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L A PIANIFICAZIONE DELL ’ INTEGRAZIONE

Grafico 1.4 – Il tasso di crescita imprenditoriale in Italia distinto per forma giuridica (anni 2000-2005)

2.1 L A PIANIFICAZIONE DELL ’ INTEGRAZIONE

Le operazioni di crescita esterna rappresentano una decisione di grande portata strategica e impongono, pertanto, un accurato processo di analisi che consenta di soppesarne gli aspetti critici e di valutarne l’effettiva percorribilità. La complessità, l’estensione degli effetti generati e l’orizzonte temporale che l’acquisizione comporta per la sua realizzazione obbligano a seguire l’approccio decisionale tipico degli schemi della pianificazione a lungo termine; in effetti si tratta di valutare un progetto pluriennale che coinvolge l’intera struttura aziendale.

In tale contesto, una decisione di acquisizione ha forti probabilità di essere realizzata con successo solo se rientra in un disegno strategico ampio e articolato, che la vede inserita con coerenza e organicità: l’efficacia della decisione dipende proprio dall’accuratezza con cui essa è stata progettata nel tempo. Per tali ragioni in alcuni grandi gruppi viene definita una vera e propria politica di acquisizioni/cessioni, internalizzata e gestita da manager specializzati in tale attività.

In via speculare, spesso il progetto si inquadra in una logica di tipo opportunistico poiché la decisione di dar luogo all’operazione di finanza straordinaria non è parte di una piano strategico definito a priori, ma finalizzata a cogliere un’opportunità di mercato casuale e non programmata (Conca, 2005, p. 45).

Sebbene il numero di acquisizioni e fusioni sia fortemente cresciuto negli ultimi anni, a dimostrazione del favore che queste forme di concentrazione incontrano presso gli operatori, la percentuale di operazioni che non sortiscono gli effetti desiderati rimane ancora alta.

Tra i motivi che conducono all’elevato numero di insuccessi più spesso citati si identifica la superficiale analisi che si compie e la “giustificazione” che si fornisce prima di intraprendere l’operazione65.

Il fallimento di molte acquisizioni sarebbe così dovuto, almeno in buona parte, a carenze nella “riflessione” pre-acquisitiva.

La tradizionale suddivisione del processo di acquisizione nelle fasi della valutazione ex-ante dei benefici ricercati, della negoziazione e dell’integrazione post-acquisitiva può indurre a trascurare, prima che l’operazione prenda vita, gli aspetti relativi alle aziende coinvolte, che peraltro tendono a manifestare la loro criticità solo nel momento in cui le due realtà oggetto di concentrazione dovranno integrarsi66. In altri termini si tende a non valutare, anzi a trascurare, ex-ante la compatibilità culturale e organizzativa delle singole realtà. Vi è di più. Non è infatti raro che, in determinati contesti, non si giunga neppure a compiere una stringente analisi delle sinergie e dei vantaggi conseguibili con l’operazione, dei miglioramenti realizzabili e delle razionalizzazioni possibili.

Si tratta di un’eventualità che si verifica molto frequentemente quando si presentano inaspettatamente possibili acquisizioni e in tal caso il fattore tempo diventa cruciale imponendo una veloce chiusura dell’acquisizione e consentendo poche analisi, più spesso di tipo finanziario e contabile. Solo successivamente le sperate sinergie si rilevano meno possibili, la compatibilità culturale e organizzativa modesta e i miglioramenti difficilmente realizzabili.

Jemison e Sitkin (1986) identificano tre tipi di fattori da considerare attentamente in sede di pianificazione e di valutazione di un’acquisizione:

- la motivazione/consonanza strategica; - l’integrabilità delle organizzazioni;

- il modo secondo cui condurre il processo acquisitivo.

Qualunque percorso di sviluppo specifico -realizzabile, in questo caso attraverso le operazioni di M&A- deve essere collegato e dunque parte di un progetto strategico

66 Si veda sul tema Haspeslagh-Jeminson, 1992 e Abravanel-Ernst, 1993. Nello specifico gli autori hanno

analizzato il processo acquisitivo sostenendo che i rapporti fra acquisizioni e pianificazioni della strategia presentano molte varianti e che nella realtà non prevalgono né le manifestazioni di evidente opportunismo né i casi di acquisizioni attentamente pianificate. Un’acquisizione veramente pianificata comporta la sistematica messa in opera di una strategia ben definita che sia il risultato di un processo di pianificazione, di una ricerca e di uno screening ben formalizzati. Questi programmi formali di acquisizione sono tipici di imprese di grandi dimensioni che hanno individuato un divario nella crescita o l’esigenza di un consistente riposizionamento. Altre acquisizioni sono invece veramente opportunistiche: in questo caso, il rischio è che il processo di “giustificazione” non porti alla chiara individuazione di una valida strategia, necessaria per guidare poi il processo nella sua interezza e complessità. Gli autori sopra citati ritengono “strategica” un’acquisizione in cui il processo di “giustificazione” sia fondato non tanto sulla semplice validità economico-finanziaria dell’integrazione, ma soprattutto sulla definizione di una strategia di cui l’operazione è parte integrante. Va poi ricordato che anche quando le operazioni di M&A sono contemplate in un contesto strategico dettagliato e precipuo possono determinare opportunità e vincoli che richiedono correzioni o modifiche delle strategie stesse. Pertanto, l’adozione di questa prospettiva comporta che la “giustificazione” strategica dell’operazione risulti il punto di partenza di un processo acquisitivo strutturato e la necessaria verifica del ruolo che la potenziale operazione andrà a ricoprire nella strategia dell’impresa.

sovraordinato che determini i contenuti e indirizzi la metodologia stessa dello sviluppo. Pertanto, l’acquisizione diventa il veicolo attraverso cui passare dal concepimento alla realizzazione della strategia (Cortesi, 2000, pp. 137-141).

Occorre poi osservare che le operazioni di M&A possono essere analizzate sotto due differenti ottiche, che sottendono obiettivi e modalità di gestione talvolta differenti:

- l’ottica strategica, tipica dell’impresa;

- l’ottica finanziaria, tipica dell’intermediario finanziario.

La distinzione tra le due ottiche non è di poco conto in relazione alla diversa natura di obiettivi e motivazioni sottostanti che intervengono, quindi, sulle modalità di gestione dell’intero processo acquisitivo.

Nel primo caso il soggetto centrale è l’imprenditore o il management aziendale che interpreta l’acquisizione come strumento di implementazione delle strategie di crescita. Nella valutazione del processo segue una logica di sviluppo industriale con particolare riferimento alle sinergie correlate, alle modalità di integrazione e ai piani futuri.

Nel secondo caso il soggetto è, invece, un operatore istituzionale che interviene con obiettivi di realizzazione di un capital gain; l’acquisizione assume le caratteristiche di un’operazione finanziaria di durata variabile, gestita secondo la logica stringente di un investimento finanziario che, in tempi più o meno lunghi, deve consentire livelli di rendimento del denaro investito in linea con il rischio assunto.

In entrambi i casi la sequenza e i contenuti delle fasi di svolgimento del processo sono simili, tuttavia il processo può assumere una fisionomia particolare in funzione delle esigenze specifiche dei due soggetti economici.

Nello specifico, le differenze principali si riscontrano in due punti prioritari:

- l’approccio finanziario non contempla la fase dell’integrazione post-acquisizione che, invece, diventa più che rilevante nell’ottica manageriale;

- nei criteri tipici dell’approccio finanziario rilevanza fondamentale è attribuita alla potenziale exit way che è, invece, assente nell’approccio manageriale.

Va da sé che il processo può inoltre essere analizzato secondo un’ulteriore prospettiva a seconda che si tratti del compratore o del venditore. Molte problematiche assumono significati e risposte speculari in relazione alla posizione osservata (Conca, 2005, p. 46).