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Inforcando le lenti dell’approccio sistemico relazionale per studiare il processo di accoglienza dei minori è imprescindibile non considerare come decisiva, sia la situazione del minore e della sua famiglia, sia quella del contesto organizzativo di appartenenza degli operatori che interverranno nella sua biografia, ed al contempo quella degli altri eventuali sistemi coinvolti. Per

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modificare il corso di processi istituzionalizzanti si deve avere conoscenza del sistema familiare, considerandolo come afferma Fruggeri un gruppo con storia, un sistema aperto autoregolantesi, che come tale è interessato da tutte quelle caratteristiche dei sistemi precedentemente esposte1. La famiglia viene studiata come un sistema di relazioni che si strutturano sia all’interno dello stesso, che con l’ambiente sociale più ampio in un’ottica evolutiva, analizzandone la struttura ed applicando i concetti di ciclo vitale e di metafora del gioco organizzativo. Questo non vuol dire che il problema o la patologia espressa dal minore mediante il suo comportamento debba essere spiegata come l’effetto di dinamiche del gruppo famiglia a cui egli è sottoposto2. In tal modo, infatti, si riprodurrebbe una logica esplicativa di tipo unidirezionale dove il gruppo famiglia condiziona l’individuo e lo assoggetta a dinamiche di influenzamento così forti da minare completamente la capacità di autodeterminazione, quindi la sua autonomia. Per comprendere meglio come la logica d’intervento sia completamente diversa da quella proposta in una lettura lineare e preveda un rapporto circolare tra individuo e famiglia, è utile riportare quanto ha affermato Fruggeri: “il comportamento interpersonale dei membri della famiglia non è

dunque una semplice risposta a ciò che gli altri fanno, ma una funzione dei significati che vengono autonomamente attribuiti a tali azioni3

1

Sul tema cfr. Fruggeri L., Modelli d’interazione e processi di cambiamento, Clueb, Bologna, 1984; Scabini E., Iafrante R., Psicologia dei legami familiari, Il Mulino, Bologna, 2003.

2 Fruggeri L., Dinamiche interpersonali e processi psico-sociali, Carocci , Roma;1997. 3 Ibidem, p.71.

”. Partendo da

questa considerazione, si può ritenere che ogni membro della famiglia attribuisce significato alle esperienze ed agisce nella relazione con gli altri a partire da un insieme di premesse e credenze personali, che dipendono dalla posizione che occupa nel gruppo, dalle sue precedenti esperienze o dai rapporti che ha intrattenuto con l’esterno. Dall’altro canto, anche la famiglia, operando mediante credenze e premesse condivise, dà senso all’esperienza individuale e coniuga ed organizza i comportamenti dei suoi membri sia all’interno, sia all’esterno. Inoltre, la stessa fa parte di un contesto socio-culturale e ne condivide i sistemi di credenze che danno conto dell’accettabilità o meno di

43 comportamenti, ruoli e rapporti familiari4

E' bene precisare che il tempo necessario affinché ciò si verifichi dipende dalla cultura familiare e da quella sociale. Infatti, la famiglia forma e sostiene un certo tipo di società, e a sua volta una data società tenderà a formare e a privilegiare un particolare tipo di organizzazione familiare. Inoltre, così come in ogni sistema sociale esistono degli accordi relazionali che permettono la stabilizzazione dello stesso, anche nelle famiglie esistono delle regole che prescrivono e limitano i comportamenti individuali. Tali regole variano a seconda del tempo e del contesto storico, ma la cosa importante è che le stesse non possono essere trasgredite senza che ciò comporti la ridefinizione delle relazioni tra i membri. La famiglia oltre ad avere delle regole e dei miti

. Ancora, Campanini evidenzia che l’organizzazione familiare svolge essenzialmente due funzioni, ossia permette ai suoi membri di sentirsi parte di un gruppo, favorendo la trasmissione del senso di appartenenza e, allo stesso tempo, stimola la differenziazione, ossia incentiva lo sviluppo di capacità personali. Se la prima funzione fornisce al soggetto il senso di identità, la seconda gli consente di sviluppare autonomia. Chiaramente non tutte le famiglie sono in grado di assolvere in maniera adeguata a queste funzioni, o potrebbe succedere che alcune riescano meglio di altre a soddisfare il senso di appartenenza, ed altre meglio quello di differenziazione. Quando si verifica ciò, è inevitabile che sorgano dei problemi e che le famiglie si sentano incompetenti. In queste circostanze la famiglia, in quanto sistema in evoluzione, si troverà a dover affrontare delle fasi del suo ciclo vitale in cui sarà richiesto di dover soddisfare l’esigenze di appartenenza (ad es. famiglia con figli piccoli), e delle fasi in cui sarà invece richiesto di dover favorire l’esigenza di differenziazione (ad es. famiglia con figli adolescenti). Chiaramente, il sistema familiare, per adattarsi ai cambiamenti richiesti dal soddisfacimento delle esigenze appena presentate, dovrà modificare la sua struttura organizzativa e, quindi, si troverà dinnanzi alla necessità di sviluppare continue riorganizzazioni sistemiche per fronteggiare il cambiamento ed adattarsi.

5

4Ibidem, p.72.

che ha

5Ferreira definisce i miti familiari come: “[…]un certo numero di opinioni ben sistematizzate, condivise da tutti i componenti della famiglia, concernenti i reciproci ruoli familiari e la natura delle

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strutturato nel tempo, in quanto sistema, può essere scomposta in una serie di sottosistemi. Tra questi è necessario che vi sia una chiarezza dei confini affinché non si verifichino ingerenze, come nel caso in cui i nonni limitino l’assunzione della funzione genitoriale, sostituendosi o sovrapponendosi alla coppia nell’esercizio delle sue funzioni6. Per mettere in atto un processo d’aiuto che presenti le caratteristiche dell’ottica sistemica è di primaria importanza raccogliere informazioni ed agire contemporaneamente su tre livelli, ossia sull’ambiente sociale, sull’istituzione e sull’utente7

loro relazioni” (in Campanini A. , L’intervento sistemico. Un modello operativo per il servizio sociale, Carocci Faber, Roma, 2002, p.91).

6 Per la valutazione di un sistema familiare è importante considerare la chiarezza dei confini tra i vari sottosistemi poiché ci si potrebbe trovare in presenza di due diverse tipologie familiari: famiglie invischiate; famiglie disimpegnate. Per ulteriori approfondimenti sul tema cfr. Reid W. J., Terapia della famiglia e servizio sociale, trad. it. Astrolabio, Roma, 1986, pp.115-125.

7Ibidem, pp.83-95.

. Nel caso dell’istituzionalizzazione dei minori bisognerà agire sul sistema familiare, di cui il minore è parte e, contemporaneamente, su gli altri due livelli richiamati. In altri termini, agire esclusivamente sul minore collocandolo in un luogo diverso dal contesto di appartenenza non risolve il problema, ma propone una logica secondo la quale viene semplicemente contenuto un sintomo, o una manifestazione di disagio di un sistema familiare non funzionante. Di particolare importanza sarà l’analisi del livello ambientale, poiché si ritiene che esso sia il contesto in cui la famiglia ha sviluppato la sua particolare struttura organizzativa e relazionale, in cui si sono sviluppate le dinamiche che hanno concorso a generare problemi, ma è altrettanto vero che lo stesso è l’ambito relazionale da cui è possibile attingere risorse per risolvere tali problemi. La conoscenza dell’ambiente sociale si traduce in una attenzione ai diversi profili che lo compongono: territoriale; demografico; occupazionale; dei servizi; istituzionale; psicosociale; storico-antropologico e culturale. Le diverse dimensioni che caratterizzano l’ambiente di riferimento sono condizionate da influenze di carattere nazionale e regionale, quali ad esempio le crisi economiche, le politiche di welfare, le nuove normative, ecc., che devono essere tenute in considerazione per poter intervenire in maniera efficace, sia a livello individuale, sia per programmare degli interventi in termini di lavoro promozionale e preventivo. Le caratteristiche che definiscono i profili

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dell’ambiente sono elementi che avranno una certa influenza rispetto ad interventi da proporre 8

“[…]il funzionamento interno di un’organizzazione deve essere considerato

come il risultato di un insieme di giochi che le cui regole vincolano gli attori che vi partecipano e attraverso le quali si attua l’integrazione delle strategie divergenti, così come i rapporti con l’ambiente possono essere considerati come prodotti di altri giochi esterni alle logiche formali dell’organizzazione le cui regole e logiche definiscono la possibilità e la capacità d’azione dei beneficiari

. Accanto al livello dell’utente e a quello dell’ambiente, bisogna considerare il livello dell’istituzione inteso come l’organizzazione o il servizio in cui il professionista lavora. Beninteso, il servizio dovrà essere esaminato come un sistema aperto formato da elementi interdipendenti che operano uno scambio continuo di informazioni con l’ambiente esterno (contesto), sia in entrata che in uscita e quindi soggetto ad un continuo processo di adattamento. A ben vedere, l’organizzazione interagisce con la società che l’ha istituita. Nell’effettuare un’analisi dell’organizzazione in cui il professionista lavora viene considerato come sistema il servizio in cui è inserito, come sovrasistema l’organizzazione, e come sottosistemi le singole parti in cui il servizio può essere suddiviso. Al pari del sistema utente, al sistema istituzionale vengono applicati i concetti funzionali allo studio delle organizzazioni familiari, che permettono di comprendere la particolare configurazione organizzativa assunta e le relazioni intrattenute con le altre organizzazioni. A tal riguardo, Cavagnino afferma che:

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8

Cfr. Martini E.R., Sequi R., 1995, La comunità locale, La Nuova Italia Scientifica, Roma; Martini E., Torti A., Fare lavoro di comunità, Carocci, Roma, 2007.

9 Cavagnino G., Modello sistemico ed analisi dei servizi, NIS, Roma,1992 ,p.61.

”.

Lungi dal voler procedere ad un analisi dei singoli casi dei minori istituzionalizzati mediante l’adozione dell’approccio sistemico, tema che avrebbe richiesto una diversa impostazione di ricerca, in questa sede tale approccio verrà utilizzato con la finalità di provare a comprendere come i vari sistemi coinvolti leggono, rappresentano e valutano l’esito dei processi di deistituzionalizzazione avvenuti nel contesto calabrese.

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Infatti, il modello sistemico permette di leggere l’interdipendenza e la connessione tra individuo-sistema-sottosistema, -unità di servizi,- ambiente. Lo stesso implica l’abbandono della logica lineare che spinge a ricercare le cause da assegnare a determinati effetti, o ad individuare i colpevoli che hanno dato vita a eventi o processi che non hanno funzionato, e favorisce l’adozione di una logica circolare che considera ogni comportamento come stimolo ed allo stesso tempo come risposta di una sequenza comunicativa potenzialmente infinita. Ciò produce lo spostamento da un impostazione di pensiero rigida, basata sul nesso causa effetto come base di spiegazione dei fenomeni, ad un’impostazione multifattoriale e situazionale che arricchisce la comprensione e la spiegazione dei fenomeni. In linea con quanto già affermato, un’informazione che va dall’emittente al ricevente comporta un feed-back di ritorno, una retro-azione che sollecita ulteriori comunicazioni, per cui è difficile identificare che cosa ha dato origine al processo comunicativo e determinarne la fine. Questo evidenzia lo spostamento del focus d’attenzione dall’individuo monade, ai rapporti tra gli individui ed alle loro relazioni. L’individuo viene considerato come una parte vivente dell’organismo sociale di cui è protagonista con altri con i quali interagisce. L’ambiente è costituito da una serie di sistemi o sottosistemi diversi che presentano problemi specifici che dovranno essere risolti da attori specifici. Questi ultimi potranno farlo solo a patto che entrino in relazione tra di loro stabilendo rapporti di potere e di scambio. Le relazioni tra sottosistemi e sistemi vari grazie alle proprie autoregolazioni limitano le esigenze dell’ambiente ed il tipo di risposte che gli attori organizzativi potranno offrire. Questo approccio consente di restituire dignità e potere a tutti gli attori che prendono parte ai processi, poiché ognuno di loro grazie alle proprietà dei sistemi anzidette ha la facoltà di agire ed interagire modificando l’ambiente circostante. Allo stesso tempo, da un’analisi così condotta, potrebbe emergere come le varie azioni messe in atto da attori diversi hanno prodotto determinati risultati10

10 Ibidem, pp.63-65.

. Per capire come certi risultati sono stati raggiunti è necessario allargare il campo di osservazione, prestando attenzione alle azioni ed alle interazioni tra i vari soggetti implicati nelle storie di allontanamento dei minori.

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Questo approccio è congruente, sotto il profilo teorico a quello scelto nella lettura dei processi di istituzionalizzazione. Infatti, quest'ultimo implica uno spostamento di prospettiva che si concretizza nel non considerare esclusivamente le forme, funzioni, dimensioni e struttura di un determinato fenomeno, ma si concentra sui comportamenti, le relazioni, le interdipendenze. Nella stessa direzione delle idee contenute dell’approccio teorico adottato sembrano convergere gli studi nazionali ed internazionali sulla chiusura degli istituti e sul superamento della residenzialità. Seppur rifacendosi a prospettive metodologiche diverse quelle di rete o ecologiche, gli studi nazionali ed internazionali insistono sulla necessità di considerare non solo le forme di accoglienza residenziale come produttrici di effetti dannosi o protettivi per il minore, ma l’intero sistema relazionale che lo coinvolge. Infatti, lo sviluppo di un individuo è favorito dal fatto che sono diversi ed eterogenei i setting ambientali in cui è coinvolto e che sono tra loro connessi, in termini di comunicazioni reciproche e scambi di informazioni tra i soggetti presenti nei diversi ambiti. Da ciò si evince che non è tanto importante strutturare un servizio di buona qualità che sia scollegato dagli altri, o offrire al minore delle nuove occasioni sociali e relazionali, ma come ha affermato Brronfenbrenner : “il valore di una comunità residenziale sta nel saperli accompagnare nelle

transazioni ecologiche, poiché la condizione meno favorevole per lo sviluppo è quella in cui i collegamenti fra le diverse situazioni o non danno alcun sostegno o mancano del tutto, quando cioè il mesosistema è scarsamente collegato11

L’indicazione di questo studioso può essere applicata non solo alle comunità residenziali ma a tutti gli interventi agiti nei confronti dei minori che non possono crescere in famiglia, dove l’imperativo deve essere quello di intervenire a livello sistemico, prendendo in considerazione le interazioni tra gli stessi. L’assistente sociale dovrà svolgere il compito di accompagnare il minore in ottica longitudinale. Un percorso che non si conclude con il progetto individualizzato, ma che si interessa del quotidiano, del momento conclusivo della fase dell’allontanamento del minore dal nucleo familiare, predisponendo

”.

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le condizioni che favoriscono il graduale ritorno in famiglia, o l’avvio della vita autonoma a seconda dell’età del soggetto.

2.2 L’orientamento degli studiosi a livello nazionale ed internazionale

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