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L’Opera nazionale per la maternità e l’infanzia(1925-1975)

QUESTIONARIO MINORI RESIDENT

3.5 L’Opera nazionale per la maternità e l’infanzia(1925-1975)

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28 Cfr. Trevisan C., La programmazione dei servizi sociali, in Maternità ed infanzia, n.12, 1967 ,pp.1183-1186.

29 Art.78 a) della legge 17 luglio 1890 n.6972«Ogni ospedale, secondo la propria competenza nosologica e nei limiti dei mezzi disponibili , ha l’obbligo di provvedere, sotto l’osservanza delle condizioni stabilite nell’articolo seguente, all’assistenza e alla cura dei poveri affetti di malattia acuta e dei feriti, nonché delle gestanti madri che abbiano compiuto l’ottavo mese di gravidanza, delle partorienti e delle puerpere fino a quattro settimane dopo il parto prive di una abitazione adatta alle loro condizioni, ancorché si tratti di persone che, secondo le relative norme statutarie, non abbiano titolo al ricovero gratuito nell’istituto: salvo in questo caso il diritto al rimborso delle spese di degenza verso il comune al quale la persona ricoverata appartenga per domicilio di soccorso».

integrata dalle disposizioni della legge n.2841 del 30 dicembre del 1923, la quale individuava l’intervento assistenziale come un intervento indirizzato a tutelare la gestante ed il nascituro, in occasione del manifestarsi di un bisogno di natura materiale. La stessa pur avendo la finalità

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di difendere il diritto alla vita, conteneva una grossa lacuna che si sostanziava nell’intervento esclusivo verso coloro che erano portatori di problemi di ordine materiale. Il legislatore a fronte della consapevolezza che i bisogni materiali potevano accompagnarsi, o essere la causa, o la diretta conseguenza di altri bisogni di natura morale, psicologica e sociale, ebbe modo di colmare questo vuoto con l’istituzione dell’ONMI, che avvenne attraverso la legge n.2277 del 10 dicembre del 192530. La legge n.2277- attraverso il suo regolamento attuativo - si proponeva di provvedere alla protezione e all’assistenza delle gestanti e delle madri bisognose ed abbandonate, dei bambini, dei lattanti e dei divezzi fino al quinto anno d’età, appartenenti a famiglie bisognose che non potevano prestare loro tutte le cure necessarie per un razionale allevamento, dei fanciulli fisicamente e psichicamente anormali e dei minori materialmente o moralmente abbandonati, oltreché di quelli traviati o delinquenti fino all’età di diciotto anni compiuti. L’ente si poneva come uno strumento della politica assistenziale italiana ed esplicitava il suo intervento attraverso l’assistenza diretta, che si concretizzava mediante i servizi sociali rivolti alla protezione e all’assistenza delle gestanti e madri erogati direttamente dall’ente stesso(consultori materni e dermoceltici, asili materni e asili nido), e indiretta, ovvero mediante prestazioni economiche a domicilio, o erogate da istituzioni non appartenenti all’ente. Accanto a queste forme di assistenza, l’ONMI aveva il compito di controllare e vigilare sull’applicazione della normativa vigente da parte delle altre istituzioni a favore della maternità e dell’infanzia e di coordinarle31

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Mazzei Giani E., Volpe Pisani E., Il servizio sociale dell’ONMI nell’assistenza delle gestanti e madri in particolare nubili. in Maternità ed Infanzia, n.5,1966, pp.1-2.

31Cfr. le circolari- n.42 del 1930, n.198 del 1940, n.268 del 1942, n.669 del 1962- emanate dalla sede centrale alle federazioni provinciali con la finalità di regolarne le attività.

.

Nello specifico doveva vigilare e controllare su tutte le istituzioni pubbliche e private operanti nel settore dell’assistenza a madri e minori, nonché aveva la facoltà di sovvenzionare quelle istituzioni che disponevano di risorse patrimoniali inadeguate, anche mediante la partecipazione finanziaria al pagamento delle rette sostenute dagli assistiti per ciò che concerneva il settore istituti. Ancora, l’ONMI provvedeva ad indirizzare l’attività di tali istituzioni attraverso la diffusione delle norme e dei metodi scientifici di igiene

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elementare e dell’educazione infantile, erogando sussidi e contributi ed indirizzando l’attività delle altre istituzioni secondo i bisogni della popolazione locale e, talvolta, promuovendo riforme dei loro statuti e regolamenti in conformità con quanto previsto dalle norme. Proprio rispetto alla funzione di vigilanza assegnata dalla legge all’ONMI uno dei dirigenti generali dell’ente afferma che:

«Il potere di controllo e vigilanza che l’ONMI aveva sugli altri enti era molto ampio e si traduceva nel verificare se le istituzioni agivano in conformità a quanto previsto da statuti, leggi e regolamenti. Qualora non c’erano i requisiti si invitavano gli enti ad adeguarsi, ma non erano previsti sistemi sanzionatori…anche perché lo spirito con cui ci muovevamo era quello di non reprimere l’iniziativa privata e soprattutto di non soffocare quelle forme benefiche di assistenza legate alla Chiesa. Allora, questa attività si traduceva in inviti a rispettare le norme, ed il grosso che siamo riusciti a fare è stato quello di fare osservare i principi igienici, ed in alcuni casi abbiamo suggerito di adeguarsi ai contributi della pedagogia a del servizio sociale per attuare degli interventi che si potessero caratterizzare come efficaci(intervista n.1- ispettore generale dell’ONMI)».

Emerge un potere di vigilanza assegnato all’ONMI molto ampio e finalizzato al controllo dei requisiti richiesti dalle leggi che regolavano il settore assistenziale. L’ex ispettore generale ricorda che l’accertamento era finalizzato a verificare se esistevano le condizioni necessarie affinché l’istituzione continuasse a rimanere in vita, ma non si entrava nel merito dei metodi adottati per l’intervento. Inoltre, l’organizzazione dell’Opera Nazionale per la Maternità e l’Infanzia prevedeva un livello centrale ed una serie di comitati con sede in ogni provincia, come sottolinea l’intervistato nel pezzo d’intervista che segue:

«L’ente era organizzato con una sede centrale e dei comitati provinciali autonomi, che venivano nominati dagli enti locali della provincia…ed avevano una loro autonomia finanziaria. La sede del comitato era fornita dalla provincia ed i fondi per il mantenimento dell’ente erano reperiti a livello

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locale… a cui si aggiungeva una quota di risorse che dava direttamente il Ministero dell’Interno(intervista n.1- Ispettore generale dell’ONMI)».

Da un esame della legislazione che regolava a livello normativo l’ente, emerge che lo stesso nel complesso aveva il compito di erogare assistenza specifica per bisogni particolari di natura fisica, psichica, morale ed educativa a soggetti- donne e bambini- aventi titolo a determinate prestazioni. Per attuare questi interventi, l’Opera si avvaleva oltre che del personale medico, educativo, amministrativo, anche di assistenti sociali, e la sua struttura era organizzata in diversi settori d’intervento: istituti; adozioni; centri medico-psico-pedogogici; gestanti e madri nubili32

Infatti, proprio in un articolo della nota rivista dell’ente “Maternità ed

infanzia”si legge che Sileno Fabbri, primo Commissario straordinario

dell’Opera, avvertì la necessità di indirizzare le prestazioni erogate da questa organizzazione in maniera funzionale a quelle che erano le esigenze dei soggetti a cui queste prestazioni dovevano essere rivolte. Egli riteneva che un intervento qualificato poteva essere dato solo attraverso il contributo del servizio sociale. Questa idea maturò nella mente di Fabbri a seguito della sua partecipazione al primo Congresso Internazionale di Servizio Sociale, che si tenne a Parigi nel 1931. L’allora commissario rimase affascinato dai metodi e dalle finalità del servizio sociale. Fabbri notava che in Italia erano stata istituita, nel 1928, la «Scuola Superiore Fascista di Assistenza Sociale», ma

. Per le prestazioni rivolte ai minori, ed in particolare il settore istituti, fin dalla sua gestazione questa organizzazione avviò una riflessione su come assicurare un miglior soddisfacimento dei bisogni dei minori. Dalle parole di uno degli ispettori generali dell’Ente emerge che:

«L’OMNI venne pensato per soccorrere le donne ed i minori ed, anche se è vero che venne usato come uno strumento della politica fascista e marchiato come ente fascista, la sua nascita si deve alla volontà di Sileno Fabbri e di Finocchiaro che pensarono alla sua nascita come un ente in grado di dare risposta a molti bambini e donne abbandonate(intervista n.1-Ispettore generale dell’ONMI)».

32 Anon , I settori d’intervento dell’ONMI , in Maternità ed infanzia, n.9 settembre, 1969, pp.45- 46

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non era una scuola che si avvicinava alla formazione offerta dalle scuole di servizio sociale esistenti all’estero.

Egli argomentava che per l’attuazione dei compiti assegnati ai grandi enti assistenziali in Italia sarebbe stato opportuno organizzare una scuola di formazione per gli assistenti sociali, da affiancare al personale sanitario ed amministrativo. In un primo momento per questa sua intuizione venne accusato di esterofilia, ma successivamente riuscì - con una delibera del 30 aprile 1932- ad approntare le norme relative all’istituzione di corsi per la preparazione tecnica del personale da adibire ai servizi sociali. I corsi prevedevano la preparazione dei segretari sociali e delle assistenti sociali, attraverso una formazione di durata biennale, ma non vennero mai attivati. Al contrario, si diede avvio a dei corsi semestrali per tali figure ed il commissario straordinario, Sileno Fabbri, dichiarò che:

«Il servizio sociale che i segretari sociali, ed in particolare modo gli assistenti sociali dell’opera saranno chiamati a compiere dovrà essere fondata sull’analisi del caso singolo, sulla diagnosi dell’individuo da assistere e sulla ricognizione delle condizioni ambientali in cui egli vive, per ricondurlo a ragion veduta alla vita normale, per riadattarlo, per rieducarlo alla socialità cercando possibilmente di farlo partecipare a quest’opera di ripristino morale e fisico, perché uno degli obiettivi principali da raggiungere deve essere lo sviluppo del senso di dignità personale, come quello che dà all’individuo la possibilità e lo stimolo di fare da sé»33

Sostanzialmente, Fabbri aveva in mente di indirizzare l’Opera non verso la tradizionale beneficienza, o verso l’esclusiva risposta sanitaria al bisogno, ma voleva realizzare un ente a finalità sociale

.

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33 D’Alba B., Contributo di ricerca sulle origini del Servizio Sociale in Italia: Il servizio Sociale dell’Opera Nazionale, in Maternità ed Infanzia, n.1 gennaio, 1966,p. 21.

34 Ibidem, pp.12-20.

. Purtroppo, queste idee lungimiranti non riuscirono a concretizzarsi per via del cambiamento di gestione avvenuto nel 1937, che vide come commissario dell’opera Bergamaschi, il quale continuò ad indirizzare l’ente verso il perseguimento di quelle finalità di carattere demografico, igienico, sociale previste dal regime

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fascista. L’Opera attraverso il personale sanitario ed amministrativo, ed i suoi servizi, si occupava dei figli di ignoti e degli illegittimi riconosciuti dalla madre entro il sesto anno di età, mentre era affidato ad altre organizzazioni(in particolare alla Gioventù Italiana del Littorio) il compito di assistere i minori al di sopra dei sei anni35

Con la caduta del fascismo ci fu un mutamento della filosofia dell’ente, che man mano si manifestò la sua volontà di porsi come istituzione d’assistenza specializzata nel dare risposte ai problemi di madri e bambini attraverso l’inserimento di figure professionali specializzate e tecnicamente preparate per attuare un intervento globale in risposta ai bisogni. Fino ad allora, tutte le iniziative portate avanti dall’ente nel settore istituti educativo-assistenziali non avevano portato a risultati di rilievo, poiché tutta la linea d’intervento era stata

.

Inoltre le idee innovative, del Commissario straordinario Fabbri, non furono implementate anche per l’urgenza del regime di strutturare quest’ente che doveva funzionare immediatamente, per cui non era possibile formare il personale secondo i canoni di cui si faceva promotore il servizio sociale, quali: individualizzazione dell’assistenza; partecipazione attiva dell’assistito all’opera del proprio risanamento; adattamento del caso singolo alla vita collettiva. Dunque, l’ente operò adottando le forme più comuni e semplicistiche della beneficienza pubblica; anche perché doveva dare risposta ad una popolazione stremata dalla fame e dalla miseria a causa della guerra. I servizi dell’Opera, come i consultori materni e pediatrici, diventarono dei luoghi di distribuzione di alimenti, farmaci e vestiario. A questo proposito si riportano le parole dell’intervistato che confermano quanto già esposto:

“Purtroppo molte cose non andarono come sarebbero dovute andare. Ci fu una manipolazione da parte del regime che portò a mutare il volto di questo ente nazionali d’assistenza per altri fini. Venne usato esclusivamente per rabbonire popolazioni stremate e marginali. Pensi che i consultori medico psico-pedagogici vennero trasformati in una sorta di attuale banco alimentare(intervista n.1- Ispettore generale ONMI)”.

35 Cfr. D’Alba B, Le funzioni istituzionali dell’ONMI: precedenti storici ed evoluzione giuridico- amministrativa, in Maternità ed Infanzia, numeri 5-6, maggio-giugno, 1965.

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impostata al soddisfacimento dei bisogni fondamentali. Solo con l’ingresso degli assistenti sociali in organico avvenuto nel 1953, prima presso la sede centrale di Roma e poi in quelle provinciali, venne proposto il primo censimento degli istituti, degli enti e delle associazioni che erogavano assistenza alla maternità e all’infanzia. L’inchiesta36

Nella circolare era esplicitata l’adozione di formule metodologiche che stimolassero l’autogoverno; la riduzione del numero dei ricoverati; del senso di costrizione e coercizione fisica e psichica avvertito dai minori; l’articolazione di piccoli gruppi di minori coadiuvati da un educatore; la ristrutturazione dell’istituto negli arredi in maniera tale da riecheggiare in maniera più fedele possibile l’ambiente familiare; e l’organizzazione di iniziative volte all’integrazione dei ricoverati nella realtà sociale territoriale. I risultati di questa inchiesta portarono ad una diminuzione dei minori istituzionalizzati, aveva diverse finalità, tra le quali l’accertamento della qualità del trattamento educativo ed assistenziale ricevuto dai minori, e la verifica della possibilità che in istituto venisse offerta una formazione professionale. Tutto questo era funzionale alla seconda finalità del censimento, che era appunto quella di individuare gli istituti che presentavano i requisiti migliori per accogliere i minori, in maniera tale da operare una riduzione degli istituti presenti, inviando i minori in quelli ritenuti più adeguati. Furono, appunto, gli assistenti sociali attraverso visite presso gli istituti a compilare e ad analizzare le schede adottate per la rilevazione delle condizioni di vita dei minori negli istituti. L’azione portata avanti dagli assistenti sociali fu duplice, in quanto rivolta ai minori accolti o da accogliere negli istituti, ed ai requisiti a cui gli istituti dovevano adeguarsi. Vennero revisionati tutti i casi dei minori ricoverati o da ricoverare, affinché si potesse decidere rispetto ad una loro eventuale dimissione dall’istituto, formulando piani d’intervento che potessero includere forme di accoglienza diverse dal ricovero. Inoltre, venne svolta dalle assistenti sociali un attività di consulenza tecnica ed assistenziale nei confronti degli istituti ai quali era richiesto di adeguarsi alla circolare ONMI n.513 del 29 agosto del 1956.

36 Cfr. circolare ONMI n.172 dell’8 agosto 1947 su «Inchiesta su Enti, istituti, associazioni che fanno l’assistenza alla maternità e all’infanzia»

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all’attuazione di interventi nei confronti della famiglia; ed all’assunzione di un numero considerevole di assistenti sociali nelle varie federazioni provinciali37

Oltre agli istituti dipendenti dalle pubbliche amministrazioni, i quali partecipavano alla natura giuridica dell’ente, vi erano istituti di diretta emanazione di altri enti assistenziali ed istituti sorti per mano di privati. Ebbene, l’ONMI doveva esercitare nei loro confronti la funzione di tutela e quella di vigilanza. La prima prevedeva l’intervento dell’Opera in via preventiva nelle forma dell’autorizzazione e dell’approvazione al funzionamento degli istituti, mentre la seconda funzione aveva un carattere generale, nel senso che si riferiva a tutte le attività di tali istituzioni finalizzata a garantire il raggiungimento degli obiettivi posti, ed il controllo rispetto all’applicazione di leggi, statuti e regolamenti. L’ONMI era l’unica istituzione a cui lo Stato assegnava compiti di consulenza

. A sostegno di quanto affermato, nella ricostruzione fatta da un intervistato viene menzionata questa attività di ricerca, che ebbe il merito di sottolineare le criticità degli istituti per minori e di valorizzare il contributo che il servizio sociale poteva dare per una reale deistituzionalizzazione dei minori:

«nel 1953 portammo avanti un’inchiesta che mise in luce la situazione in cui vivevano molti minori. C’erano un sacco di istituti che erano del tutto inadeguati e si trovavano soprattutto al Sud d’Italia, erano zeppi di bambini fatti adulti. Il primo gruppo di assistenti sociali entrate nella sede centrale dell’ONMI portò avanti questa attività di ricerca che fu importante, perché portò alla chiusura di molti istituti e all’imposizione di alcuni criteri per quelli che volevano continuare ad essere autorizzati ad assistere i minori. L’ONMI aveva il compito di autorizzare al funzionamento gli altri istituti sia pubblici che privati ed anche su quelli doveva vigilare(intervista n.1-Ispettore generale ONMI)».

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Per approfondimenti sull’attività del servizio sociale negli istituti educativo-assistenziali cfr. Canario Rizzoli M. P.,. Falcitelli Boruffi L., Il servizio sociale dell’OMNI e gli istituti educativo- assistenziali, in Maternità ed infanzia, n. 1 gennaio, 1967; D’Alba B., Il Servizio Sociale dell’OMNI nell’assistenza delle gestanti e madri, in particolari nubili, in Maternità ed Infanzia, n.5 maggio, 1966

, o assistenza tecnica, verso

38 La funzione di assistenza tecnica viene esplicitata nella legge istitutiva dell’Opera e fa parte dei compiti integrativi assegnati a questa istituzione. L’ONMI attraverso i suoi servizi ed il personale

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tutti gli istituti educativo-assistenziali a prescindere dalla natura giuridica e dal fatto che ospitassero o meno minori affidati all’ONMI39

Nello specifico attraverso i Centri Medico Psico-pedagogici, in cui operavano pediatri, neuropsichiatri infantili, psicologi ed assistenti sociali, l’Opera svolgeva un’attività indirizzata a fornire assistenza ed aiuto tecnico agli istituti educativo-assistenziali, per favorire l’adeguamento degli stessi alle nuove acquisizioni in campo psico-pedagico ed una maggiore aderenza delle risposte approntate alle domande provenienti dai contesti locali. Tale compito era anche motivato dalla necessità di frenare il sorgere di strutture superflue o irrazionali, e di prevedere la nascita di istituti nei contesti in cui si manifestava un vuoto

. Per questa attività l’organizzazione aveva messo a disposizione i suoi servizi ed il loro personale, secondo quando era indicato nel «programma di sviluppo dei servizi sanitari e sociali dell’ONMI».

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. Inoltre, in quegli anni erano note le difficoltà degli istituti per minori e l’opinione pubblica era allarmata da episodi scandalosi che mettevano sotto processo molti istituti per minori che si caratterizzavano come dei lagher41. Si ricordi che negli anni ’50 e ’60 si ebbe la diffusione di studi scientifici sugli effetti dell’istituzionalizzazione sullo sviluppo della personalità minorile, oltreché ricerche condotte sulle condizioni di vita dei minori negli istituti ed una serie di articoli che inquietarono l’opinione pubblica, stimolando tutti a duna riflessione su queste strutture che avevano le caratteristiche di un’istituzione totale42

specializzato(medici, psichiatri ed assistenti sociali) offriva assistenza tecnica che si differenziava dall’attività di vigilanza

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Cfr. Falcitelli N., Assistenza ai minori in istituto ed organizzazione dei servizi sociali, in Maternità ed Infanzia, n.1, Febbraio, 1972, p.53.

40 Per approfondimenti sul tema cfr. Falcitelli N. L’istituto educativo-assistenziale, in Maternità ed Infanzia, n.8, Agosto, 1971, p.43.

41 Guidetti Serra B., Santanera F., Il paese dei Celestini. Istituti di assistenza sotto processo, Einaudi, Torino, 1973.

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Cfr. Basaglia F., L’istituzione negata, Einaudi, Torino, 1968; Basaglia F., Basaglia Ongaro F., La maggioranza deviante. L’ideologia del controllo sociale totale, Einaudi, Torino, 1971; Basaglia F., Basaglia Ongaro F., a cura di, Crimini di pace.

Ricerche sugli intellettuali e sui tecnici come custodi di istituzioni violente, Einaudi,

Torino, 1975.

. Come affermato in precedenza, l’inserimento del servizio sociale nell’ente avvenne proprio per disporre di personale qualificato

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da impiegare nell’attività di consulenza, ed in particolare rispetto al settore istituti. In verità, in un primo momento gli assistenti sociali assunti dall’ente ebbero il compito di gestire provvedimenti di notevole rilevanza amministrativa e finanziaria, quali l’ammissione e la dimissione dei minori assistiti negli istituti di diretta dipendenza dell’ONMI. In un secondo momento cercarono di indirizzare le prestazioni assistenziali di servizio sociale verso compiti che caratterizzassero l’opera come ente specializzato, volto ad offrire consulenza tecnica anche agli altri istituti. Il servizio sociale d’istituto nacque con una triplice finalità, quale quella di: preparare il minore all’ingresso in istituto e di accompagnarlo nell’esperienza dell’istituzionalizzazione; prepararlo alle dimissioni dall’istituto ed al riadattamento alla vita familiare; seguire costantemente il nucleo familiare del minore attraverso interventi finalizzati al riadattamento del minore al contesto medesimo. Il metodo adottato dal servizio sociale per rispondere all’esigenze dei minori istituzionalizzati era articolato nella rilevazione della documentazione amministrativa e sociale relativa ai minori affidati, nell’osservazione dell’ambiente in relazione ai diversi aspetti della vita in istituto(la scuola, il tempo libero, la preparazione degli insegnanti e degli educatori,ecc.), nella valutazione dei dati raccolti. In seguito a queste attività, veniva svolta un’azione diretta sull’ambiente- istituto ed un’azione indiretta nei confronti del minore. Il programma si articolava in una maggiore sensibilizzazione del

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