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4.7 Quale futuro?

ANNO SENTENZE G.U.P TRIBUNALE

2000 1 0 2001 1 0 2002 1 0 2003 4 0 2004 2 2 2005 4 4 2006 2 0 2007 3 5 2008 1 5 2009 2 3 2010 0 1 2011 1 1 TOT. 22 21

Tab. 1: Provenienza delle sentenze

Nell’analizzare le sentenze è fondamentale tenere in considerazione il lasso temporale che trascorre tra il fatto accaduto e il giudizio: questo scostamento, molto limitato per le sentenze pronunciate davanti al Giudice per l’Udienza Preliminare (G.U.P.), è particolarmente significativo per le sentenze del Tribunale.

Spesso, poi, le sentenze presentano delle caratteristiche esplicitamente connesse alla natura dell’atto giudiziario: ad esempio, nelle stesse è possibile rilevare più informazioni sugli sfruttatori che sulle vittime, delle quali l’età e la nazionalità spesso non sono riportate. Questo è poi particolarmente frequente nelle sentenze emesse dal G.U.P. dove la finalità del giudice è quella di decidere sulla richiesta del pubblico ministero di rinviare a giudizio l'indagato o, in caso di patteggiamento, quella di determinare la pena concordata tra pubblico ministero e avvocato dell’imputato251.

                                                                                                                         

251 Ciconte E. (a cura di), I flussi e le rotte della tratta dell’est europa, Progetto W.E.S.T., Ravenna,

8.2. Caratteristiche socio-demografiche degli imputati

8.2.1. Età e genere

L’età media degli imputati all’atto della sentenza è di 31,5 anni: il range varia da un minimo di 19 ad un massimo di 50 anni, ma si tratta, prevalentemente, di persone giovani: 29 (pari al 47%) hanno meno di 30 anni, mentre 26 (pari al 42%) hanno tra i 30 e i 40 anni. Gli imputati che hanno più di 40 anni, invece, sono solamente 7 (11%). Le variabili più fortemente correlate con il comportamento deviante sono il genere e l’età. Alcune indagini252 hanno messo in luce che in Italia, come in tutti i paesi del mondo, esiste una stretta correlazione tra l’età e la tendenza a violare le norme penali. Le probabilità che una persona commetta un reato crescono molto rapidamente durante la pre-adolescenza e l’adolescenza, raggiungono il valore più elevato attorno alla maggiore età e scendono bruscamente dopo di allora.

Guardando, infatti, allo specifico della condizione giovanile, è durante l’adolescenza che la tendenza a sfidare i limiti e a correre rischi assume un particolare valore. In riferimento al genere, invece, si evidenzia le netta prevalenza di quello maschile, al quale appartengono 45 imputati (fig. 1). Le donne commettono dei delitti in maniera meno consistente rispetto agli uomini: questa tendenza, anche se con alcune differenziazioni, è una caratteristica di tutti i paesi del mondo occidentale.

Figura 1: Genere degli imputati. Valori %

                                                                                                                         

252 Barbagli M., Immigrazione e reati in Italia, Il Mulino, Bologna, 2002.

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27 MASCHI

La scarsa presenza di donne delinquenti nel passato era una considerazione che non suscitava uno specifico interesse: le teorie sulla delinquenza e le ricerche sui soggetti che commettevano reati, erano, infatti, orientate alla spiegazione e allo studio solo della criminalità maschile. La subordinazione della donna portava a considerare il genere femminile incapace di condotte libere e responsabili.253

La questione dell’imputabilità della donna iniziò a destare interesse tra l’Ottocento ed il Novecento, quando la Scuola positiva di criminologia iniziò a mettere in discussione la validità dei metodi di studio della Scuola classica di diritto penale. I primi studi condotti sull’argomento da Cesare Lombroso e Guglielmo Ferrero alla fine dell’ottocento interpretavano la devianza della donna, come il frutto di una “inferiorità biologica e intellettuale” che la portava ad assumere condotte inadeguate e irresponsabili:254 di conseguenza, se la donna era inferiore all'uomo in tutti gli aspetti della vita, lo era anche nei riguardi del crimine.

Il positivismo influenzò anche il legislatore dell’epoca, anche se solo in parte. ll Codice Civile del 1865 (Codice Pisanelli) infatti, subordinava in maniera lampante il genere femminile a quello maschile: appena sposate, infatti, le donne perdevano ogni potere decisionale sulle loro proprietà, sui figli, sul lavoro. Il Codice Penale del 1889 (Codice Zanardelli), invece, non faceva riferimento a differenze di genere e considerava, contrariamente a quello civile, uomini e donne uguali davanti alla legge e, pertanto, ugualmente responsabili del loro comportamento, sottoponendoli a livelli simili di punizione, ad eccezione di alcuni temi, come l'adulterio, l'infanticidio e l’aborto.255

Nelle opere dei penalisti a cavallo tra ottocento e novecento si contrapponevano, tuttavia, chi sosteneva la piena uguaglianza giuridica tra uomini e donne in campo penale da chi avanzava la proposta di una minore imputabilità per le donne. Il penalista Enrico Ferri dava una versione apertamente giuridica delle teorie lombrosiane e scriveva nel suo “La teorica dell'imputabilità e la negazione del libero arbitrio” del 1878: “Tutti i criminalisti sono d'accordo nell'ammettere il sesso come                                                                                                                          

253 Polo S., La trasformazione del concetto di “donna delinquente” da Lombroso ai giorni nostri, in

Rivista di Psicodinamica criminale, anno I, n.1, giugno 2008, p. 1.

254 Cianciola G., Genere e crimine nella società postmoderna. La donna kamikaze, Aracne, Roma,

2011, p. 17.

255 Del Re A., L’esclusione della rappresentanza per le donne: il contesto, le ragioni, gli ostacoli, le

vie per una soluzione, in Del Re A. (a cura di), Donne in politica: un’indagine sulle candidature femminili nel Veneto, Franco Angeli, Milano, 1999.

circostanza minorante la pena. La questione verte invece nel decidere se il sesso debba ammettersi anche quale causa minorante il delitto o l’imputazione”.256

Solamente negli anni Settanta, quando le donne ottennero la piena parità in materia di diritto familiare, questa contrapposizione fu risolta.

Tra le teorie moderne, Hermann Mannheim, sostenne e provò a dimostrare che le donne che avevano commesso dei reati, anche gravi, erano trattate dai giudici (di genere maschile) con una maggiore indulgenza. La consapevolezza di avere relegato le donne in una condizione di forte inferiorità nella società precedente al XX secolo, avrebbe, quindi, portato ad una sorta di ‘protezione legale’ nei loro confronti257. Freda Adler, sociologa statunitense, nella sua opera “Sisters in crime”, ha messo in evidenza come possa esistere un rapporto tra indipendenza femminile e criminalità delle donne. Dal punto di vista della Adler, la parità dei sessi e la mascolinizzazione della donna porterebbe ad un ampliamento della criminalità femminile, pertanto, al successo dei movimenti di liberazione delle donne, sarebbe seguito un aumento dei crimini commessi dal genere femminile.

Feinman e Naffine, hanno ritenuto, invece, che sia l’assenza di opportunità realmente significative per le donne a condurre all’aumento della loro criminalità.

Le diverse teorie contemporanee hanno, comunque, messo in evidenza come la donna delinqua meno dell’uomo solamente per la sua posizione di inferiorità sociale, riconducibile, a seconda delle correnti di pensiero, al sistema capitalistico, alla supremazia maschile nella gerarchia del potere, al persistere di un patriarcato di fatto258.

Uno degli elementi di novità di questo nuovo millennio è, in ogni caso, rappresentato dal ruolo assunto dal coinvolgimento crescente di donne nell’ambito delle attività di sfruttamento della prostituzione di altre donne. E’ questo uno dei dati principali messi in evidenza dalla ricerca condotta da Enzo Ciconte all’interno del Progetto W.E.S.T. (Women East Smuggling Trafficking). Le donne, dunque, non sono solo vittime, ma rivestono un ruolo importante all’interno del gruppo criminale che organizza lo                                                                                                                          

256 Ferri E., La teorica dell'imputabilità e la negazione del libero arbitrio, Zanichelli, Bologna, 1881. 257 Bisi S., Criminalità femminile e differenza di genere, consultabile al sito:

http://w3.uniroma1.it/dcnaps/bisi/criminalit%E0.htm

258 Marotta G., Devianza e criminalità femminile: un’analisi dalla antropologia criminale alla

sociologia della devianza, in Civita A., Massaro P., Devianza e disuguaglianza di genere, Franco Angeli, Milano, 2011, p. 121.

sfruttamento della prostituzione. Il fenomeno coinvolge tutte le etnie, seppure con diversa intensità a seconda dei luoghi259. Se fino a qualche anno fa era una realtà messa in pratica esclusivamente nello sfruttamento delle ragazze africane (principalmente nigeriane), ora è una modalità frequente anche nella gestione del traffico delle donne che arrivano dall’Est Europeo.

Nella presente indagine le donne imputate di reati connessi alla prostituzione sono 17, di nazionalità albanese, bulgara, rumena, moldava, nigeriana, ex-jugoslava, ucraina. Nello specifico, dei tre imputati di nazionalità nigeriana, due appartengono al genere femminile. Questo rende evidente il carattere prettamente femminile dello sfruttamento della prostituzione nigeriana. Per quanto riguarda lo sfruttamento della prostituzione di donne dell’est europeo, invece, la delega alla donna è probabilmente dettata dalle necessità, per l’uomo, di non esporsi troppo nell’azione di controllo e di accompagnamento delle donne sul luogo di lavoro: utilizzare le donne, infatti, permette di mimetizzare queste funzioni e di renderle, così, invisibili agli occhi delle forze dell’ordine260.

8.2.2. Nazionalità

Il paese di origine degli imputati è una variabile caratterizzante di quest’analisi, che si propone di indagare i reati in materia di prostituzione ad opera di cittadini nigeriani e dell’est europeo.

I paesi di provenienza degli imputati sono 8. Le nazionalità individuate sono state: Albania, Bulgaria, Ex-Yugoslavia, Moldavia, Nigeria, Romania, Ucraina, Ungheria. Il primo dato che emerge osservando la molteplicità dei paesi di provenienza degli imputati è quello della transnazionalità della criminalità coinvolta in questo fenomeno, ed è evidente che i procedimenti penali per reati connessi alla prostituzione a carico di imputati di origine est europea a Rimini siano una significativa maggioranza.

                                                                                                                         

259 Ciconte E. (a cura di), op. cit., p.121. 260 Ibidem, p. 122.

Figura 2: Nazionalità degli imputati. Valori %

La nazionalità più rappresentata nell’universo empirico è quella albanese, alla quale appartengono 24 imputati (38,7%). Come evidenziato dall’Osservatorio sulla prostituzione e sui fenomeni delittuosi ad essa connessi le organizzazioni criminali albanesi continuano ad apparire tra le più minacciose nel settore dello sfruttamento della prostituzione, a causa della capillare diffusione su tutto il territorio nazionale e delle loro relazioni con i più importanti gruppi mafiosi. Il fenomeno dello sfruttamento della prostituzione costituisce, infatti, per gli albanesi un business particolarmente redditizio, che nel tempo ha assunto le caratteristiche di una vera e propria impresa avviata, alimentata e gestita in proprio, con modalità violente. In principio le vittime del racket albanese erano principalmente donne connazionali, più di recente le indagini hanno evidenziato l’ampliamento dello sfruttamento a donne di altra nazionalità, principalmente rumene.261

Anche cittadini rumeni, che in questa indagine rappresentano il 29,1% dell’universo, e quelli moldavi (6,4%) si sono imposti, con modalità organizzative complesse, nella gestione del traffico e della tratta di esseri umani, attraverso referenti nei Paesi di origine dei migranti, con il compito di sfruttare i clandestini soprattutto nel campo della prostituzione.

La criminalità nigeriana, invece, seppur meno rappresentata in questa indagine (4,8%) a causa della scarsa presenza di donne nigeriane nel riminese, è notoriamente una delle più attive nella tratta di esseri umani nel nostro Paese. Nella criminalità                                                                                                                          

261Osservatorio sulla prostituzione e sui fenomeni delittuosi ad essa connessi, Relazione sulle attività

svolte -1 semestre 2007, Ministero dell’Interno, p.65. 38,7 29,1 4,8 6,4 4,8 4,8 1,7 9,7 ALBANIA ROMANIA NIGERIA MOLDAVIA BULGARIA EX-JUGOSLAVIA UNGHERIA UCRAINA