VI. I percorsi dei volontar
8. Egildo Gavignazz
Conterraneo di Attilio Viola, nasce il 24 gennaio 1906, in una famiglia già impegnata in politica. Il padre Mario infatti, nato l'11 agosto 1881, «sino al 1922 è stato iscritto alla sezione socialcomunista di Ponterotto di Licciana Nardi, e per molti anni è stato il mezzadro del noto De Ambris Alceste, sovversivo, agitatore».263
Ponterotto, assieme ad altri piccoli agglomerati gravitanti attorno alla frazione di Monti, va a comporre quel nucleo antifascista punto di forza, assieme al Merizzo, dell'opposizione al regime. Ancora nel 1938 Ponterotto veniva definita dai Carabinieri di Carrara, «culla del comunismo del Comune di Licciana, ove tuttora sono pochissime le persone che offrono sicura garanzia di fede fascista».264
261 Nota del Questore di La Spezia, 21 luglio 1939, in ASM, cit., b. 66, fasc. Coduri Gino 262 Carabinieri di Bagnone alla Questura di Apuania, 27 luglio 1943 e Prefettura di Apuania alla
Direzione Generale di P.S. e alla Direzione A.G.R., 31 luglio 1943, in Ivi; G. Chiappini (a cura di), Antifascisti della Lunigiana nella guerra civile spagnola, cit., p. 61
263 Prefetto di Apuania alla DGPS, Divisione AGR, CPC, 11 aprile 1938, in ASM, cit., b. 86, fasc. Gavignazzi Egildo
Gavignazzi, che serba «buona condotta in genere, dando l'impressione di disinteressarsi di politica», emigra negli anni venti con regolare passaporto per ragioni di lavoro in Francia, dove inizia a frequentare elementi dell'antifascismo italiano, in particolar modo i conterranei Aldo Giarelli e Nicola Triacca, legati al gruppo antifascista di Monti. Quest'ultimo nel 1935 è destinatario di opuscoli antifascisti provenienti dall'estero, tra i quali “Gioventù Comunista”, che viene sequestrato dalla polizia, che sospetta dei tre emigrati in Francia, senza però avere prove dell'effettivo coinvolgimento dei tre “francesi”, che vengono comunque inseriti nell'elenco dei sovversivi della provincia di Massa-Carrara.265
Per quanto riguarda la partecipazione di Gavignazzi alla guerra di Spagna dobbiamo fare affidamento al volume di Giuseppe Chiappini, dove viene riportato che Gavignazzi si arruola nelle Brigate Internazionali, rimanendo a noi sconosciuta l'unità e la data dell'arruolamento, e che in combattimento riporta gravi ferite che gli causeranno la perdita di un occhio.266
Le carte di polizia ci lasciano anche due lettere scritte da Gavignazzi ai familiari nel febbraio e marzo del 1937, di cui vale la pena riportare alcuni passi:
«[...] In quanto alla visita che i carabinieri hanno effettuato sfacciatamente e senza alcuna ragione, anche se hanno preso il mio indirizzo poco m'importa anzi ò quasi voglia di scriverli e domandarle le ragioni per le quali si permettono tali procedimenti […].
Certo sono magnifici i procedimenti dei rappresentanti della nostra bella Italia, dove la gente non sono liberi che di crepar di fame per la grandezza della patria a una patria che non ha per i suoi figli che piombo là si trovano i miliardi quando è per farli scannare nelle terre brucianti d'Africa, tutto esaltando l'eroismo del bravo soldato italiano, facendogli credere che l'Italia è povera e che ha bisogni di nuove terre, si' l'Italia è povera per i poveri, ma l'Italia dei ricchi non è povera […].
Certo mi rendo conto che comincia ad essere molto tempo che non vedo più quel paese ed o [sic] forse perduto l'abitudine di spiegarmi in termini più comprensibili, so che non sono più il fratello o il figlio che mi avete conosciuto tutto a [sic] cambiato in me, il carattere l'educazione, un'infinità di cose inesprimibili.
Per ora rimango col salutarvi tutti affettuosamente e siate tranquilli a mio riguardo perché io non o assulotamente [sic] niente da rimproverarmi, quello che mi rincresce é quello atto sfaciato [sic] che vengono di commettere senza alcune ragioni serie, ma niente mi meraviglia quando si parla dell'Italia fascista. [...]»267
265 Ibid., p. 253
266 G. Chiappini (a cura di), Antifascisti della Lunigiana nella guerra civile spagnola, cit., p. 63 267 Copia di lettera di Egildo Gavignazzi destinata alla madre, 2 febbraio 1937, in ASM, cit., b. 86,
Gavignazzi è critico nei confronti del regime, reo di lasciare l'Italia nella povertà e di far morire di fame i propri cittadini, e di mandare i propri giovani a morire in Africa, un chiaro riferimento alla guerra d'aggressione promossa dal regime fascista contro l'Etiopia. Gavignazzi è cambiato come persona, per sua stessa ammissione, e se prima di partire per la Francia sembrava disinteressarsi di questioni politiche, ora è più antifascista che mai.
Nel mese di marzo spedisce un'altra lettera, in cui viene preso di mira l'intervento italiano a fianco delle truppe nazionaliste di Franco:
«[...] In questo momento sono anche io come tanti altri senza lavoro, ma spero di potermi sbrogliare in qualche modo […].
Avrei molto piacere se vorrete farmi sapere qualche novità del paese, è vero che vi sono per esempio molti volontari per la Spagna?, cosa ne pensate di questi volontari? per me non sono che delli imbecilli che vanno a combattere per dei generali in rivolta per istituire un regime come quello italiano nel quale ci muoiono di fame, Mussolini gli italiani gli [sic] nutrisce di, orgoglio e grandi discorsi e parate militari; poveri gnoranti quelli operai che si credono di star bene con il ventre pieno di fanfaronate Mussoliniane!
Per il momento quella gentaglia qui in Francia sono tenuti in rispetto […] speriamo bene che non riusciranno per il momento ed ingannare la classe operaia come vi sono riusciti in altri paesi. [...]»268
Ancora Gavignazzi si scaglia contro il regime fascista, reo di tenere alla fame i suoi cittadini e di nutrirli con «grandi discorsi e parate militari» e critica la scelta dei volontari (che tutti volontari non furono), di andare in Spagna per aiutare i generali a costituire un regime simile a quello italiano.
Italiani che aiutano Franco e altri italiani che invece si schierano a fianco della Repubblica, in un risveglio di coscienza dell'antifascismo, l'occasione per i fuorusciti di salire alla ribalta e distruggere quell'immagine di «vili, codardi e traditori della patria», che era stata cucita addosso loro dal regime fascista.
Il «risveglio» coinvolge anche il nostro Gavignazzi, che dalla Francia si reca in Spagna per combattere contro i «generali in rivolta». Anche per lui come per Coduri, le linee di ricerca sono aperte, per stabilire l'unità in cui ha combattuto in Spagna e sapere qualcosa di più sulla sua vita in Francia. Ciò che è certo è che dopo l'esperienza spagnola si è stabilito a Mandelieu, una località della Costa Azzurra, e lì ha vissuto fino alla morte, avvenuta il 3 febbraio 1980.269
268 Copia di lettera di Egildo Gavignazzi ai familiari, 18 marzo 1937, in Ivi