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VI. I percorsi dei volontar

11. Antonio Cabrell

Volontario in Spagna ma non combattente, Cabrelli nasce a Navola, una frazione del comune di Pontremoli, il 7 maggio 1902.

È lui stesso a raccontarci i suoi primi anni di vita fra Italia e Francia, nelle dichiarazioni rilasciate dopo il suo arresto nell'agosto 1940:

«Emigrai una prima volta in Francia per ragioni di lavoro nel 1920, all'età di 18 anni, rientrando in Italia nel marzo 1922 a compiere il servizio militare. Congedato nell'aprile 1923, feci ritorno in Francia, nel giugno dello stesso anno, ed esercitavo a Parigi il mestiere di muratore. Dopo altra breve visita in Italia nel gennaio 1924, per la morte di mia madre, ed altra di appena 15 giorni nell'aprile 1926 non ho fatto più ritorno nel Regno. A Parigi fui raggiunto da mia moglie Cabrelli Maria nell'agosto 1924. Ho avuto due figli, nati in Francia, il primo nel 1927 ed il secondo nel 1932».284

L'emigrazione di Cabrelli si configura come definitiva a partire dalla metà degli anni venti, quando viene raggiunto dalla moglie, in uno schema tipico delle migrazioni, che vede il ricongiungimento familiare una volta che il parente emigrato abbia trovato una sistemazione che possa permettere sia a lui che ai familiari di mantenersi nel paese d'adozione.

Pare quindi essere una migrazione per motivi prevalentemente economici quella di Cabrelli, che «sebbene fosse di dubbia condotta politica, non dimostrò mai apertamente di nutrire sentimenti sovversivi»; viene comunque definito di carattere «violento e litigioso», riportando una condanna a 100 lire di multa per lesioni.285

Cabrelli, stando alle sue stesse dichiarazioni, si iscrive al PCd'I nel 1932, non facendo mistero della sua appartenenza politica, comparendo agli occhi della polizia politica come “Salvatore”, in un'informativa sul socialista bolognese Bruno Mattioli, 283 G. Chiappini (a cura di), Antifascisti della Lunigiana nella guerra civile spagnola, cit., p. 47 284 Interrogatorio di Antonio Cabrelli, Questura di Apuania, 17 agosto 1940, in ASM, cit., b. 58, fasc.

Cabrelli Antonio

285 Questura di Apuania al Presidente Commissione Provinciale Provvedimenti Polizia di Apuania, 10 settembre 1940, in Ivi

anch'egli muratore e frequentatore del gruppo comunista di Montreuil, località vicina a Parigi in cui si trova anche Cabrelli.286 Nel giugno 1936 è segnalato come

funzionario della Federazione Nazionale dei Lavoratori Edili, addetto alla manodopera straniera, guidando alcuni scioperi a Grenoble e nella Valle del Rodano. Le fonti fiduciarie fasciste nell'ottobre 1937 lo segnalano come «elemento sovversivo», che svolge «attività contraria alle direttive del Regime Fascista». Apprendiamo da questa stessa fonte la sua attività a sostegno della Repubblica spagnola, Cabrelli infatti «compie parecchi viaggi da Parigi alla Spagna per accompagnare volontari da lui arruolati».287

Dei tredici lunigianesi coinvolti nelle vicende spagnole, Cabrelli è quindi l'unico non-combattente, ma svolge comunque una funzione importante di coordinamento, compiendo missioni per l'arruolamento di volontari da mandare a combattere in Spagna a fianco della Repubblica.

Il fascicolo su Cabrelli al Casellario Politico Centrale era stato aperto a causa di una denuncia del fratello Giacomo al Consolato di Parigi del luglio 1937, che accusava Antonio di averlo minacciato di morte per aver permesso ai figli di cantare inni italiani e fascisti, reiterando le affermazioni sul carattere violento del fratello, di essere un militante comunista e di aver agito per l'arruolamento dei volontari da mandare a combattere in Spagna.288

Giacomo «fervente fascista» è intenzionato a mettere il fratello Antonio «comunista» nei guai, anche esagerando la portata di alcune informazioni, diventando una sorta di spia dei movimenti del fratello e della moglie di quest'ultimo, Maria.

Nell'agosto 1938 infatti, Giacomo si rivolge nuovamente al Consolato di Parigi, riferendo che «Cabrelli Maria di Pietro è partita ieri alla volta di Grondola Guinadi (frazione di Pontremoli) con una segreta missione […] affidatale da notori elementi comunisti di Montreuil S. Bois», continuando nello stesso tempo a denunciare il fratello, che «si occupa tuttora del reclutamento di militi destinati alle brigate repubblicane».289

Il rientro della moglie Maria, avvenuto il 30 luglio, congiunta di un «sovversivo» già iscritto in Rubrica di Frontiera e nel Bollettino delle Ricerche con provvedimento di «arresto», innalza inevitabilmente la soglia di attenzione della polizia, e Maria Cabrelli viene infatti perquisita con esito negativo e costantemente vigilata.

Ora non sappiamo se Cabrelli fosse a conoscenza del fatto di essere schedato e 286 L. Madrignani, Il caso Facio. Eroi e traditori della Resistenza, il Mulino, Bologna 2014, p. 44 287 MVSN, 85ª Legione Apuana, UPI alla Questura di Massa e Carrara, 7 ottobre 1937, in ASM, cit.,

b.58, cit.,

288 L. Madrignani, Il caso Facio, cit., p. 44

controllato dalla polizia italiana, fatto sta che commette l'errore di intraprendere uno scambio epistolare con la moglie, che all'insaputa dei coniugi viene intercettato dalle autorità fasciste.

Datate 15 agosto e spedite da Montreuil, vi sono due lettere scritte da Cabrelli Antonio e da uno dei due figli, Pietro, che offrono uno spaccato della vita e degli affetti della famiglia, un approccio culturale che può tornare utile alla nostra biografia e all'analisi della personalità di Cabrelli, che si rivolge così alla moglie: «Carissima moglie

Con questa giungo a te per dirti che sto benissimo unito al bambino […], ma la tua assenza, e quella di suo fratello, hanno come ripercusione [sic] che egli non si trova troppo contento. […] spero che tu rientrerai presto e che mi riporterai il mio picolo [sic] Luigi che sono molto preocupato [sic] per lui perché mi dici che non mangia niente.

[…] tu sai benissimo che non voglio separare i ragazzi, come del resto non voglio vivere qui senza di te. È vero che quando sei qui ci bisticciamo sovente ma quando manchi crea un vuoto importante e io mi annoio senza di te mia cara sposa.

La tua mancanza è qui nel passaggio sentita da tutti, a tal punto che questa mattina Nenè Marani mi ha detto “si vede che Madame Cabrelli non cè [sic] che non si sente più a gridare” tutti ti desideriamo e io in particolare modo.»290

Queste parole sembrano confermare le affermazioni delle varie informative che segnalano Cabrelli come una persona prepotente e litigiosa, visto che per sua stessa ammissione sappiamo che spesso litiga con sua moglie, e addirittura i vicini si accorgono della partenza di quest'ultima perché non la sentono più gridare. La lettera, oltre a parlarci della famiglia Cabrelli, contiene anche un'informazione di tipo «politico»:

«Inquanto [sic] alla situazione concernente gli affari in corso in quel paese che ti ocupavi [sic] quando eri qui gli affari vano [sic] molto bene in questo momento questo ti farà certamente piacere».291

Cabrelli non fa esplicito riferimento, ma le autorità fasciste intuiscono quel riferimento, cioè la Guerra di Spagna. Una fonte anonima infatti, aveva informato le autorità di polizia che Maria Cabrelli andava cercando informazioni sulle modalità di invio dei soldati italiani in Spagna, con gli antifascisti impegnati nella raccolta delle cartoline precetto, per dimostrare la coscrizione e quindi la non volontarietà della 290 Lettere di Antonio Cabrelli alla moglie, 15 agosto 1938, in Ivi

partecipazione italiana in Spagna.292

La lettera scritta dal figlio, in un italiano impreciso ma comprensibile (e del resto non possiamo chiedere di più ad un bambino nato e vissuto in Francia), è una dichiarazione di affetto verso la madre e la famiglia in generale, che merita di essere riportata per il livello di empatia che riesce a suscitare in noi, che ci mettiamo nei panni di Pietro e proviamo a comprendere la sua esperienza:

«Mia Cara Mamma

Giungo a te con questa mia per dirti che sono rientrato di vacanza ieri sera […].

Debbo dirti cara mamma che mi sono divertito bene durante le mie vacanza ma sono anche contento di essere rientrato avrei però avuto piacere se tu eri qui con noi come pure il mio picolo fratellino.

Oggi sicome è S. Maria il mio Papa è a casa con me e i due vecchi abiamo amazzato un coniglio e mio Padre a comperato uno buono botiglia di vino così festeggieremo bene la tua festa malgrado che tu non ci sei

Spero che Luigi sara bravo e che fara un buon Pastore con le pecore e che si divertira bene. Non mi prolungo di più cara Mamma ti domando solamente di non farti di cattivo sangue per me che io sto bene sai che il mio Papa mi vuole bene e che non mi lascia mancare nulla [...]».293

Nel frattempo Maria Cabrelli viene avvicinata da Giulio Corvi, una spia dell'Ufficio Politico Investigativo (UPI) della MVSN, che riesce a conquistare le simpatie della donna, che non sospetta minimamente del Corvi, invitandolo, credendolo un disoccupato in cerca di lavoro, a emigrare in Francia, dicendogli che là si sarebbe trovato meglio in Italia. Maria parla di Corvi al marito, che decide di scrivere una lettera alla spia, in cui “Salvatore” compromette ancora di più la sua posizione, esternando i suoi pensieri antifascisti a quello che crede essere un potenziale amico: «Caro Giuglio,

Con questa mia voglio ringraziarti dei servizzi che ai reso a mia moglie […] e in modo particolare per quello che tu fai in favore dei miei due vecchi che sono lì

Io verei molto volentieri a casa per vederli ma atualmente non mi è possibile per delle ragioni che indubiamente tu conosci benissimo.

Ti domando a te che so che ai dei rapporti abastanza importanti nel Paese e fuori di dire a colloro che considerano me come il nemico dell'Italia e del suo Popolo che io sono e resterò per sempre un fervente italiano attacato al mio Paese e al suo Popolo. Purtroppo il più grande dispiacere che io possa provare e che colloro che oggi pretendono di essere i difensori del 292 L. Madrignani, Il caso Facio, cit., p. 47

Popolo Italiano lo portano invece alla guerra alla fame e alla rovina.

Sono essi che disonorano le nobili tradizioni di civiltà e di Progresso del Grande Popolo Italiano [...]».294

Cabrelli è caduto nella trappola, rilascia dichiarazioni che mettono ancora più sull'attenti le autorità fasciste e i fiduciari, che inevitabilmente intensificheranno la vigilanza su di lui e sul gruppo di Montreuil.

La carriera di Cabrelli all'interno del Partito comunista sembra decollare, e viene mandato a Tunisi assieme a Giorgio Amendola e Velio Spano per controllare l'attività dei comunisti italiani in Tunisia e allargare il fronte antifascista, facendo leva sull'Unione Popolare Italiana (UPI) e sulla Lega Italiana dei Diritti dell'Uomo (LIDU), ed entrando a far parte della redazione del giornale antifascista “L'Italiano di Tunisi”.295

Ma ad un certo punto l'ascesa di Cabrelli si interrompe: il clima di clandestinità e sospetto che coinvolge i militanti antifascisti, che porta il partito ad interferire persino con la vita privata del militante, porta ad una clamorosa rivelazione. Secondo le autorità francesi infatti, Cabrelli sarebbe una spia fascista.

È lo stesso Amendola a riassumere in breve la vicenda nelle sue Lettere a Milano, mentre racconta delle difficoltà riscontrate a Tunisi e della necessità di epurare il partito dalle pericolose infiltrazioni:

«La situazione fu resa più difficile dalla accusa mossa dalle autorità francesi contro il compagno Cabrelli di essere un agente dei servizi di informazione fascisti. Ora, Cabrelli era nintendedimeno [sic] che un comunista italiano scelto ed inviato dalla direzione del PCF come suo rappresentante, per controllare l'attività del gruppo dei comunisti italiani operanti in Tunisia. Egli fu fermato ed espulso dalla Tunisia dalle autorità francesi, che ci mostrarono prove fotografiche delle sue attività di spionaggio per conto dei servizi segreti fascisti. In un drammatico confronto egli cercò di respingere l'accusa infamante e di passare come vittima di una provocazione. Ma quando scoprimmo che la donna presentata come moglie e che lo aveva accompagnato in Tunisia era un'amica (ciò che comportava la spesa per il mantenimento di due famiglie, cosa impossibile con i magri stipendi di partito), e che egli ci aveva ingannato su un punto importante della sua vita privata, ci confermammo nel giudizio di avere a che fare con un tipo sospetto, e avvisammo le organizzazioni di partito in Francia […]. Fu per noi un duro colpo, che ci convinse ad essere più vigilanti. Fu una conferma della validità della lotta promossa dall'Internazionale comunista e da Stalin per liberare il movimento comunista dalle infiltrazioni dei provocatori. Eravamo in tre a rappresentare il 294 Copia di lettera di Antonio Cabrelli a Giulio Corvi, 3 settembre 1938, in ASM, cit., b. 58, cit., 295 L. Valenzi (a cura di), Italiani e antifascisti in Tunisia negli anni Trenta. Percorsi di una difficile

PCI ed il PCF, ed ecco che uno di noi, anzi il responsabile del gruppo, veniva accusato di essere un agente del nemico.»296

Sul ruolo di spia di Cabrelli è lecito sollevare qualche dubbio, soprattutto leggendo le carte delle autorità italiane, sorprese almeno quanto Amendola dalla vicenda, un militante del Partito comunista che sarebbe una spia fascista, all'insaputa dello stesso personale fascista che dovrebbe controllarlo all'estero. Le sue frequentazioni di persone legate al regime fascista potrebbero essere o la prova del suo doppio gioco o l'ennesima dimostrazione di ingenuità da parte di Cabrelli nel condurre la sua vita politica, mancando di prendere le necessarie precauzioni in un ambiente pieno di infiltrazioni di agenti provocatori.

Quale che sia la verità sul caso Cabrelli, la politica internazionale entra in scena prepotentemente, con il patto di non aggressione URSS-Germania prima, e l'invasione della Polonia da parte dei tedeschi poi, con la conseguente dichiarazione di guerra di Gran Bretagna e Francia.

Il governo Daladier mette in stato di illegalità il PCF, e i comunisti e dissidenti vengono arrestati. Cabrelli viene internato nel campo di Vernet d'Ariège nel sud della Francia, un campo disciplinare in cui vengono concentrati gli stranieri sospetti e pericolosi.297 Cabrelli denuncia fra i compagni la guerra dell'URSS alla Finlandia

come guerra di aggressione, venendo accusato di eterodossia trotzkista ed espulso dal partito.

Con l'ingresso dell'Italia nel conflitto, Cabrelli rientra in Italia e viene puntualmente arrestato il 2 agosto 1940 e tradotto nelle carceri di Apuania. Qui è sottoposto al consueto interrogatorio, in cui racconta la sua vita precedente, espone agli inquirenti la struttura del Partito comunista e professa fede fascista, rinnegando le sue precedenti convinzioni:

296 G. Amendola, Lettere a Milano. Ricordi e documenti 1939-1945, Editori Riuniti, Roma 1974, pp. 4-5

297 Situata nel dipartimento dell'Ariège, a ridosso dei Pirenei, Vernet è sede di un campo di

concentramento già dalla prima guerra mondiale, per ospitare prima i franchi tiratori delle truppe coloniali senegalesi e successivamente i prigionieri di guerra tedeschi e austriaci. Abbandonato per molti anni, composto da una ventina di baracche, nel pieno dell'emergenza della Retirada viene utilizzato per accogliere i 12.000 uomini della XXVI Divisione Durruti, nella stragrande maggioranza anarchici. Le pessime condizioni di vita del campo, dovute alle precarie condizioni igieniche e al freddo, determinano un alto numero di morti, al punto che le autorità francesi decidono per l'evacuazione del campo nell'estate 1939. Il campo ha però una seconda vita a partire dall'ottobre 1939, quando viene utilizzato come campo disciplinare, andando a sostituire in questa funzione la cittadella di Collioure, sita nel dipartimento dei Pirenei Orientali. Il 28 settembre 1939 il Ministro degli Interni francese si rivolgeva ai Prefetti invitandoli a dirigere nel campo di Vernet «gli stranieri sospetti o pericolosi del vostro dipartimento». Sul campo di Vernet si veda: C. Del Pla, Le Camp du Vernet d'Ariège, Edition Private, Toulouse

«[...] Io considero che con l'inizio di questa guerra si è registrato il falimento [sic] completo e definitivo delle ideologie Antifasciste […].

Dichiaro di rinunciare per sempre alle false opinioni che ò professato fino alla fine del mese di agosto 1939.

Oggi l'Italia è in guerra per realizzare le sue aspirazioni naturali riconosco che mai vi fu guerra più giusta di questa la quale tende a spezzare il dominio Franco Inglese in Europa e a realizzare una giusta ripartizione del mondo fra tutti i popoli.

Io voglio essere al fianco del mio Paese al servizio della mia Patria.

Per questo sono rientrato spontaneamente in Patria e chiedo alle Autorità del mio Paese di essere messo al posto ove le mie modeste qualità possono meglio servire e permettermi così di provare la sincerità della mia dichiarazione.»298

«Un grave cedimento, e, forse, un tradimento» per dirla con le parole di Giulivo Ricci, che ha avuto modo di conoscere personalmente Cabrelli, definendolo «permaloso, teso e risoluto a primeggiare a qualunque costo e con qualunque mezzo».299

La sua «conversione» naturalmente non fa presa sulle autorità italiane, che lo assegnano al confino di polizia per cinque anni a Lauria, in Basilicata e poi nelle isole Tremiti, dove viene emarginato dagli altri antifascisti e non ammesso alla cellula comunista.

Liberato nell'agosto 1943, fa ritorno a Pontremoli e ai primi di ottobre i Carabinieri di Pontremoli segnalano che il Cabrelli «si è allontanato per ignota destinazione».300

Probabilmente Cabrelli si unisce ai primi gruppi partigiani che si danno alla macchia nei primi mesi dell'occupazione tedesca, ma viene nuovamente arrestato il 25 gennaio 1944 a Borgotaro e recluso nelle carceri di Parma, dove ancora si trova il 31 marzo 1944, «sospettato di partecipazione a bande di ribelli».301

La fortuna, oltre a qualche problema di comunicazione fra la Questura di Parma e quella di Apuania, corrono in aiuto di Cabrelli. Il 7 aprile Cabrelli sembra destinato ad essere tradotto nelle carceri di Apuania, mentre il 15 aprile viene proposto il trasferimento di Cabrelli nel campo di concentramento di Scipione, nel comune di Salsomaggiore Terme.302

298 Dichiarazioni di Antonio Cabrelli nelle Carceri Giudiziarie di Apuania, 20 agosto 1940, in ASM, cit., b. 58, cit.,

299 G. Ricci, Storia della Brigata Matteotti-Picelli, ISRSP, La Spezia 1978, pp. 122-125 300 Carabinieri di Pontremoli alla Questura di Apuania, 17 ottobre 1943, in ASM, cit., b. 58, cit., 301 GNR, 80ª Legione alla Questura di Apuania, 31 marzo 1944, in Ivi

302 «Aperto nel luglio del 1940, questo campo venne allestito in un vecchio maniero di proprietà dell'orfanotrofio Vittorio Emanuele II di Parma, ubicato in posizione collinare a circa 4 chilometri dal centro abitato di Salsomaggiore. […] Gli internati di questo campo furono inizialmente «italiani pericolosi» e, in minor numero, «ebrei stranieri» e «sudditi nemici». A partire dal mese di agosto del 1940, Scipione cominciò a svuotarsi (col trasferimento nella vicina Montechiarugolo

Il 13 maggio tuttavia, si trova in viaggio verso le carceri di Apuania, quando un bombardamento nello scalo ferroviario di Avenza (oggi frazione di Carrara), consente a Cabrelli di eludere la sorveglianza della scorta e di fuggire, tornando ai monti. Segue un carteggio fra le due Questure competenti riguardo alla mancata comunicazione del cambio di destinazione di Cabrelli, il cui fascicolo è rimasto fra le macerie della Questura di Parma, colpita da un bombardamento alleato.303

Cabrelli si unisce alla formazione partigiana “Picelli”, comandata da Dante Castellucci “Facio”, originaria del Parmense ma che opera principalmente a cavallo fra le province di La Spezia e Massa-Carrara, destando inizialmente una buona impressione sul comandante, tanto che questi gli affida la carica di commissario politico di uno dei distaccamenti del “Picelli”, il “Gramsci”, di lì a breve rinominato “Fermo Ognibene”, il primo storico comandante del “Picelli”.

In breve tempo “Salvatore” riesce a rendere sempre più indipendente il “Gramsci”, come Cabrelli continua a chiamare il suo distaccamento, cercando di convincere gli uomini, in larga parte lunigianesi o spezzini, a passare sotto le dipendenze dei comandi di La Spezia, che avrebbero garantito più rifornimenti rispetto alla lontana Parma, approfittando della temporanea assenza di Castellucci.

La situazione precipita nel mese di luglio, dove prima un tentativo di «comprare» il distaccamento “Frigau” da parte di Cabrelli, e un presunto furto di materiale aviolanciato destinato alla formazione “Signanini” da parte degli uomini di “Facio” poi, fanno precipitare la situazione.

Il 21 luglio 1944 Cabrelli istituisce un Tribunale di guerra con altri cinque fra partigiani e dirigenti del PCI spezzino, partendo dal casus belli del presunto furto, per muovere altre accuse a Castellucci che, secondo i capi d'accusa, avrebbe disarmato il distaccamento “Gramsci” senza avvertire i comandi, costretto i comandanti del “Frigau” a firmare false dichiarazioni sul tentativo di Cabrelli di «comprarli» e occultato materiale destinato ad altre formazioni.

della quasi totalità dei reclusi) finché, in settembre, venne definitivamente chiuso. Il campo venne