L'analisi dell'esperienza toscana può essere un'ottima occasione per tracciare un profilo del volontarismo della regione, cercando di inquadrare le varie caratteristiche dei combattenti, come ad esempio l'appartenenza politica o l'estrazione sociale, in una comparazione col caso nazionale.
Nell'affrontare questo percorso, mi baserò principalmente sui risultati delle ricerche curati da Ilaria Cansella e Francesco Cecchetti nel volume pubblicato dall'Istituto storico grossetano della Resistenza e dell'età contemporanea.142
1. Italiani
Partendo da un discorso generale sui casi del Battaglione Garibaldi e della Sezione Italiana, possiamo dedurre che il volontarismo italiano è “maturo” in termini di età anagrafica. Per la Sezione Italiana la fascia d'età più rappresentata è quella tra i 36 e i 40 anni (il 29,9%), mentre per il Battaglione Garibaldi quella tra i 31 e i 35 (il 28,3%); più giovani sono sicuramente i francesi, in cui prevala la fascia tra i 26 e i 30 anni (il 32,6%), ma soprattutto gli inglesi, rappresentati maggiormente nella fascia tra i 21 e i 25 (32,1%).
Gli italiani sono quindi “adulti” e possiamo pensare che sulla decisione di recarsi a combattere in Spagna contro il fascismo influisca il fatto che molti di loro abbiano vissuto in prima persona le origini del fascismo italiano, le violenze e i soprusi degli squadristi e l'affermazione del regime di Mussolini. Da lì la scelta di emigrare per sfuggire all'affermarsi del fascismo, in un'emigrazione in cui si intrecciano motivazioni politiche, sociali ed economiche, con il 47% dei futuri volontari che è già andato via dall'Italia prima del 1926.
Non è raro trovare casi in cui i futuri volontari sono troppo giovani per avere un ricordo del periodo delle violenze fasciste, ma la cui famiglia ne ha trasmesso la memoria alle generazioni più giovani.
142 I. Cansella, F. Cecchetti (a cura di), Volontari antifascisti toscani nella guerra civile spagnola, ISGREC, Effigi, Arcidosso 2012
Simona Colarizi, parlando dello stato d'animo degli antifascisti italiani al tempo della guerra civile spagnola, individua come spinta all'azione anche
«la delusione e il rimpianto per aver mancato in Italia in due momenti – all'epoca della marcia su Roma e dopo il delitto Matteotti – l'occasione di scontrarsi direttamente con il fascismo impedendogli, attraverso la sollevazione generale, rivoluzionaria di tutto il paese, la conquista del potere».
Un'autocritica prima di tutto verso se stessi ma anche verso la vecchia classe dirigente liberale, ritenuta colpevole per la «passività dimostrata nei confronti del fascismo», assieme alle accuse alla classe dirigente socialista, «la cui impotenza, la cui mistica della legalità democratica, la cui sostanziale impreparazione avevano finito per avere non poche responsabilità nell'opera di sfaldamento delle organizzazioni operaie e contadine sotto gli assalti degli squadristi».143
Anche la suddivisione dei volontari per regione di provenienza rispecchia le zone di maggior frequenza delle violenze fasciste e della maggior tradizione di politicizzazione, rappresentate dalle grandi regioni centro-settentrionali (Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana).
Tabella 1
Provenienza regionale dei volontari italiani
Regione Garibaldi Percentuale Sezione
Italiana Percentuale Emilia-Romagna 253 15,6% 91 21,2% Lombardia 184 11,4% 42 9,8% Veneto 184 11,4% 31 7,2% Toscana 163 10% 71 16,5% Piemonte 143 8,8% 29 6,7% Friuli Venezia-Giulia 138 8,5% 17 3,9% Liguria 59 3,6% 21 4,9% Marche 48 2,9% 18 4,2% Umbria 45 2,7% 13 3% Sicilia 45 2,7% 10 2,3% Sardegna 42 2,6% 14 3,2% Trentino Alto-Adige 42 2,6% 9 2,1%
Calabria 31 1,9% 5 1,1% Lazio 25 1,5% 8 1,8% Puglia 24 1,4% 3 0,7% Abruzzo 13 0,8% 5 1,1% Campania 11 0,6% 9 2,1% Valle d'Aosta 6 0,3% 1 0,2% Molise 4 0,2% San Marino 3 0,1% Basilicata 2 0,1% Altro/Estero 149 9,2% 31 7,2%
Fonte: E. Acciai, Il contributo italiano al volontariato internazionale in Spagna. Una storia
plurale (1936-1939), in I. Cansella, F. Cecchetti (a cura di), Volontari antifascisti toscani nella guerra civile spagnola, cit., pp. 104-105
Su 1.614 volontari appartenenti al Battaglione Garibaldi di cui abbiamo a disposizione il dato, 927 (il 57,4%) provengono da queste cinque regioni. Per la Sezione Italiana invece quest'ultime sono rappresentate da 264 volontari su un totale di 428 (61,6%).
Per quanto riguarda l'appartenenza politica troviamo una stima sui componenti del Battaglione Garibaldi nel già citato volume di Paolo Spriano sul Partito comunista italiano, con i dati ricavati dallo studio statistico del comunista Edoardo D'Onofrio nel 1940, Volontaires italiens dans l'Espagne républicaine (1936-38):
«Politicamente, il volontariato italiano censito è fatto di 934 comunisti adulti e di 27 giovani comunisti, di 70 qualificati simpatizzanti comunisti, e di ben 788 che si sono iscritti nel 1938 al Partito comunista spagnolo, sia che provenissero dal partito italiano (come molti quadri che lavorano negli organismi politici, civili o militari della Repubblica) sia che prima fossero “senza partito”. I socialisti sono 137, gli anarchici 118, i repubblicani 28, quelli di “Giustizia e Libertà”, 27, i trockisti risultano 34, i puomisti 28. Manca anche qui, per una buona parte dei garibaldini, la loro “identificazione”, politica in questo caso. Circa un migliaio sono “apolitici”.»144
I dati provenienti dal volume curato da Cansella e Cecchetti confermano la preminenza comunista nella Brigata Garibaldi (71,1%), seguita dai socialisti (10,8%) e da generici antifascisti (9,1%). Per la Sezione Italiana predomina la componente 144 P. Spriano, Storia del Partito comunista italiano, cit., p. 228
anarchica (60,8%), con una discreta presenza comunista (14,1%) e di non meglio precisati antifascisti (8,2%); solo al 6,6% la componente giellista, fautrice della creazione della Sezione, appaiata ai socialisti (6,5%).145
Nelle due formazioni italiane troviamo quindi una forte componente di maggioranza, ma anche delle significative minoranze, unite dal collante della lotta contro il fascismo. Una caratteristica tipica del volontarismo italiano, differente dal caso britannico qui sotto riportato:
Tabella 2
Political affiliation (where given)
Political organisation Number
Communist Party 936
Labour Party 110
Irish Republican Congress 14
Social Democratic Foundation 1
Young Communist League 169
Independent Labour Party 15
Socialist League 6
British Labour League of Youth 5
Irish Republican Army 7
Socialist Party of Great Britain 1
International Socialist Labour Party 1
None 224
Fonte: R. Baxell, British volunteers in the Spanish Civil War. The British Battalion in the
International Brigades, 1936-1939, Routledge, London 2004, p. 15
Sui 1.489 volontari di cui conosciamo l'affiliazione politica, 1.105 appartengono alla componente comunista (Communist Party e Young Communist League), rappresentando il 74,2% dei volontari britannici. Notevole il dato sui non affiliati (15%), mentre l'unica altra componente degna di nota è il Labour Party (7,3%). Per quanto riguarda l'estrazione sociale dei combattenti, bisogna mettere da parte il luogo comune di una guerra combattuta da «scrittori e poeti» che, pur presenti in Spagna (basti pensare al già citato Orwell e a Malraux impegnati sul campo o ad 145 E. Acciai, Il contributo italiano al volontariato internazionale in Spagna, cit., p. 109
Hemingway e Antoine de Saint-Exupéry come giornalisti), rappresentano una minoranza, specie nel caso italiano.
Secondo quanto dichiarato dai volontari, fra gli impieghi più ricorrenti troviamo quello del «muratore (17%), operaio (10%), contadino/bracciante (8,5%), minatore (7,6%) e meccanico (6,3%)», mentre in fondo a questa lista troviamo «uno 0,49% di studenti e uno 0,2% di avvocati». Per quanto riguarda il livello d'istruzione abbiamo i dati di «643 componenti del Battaglione Garibaldi», di cui «53 con la licenza media (l'8,2%), 20 diplomati (il 3,1%) e solo 9 laureati (l'1,3%); il resto (l'86,9%), esclusi due analfabeti, aveva frequentato le scuole elementari», rendendoci l'immagine di un volontariato italiano composto per la maggior parte da «salariati con un'istruzione non molto alta».146
Per una comparazione con altri casi, possiamo vedere i dati raccolti su 3.910 combattenti francesi delle Brigate Internazionali dallo storico francese Rémi Skoutelsky:
Tabella 3
Répartition des volontaires par catégories socioprofessionnelles
CSP Nombre Pourcentage Salariés agricoles 29 0,7% (0,4 - 1%) Journaliers 51 1,3% (0,9 - 1,7%) Manœuvrers et assimilés 657 16,8% (15,6 - 18%) Ouvriers 2.535 64,9% (63,4 - 66,4%) Employés 273 7% (6,2 - 7,8%) Salariés supérieurs 73 1,9% (1,4 - 2,4%) Permanents 32 0,8% (0,5 - 1,1%) Agriculteurs 47 1,2% (0,9 - 1,5%) Commerçants 57 1,5% (1,1 - 1,9%) Artisans 40 1% (0,7 - 1,3%) Professions libérales 21 0,5% (0,3 - 0,7%) Marins 54 1,4% (1 - 1,8%) Etudiants 19 0,5% (0,3 - 0,7%) Divers 22 0,6% (0,4 - 0,8%)
Fonte: R. Skoutelsky, L'espoir guidait leurs pas. Les volontaires français dans les Brigades 146 Ibid., p. 108
internationales 1936-1939, Grasset, Paris 1998, p. 143
Come fa notare Skoutelsky, «Les salariés, dans leur ensemble, représentent plus de 92% des volontaires», ma non manca di sottolineare che «les employés représentent un groupe appréciable».147 Possiamo comunque concludere che anche per il caso
francese la guerra degli intellettuali e degli scrittori sia un luogo comune affermatosi nella memoria e nel mito ma non aderente alla realtà dei fatti.
Per quanto riguarda gli arrivi mensili dei volontari in Spagna, abbiamo i dati di 1.685 di essi, che si concentrano soprattutto nelle prime fasi del conflitto, con il numero più alto nell'ottobre 1936, che registra 321 ingressi, seguito dai 275 ingressi dell'agosto 1936 e dai 265 del novembre 1936. Da questi dati possiamo ricavare che lo slancio emotivo iniziale gioca un ruolo fondamentale nel volontarismo italiano, con 406 arrivi tra luglio e settembre, quando la Sezione Italiana si è appena formata e le Brigate Internazionali devono ancora essere istituite. Altrettanto si può dire dell'istituzione delle Brigate Internazionali, che vengono avviate nel mese di ottobre, che assieme a quello di novembre registra 586 ingressi, mostrando una «volontà diffusa» da parte dei militanti comunisti di combattere in Spagna.
Per una stima complessiva degli italiani che hanno combattuto in Spagna non abbiamo dati definitivi. Possiamo affidarci alle stime di vari studi, 4.140 nominativi secondo il volume curato dall'AICVAS (Associazione Italiana Combattenti Volontari Antifascisti di Spagna) del 1996, La Spagna nel nostro cuore, mentre nelle schede del Fondo AICVAS troviamo 4.431 nomi, una differenza numerica sintomo del bisogno di approfondire ancor di più le ricerche sul tema per arrivare ad una cifra il più possibile vicina a quella reale. Ritroviamo stime sugli italiani anche in alcuni studi sulle Brigate Internazionali, che non comprendono certamente tutti i combattenti in terra di Spagna, ma rimangono l'aspetto più studiato e quindi in linea generale più facilmente verificabile del volontarismo, come i 3.002 nel già citato volume di Skoutelski o i 3.354 nello studio di Bradley e Chappell, confermati anche dallo studio statistico di Edoardo D'Onofrio presente nel volume di Spriano.148
147 R. Skoutelsky, L'espoir guidait leurs pas. Les volontaires français dans les Brigades internationales 1936-1939, Grasset, Paris 1998, p. 143
148 AICVAS, La Spagna nel nostro cuore 1936-1939. Tre anni di storia da non dimenticare,
AICVAS, Milano 1996; K. Bradley, M. Chappell, The International Brigades in Spain 1936-1939, Osprey, London, 1994, p. 7; R. Skoutelsky, L'espoir guidait leurs pas, cit., p. 330; P. Spriano, Storia del Partito comunista italiano, cit., p. 227
2. Toscani
Oltre al volume edito dall'Istituto storico grossetano, per il caso toscano possediamo alcune ricerche sia a livello regionale che a livello provinciale, fiorite soprattutto negli ultimi anni.149
Un precedente illustre del volontarismo toscano che vale la pena di menzionare risale al primo Risorgimento italiano, per l'esattezza la battaglia di Curtatone e Montanara del 29 maggio 1848. Fra le forze che combattono contro l'esercito austriaco vi sono anche alcuni volontari toscani, tra cui studenti e professori delle Università di Pisa e di Siena, raggruppati sotto il nome e la bandiera di Battaglione Universitario Toscano, «che contribuirono a creare intorno allo scontro di Curtatone e Montanara l'alone romantico che dura ancora oggi», se si pensa al fatto che «a quel tempo si poteva accedere all'Università in età assai giovanile». Tra i professori poi ci sono «figure insigni per scienza e prestigio internazionale – il professore di fisica Ottaviano Mossotti, il geologo Leopoldo Pilla, Luigi Pacinotti, padre del più celebre Antonio – ma assolutamente digiuni d'ogni arte militare».150
Circa novant'anni dopo altri volontari toscani compiono la stessa scelta di combattere per una causa, questa volta al di fuori della penisola, recandosi in Spagna, per una guerra di rilievo internazionale contro il fascismo, nella speranza un giorno di poterlo combattere anche in patria.
La ricerca curata da Cansella e Cecchetti ha quantificato in 408 il numero di toscani che hanno combattuto in Spagna contro Franco, e ha tenuto conto dei volontari nati all'estero ma riconducibili a una delle province toscane, della mobilità interna all'Italia e di quella all'interno della Toscana stessa. Inoltre i volontari provenienti dall'odierna provincia di Prato, allora non ancora istituita, vengono conteggiati assieme a quelli provenienti dalla provincia di Firenze. Nelle tabelle che seguono vediamo il numero di combattenti per provincia e, di quest'ultime, il numero di 149 D. Basi, La partecipazione degli antifascisti toscani alla guerra civile di Spagna (1936-1939),
Tesi di laurea non pubblicata, Università degli Studi di Siena, A. A. 1993/1994; E. Bettazzi, Antifranchisti pistoiesi, in “Quaderni di Fare Storia” n. 2, maggio-agosto 2005, in
www.istitutostoricoresistenza.it; F. Bucci, R. Bugiani, S. Carolini, A. Tozzi (a cura di), Gli antifascisti grossetani nella guerra civile spagnola, La Ginestra, Follonica 2000; F. Bucci, S. Carolini, C. Gregori, G. Piermaria (a cura di), “il Rosso”, “il Lupo” e “Lillo”. Gli antifascisti livornesi nella guerra civile spagnola, La Ginestra, Follonica 2009; G. Chiappini (a cura di), Antifascisti della Lunigiana nella guerra civile spagnola 1936-1939, cit.; G. Pajetta, Livornesi oltre i Pirenei. I volontari livornesi nella guerra antifascista in Spagna (1936-1939), in www.aicvas.org
150 C. Cipolla, F. Tarozzi, Tanto infausta sì, ma pur tanto gloriosa. La battaglia di Curtatone e Montanara, FrancoAngeli, Milano 2004, p. 93
abitanti, per riscontrare la proporzionalità o meno fra i due dati: Tabella 4
Provenienza provinciale dei toscani
Provincia Volontari Percentuale volontari
Firenze 115 27,9% Livorno 51 12,7% Pisa 48 11,7% Massa Carrara 43 10,5% Arezzo 42 10,5% Pistoia 37 9% Lucca 27 6,6% Grosseto 25 6,1% Siena 18 4,4% Non definita 2 0,5% Totale 408
Fonte: F. Cecchetti, Volontari toscani nella guerra civile spagnola. Analisi statistica delle
biografie, in I. Cansella, F. Cecchetti (a cura di), Volontari antifascisti toscani nella guerra civile spagnola, cit., p. 124
Tabella 5
Popolazione delle province toscane nel 1927
Provincia Abitanti Percentuale sul totale della
regione Arezzo 301.815 10,61% Firenze 823.439 28,94% Grosseto 172.379 6,05% Livorno 238.253 8,37% Lucca 334.764 11,76% Massa Carrara 185.832 6,53% Pisa 333.451 11,72% Pistoia 205.131 7,21% Siena 250.688 8,81%
TOSCANA 2.845.752
Fonte: G. Mori, Materiali, temi ed ipotesi per una storia dell'industria nella regione Toscana
durante il fascismo (1923-1939), in AA.VV, La Toscana nel regime fascista (1922-1939),
Leo S. Olschki, Firenze 1971, p. 248
Mentre alcune province mantengono la loro proporzionalità, per molte altre non troviamo corrispondenza tra dato demografico e numero dei volontari, basti vedere il caso senese e lucchese, che mantengono una percentuale di volontari bassa rispetto alla popolazione. Al contrario la provincia di Massa Carrara e quella di Livorno registrano un numero di volontari superiore al loro peso demografico regionale, dati che ci portano a pensare alle influenze che possono avere avuto la tradizione libertaria soprattutto di Carrara e a quella di sinistra di Livorno, città di fondazione del Partito comunista.
Carlo Francovich, nel tracciare un profilo dell'antifascismo toscano, prende in esame «un rilevamento a carattere nazionale sulla consistenza e l'attività dei partiti antifascisti compiuto dalla Direzione Gen. di P.S. nell'autunno del 1926», poco prima del loro scioglimento, che per la Toscana dà i seguenti risultati:
«Arezzo. Esistono solo alcuni nuclei di socialisti e comunisti nella Val di Chiana e nel bacino
minerario di Castelnuovo dei Sabbioni, a S. Giovanni Valdarno, Montevarchi, Soci e Stia. Ma a detta della polizia, questi nuclei non destano preoccupazione.
Firenze. Sono attivi solo in parte i socialisti massimalisti. I comunisti svolgono invece
un'attività “subdola e tenace”, unitamente al tentativo di ricostruire la federazione provinciale. Molti anarchici vengono segnalati nel circondario di Empoli.
Livorno. Viene segnalata soltanto una certa attività dei comunisti.
Lucca. Si segnala soltanto il ricostruirsi di due piccoli centri comunisti a Viareggio e a
Pescia.
Massa-Carrara. Il rapporto dice che i «soli repubblicani (on. Chiesa ed avv. Starnuti) dànno
talvolta segno di vita». Gli altri (evidentemente dopo la purga di settembre [conseguenza dell'attentato a Mussolini dell'11 settembre 1926 da parte dell'anarchico carrarese Gino Lucetti]) sono disorientati. I maggiori esponenti sovversivi – dice il rapporto – trovansi ora in Francia: Meschi, Serra, Alceste De Ambris.
Siena. I comunisti hanno nuclei (complessivamente 120 aderenti) a Colle, a Poggibonsi-San
Giminano, a Chiusdino, a Montalcino, a Torrita-Montepulciano, a Pienza. Il partito che aveva ancora il maggior numero di aderenti (350) in Siena e provincia era il “partito socialista dei lavoratori italiani”.
gran parte emigrati. Il rapporto non fa menzione di Pisa né di Pistoia.»151
Un quadro non certo incoraggiante, con i maggiori esponenti politici fuoriusciti in alcune province e addirittura Pisa e Pistoia non vengono menzionate. L'antifascismo non muore, nonostante i duri colpi del 1930 e del 1931, anni in cui vengono individuati il gruppo dirigente di GL in Italia, tra cui il responsabile del nucleo fiorentino, Nello Traquandi, e il comitato federale toscano del PCd'I a Empoli, che comporta tre processi che coinvolgono 20 persone e 91 anni di galera complessivi assegnati.152
I numeri del Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato parlano da sé, con 658 toscani condannati e 3.064 anni di carcere assegnati e una condanna a morte, la prima del Tribunale Speciale, quella del comunista Michele Della Maggiora, giudicato colpevole dell'assassinio di due fascisti.153
La Toscana quindi protagonista dell'antifascismo prima e del volontarismo poi, come abbiamo visto nella Tabella 1, dove rientra fra le grandi regioni centro-settentrionali ad alto tasso di politicizzazione e che forniscono il maggior numero di volontari alla causa spagnola.
Il volume di Cansella e Cecchetti ci dà qualche indicazione sull'appartenenza politica dei volontari toscani, quantificando in «219 su 408 – pari al 53,7% del totale – i volontari toscani comunisti», che si confermano egemoni qui come a livello nazionale ed internazionale. Dopo di loro troviamo gli anarchici con 93 unità (22,8%), che confermano la tradizione libertaria di alcune zone della regione, basti pensare alla città di Carrara. Seguono «25 socialisti (6,1%), 8 repubblicani (2%), 5 aderenti a Giustizia e Libertà (1,2%) e un popolare». Ne rimangono 57, il 14,2% del totale, «27 sono stati identificati come generici antifascisti senza partito, mentre per quanto riguarda gli altri 30 le fonti a nostra disposizione non permettono di poter sapere qualcosa di preciso».154
Possiamo notare intanto i 27 antifascisti senza alcuna appartenenza politica, segno di una volontà di combattere contro il fascismo che unisce proprio tutti, anche chi non appartiene ad alcun partito o movimento. Occorre anche precisare che l'appartenenza politica, in questa come in altre classificazioni, è per forza di cose un dato rigido che non tiene conto dei percorsi individuali dei volontari, che possono passare attraverso 151 C. Francovich, Profilo dell'antifascismo militante toscano, in AA.VV., La Toscana nel regime
fascista, cit., pp. 97-98 152 Ibid., p. 101
153 Per farsi un'idea sul contesto del caso Della Maggiora rimando a: A. Caminati, C. Rosati, Il caso Della Maggiora. Il primo condannato a morte del Tribunale speciale fascista, Libreria editrice Tellini, Pistoia 1980
diversi orientamenti politici durante il loro percorso.155 Oppure possono essere legati
ad un solo partito in diversi modi, dall'esserne semplice simpatizzante ad esserne un accanito sostenitore e militante. Queste ultime ipotesi possono valere altresì anche per quelli che nella ricerca vengono segnalati come antifascisti generici, che verosimilmente possono essere legati in qualche modo a partiti o movimenti, ma almeno stando alle fonti non risulta la loro appartenenza.
Abbiamo già visto come i volontari italiani in maggioranza abbiano alle spalle l'esperienza dell'esilio o dell'emigrazione in un paese estero, e come meta privilegiata ci sia la Francia. Nel già citato studio statistico D'Onofrio sono presenti le informazioni del paese di provenienza di 2.626 volontari sui 3.354 totali:
«Sulla loro provenienza (per 2.626 su 3.354) si sa che ben 1.996 sono giunti dalla Francia, 223 dall'Italia, 104 dagli Stati Uniti d'America, 58 dall'Urss, 98 dal Belgio, 60 dalla Svizzera, 37 dall'Argentina, 25 dal Lussemburgo, 19 dalla Jugoslavia, 4 dalla Cecoslovacchia, 2 dall'Austria; per 728 la provenienza non è determinata all'atto del loro arruolamento (ma in questa cifra gli emigrati dalla Francia sono probabilmente ancora in maggioranza)».156
Abbiamo quindi quasi il 60% dei volontari provenienti dalla Francia e meno del 7% provenienti dall'Italia; quest'ultimo dato si trova in linea con lo studio di Niccolò Capponi sulle Brigate Internazionali, in cui l'autore scrive che «una piccola parte [di volontari], meno del 7%, riuscì ad espatriare dall'Italia, dove […] il PCd'I era riuscito a creare una rete di reclutamento».157
Il dato toscano conferma l'egemonia della provenienza francese con 284 volontari, cioè il 69,6%, mentre la provenienza italiana è leggermente superiore, 8,3% e 34 volontari. 31 si trovano in Spagna al momento dello scoppio delle ostilità (7,6%), «una decina vi giunsero dalle Americhe (Argentina, Brasile e Stati Uniti) e altri 33 da paesi europei come Belgio, Germania, Lussemburgo, Svizzera, Portogallo, Inghilterra e Unione Sovietica o dal Nord Africa (Tunisia e Algeria)», mentre per 16 di essi la ricerca non è riuscita ad individuare il luogo di partenza per la Spagna.158
Anche per la Toscana è fallace il mito della «guerra degli intellettuali», che secondo Ricardo de la Cierva, riferendosi in particolare alle Brigate Internazionali, «se inserta homogéneamente en el mito general de la intelectualidad del mundo en torno a la 155 Per avere un'idea di questo fenomeno è sufficiente la consultazione delle brevi biografie dei
volontari toscani sul sito dell'Istituto storico grossetano della Resistenza e dell'età contemporanea, in cui non pochi volontari sono registrati con più di un'appartenenza politica;
gestionale.isgrec.it/sito_spagna
156 P. Spriano, Storia del Partito comunista italiano, cit., p. 227 157 N. Capponi, I legionari rossi, cit., p. 82
guerra civil española, sobre el que no se ha dicho más que una media verdad deformada».159
Prima di affrontare i dati è bene ricordare, oltre alla motivazione della lotta contro il fascismo sicuramente dominante nell'animo dei volontari, anche la non meno importante motivazione economica, che già ha spinto molti di essi ad emigrare all'estero e che può spingerli anche ad andare a combattere in Spagna, dove