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Gli anni novanta riaprono il dibattito pubblico sui minori fuori dalla famiglia

Mutamenti delle forme di accoglienza dei minor

4.6 Gli anni novanta riaprono il dibattito pubblico sui minori fuori dalla famiglia

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coinvolgimento di tutti gli attori territoriali, sia pubblici che privati53. In questo quadro si inserisce un importante atto normativo destinato ad incidere sulle politica dell’infanzia, si tratta dell’introduzione nell’ordinamento italiano della

Convenzione dell’ O.N.U. sui diritti dell’infanzia approvata a New York il 20

novembre del 1898, e ratificata dall’Italia con L. 27 maggio 1991, n.179. I primi articoli54 della convenzione mostrano quale è l’impegno che gli Stati firmatari devono assumersi affinché i diritti dei minori siano garantiti e non si verifichino forme di discriminazione nei loro confronti. Viene, oltretutto, sottolineato che gli stati devono rispondere della situazione in cui si trovano i soggetti minorenni presenti sul loro territorio al Comitato dei diritti del

fanciullo delle Nazioni Unite. Sempre in tale direzione si esprime il documento

"Linee guida per la realizzazione di interventi urgenti a favore della

popolazione minorile" elaborato nel 1995 nella sede della Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e Provincie autonome. Ancora

una volta, il testo ritorna a focalizzare l’attenzione sul rilancio dell’interesse per le politiche di tutela dei minori sul territorio italiano, il cui punto cardine è costituito dall’ente locale. Questo organo deve avere il polso della situazione rispetto alla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza sul suo territorio, ed esercitare l’attività di controllo delle politiche rivolte ai minori. Quanto detto emerge dai contenuti di questo documento in cui è espressa la preoccupazione per l’attuale situazione di scarsa tutela in cui si trovano molti soggetti minorenni. Gli interventi di politica minorile debbono ispirarsi ad un approccio globale sistemico ed integrato, che rispetti l’unità della persona all’interno di un sistema di relazioni. Per superare i fattori di rischio presenti nelle famiglie vengono individuate come necessarie delle politiche locali che aiutino i nuclei familiari e contengano il più possibile il fenomeno dell’istituzionalizzazione55

53

Pistacchi P., Salvi A., Il processo di deistituzionalizzazione: dagli istituti per minori alle famiglie affidatarie, Istituto degli Innocenti, Firenze, 2002, pp.27-30.

54 cfr. gli artt.1-5 della Convenzione sui diritti del fanciullo

55 Per avere maggiori dettagli cfr. G.U. n. 192 del 18.08.1995; " Interventi urgenti per i minori. Linee guida ", in Autonomie Locali e Servizi Sociali, n.3, 1995, p.413.

. Inoltre, nelle stesse vengono ribaditi i contenuti della legge n.184/1883 ed indicate delle specifiche raccomandazioni in merito alla riorganizzazione delle

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strutture di accoglienza, quali: la definizione di standard per ogni tipologia di struttura residenziale; l’utilizzazione esclusiva di quelle maggiormente idonee alle esigenze di crescita del minore; la promozione di comunità familiari; la predisposizione di servizi di pronta accoglienza per soggetti vittime di violenze familiari; la verifica da parte delle Regioni sul funzionamento delle strutture territoriali e l’attivazione di un flusso informativo sui minori che vivono fuori dal proprio nucleo familiare. I contenuti di questo documento hanno avuto il merito di riaccendere il dibattito ed il confronto tra Stato, Regioni ed Enti locali per favorire l’attivazione di politiche omogenee di promozione e protezione dell’infanzia e dell’adolescenza. A seguito di ciò, sempre nel 1995, il Ministro per la Famiglia e la Solidarietà Sociale con un proprio decreto ha dotato i diversi livelli istituzionali di due strumenti idonei al governo delle politiche minorili, quali: l’Osservatorio Nazionale sui Problemi dei minori ed il Centro Nazionale di Documentazione ed Analisi sull’Infanzia e

sull’Adolescenza56

56 Per avere maggiori informazioni sulla nascita dell’Osservatorio nazionale e il Centro nazionale di documentazione e analisi sull’infanzia e l’adolescenza cfr. A.A.VV., Il diritto di crescere.

Rapporto1996 sulla condizione dei minori in Italia , Presidenza del Consiglio dei Ministri, Roma, 1996, pp. .39-42.

. A voler maggiormente porre in risalto l’azione d’integrazione delle istituzioni di livello centrale e locale interviene il Piano

d’azione del governo per l’infanzia e l’adolescenza del 1996, che si struttura

come un insieme di interventi coordinati in grado di allontanare il sistema politico italiano dall’attuazione di interventi emergenziali nei confronti dei minori e delle famiglie, favorendo interventi che siano orientati alla prevenzione del disagio. In esso viene ancora una volta rimarcata la condizione di istituzionalizzazione vissuta da molti minori. Alla luce di ciò i contenuti che sono stati espressi nel documento rimandano ai seguenti punti: implementazione di politiche e servizi nazionali e locali che sostengano la famiglia ed il minore in difficoltà; promozione dell’affidamento etero familiare e l’adozione; strutturazione di piccole comunità in grado di predisporre per ciascun minore dei progetti individualizzati. L’individuazione di questi punti è il frutto della paura generata dal pericolo che i rischi presenti nelle famiglie in difficoltà possano portare allo stabilizzarsi un percorso biografico segnato dalla

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marginalità sociale, relazionale ed affettiva. Se queste sono le responsabilità a cui sono chiamate le istituzioni, il Piano interpella anche la società civile, alla quale viene rivolto il monito di impegnarsi maggiormente per il sostegno dell’infanzia e dell’adolescenza. Proprio, raccogliendo le indicazioni contenute nel Piano, il Parlamento nel 1997 approva la legge 28 agosto n. 285 sulle "Disposizioni per la promozione di diritti ed opportunità per l’infanzia e

l’adolescenza", con cui il Governo si dota di strumenti di intervento per

l’attuazione di politiche rivolte alla prevenzione.

Queste politiche promuovono delle condizioni di vita maggiormente favorevoli per i minori, privilegiando l’ambiente familiare come luogo di crescita, che a seconda dei casi può essere rappresentato dalla famiglia naturale, affidataria o adottiva. E’ chiaro che affinché queste disposizioni possano andare a regime è necessario un ruolo di programmazione delle Regioni e l’attuazione dei piani territoriali da parte degli enti locali, tendenti a valorizzare le risorse del territorio sia istituzionali che di terzo settore. Con questa legge viene sostenuto un grosso investimento finanziario, poiché il settore delle politiche minorili sarà d’ora in poi dotato del Fondo per l’Infanzia e l’Adolescenza, e di maggiori risorse umane per l’implementazione ed il monitoraggio dell’attuazione della suddetta legge. Ancora una volta, come già sottolineato, la legge ripropone la comunità come luogo idoneo al superamento del ricovero in istituto, che a distanza di circa quindici anni dall’approvazione della legge n.184/1983 accoglieva 40.000 bambini e ragazzi. Un numero che come dichiara la Bastianoni è ancora troppo elevato per poter avanzare l’ipotesi di un processo di deistituzionalizzazione realmente riuscito 57

Infine, l’ultima tappa legislativa raggiunta negli anni ’90 è rappresentata dall’istituzione della Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza e dell’Osservatorio per l’infanzia

.

58

57Bastianoni P., Taurino A.,( a cura di), Le comunità per minori. Modelli di formazione e supervisione clinica, Carocci Faber, Roma, 2009,pp. 32-34

58L’Osservatorio per l’infanzia è stato istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento Affari Sociali – e presieduto dal Ministro per la Solidarietà Sociale.

. Alla Commissione vengono assegnate funzioni di indirizzo e controllo degli accordi internazionali, di valutazione dell’attuazione della legislazione sulla tutela dei diritti e sullo sviluppo dei

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soggetti in età evolutiva; mentre all’Osservatorio viene assegnato il compito di predisporre il piano nazionale d’azione; il rapporto biennale sull’attuazione dei diritti dei minorenni, ed il relativo schema d’attuazione per il Comitato dei diritti del fanciullo delle Nazioni Unite. L’attività dell’Osservatorio è sostenuta dal Centro di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza, il quale si presenta come uno strumento che fornisce all’Osservatorio un patrimonio di conoscenze che si sostanziano nella raccolta e nell’analisi delle informazioni utili alla descrizione della condizione minorile in Italia, ed alla diffusione di una nuova cultura sul tema a cui devono contribuire le Regioni, gli Enti locali e tutti gli organismi titolari di competenze in materia d’infanzia. Infatti, la legge. n. 451 del 1997 prevede che le Regioni si dotino di strumenti di coordinamento, raccolta ed elaborazione dei dati relativi alla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza sui territori regionali, al fine di facilitare il coordinamento dell’azione tra lo Stato e le Regioni. A conclusione delle diverse iniziative legislative degli anni '90, merita un cenno la ratifica della Convenzione dell’Aja del 29 maggio 1993 per la tutela dei minori e la

cooperazione in materia d’adozione, avvenuta con la legge 476 del 1998. Con

questa legge si va a correggere una situazione poco chiara individuata dalla legge n.184/1983 e relativa all’adozione internazionale, che viene pertanto adeguata ai principi dell’adozione nazionale. La finalità è quella di salvaguardare i diritti dei minori, evitando situazioni di adozioni "fai da te" o di mercanteggiamento di minori nei paesi d’origine59

59Ducci V., Verso un sistema di welfare fondato sulle autonomie locali , AD Futura, Firenze, 2009, pp. 273-275

. In altri termini, la legislazione in materia di adozione internazionale viene uniformata a quella degli altri paesi firmatari e coloro che si approssimano all’adozione internazionale non vengono lasciati da soli poiché gli Stati dovranno adottare delle procedure di selezione, preparazione ed assistenza delle coppie resa ancor più delicata da una situazione in cui il minore viene trapiantato in una cultura diversa da quella d’origine. Oltretutto, in tal modo verranno evitate quelle situazioni di ulteriore abbandono del minore a seguito del fallimento dell’adozione che incrementano le presenze dei minori negli istituti e nelle

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comunità. Nonostante, le diverse leggi e le diverse politiche per l’infanzia e l’adolescenza portate avanti dallo Stato italiano ancora alla fine degli anni ’90 si avverte la carenza di una legge quadro dell’assistenza e dei servizi sociali che verrà invece approvata nel 200060

La legge n.184/1983 rappresenta la pietra miliare nella programmazione della tutela dei soggetti minorenni, presentandosi come una delle più innovative e complete a livello europeo. Con la sua approvazione il problema dell’accoglienza dei minori all’interno di strutture residenziali quali gli istituti doveva considerarsi risolto, poiché la stessa li considerava come una soluzione di estrema ratio, in quanto ritenuti contesti inadeguati all’educazione, alla tutela e alla salvaguardia dei minori. La sola applicazione del dettato normativo avrebbe dovuto garantire ai minori un’accoglienza migliore per la loro crescita ed un minor ricorso al ricovero in istituto, che d’ora in poi verrà definito collocamento in istituto. Tuttavia, tra la teoria e l’applicazione della norma stessa si sono interposte diffidenze, dei problemi irrisolti e delle culture ancora impregnate della pratica istituzionalizzante. Questi elementi non hanno consentito di svuotare completamente gli istituti per minori, tanto che alla data del 30 giugno del 1998 i minori accolti nelle strutture residenziali risultano circa 15.000

.

4.7 La conclusione formale del processo di istituzionalizzazione sancito

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