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L’ ANALISI DEL PROCESSO PRODUTTIVO

Grafico 1.4 – Il tasso di crescita imprenditoriale in Italia distinto per forma giuridica (anni 2000-2005)

2.3 L’ ANALISI DEL PROCESSO PRODUTTIVO

Un’operazione di M&A è il frutto di un complesso negoziato tra due controparti, caratterizzato da obiettivi ed esigenze contrapposte che le imprese, da sole, non sono in grado di gestire ed affrontare non avendo maturato un’esperienza pregressa; quindi entrambe le parti necessitano del supporto di figure professionali in grado di gestire la realizzazione della transazione ed entrambe rappresentano potenziali clienti dell’advisor.

La necessità di strutturare il processo in fasi deriva dalla necessità di strutturare lo stesso in modo sistematico e quindi dare un ordine di priorità alle varie problematiche da affrontare, allocare le risorse necessarie e stabilire i tempi di attuazione.

Inoltre un’accurata pianificazione delle fasi consente al management di valutare sin da subito l’esistenza di aspetti critici che necessitano di maggiore attenzione. Dal momento iniziale in cui matura l’idea dell’operazione al momento del closing possono passare diversi mesi quindi succedersi dei cambiamenti in grado anche di diminuire l’attrattività del progetto iniziale: in casi estremi subentrano fattori che ne mettono in dubbio la reale prosecuzione.

Per rispondere a tali incertezze è necessario specificare i tempi specifici di ogni fase e darsi un obiettivo di tempo complessivo entro il quale il processo deve essere concluso.

L’obbligo di un’accurata azione di planning risponde a esigenze organizzative interne dell’intermediario che segue l’operazione di M&A, contemporaneamente impegnato anche nella gestione corrente. Il fattore temporale è di importanza fondamentale nelle operazioni in esame che spesso generano notevoli benefici solo se realizzate celermente in modo da spiazzare la concorrenza. La rapidità decisionale assume maggiore rilevanza quando il numero delle potenziali target è molto limitato e facilmente individuabile. Le tre macrofasi cruciali del processo sono rappresentate dalla fase iniziale in cui matura la decisione, dalla fase intermedia delle trattative e del

closing e da quella finale in cui si dovrebbero realizzare gli obiettivi desiderati.

Ogni operazione è connotata da proprie specificità e non si può individuare un riferimento temporale standard valido a livello generale, ricerche empiriche hanno comunque dimostrato che i tempi ritenuti normali per l’ottenimento dei risultati finali del processo, pur variando in funzione degli obiettivi sottostanti, prevedono un orizzonte medio di due/tre anni, uno slittamento dei tempi indicherebbe l’insorgere di difficoltà che allontanano ulteriormente la conclusione dell’operazione. Il controllo dei tempi non è impresa agevole e la possibilità di accorciarne la durata dipende dal potere negoziale delle parti in causa; sono agevolate le situazioni in cui vi è un forte squilibrio nei rapporti di forza tra le parti sia in caso di successo che di fallimento della trattativa.

I diversi step tipicamente presenti in un’operazione di M&A presuppongono l’utilizzo di risorse e competenze specifiche nonché il sostenimento di costi correlati all’acquisizione e sviluppo interno dei fattori produttivi rilevanti. Ciascuna delle fasi, in cui è disaggregabile un’operazione di M&A, può generare o distruggere valore e possono essere raggruppate in tre macrocategorie:

- fasi generatrici di valore;

- fasi generatrici di sunk cost (Capizzi, 2001, pp. 90). 2.3.1 LE FASI NON GENERATRICI DI VALORE

Tra le fasi non generatrici di valore sono da annoverare l’incarico, la valutazione, la definizione della strategia di vendita e l’analisi di mercato. In tali fasi, da considerare a monte dell’intero procedimento, viene svolta un’attività che richiede il sostenimento, da parte dell’advisor di ingenti investimenti soprattutto in capitale umano, è in queste fasi che gli analisti finanziari devono effettuare le analisi di settore, redigere i blind profile elaborare proiezioni e scenari strumentali alla determinazione del valore della società

target.

Con la firma del mandato la struttura del consulente compie ufficialmente i primi passi dediti all’implementazione dell’operazione e ciò implica:

- la creazione di un team incaricato di portare a termine il progetto, nel quale il professionista senior gestisce le relazioni con il cliente e con gli advisor dei potenziali acquirenti, mentre gli analisti finanziari sono responsabili di predisporre il selling memorandum e tutte le elaborazioni a supporto delle trattative;

- l’apertura di un apposito “centro di costo” intestato al progetto cui imputare qualsiasi esborso da sostenere nel corso di validità del mandato, in modo da poter sempre controllare l’ammontare di risorse che l’advisor dedica ad un’operazione di M&A.

Le fasi raggruppate in questa macrocategoria vengono remunerate tramite un’apposita commissione denominata commitment fee o retainer fee corrisposta normalmente alla firma del mandato e defalcata poi dalla quota di compenso subordinata all’esito positivo della trattativa detta success fee.

La commitment fee ha lo scopo di coprire i costi fissi sostenuti anche in caso di eventuale fallimento della ricerca di coprire i costi fissi sostenuti anche in caso di fallimento della ricerca del potenziale buyer e di tutelare l’advisor da possibili comportamenti opportunistici da parte del gruppo venditore volti ad esempio a disporre di una completa analisi di settore o di una valutazione del suo capitale economico. Maggiore è il portafoglio di mandati dell’advisor maggiore sarà la sua capacità di operare con limitate commitment fee condizione spesso determinante per l’ottenimento

di un incarico M&A soprattutto se la clientela è rappresentata da imprese di piccole e medie dimensioni. Stime recenti hanno valutato che più del 70% dei mandati non supera la fase dell’analisi di mercato, ne consegue come l’attività di advisoring sia caratterizzata, a monte, dalla presenza di condizioni disequilibrio gestionale a livello di singola operazione che comunque non fa desumere la presenza di uno stato patologico fintanto che lo squilibrio non si rilevi a livello corporate cioè considerando tutte le operazioni in essere in un dato momento (Capizzi, 2001, pp. 90-95).

2.3.2 LE FASI GENERATRICI DI VALORE

Sono da includere tra queste le fasi a valle del processo produttivo e cioè la fase in cui l’advisor prende i primi contatti con i potenziali buyer, il selling memorandum, la negoziazione e il closing. Sono attività produttive che richiedono il possesso:

- di un know-how non solo sulle consuetudini, ma anche su tutti gli elementi tecnici propri di un’operazione di M&A;

- del placing power che garantisce un patrimonio di contatti indispensabile per poter svolgere su base continuativa l’attività di M&A;

- di un network di relazioni con altri professionisti portatori di competenze che non si è ritenuto conveniente internalizzare nella propria struttura, ma da attivare necessariamente in fase di closing.

Questa categoria comprende una serie di attività ad alto valore aggiunto che richiedono competenze di tipo relazionale, requisiti che si acquisiscono con il tempo, con l’esperienza e l’esito positivo delle operazioni, componenti non controllabili dall’advisor nel breve termine.

Inoltre, questa categoria di attività viene di solito remunerata attraverso la success

fee che rappresenta la parte più importante del compenso complessivamente percepito

dall’intermediario nell’ambito di un’operazione di M&A. La commissione viene calcolata come percentuale del prezzo finale di vendita percentuale che oscilla tra il 2% e il 3% e diminuisce all’1% per le operazioni di elevato ammontare, metodo che ha sostituito la cosiddetta formula Lehman74.

74 In passato si utilizzava la cosiddetta formula Lehman o Wall Street rule che prevedeva l’applicazione di

percentuali decrescenti all’aumentare dell’importo dell’operazione: ad esempio il 5% sul primo miliardo, il 4% sul secondo ecc. La ratio di tale formula risiede nella constatazione che la qualità dell’intervento professionale richiesto all’intermediario dovrebbe variare meno che proporzionalmente all’aumentare del

Un modo opposto alla formula Lehman per il calcolo della success fee consiste nello stabilire ex ante un prezzo soddisfacente per il venditore e utilizzare una percentuale fissa fino a tale prezzo e percentuali crescenti una volta superato lo stesso, così da premiare il contributo differenziale eventualmente apportato dall’advisor grazie alle sue capacità negoziali.

Il neo di tale metodo consiste nel fatto che potrebbe stimolare comportamenti opportunistici da parte dell’ advisor, il quale potrebbe sottostimare volontariamente il valore stand alone della società target rispetto alle reali opportunità offerte dal mercato.

La success fee dovrebbe consentire all’advisor di recuperare sia gli investimenti non esplicitamente remunerati sostenuti per l’acquisizione delle risorse di fiducia, sia la quota di costi sostenuta nelle fasi precedenti a monte del processo che eccede la remunerazione fissa cioè la commitment fee. L’intermediario, per mantenere la capacità di operare nel mercato M&A preservando la propria economicità di gestione, deve essere in grado di avere un numero consistente di mandati in portafoglio e deve saper chiudere positivamente le operazioni in cui si impegna al fine di mantenere un vantaggio competitivo nel lungo periodo.

La fase della due diligence coinvolge l’advisor dei potenziali acquirenti della società target e non anche l’advisor del venditore. Per la capacità di tale fase di creare valore bisogna considerare come la medesima viene svolta; in caso di eventuale esternalizzazione della stessa ad appositi specialisti, quali società di revisione e certificazione, si dovrà esplicitamente remunerare il professionista esterno.

La remunerazione del selling memorandum avviene con la commitment fee in modo da garantire un compenso minimo anche in caso di insuccesso dell’alienazione, anche se il progressivo intensificarsi della competizione esistente sul mercato delle operazioni di M&A ha reso sempre più premiante la capacità dell’advisor di operare con commissioni fisse limitate e di sostenere elevati investimenti aventi natura di sunk cost.

2.3.3 LE FASI GENERATRICI DI SUNK COST

In tale categoria rientrano la prima e l’ultima fase cioè il contatto e la gestione del medesimo post-acquisizione. Sono attività strumentali all’avvio dell’assistenza propriamente detta che non generano per l’intermediario forme esplicite di remunerazione pur assorbendo risorse.

Si tratta comunque di oneri necessari per generare quel volume minimo di contatti indispensabile per l’ottenimento su base continuativa di un numero elevato di mandati: condizione necessaria affinché l’advisor chiuda un numero di operazioni sufficiente a garantirne la sopravvivenza e la competitività nel mercato dell’M&A.

Gli investimenti sostenuti per la creazione e gestione dei contatti sono da considerarsi dei sunk cost necessari per lo svolgimento su larga scala di operazioni di M&A.

La capacità della banca d’affari di mantenere i contatti attivati nell’ambito di una particolare operazione di finanza straordinaria conclusa con esito favorevole rientra in una strategia di copertura volta ad aumentare le probabilità di ricevere anche in futuro analoghi incarichi di advisoring.

Sono, inoltre, da ascrivere in questa categoria tutti gli investimenti sostenuti nelle fasi a valle del processo, precedentemente incluse tra le fasi generatrici di valore, in caso di esito negativo dell’operazione di M&A; si tratta infatti di una serie di attività realizzate dall’advisor che, seppur non concretizzatesi nella chiusura positiva del deal, contribuiscono ad arricchire il patrimonio di conoscenze e competenze di natura relazionale da cui dipende la futura capacità dell’intermediario di acquisire mandati nel mercato M&A (Capizzi, 2001, pp. 90-96).