18,61% 12,50% 0,06% 14,11% 27,78% 4,95% 3,83%1,93% 10,19% 0,08% 0,22% 0,60% 0,00% 4,35% 0,43% 0,34%
Agricoltura, caccia e silvicoltura Pesca e servizi connessi Estrazione di minerali Attività manifatturiere Produzione e distribuzione di energia, acqua e gas Costruzioni
Commercio Alberghi e ristoranti Trasporti e comunicazioni
Intermediazione monetaria e finanziaria Attività immobiliari, noleggio, informatica Istruzione
Sanità Smaltimento rifiuti, attività ricreative e altre attività Servizi domestici presso famglie Imprese non classificate
Fonte: Rielaborazione propria su dati Movimprese-Infocamere (anni vari)
Il grafico 1.2 propone il confronto fra le imprese registrate e le imprese attive nel periodo 2000-2005 sul territorio nazionale. Emerge, in ciascuno degli anni, che le imprese che svolgono l’attività sono costantemente inferiori alle imprese registrate. Grafico 1.2 – Le imprese registrate e attive in Italia (valori assoluti)
0 1.000.000 2.000.000 3.000.000 4.000.000 5.000.000 6.000.000 7.000.000 2000 2001 2002 2003 2004 2005
Imprese registrate Imprese attive Fonte: Rielaborazione propria su dati Movimprese-Infocamere (anni vari)
Per quanto riguarda le forme giuridiche assunte dalle imprese in Italia, va segnalata la sostanziale prevalenza delle imprese individuali, che costituiscono la forma più snella per l’esercizio di impresa, di gran lunga più rappresentativa rispetto alle altre forme. Tuttavia, nel periodo considerato, sia per le imprese individuali che per le società di persone si può evidenziare un andamento decrescente rispetto al totale imprese attive, seppur marginale, in favore delle forme societarie più evolute e delle altre forme societarie (tab. 1.5).
Tabella 1.5 – Composizione giuridica delle imprese in Italia
Anni Forma giuridica 2000 2001 2002 2003 2004 2005 Registrate 878.193 941.144 972.156 1.022.943 1.074.686 1.123.694 Attive 490.427 529.512 570.829 600.513 632.769 670.953 Società di capitale Rapporto attive su totale imprese attive 10,13% 10,81% 11,53% 12,02% 12,50% 13,11% Registrate 1.188.608 1.209.285 1.214.272 1.225.899 1.237.527 1.248.342 Attive 867.007 879.389 884.373 889.155 894.595 898.497 Società di persone Rapporto attive su totale imprese attive 17,91% 17,95% 17,86% 17,80% 17,67% 17,55% Registrate 3.446.941 3451430 3.455.391 3.462.667 3.490.274 3.504.631 Attive 3.389.839 3393648 3.397.444 3.404.505 3.431.407 3.445.265 Imprese individuali Rapporto attive su totale imprese attive 70,03% 69,29% 68,61% 68,15% 67,79% 67,31% Registrate 184.820 190.739 189.035 193.374 195.262 196.357 Attive 93.093 95.384 99.407 101.565 103.088 103.783
Altre forme Rapporto attive su
totale imprese attive 1,92% 1,95% 2,01% 2,03% 2,04% 2,03% Registrate 5.698.562 5.792.598 5.830.854 5.904.883 5.997.749 6.073.024 Totale Attive 4.840.366 4.897.933 4.952.053 4.995.738 5.061.859 5.118.498 Rapporto attive su registrate 84,94% 84,56% 84,93% 84,60% 84,40% 84,28%
Fonte: Rielaborazione propria su dati Movimprese-Infocamere (anni vari)
La crescente diffusione delle forme giuridiche più evolute evidenzia il miglioramento qualitativo del tessuto imprenditoriale nazionale in conseguenza del fatto che le società
di capitale rappresentano il passaggio naturale dalla piccola dimensione a quella medio- grande e dimostra, al contempo, il diverso approccio degli imprenditori verso l’apertura della compagine societaria e verso le operazioni di crescita.
1.2.1 LA STRUTTURA FINANZIARIA DELLE IMPRESE ITALIANE
Nel caso italiano, il sistema imprese appare strutturalmente qualificato dalla presenza di alcune peculiarità:
- poche large corporates;
- molte imprese di piccole e medie dimensioni; - numerosissime micro-imprese e business sommersi.
Tale struttura, oltre a qualificare il tessuto imprenditoriale italiano come profondamente orientato alla piccola dimensione, determina un profilo caratteristico, manageriale e finanziario, dell’impresa e delle sue modalità di relazione con il sistema finanziario.
Nello specifico, con riferimento alle caratteristiche manageriali, i tratti distintivi sono da ricercare nel ruolo centrale che la famiglia proprietaria riveste nel ciclo di vita dell’impresa28, nelle forme tendenzialmente avverse all’apertura del capitale proprio a terzi. Con riferimento, invece, alle caratteristiche finanziarie, l’orientamento ai fidi multipli, la ricerca di elevati target di leva finanziaria e la preferenza verso forme di debito a breve termine appaiono dei requisiti difficilmente attenuabili.
La funzione finanziaria tende ad aumentare il suo peso con la crescita delle imprese; in quelle più piccole è pressoché inesistente, mentre nelle più grandi in alcuni casi diventa la funzione dominante. Ciò comporta una sfida per l’imprenditore, perchè l’impresa diventa più difficile da gestire. La complessità è funzione crescente sia della varietà delle risorse finanziarie a cui si attinge (prestiti bancari, venture capital o azioni quotate, obbligazioni e così via), sia del numero e delle caratteristiche degli stakeholder coi quali si interagisce (ad esempio solo banche locali o anche grandi banche nazionali).
L’interazione con diversi stakeholder comporta la gestione di differenti obiettivi, spesso tra loro configgenti; le fonti di finanza più orientate al mercato richiedono strutture di corporate governance più articolate; le grandi banche e soprattutto i mercati richiedono una maggiore quantità di informazioni private che non sempre le imprese sono disposte a fornire e che comunque hanno un costo di produzione. Tutto ciò può
28 Le imprese familiari svolgono un ruolo centrale nei sistemi produttivi delle società industrializzate.
ostacolare la crescita, perchè a volte le imprese preferiscono concentrare le energie sulla risoluzione delle complessità legate alla sfera produttiva, piuttosto che su quella finanziaria, anche per via degli skill che sono tipicamente reperibili all’interno. Ciò rende fragile il processo di crescita. Potrebbero poi rinunciare alla crescita fin dall’inizio.
Nel suo processo di crescita, l’impresa modifica il peso delle differenti funzioni aziendali che gli sono necessarie per competere in modo soddisfacente. In linea generale, in imprese più grandi l’articolazione si fa più ricca, anche se alcune funzioni potrebbero essere gestite ricorrendo al mercato, semplificando quindi l’organizzazione interna. La funzione finanziaria tende ad aumentare il suo peso con la crescita, nelle imprese più piccole è pressoché inesistente, mentre nelle più grandi in alcuni casi diventa la funzione dominante. Inoltre, ha la caratteristica che difficilmente può essere esternalizzata; un’impresa, per crescere, deve sapere quindi gestire al suo interno questa funzione. Il peso della finanza cresce perchè gli investimenti diventano più complessi; ad esempio occorre gestire delle acquisizioni, o si internazionalizza. Al tempo stesso, occorre ampliare il numero dei finanziatori, perchè la tradizionale banca locale non basta più o perchè i soci non dispongono di sufficienti mezzi da investire in azienda; alcuni pensano alla borsa, o al private equity; altri alle emissioni obbligazionarie. Le differenti fonti di finanziamento hanno soglie minime di accesso e questo crea pertanto delle discontinuità nella condotta finanziaria, e di riflesso sulle politiche di investimento. Il passaggio da una struttura finanziaria in cui vi è soltanto autofinanziamento a una invece in cui vi sono anche altre fonti di finanziamento è una discontinuità organizzativa piuttosto rilevante, che comporta complessità crescenti da gestire, in funzione dell’articolazione delle fonti di finanziamento a cui si ricorre. I motivi sono essenzialmente tre: innanzitutto, l’impresa si assume l’onere di interagire con soggetti che hanno funzioni obiettivo molto differenti. L’imprenditore deve quindi assumere comportamenti che rispondano il più possibile a questa pluralità di obiettivi, che il più delle volte sono confliggenti. In seconda battuta, forme di finanziamento più orientate al mercato richiedono una struttura di governance molto più complessa. Infine, il flusso informativo che si deve produrre diventa più ricco, appesantendo le strutture amministrative. Le imprese che non sanno gestire queste complessità difficilmente riescono a crescere. Problemi di questo tipo vi sono in tutti i paesi, anche se con intensità differente. Questo crea evidentemente delle asimmetrie: in alcuni paesi in
sostanza il vincolo finanziario alla crescita può essere più stringente. In Italia è noto che le imprese hanno maggiore difficoltà a diventare grandi. I motivi sono numerosi, e tra di questi vi sono probabilmente anche motivi finanziari.
L’effetto congiunto delle menzionate caratteristiche determina l’intensità del rapporto fra imprese e sistema finanziario. Il flusso informativo dell’impresa verso le banche appare contenuto e parziale a causa del complesso e riservato rapporto che si instaura fra la famiglia e l’impresa. La prima controparte di rilievo che viene solitamente interpellata è il sistema bancario e in particolare la piccola banca, specialmente se l’impresa opera lontano dai grandi centri urbani. Si ritiene infatti generalmente che le grandi banche siano meno adeguate nel finanziamento delle PMI, e l’ipotesi trova fondamento nella letteratura sulla relazione banca-impresa, che enfatizza il ruolo delle banche di piccole dimensioni e con un forte radicamento territoriale nel finanziamento delle imprese più opache dal punto vista informativo, quali sono tipicamente le PMI:
- le piccole banche (specie quelle costituite in forma cooperativa), infatti, hanno maggiori legami con il contesto socio-economico e sono in grado di valorizzare tutte le informazioni qualitative (dette anche soft information) riguardanti le imprese locali;
- il minor numero di livelli gerarchici e decisionali riduce la dispersione di tali informazioni e pone anche l’alta direzione in condizioni di apprezzare meglio la rischiosità delle imprese, riducendo in tal modo la probabilità che PMI meritevoli siano razionate. Le attività di relationship financing richiedono tipicamente una struttura organizzativa flessibile e piatta;
- le minori opportunità di diversificazione degli impieghi per classi dimensionali dei prenditori rendono il segmento delle small business particolarmente rilevante per le banche di piccole dimensioni.
In questo contesto, l’impresa può operare alterando solo in misura molto limitata il suo comportamento organizzativo rispetto a un situazione in cui si finanzia solo col cash
flow, in quanto le esigenze del finanziatore sono limitate. Vi sono quindi scarsa
interazione con gli altri stakeholder, scarse necessità di governance, scarso flusso informativo. Ciò avviene anche perché tipicamente le imprese piccole si finanziano a breve termine, e il rischio di credito con questa fattispecie è oggettivamente più limitato. Un finanziamento a breve, rispetto a un finanziamento a lungo, comporta la necessità di
un flusso informativo diretto al creditore meno articolato, in quanto non servono
business plan, piani finanziari e così via. Un maggiore orientamento alle banche più
grandi è diventato negli ultimi anni una via spesso obbligata, perchè il processo di concentrazione che ha interessato il sistema bancario italiano nell’ultimo decennio e la parallela riduzione della presenza delle banche locali (il numero di banche di credito cooperativo si è ridotto del 38% tra il 1990 e metà 2004, passando da 715 a 444 unità) hanno interrotto il rapporto tra localismo industriale e localismo bancario, che ha caratterizzato per lungo tempo lo sviluppo soprattutto delle aree distrettuali.
La peculiarità della struttura finanziaria delle imprese domestiche scaturisce dalla lettura dei dati forniti dal campione di riferimento della Centrale dei Bilanci che consente il confronto delle passività del totale imprese con le piccole imprese29.
Dai dati riportati nella tabella successiva (tab. 1.6) si evince la netta predominanza, per le imprese di piccole dimensioni, dell’entità del passivo corrente. In ciascuno degli anni considerati il ricorso ai debiti di breve periodo rappresenta ben oltre la metà delle fonti di finanziamento e costituisce, infatti, un elemento intrinseco che caratterizza le imprese nazionali.
Tabella 1.6 – Le passività delle imprese italiane (valori percentuali)
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001