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La conclusione formale del processo di istituzionalizzazione sancito dalla legge 149/

Mutamenti delle forme di accoglienza dei minor

4.7 La conclusione formale del processo di istituzionalizzazione sancito dalla legge 149/

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«Il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo,

nonostante gli interventi disposti dall’art. 1, è affidato ad una famiglia, preferibilmente con figli minori, ad una persona singola, in grado di assicurargli il mantenimento, l’educazione, l’istruzione e le relazioni affettiva di cui egli ha bisogno. Ove non sia possibile l’affidamento nei termini di cui al

. A ragione di ciò, per rimarcare ed arricchire il contenuto dell’art.2 della legge n.184/1983 interverrà nuovamente il legislatore mediante l’approvazione della legge n.149/2001, che all’art. 2 recita:

60Per ulteriori informazioni sulla riforma dei servizi sociali in Italia cfr. Gori C., La riforma dei servizi sociali in Italia: l’attuazione della legge 328 e le sfide future, Carocci, Roma, 2004,

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comma 1, è consentito l’inserimento del minore in una comunità di tipo familiare o, in mancanza, in un istituto di assistenza pubblico o privato, che abbia sede preferibilmente nel luogo più vicino a quello in cui stabilmente risiede il nucleo familiare di provenienza. Per i minori di età inferiore ai sei anni l’inserimento può avvenire solo presso una comunità di tipo familiare».

Il novellato art. 2 della legge n.149 del 2001 sottolinea quanto ribadito dalla legge n.184/1983, proponendo la prerogativa dell’accoglienza alle famiglie affidatarie che vengono individuate come i primi soggetti ad essere tirati in causa nella protezione del minore. Nell’immaginario collettivo la stessa si qualifica come il punto di chiusura formale del processo d’istituzionalizzazione per tre diverse ragioni, che Ciampa individua: nel considerare la famiglia come risorsa della società, soprattutto come risorsa di un’altra famiglia che temporaneamente non può svolgere in maniera adeguata le sue funzioni; nel ruolo di supporto di tutta la società civile alla famiglia; nella chiusura definitiva al 31 dicembre 2006 degli istituti per minori62. Le risultanze delle indagini condotte dal Centro di Documentazione ed Analisi per l’Infanzia e

l’Adolescenza indicano una diminuzione sia del numero degli istituti, sia dei

minori accolti in essi.

Tabella 2 – Istituti per minori e minori ospiti secondo le rilevazioni ISTAT 1999, 2000, e del Centro nazionale 2003 (valori assoluti)

Data della rilevazione Strutture Minori ospiti

31 dicembre 1999 475 10.626

31 dicembre 2000 359 7.575

31 giugno 2003 215 2.633

Fonte: Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza(2004), I bambini e gli adolescenti negli istituti per minori. Quaderno 33.

Nello specifico al 31 giugno del 2003 i minori presenti negli istituti sono 2.633 unità, dato che dimostra un trend di diminuzione delle strutture e dei minori rispetto alle indagini condotte nel 1999 e nel 2000 dall’Istat. Dei 475 istituti

62 Ciampa A., Il piano straordinario per la chiusura degli istituti entro il 31 dicembre del 2006, in I bambini e gli adolescenti negli istituti per minori, Quaderni del Centro di documentazione ed analisi per l’infanzia e l’adolescenza, Quaderno 33, Istituto degli Innocenti, Firenze, Dicembre 2004.

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presenti nel 1999 si è passati a 215 istituti attivi alla data del 31 dicembre 2003. Un dato che rileva la chiusura di ben 260 strutture per minori. Ancora più netta è la cifra che testimonia il trend di diminuzione dei minori accolti negli istituti, che dal 1999 al 2003 subisce un decremento di 7993 unità. Questi dati mostrerebbero un allineamento con quanto indicato dalla legge n. 149/2001 rispetto alla chiusura degli istituti. Tuttavia, se è reale parlare di un decremento numerico del fenomeno dell’immissione in istituto, non si può invece dire che lo stesso si presenti in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale. Le regioni che presentano il numero più alto di istituti sui loro territori sono le regioni del Sud e le isole, che complessivamente ospitano 167 strutture su un totale 215 strutture censite dal Centro nazionale, e cioè i tre quarti di del numero complessivo di istituti presenti sul territorio nazionale.

Tra tutte spicca la regione Sicilia che accoglie nei sui 63 istituti 547 minori, mentre quella che presenta il dato più basso sia in termini di strutture che di minori accolti è il Friuli Venezia Giulia, che accoglie 13 minori nell’unico istituto attivo al 2003. In riferimento al tasso di istituzionalizzazione presente nei diversi ambiti regionali, che si evince dal rapporto tra la popolazione minorile ospitata negli istituti ed il numero di minori residenti, l’indagine rileva che lo stesso si attesta a 3 minori per istituto ogni 10.000 minori residenti, dato che nelle regioni del Sud ed in Sicilia risulta superato (vedi tabella 3). Alla luce di ciò appare corretto presumere che alcuni fattori territoriali che hanno favorito la nascita e la diffusione degli istituti per minori continuino a determinarne la presenza.

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Tabella 3 – Istituti per minori presenti al 30 giugno del 2003 per regione

Regioni Istituti v.a. Istituti v.% Minori v.a. Minori v.%

Piemonte 0 0 0 0

Valle d'Aosta 0 0 0 0

Lombardia 8 4 190 7.2

Trentino Alto Adige 0 0 0 0

Veneto 10 5 140 5.3

Friuli Venezia Giulia 1 0.5 13 0.5

Liguria 0 0 0 0 Emilia Romagna 0 0 0 0 Toscana 0 0 0 0 Umbria 4 2 90 3.4 Marche 4 2 41 1.6 Lazio 15 7.4 279 10.6 Abruzzo 6 3 91 3.5 Molise 0 0 0 0 Campania 28 13.9 500 19 Puglia 35 15.3 381 14.5 Basilicata 6 3 63 2.4 Calabria 30 14.4 246 9.4 Sicilia 63 27.2 547 20.5 Sardegna 5 2.5 52 2 Totale 215 100 2633 100

Fonte: Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza(2004), I bambini e gli adolescenti negli istituti per minori, Quaderno 33.

A distanza di due anni e mezzo dalla legge n.149 del 2001 gli istituti per minori continuavano ad esistere ed il relativo piano di programmazione che ne determinava la loro chiusura, o riconversione in case famiglia, rispecchiava la complessità del processo di deistituzionalizzazione. La situazione che viene dipinta dai dati di questa indagine del Centro Nazionale di analisi e

documentazione per l’infanzia e l’adolescenza è che circa la metà dei 215

istituti esistenti alla data del 2003 si muoveva verso la riconversione in comunità familiari, mentre la restante parte si indirizzava verso altre tipologie di strutture, quali le comunità alloggio63

63 Le comunità alloggio stando alla classificazione dei presidi assistenziali socio-assistenziali delineata dal Ministro per la solidarietà sociale d’intesa con la conferenza unificata si inseriscono nella

categoria delle comunità educative (Istituto degli innocenti, 2004, p.47)

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invece concerne l’affidamento familiare individuato come strategia prioritaria per l’accoglienza dei minori, l’intenzione e l’impegno di attivarlo da parte delle Regioni risultava esiguo. Nello specifico sia l’attivazione di campagne informative e di sensibilizzazione rivolte alle famiglie, sia le previsioni di collaborazioni con gli enti locali al fine di promuovere gli affidamenti familiari, risultavano previsti ed in fase di implementazione in circa un caso su dieci. Altro problema degno di attenzione è che se nelle intenzioni c’era la volontà da parte degli istituti di riconvertirsi in strutture diverse, nella pratica ci si scontrava con la difficoltà di poter reperire delle risorse finanziaria utili alla riconversione. Anche su questo aspetto che sembra costituire un problema comune a tutte le realtà regionali sembrano palesarsi delle difficoltà maggiori in Puglia, in Calabria, in Lombardia ed in Campania64. A sostegno di quanto contenuto nell’indagine prima citata si possono richiamare alcuni contenuti tratti dalla relazione della Commissione parlamentare per l’infanzia del 200465

«La stesura di un Piano di interventi per rendere possibile la chiusura degli

istituti per minori entro il 2006, previsto dal piano nazionale di azioni ed interventi per la tutela e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, pur attivando un confronto ampio sulla questione non ha sciolto tutti i dubbi, non ha dato indicazioni operative sempre coerenti e non ha disposto risorse adeguate per qualificare l’accoglienza residenziale dei minori; una questione che interpella fortemente i soggetti istituzionali che hanno responsabilità specifiche , gli operatori coinvolti, le realtà che promuovono e gestiscono strutture di accoglienza residenziale socio-educativa, le famiglie»

:

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Dall’analisi di questo stralcio della relaziona redatta dalla Commissione parlamentare si possono evidenziare le preoccupazioni relative alla difficoltà di

.

64 Cfr. Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza(2004), I bambini e gli adolescenti negli istituti per minori,pp.45-48.

65 Relazione alle Camere, ai sensi dell’art.1, comma 5, della legge 23 dicembre 1997, n.451, sull’attuazione della legge 28 agosto, n.285 recante "Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza", cit. Ricci S., Mancata chiusura degli istituti per minori? Mancata occasione, anche per fare chiarezza, in Volontariato Marche, n.5, 2006.

66Ricci S., Mancata chiusura degli istituti per minori? Mancata occasione, anche per fare chiarezza, in Volontariato Marche, n.5, 2006, p.1.

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portare a termine il processo di deistituzionalizzazione, per via degli scopi da raggiungere, delle modalità da adottare e degli strumenti da utilizzare. A condividere la preoccupazione dei commissari si inserisce quanto sostenuto da Ricci, il quale afferma che si corre il rischio di confondere il "contenitore con

il contenuto", ovvero di prestare molta attenzione alla chiusura degli istituti e

scarsa attenzione al fenomeno dell’istituzionalizzazione, i cui effetti sulla vita dei minori potrebbero riproporsi anche con la chiusura degli istituti. Vengono individuati dall’autore pericoli di trasformismi strutturali, che si traducono in riconversioni formali dei vecchi istituti in comunità di accoglienza al cui interno si possono riprodurre meccanismi istituzionalizzanti. Del resto l’esperienze avviate in Emilia Romagna - relative ai gruppi appartamento ed alle comunità alloggio- avevano mostrato ampiamente i rischi di regressione o neo-istituzionalizzazione che potevano ripresentarsi anche in strutture diverse dagli istituti.

4.8 Le tipologie di accoglienza e l’attuale stato di istituzionalizzazione dei

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