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4. Gli interventi a favore delle vittime: il sistema italiano

4.6. Gli interventi con e nei Paesi di origine

Numerosi enti che lavorano nel settore della tratta prevedono tra le loro attività quelle connesse al rapporto con i Paesi di origine delle vittime, la maggioranza dei quali nella forma di impegno per il ritorno volontario assistito. I programmi di ritorno volontario assistito permettono il rientro in patria, in condizioni di sicurezza, delle vittime di tratta presenti in Italia che ne facciano esplicita richiesta. L’impegno degli enti in questo tipo di interventi si sviluppa, generalmente, attraverso il rapporto con l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), che ha, tra i suoi scopi statutari, quello di fornire assistenza agli Stati e alle organizzazioni che si occupano di migranti per una serie di situazioni e condizioni in cui questi si possono trovare, tra

cui anche quella delle persone che hanno interesse o per cui è opportuno un rientro in patria150.

Gli uffici dell’OIM nei paesi di destinazione e di transito organizzano i programmi di assistenza al ritorno, mentre gli uffici nei paesi di origine si occupano della reintegrazione delle vittime di tratta151. I progetti di assistenza alla reintegrazione sono organizzati tenendo conto dei bisogni individuali delle vittime e della situazione esistente nei paesi d’origine. Nel caso in cui l’OIM non sia presente nel paese di origine, le attività di ritorno e reintegrazione si sviluppano attraverso la collaborazione con agenzie locali, quali agenzie governative ed organizzazioni non governative.

L’assistenza al ritorno volontario comprende le seguenti attività152:

• Servizi ed assistenza forniti prima della partenza: attraverso il coordinamento con la polizia od altre autorità, l’inserimento in strutture d’accoglienza gestite dall’OIM o da autorità locali, l’assistenza medica generale, psicologica, psichiatrica e ginecologica, l’assistenza legale secondo le necessità individuali. • Assistenza al ritorno: in cooperazione con le autorità dei paesi d’origine e

transito è garantita l’assistenza all’ottenimento di documenti necessari per il viaggio di ritorno o il controllo della loro validità, l’assistenza in transito (inclusa la possibilità di soggiorno in apposite strutture od alberghi), l’ assistenza nel paese d’origine fino alla destinazione finale.

• Servizi ed assistenza forniti nel paese di origine: attraverso la collaborazione dell’OIM con altre agenzie coinvolte nel programma, è prevista l’offerta di corsi di formazione od opportunità di lavoro, l’offerta di assistenza finanziaria per l’avviamento di attività lavorative (acquisto di materiali, strumenti di lavoro ecc.), l’offerta di incentivi ai datori di lavoro per l’impiego di ex vittime di tratta, l’assistenza durante tutto il piano individuale di reintegrazione sociale favorendo, quando possibile, il rientro nella famiglia di origine.

Il progetto NIRVA153 - Networking Italiano per il Rimpatrio Volontario Assistito- è                                                                                                                          

150Ibidem, p. 107.

151 AA.VV., Tratta di esseri umani. Come assistere una vittima?, Parigi, 2002. Consultabile al sito:

http://www.esclavagemoderne.org/media/traite_etres_humains_it.pdf

152 Ibidem.

un progetto, co-finanziato dalla Commissione Europea con il Fondo per i Rimpatri ed il Ministero dell’Interno, e promosso da AICCRE (Sezione Italiana del CCRE, Consiglio dei Comuni e Regioni d´Europa), CIR (Consiglio Italiano Rifugiati) ed OIM finalizzato a rafforzare ed organizzare in un’unica rete tutte le organizzazioni pubbliche e private che si occupano di promuovere questa opzione.

Il progetto si propone, inoltre, di coinvolgere anche le rappresentanze dei paesi di origine degli immigrati interessati, potenziando, così, un network nazionale di riferimento che, formato e sensibilizzato, possa interagire per promuovere a livello territoriale una maggiore conoscenza e pianificazione del dispositivo, l’informazione agli immigrati potenzialmente interessati e che ne hanno diritto, in modo da facilitarne l’accesso nel pieno rispetto dei diritti e della dignità dei migranti.

L’informazione sul ritorno volontario assistito, infatti, secondo numerosi enti dovrebbe essere fornita al momento dell’arrivo delle vittime nelle strutture di accoglienza o, comunque, durante il colloquio iniziale con gli operatori. In tal senso, la possibilità di ritorno dovrebbe essere parte del “pacchetto informativo”, in aggiunta all’orientamento legale e all’informazione sull’accoglienza e sull’eventuale integrazione nel paese ospitante.

Informare le vittime sulla possibilità del ritorno volontario, infatti, non significa proporgli di partire e ritornare subito o imporre loro di prendere una decisione: lo scopo principale di questa “informazione precoce” è, invece, la necessità di fornire ai potenziali interessati il tempo per elaborare e scegliere in piena consapevolezza l’opzione più adatta al loro caso. Il ritorno è una possibilità che deve essere divulgata ai migranti senza filtri o pregiudizi che possano limitare o rallentare il trasferimento dell’informazione. Spesso, infatti, il timore di essere male interpretati unito al bisogno di assistere la vittima verso l’integrazione, spinge alcuni operatori a mettere l’opzione del ritorno in secondo piano oppure a parlarne quando il processo migratorio è già compromesso, a seguito di un provvedimento negativo dell’autorità competente (per esempio relativo al mancato rilascio di un permesso di soggiorno), o quando il processo di integrazione attraversa una fase critica. Se proposto in questi termini, il ritorno può essere recepito dalla vittima come un fallimento ed

eventualmente provocare, una volta rientrato nel paese di origine, delle serie difficoltà nella fase di reinserimento154.

Le iniziative di lavoro di rete con i paesi di origine delle vittime, comunque, si sono moltiplicate negli ultimi dieci anni. Per citare alcuni esempi, nel 2000, l’USMI (Unione Superiore Maggiori d’Italia), il cartello che riunisce 90.000 suore di 627 congregazioni, ha invitato alcune suore della Conferenza delle religiose nigeriane (NCWR) a constatare di persona cosa stesse accadendo a migliaia di loro connazionali sulle nostre strade. L’esperienza è stata particolarmente utile poiché ha creato canali di collaborazione e cooperazione e, come risposta concreta, la NCWR ha istituito a Benin City un ufficio, chiamato “Cosudow” (Comitato per il sostegno della dignità della donna) che è diventato un punto focale di riferimento per numerose organizzazioni non governative e per le donne stesse che hanno bisogno di aiuto155. Merita, poi, una segnalazione particolare il progetto di Tampep (Torino), denominato “Turnaround”, che prevede la prevenzione del fenomeno della tratta nel paese d’origine (Nigeria) e la lotta alla criminalità organizzata. A tal fine sono state realizzate campagne di informazione attraverso manifesti e video documentari ed è stato istituito in Nigeria un coordinamento ed una rete permanente per la diffusione di informazioni, per il miglioramento dell’accoglienza delle donne rimpatriate, per lo studio e la messa in atto di azioni efficaci di contrasto al fenomeno della tratta156.