sicuramente eseguito da orafi veneziani, e quindi databile a poco prima di quell’anno". Hahnloser, 1971, p. 118
509 Contadini, 1998, p. 29 510 Gallo, 1967, p. 23, n. 2 511 Hahnloser, 1971, p. 118 512 Contadini, 1998, p. 29
SCHEDA 15: Candeliere di cristallo grande (Fig. 37)