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3. Il contrasto alla tratta e la protezione delle vittime nella normativa internazionale ed europea

3.1. Evoluzione storica

Il panorama degli strumenti internazionali in tema tratta di persone è ricco ed eterogeneo. Le prime Convenzioni che si sono occupate del fenomeno sono state predisposte agli inizi del Novecento, con lo scopo di arginare il fenomeno che allora era definito “la tratta delle bianche”.

Nel 1926, a Ginevra fu firmata la Convenzione sulla schiavitù della Società delle Nazioni nella quale la definizione di schiavitù era particolarmente restrittiva e si riferiva esclusivamente alla possibilità di esercitare il diritto di proprietà su un individuo.

In una Convenzione integrativa a quella di Ginevra, adottata nel 1956 il concetto venne ripreso e se ne ampliò la portata: la nozione fu definita in maniera più dettagliata attraverso la creazione di quattro categorie specifiche di schiavitù102, che comprendevano anche la servitù da debito e facevano preciso riferimento alla donna.                                                                                                                          

102 All’articolo 1 della Convenzione supplementare sull’abolizione della schiavitù, del commercio di

schiavi e sulle istituzioni e pratiche assimilabili alla schiavitù, la schiavitù viene suddivisa in quattro categorie specifiche a) la servitù per debiti, ossia lo stato o la condizione di chi, essendo debitore, si è obbligato a fornire, a garanzia d'un debito i suoi servizi o quelli di persona soggetta alla sua autorità, qualora il valore di questi servizi, valutato in termini ragionevoli, non sia destinato all'estinzione del debito, ovvero se la durata degli stessi non sia determinata oppure la loro natura non sia definita; b) il servaggio (servitù della gleba), ossia la condizione di chiunque sia tenuto dalla legge, dall'uso o da un accordo a vivere e lavorare su terra altrui e a fornire a tale persona, con o senza compenso, determinati servizi, senza poter mutare il proprio stato;c) ogni istituzione o pratica secondo la quale:i) una donna, cui non spetti il diritto di sottrarsene, sia promessa o data in matrimonio mediante compenso in denaro o in natura, fornito ai suoi genitori, al suo tutore, alla sua famiglia o a qualsiasi altra persona o altro gruppo di persone;ii) il marito di una donna, la famiglia o il clan dello stesso

Con la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo del 1948, all’art. 4, poi, venne sancito il divieto di schiavitù, specificando che “nessun individuo potrà essere tenuto

in stato di schiavitù o di servitù” e che “la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma”.

La Convenzione delle Nazioni Unite del 1949, concernente la soppressione del traffico di persone e lo sfruttamento della prostituzione altrui, rappresentò il primo tentativo di programmazione e coordinamento dell’azione negli stati nella lotta contro il fenomeno: per la prima volta, infatti, fu fornita una definizione, seppur limitata, di “tratta degli esseri umani”. Tuttavia, a causa delle profonde divergenze da parte degli Stati sulle misure di contrasto del fenomeno, la Convenzione fallì ottenendo un minimo numero di ratifiche.

La tappa successiva nell’evoluzione convenzionale della normativa sulla tratta è rappresentata dall’approvazione, nel 1966, del Patto Internazionale sui diritti civili e politici, entrato in vigore nel 1976. Il Patto prevede il diritto di essere libero da schiavitù o servitù, ma non circoscrive i due concetti. La prassi seguita nell’applicazione del trattato, tuttavia, permette di accertare l’accordo delle parti relativamente ad “un’interpretazione estensiva volta a ricomprendere nell’ambito di

applicazione della norma anche la tratta di donne e bambini a scopo di prostituzione forzata”.

Sempre nel punto di vista della tutela dei diritti umani si inserisce la Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, adottata nel 1979 ed entrata in vigore nel 1981, che, all’articolo 6 obbliga gli Stati a  

“reprimere, in ogni sua forma, il traffico e lo sfruttamento della prostituzione delle donne”.

La Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, adottata nel 1989, contiene alcune disposizioni riguardanti, in particolare, il trasferimento illecito di minori all’estero, il loro sfruttamento e la tratta. L’articolo 35, la disposizione più importante in materia di tratta di minori, sancisce poi l’obbligo per gli Stati-parte di

“Prendere ogni misura appropriata su piano nazionale, bilaterale e multilaterale,

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            abbiano il diritto di cederla a un terzo mediante compenso o altrimenti;iii) la moglie, morto il marito, sia trasmissibile per successione a un'altra persona;d) ogni istituzione o pratica secondo la quale un bambino o un adolescente minore di diciotto anni sia consegnato, dai genitori o da uno di essi o dal tutore, a un terzo, con o senza pagamento, perché ne sfrutti la persona o il lavoro.

per prevenire il rapimento, la vendita o il traffico di fanciulli a qualsiasi fine e sotto qualunque forma”.

Nel 1994, durante la conferenza su popolazione e sviluppo del Cairo, si discusse dei diritti dei minori e della necessità di consolidare le previsioni della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. L’Organizzazione Internazionale del Lavoro, nel 1999, accolse questo invito attraverso l’adozione della Convenzione n. 182 per la proibizione e l’immediata azione per l’eliminazione delle forme peggiori di lavoro minorile. La definizione delle forme peggiori di lavoro minorile annovera la vendita di minori, la prostituzione e la pornografia infantile, il reclutamento dei minori nei conflitti armati e la tratta di minori.

Lo Statuto della Corte Penale Internazionale, adottato durante la Conferenza Internazionale tenutasi a Roma nel 1998, contempla il reato di riduzione in schiavitù tra i crimini contro l’umanità. Secondo l’articolo 7.2. infatti, tale atto deve essere inteso come “L’esercizio su di una persona di uno o dell’insieme di dei poteri

inerenti al diritto di proprietà, anche nell’ambito del traffico di persone, in