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La Convenzione del Consiglio d’Europa per la lotta contro la tratta di esseri uman

3. Il contrasto alla tratta e la protezione delle vittime nella normativa internazionale ed europea

3.3. La Convenzione del Consiglio d’Europa per la lotta contro la tratta di esseri uman

In seno al Consiglio d’Europa il primo importante intervento è rappresentato dalla

Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (Cedu) adottata a Roma il 4.11.1950 al cui art. 4 si prevede che

“nessuno può essere tenuto in condizioni di schiavitù o di servitù” e che “nessuno

puo’ essere costretto a compiere un lavoro forzato o obbligatorio”.

Il Consiglio d’Europa ha in seguito ritenuto appropriato elaborare uno strumento giuridicamente vincolante, che permetta di agire in maniera più netta rispetto alle raccomandazioni e alla messa in opera di attività specifiche107. Il 3 maggio 2005, il

Comitato dei Ministri ha pertanto adottato la Convenzione del Consiglio d’Europa

sulla lotta contro la tratta degli esseri umani, che è stata aperta alla firma a Varsavia

il 16 maggio 2005, in occasione del terzo Vertice dei Capi di Stato e di governo degli Stati membri del Consiglio d’Europa. Il Vertice ha rilevato che questa nuova Convenzione costituisce un passo avanti fondamentale nella lotta alla tratta.

La Convenzione condanna la grave violazione dei diritti umani che la tratta determina, con particolare riferimento alla dignità, alla libertà e all’incolumità psico– fisica della vittima.

La valenza della Convenzione, che rappresenta uno degli strumenti più importanti nel panorama sovranazionale in materia di tratta di esseri umani, sta innanzitutto nell’adozione di una prospettiva fondata sulla centralità dei diritti umani e nell’enunciazione del principio fondamentale in base al quale la protezione e promozione dei diritti delle vittime di tratta devono essere assicurate senza alcuna discriminazione.

La definizione di “tratta di persone” fornita dalla Convenzione del Consiglio d’Europa ricalca quella contenuta nel Protocollo addizionale sulla tratta della Convenzione delle Nazioni Unite sul crimine organizzato transnazionale. Tuttavia, l’articolo 2 della Convenzione specifica che le sue disposizioni si applicano “a

                                                                                                                         

107 Consiglio D’Europa, L’azione del Consiglio d’Europa contro la tratta degli esseri umani,

qualsiasi forma di tratta, sia a livello nazionale che transnazionale, connessa o meno con la criminalità organizzata”.

La Convenzione è suddivisa in dieci capitoli, di cui il terzo, contenente gli articoli 10- 17, riguarda, in maniera specifica, la tutela che deve essere garantita alle vittime di tratta.

La prima disposizione del terzo capitolo riguarda il diritto ad una sollecita e corretta identificazione delle vittime, la Convenzione pone, infatti, in rilievo il fatto che le vittime della tratta devono essere riconosciute come tali, onde evitare che polizia e autorità le trattino come immigrati clandestini o delinquenti. L’importanza di questa disposizione, peraltro assente nel Protocollo di Palermo, emerge se si considera che nessun individuo, nel corso del processo di identificazione, può essere oggetto di misure di allontanamento dal territorio.

Esistono, poi, disposizioni specifiche per i bambini vittime della tratta (minori di 18 anni), a causa della loro condizione di particolare vulnerabilità. La Convenzione specifica, infatti, che questi necessitano di una rappresentanza legale speciale e che devono essere adottate tutte le misure indispensabili per stabilirne l’identità e la nazionalità. Si deve, poi, compiere ogni sforzo per rintracciare la famiglia del minore, prendendo in considerazione il suo interesse superiore.

L’articolo 12 della Convenzione stabilisce le misure di assistenza che devono essere garantite alle vittime della tratta. La protezione deve includere: uno standard di vita adeguato al loro sostentamento, compreso l’alloggio e l’assistenza psicologica e materiale; l’accesso alle cure sanitarie di emergenza ed ai servizi di traduzione e interpretariato; consulenza ed informazione sui i diritti e i servizi a loro disposizione; assistenza legale; accesso all’istruzione per i minori e considerazione per la loro incolumità e sicurezza. Le vittime che risiedono legalmente in uno Stato parte godono anche di assistenza medica e di altro tipo, qualora non abbiano risorse adeguate, e sono autorizzate ad avere accesso al mercato del lavoro, alla formazione professionale e all’educazione primaria.

Ai sensi dell’articolo 13 è previsto, inoltre, un risarcimento per un periodo di ristabilimento e di riflessione di almeno 30 giorni, affinché le vittime possano decidere se intendono collaborare con le autorità. Vi è anche la possibilità di rilasciare dei permessi di soggiorno alle vittime della tratta, o per ragioni umanitarie, oppure

nell’ambito della loro cooperazione con le autorità giudiziarie. La Convenzione prevede anche una possibile scriminante per il coinvolgimento delle vittime della tratta in attività illegali, nella misura in cui vi siano state costrette.

L’articolo 16 sancisce che le persone che siano state trafficate a livello transnazionale debbano essere rimpatriate senza ritardi ingiustificati e nella massima considerazione per i loro diritti. Lo Stato di cui è cittadino una persona vittima della tratta, o dove aveva la propria residenza, ha il dovere di renderne possibile il rientro, garantendone i diritti, in condizioni di sicurezza e dignità. I programmi di rimpatrio devono essere definiti in cooperazione con le organizzazioni non governative, al fine di scongiurare altre vittimizzazioni.

L’ultima disposizione del capitolo, l’articolo 17, invita gli Stati-parte a “promuovere

l’eguaglianza tra le donne e gli uomini e il ricorso all’approccio integrato di parità nello sviluppare, attuare e valutare le misure volte a garantire la protezione delle vittime”.

Infine, vi sono altre disposizioni della Convenzione che meritano di essere menzionate, in modo particolare l’articolo 6, che stabilisce le misure che gli Stati- parte devono adottare al fine di scoraggiare la domanda di “merce umana”. Nello specifico, sono individuate quattro misure:

• Ricerche sulle migliori pratiche, metodi e strategie;

• Misure dirette ad aumentare il livello di consapevolezza della responsabilità e dell’importante ruolo dei media e della società civile per individuare la domanda come una delle cause profonde della tratta di esseri umani;

• Realizzare campagne d’informazione mirate, coinvolgendo tra gli altri, se necessario, le pubbliche autorità ed i decisori politici;

• Misure di prevenzione, inclusi programmi educativi destinati ai ragazzi e alle ragazze nella loro vita scolastica, che evidenzino l’inaccettabile natura della discriminazione basata sul sesso e le disastrose conseguenze che ne derivano, l’importanza della parità tra le donne e gli uomini e della dignità e integrità di ogni essere umano.

L’aver dedicato un intero articolo al problema della domanda è, indubbiamente, un modo per evidenziare l’importanza di questo aspetto ai fini della prevenzione e della lotta contro la tratta di persone.