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L A LEGGE DI G IBRAT

Grafico 1.4 – Il tasso di crescita imprenditoriale in Italia distinto per forma giuridica (anni 2000-2005)

1.3.2 L A LEGGE DI G IBRAT

La Legge di Gibrat (1931) è una relazione descrittiva di tipo statistico che postula indipendenza tra la crescita, in termini percentuali, delle imprese e la loro dimensione. Le evidenze empiriche rintracciabili in letteratura, che hanno analizzato la relazione fra

la crescita e le dimensioni, producono risultati difformi. Nello specifico i contributi di Hart e Prais (1956), Simon e Bovini (1958) e di Hymer e Pashigian (1962) producono evidenza econometrica a sostegno di tale tesi.

La ricerca empirica successiva ha tuttavia messo a dura prova l’ipotesi di un processo di crescita di natura puramente stocastico. Molti studi settoriali hanno evidenziato come questa relazione non sia verificata empiricamente dimostrando come il tasso di crescita delle imprese decresca al crescere delle dimensioni42. L’evidenza empirica mostra, infatti, che la relazione tra crescita e dimensione d’impresa nella manifattura industriale non è costante ma decrescente43

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la necessità di raggiungere dimensioni minime efficienti spinge le piccole imprese a crescere più velocemente di quelle grandi.

Nella maggior parte dei lavori emerge che le imprese più piccole presentano tassi di crescita più alti e variabili rispetto alle imprese di maggiore dimensione44, ma non mancano neppure risultati di segno contrario45: appare, in definitiva, che la dimensione iniziale dell'impresa ha effetti generalmente non neutrali sulla dimensione futura della stessa. Questo scostamento tra le predizioni della Legge di Gibrat e l’evidenza empirica ha costituito lo stimolo per la ricerca, anche a livello teorico, di modelli che potessero fornire un’interpretazione coerente con le caratteristiche più comunemente osservate del processo di crescita dell'impresa.

Il modello a cui più frequentemente si fa riferimento nella letteratura è quello di Jovanovich (1982), in cui vengono introdotti meccanismi di passive learning per descrivere la dinamica evolutiva di un’impresa all'interno di un dato settore industriale. In questo modello, particolare rilievo assumono fattori quali l'eterogeneità d'impresa ed elementi idiosincratici derivanti dall'incertezza relativa ai parametri di costo e al livello di efficienza innata di ciascuna impresa. Seguendo Jovanovich, la fase iniziale del ciclo di vita di un’impresa può essere vista come un periodo di intenso e rapido apprendimento della propria capacità e abilità in quanto le imprese, alla nascita, possiedono una conoscenza imperfetta del reale livello di efficienza innata che si rende manifesta solo con l'avvio dell’attività. In virtù di questa incertezza, le imprese nascono

42 AA. VV. (2003); Sutton, 1997; Caves, 1998

43 Per una rassegna si consulti Geroski, 1995; mentre per ulteriori approfondimenti sul caso italiano si

consulti Lotti-Santarelli-Vivarelli, 2003.

44 Per ulteriori approfondimenti si vedano fra gli altri Mansfield, 1962; Hall, 1987. 45 Per ulteriori approfondimenti si vedano fra gli altri Singh e Wittington, 1975.

generalmente piccole e, successivamente, adeguano la propria dimensione in relazione agli esiti della performance di mercato.

Il modello di Jovanovich prevede, infatti, che le risorse fluiscano verso le imprese più efficienti, che quindi sopravvivono e crescono; al contrario, le meno efficienti, dopo una fase di declino, saranno destinate a uscire dal mercato46. In questo contesto, dimensione ed età d'impresa possono essere considerati indicatori degli esiti del processo di apprendimento dell'efficienza. Come implicazione empiricamente testabile del modello deve valere che le imprese più piccole e giovani, condizionatamente alla sopravvivenza, presentino tassi di crescita più sostenuti rispetto a quelle più mature e più grandi: ossia, l'età e la dimensione risultano negativamente correlate con la crescita, in maniera più marcata proprio nella fase iniziale del ciclo di vita dell'impresa47 (Colombo, Ermini, 2005, pp. 1-3).

In relazione al contesto produttivo nazionale, la maggior parte degli studi empirici non ha tenuto conto della possibile esistenza di non-linearità e/o discontinuità nella relazione tra crescita e dimensione d’impresa48. Va poi considerata la presenza di “effetti soglia” (threshold effects) generati dalla regolamentazione pubblica del lavoro. Nei paesi europei, la legislazione del lavoro cambia a seconda della dimensione d’impresa. In Italia, la regolamentazione pubblica del rapporto di lavoro subordinato si concretizza in un complesso sistema di norme, derivanti da leggi e da contratti collettivi, che introducono molteplici soglie dimensionali nel graduare l’intensità dei vincoli cui sono soggette le aziende nella gestione delle relazioni con i dipendenti. Tra le diverse soglie, quella dei 15 addetti emerge indubbiamente come la più rilevante per il salto qualitativo che comporta nell’organizzazione e nei costi dell’impresa. Con riferimento a quest’ultimo punto, le imprese sono obbligate a reintegrare sul posto di lavoro, oltre che a risarcire, un lavoratore ingiustamente licenziato, solo se esse superano la soglia dimensionale dei 15 dipendenti.

Dal 1990, le imprese con un numero inferiore di dipendenti, se giudicate colpevoli di licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo, devono invece corrispondere al lavoratore una somma in denaro corrispondente al numero di mensilità perse (da 2,5 a

46 Altri interessanti formulazioni dei modelli di apprendimento sono presenti in Lippman e Rumelt, 1982;

Hopenhayn, 1992.

47Sono state condotte numerose verifiche empiriche in relazione alle evidenze della Legge di Gibrat; per

un’accurata survey dei contributi empirici tra gli altri si vedano Evans, 1987a e 1987b; Dunne-Hughes,

1994; Audretsch et al., 2004.

48 Eccezioni a tal proposito sono rappresentate dal lavoro di Garibaldi-Pacelli-Borgarello (2003) e da de

6 mesi). Prima del 1990, la legislazione non richiedeva alle piccole imprese di “giustificare” il licenziamento. In tal senso, l’introduzione della tutela obbligatoria nel 1990 corrisponde a un irrigidimento nella disciplina applicata alle piccole imprese. La legislazione potrebbe quindi rappresentare un fattore determinante della crescita: le imprese con una dimensione prossima a quella di soglia potrebbero mostrare una maggiore riluttanza ad aumentare il numero dei propri dipendenti per non incorrere in un innalzamento del costo dei licenziamenti e, più in generale, nel timore di un irrigidimento dei rapporti di lavoro all’interno dell’azienda.

Garibaldi et al. (2003), usando dati di fonte INPS, hanno stimato che le imprese vicine alla soglia dei 15 dipendenti hanno una probabilità di inattività (riluttanza a crescere) dell’1,5% superiore rispetto alla media e che le imprese con 15 dipendenti hanno maggiore probabilità di ridurre la propria dimensione piuttosto che aumentarla. In generale, questo studio mostra che gli effetti soglia sono statisticamente significativi e robusti, sebbene quantitativamente poco rilevanti.

Seguendo un diverso approccio metodologico e utilizzando informazioni ottenute da un indagine ad hoc presso il campione di imprese dell’ISAE49, de Nardis et al. (2003) giungono a conclusioni non dissimili, rilevando uno scoraggiamento a crescere per le imprese appena sotto la soglia dei 15 addetti, stimato tra l’1 e il 3,5% circa; un impatto, dunque, quantitativamente limitato, ma statisticamente significativo (Basile, de Nardis, 2004, pp. 7-9).